martedì 26 marzo 2019

Il Dottor Gräsler medico termale

Il Dottor Gräsler medico termale, Arthur Schnitzler
Protagonista di questo romanzo breve pubblicato nel 1917 è il dottor Emil Gräsler, un uomo di mezza età, medico termale a Lanzorote nei mesi invernali e in una piccola cittadina tedesca in quelli estivi. Un uomo irresoluto, titubante, insicuro che tormentato dalla recente scomparsa della sorella, abbandona l'isola delle Canarie e fa rientro in patria.
Un uomo razionale, pratico, indeciso, che sente il peso degli anni trascorsi e della vecchiaia che avanza, un uomo profondamente solo che vorrebbe amare ma è frenato da mille dubbi, paure, pensieri pedanti e gretti.
L'amore, quasi una seconda giovinezza lambisce la sua esistenza noiosa scandita da monotoni impegni professionali. L'amore ha il volto di Sabine, la bella ragazza che abita nella casa nel bosco, forte, determinata, volitiva, che sa quello che vuole dalla vita e non teme di aprire il proprio cuore al pavido dottore. O quello di Katharina la giovane e seducente commessa che lo ama appassionatamente con semplicità e spontaneità, senza pretendere nulla in cambio, affascinata dai racconti dei suoi viaggi avventurosi in terre lontane come medico di bordo. E infine le sembianze di una giovane vedova che sa come consolare il suo cuore stanco e afflitto, una donna graziosa e spumeggiante.
Il dottore tentenna, riflette, sempre più indeciso e confuso, teme l'amore, detesta la solitudine opprimente, la sua vita irrisolta, sospesa sul nulla.
Riuscirà a trovare il suo lieto fine arrendendosi alle seduzioni dell'amore?
In questo romanzo breve con un tono leggero e ironico, non privo di introspezione psicologica, lo scrittore descrive alcuni mesi della vita irrisolta del medico termale, il suo egoismo che riflette l'ipocrisia e il vuoto dell'esistenza piccolo borghese.
Un uomo che vorrebbe cogliere gli ultimi fiori di un'estate che declina rapidamente in autunno, assaporando il tepore della brezza marina prima che i venti gelidi della vecchiaia e della solitudine cancellino per sempre il suo effimero e fragile sogno d'amore.
 
"Durante il viaggio di ritorno, allietato da un clima eccezionalmente piacevole, la mente del dottor Gräsler tornò spesso sulle parole con le quali il direttore lo aveva lasciato e il pomeriggio, sonnecchiando sulla comoda poltrona con il plaid a scacchi posato sulle gambe, di tanto in tanto gli compariva come in sogno l'immagine di una signora grassottella e di bell'aspetto che, con un volto di bambola e le guance colorite, si aggirava per la casa e il giardino con indosso un abito estivo bianco; una immagine che gli pareva familiare non tanto per averla vista nella realtà, quanto piuttosto in qualche libro illustrato o in qualche rivista per bambini. Ma quella creatura onirica aveva il misterioso potere di scacciare il fantasma della sorella morta, tanto che la sorella finiva per sembrargli scomparsa ormai da molto tempo e, in un certo senso, in modo più naturale di quanto non fosse accaduto nella realtà. Ovviamente c'erano anche altri momenti lucidi e carichi di ricordi nei quali riviveva il terribile avvenimento con l'insostenibile vivacità di un'esperienza reale."

 

 


lunedì 11 marzo 2019

La signora Berta Garlan

La signora Berta Garlan, Arthur Schnitzler
Berta è una giovane donna, vedova di un uomo che non ha mai amato per il quale nutriva soltanto affetto e riconoscenza, ha un bambino piccolo che adora, vive in una tranquilla città di provincia, lontana dalla caotica e multiforme Vienna.
La sua vita è scandita da una routine tranquilla, monotona e noiosa, le visite ai parenti, le lezioni di pianoforte che impartisce per vivere dignitosamente, le passeggiate al cimitero lungo la strada polverosa e assolata, anche se il dolore di un tempo è ormai svanito. Un'esistenza quieta e tranquilla la sua, ma a volte si sente pervasa da una strana insoddisfazione e inquietudine, dall'amarezza per i sogni giovanili infranti, costretta dalla famiglia ad abbandonare il conservatorio e gli studi di pianoforte e anche quel giovane ragazzo pieno di talento, Emil, divenuto poi un famoso violinista, che ha profondamente amato e di cui conserva gelosamente il ricordo di un bacio casto e appassionato.
La vita nella piccola città di provincia la soffoca, le banali chiacchiere vuote la stordiscono. Uno strano torpore la invade, il tempo che scorre lento e inesorabile, la malinconia per la propria vita invissuta, avvolta da una coltre grigia e opprimente.

Sarà proprio l'incontro con il suo amore perduto di gioventù a sconvolgere la monotonia dei suoi giorni, Berta scoprirà una parte di sé sconosciuta, si immergerà nella tumultuosa Vienna, rapita dalla passione e dal desiderio sensuale, quel desiderio sopito per anni e che ora emerge con forza.
Ma ben presto i suoi sogni si scontreranno con la dura realtà, il suo amore tenero e appassionato si rivelerà essere soltanto la passione fugace di una notte per un uomo che in realtà non conosce davvero, famoso violinista ma uomo piccolo e meschino.
Le sue vicende sentimentali si intrecceranno a quelle dei coniugi Rupius, la bella Anna, misteriosa e incantevole e lo sfortunato signor Rupius con i suoi grandi occhi malinconici, un uomo rimasto invalido, precocemente invecchiato sotto il peso della malattia e della solitudine.
In questo breve romanzo con una scrittura limpida e diretta lo scrittore mette in luce le contraddizioni e le ipocrisie della società piccolo borghese dei primi del novecento, il tumulto che agita il cuore di una donna onesta e sensibile, i suoi desideri irrealizzabili, i sogni sfioriti e infine la malinconica attesa, quieta, silenziosa e inesorabile di quello che non avverrà mai.
"Vorrebbe che qualcuno le sedesse adesso a fianco, tenendola stretta sotto braccio, vorrebbe provar di nuovo la sensazione d'allora, quando si era trovata con Emil sulla sponda del Danubio e i sensi quasi l'avevano abbandonata e aveva bramato ardentemente un figlio... Ah, perché è così sola, così povera, così perduta nel buio? Vorrebbe supplicare l'amato della sua giovinezza: baciami ancora una volta come allora, voglio essere felice!
Si è fatto buio, Berta fissa lo sguardo nella notte."
 
 

lunedì 4 marzo 2019

Doppio sogno


Doppio sogno, Arthur Schnitzler
"E nessun sogno è totalmente sogno."
Nella Vienna dei primi del 900 si muovono i protagonisti di questo intenso romanzo, dove il sogno diventa tremendamente reale e la realtà sfuma nel mondo onirico.
Sogno e realtà si intrecciano e confondono continuamente nel corso della narrazione, svelando le pulsioni più profonde dell'inconscio, desideri torbidi e oscuri, passioni segrete e misteriose.
Fridolin e Albertine sono una coppia giovane, affiatata e mondana, medico affermato lui, bellissima donna lei, una figlia che amano intensamente, una vita agiata e apparentemente serena. Ma sotto questa tranquillità si agitano pulsioni segrete e desideri inconfessabili.
Una sera dopo aver messo a letto la loro amata bambina riprendono la conversazione interrotta poco prima. Rievocando gli incontri della serata precedente, un ballo in maschera, due figure in domino rosso e un uomo ambiguo, si scambiano "domande innocue eppure insidiose, risposte maliziose e ambigue". Complici in questo gioco della verità, sottile, innocente e perverso, ben presto si raccontano episodi oscuri e segreti del recente passato, avvenuti durante l'ultima vacanza in Danimarca.
Albertine confesserà candidamente al marito l'attrazione irresistibile provata per un uomo sconosciuto, affascinante ed enigmatico, per cui avrebbe abbandonato su due piedi marito, figlia, tetto coniugale. E lo stesso Fridolin ammette di essere rimasto colpito dall'incontro in spiaggia con una ragazza quindicenne dai lunghi capelli biondi e dalla sguardo scintillante.
Fridolin rimane profondamente turbato dalla confessione della moglie, ben presto viene chiamato al capezzale di un paziente, esce di casa e si perde nella notte viennese.
Cova in lui uno strano risentimento, un oscuro desiderio di vendetta e rivalsa per il tradimento irreale desiderato dalla moglie.
È una notte calda, ventosa, la neve si sta sciogliendo, ben presto la notte lo inghiotte, notte di caffè, prostitute e vicoli bui, di uomini che esalano l'ultimo respiro.
Una notte di occasioni mancate, sfumate per un soffio, una notte di avventure inquietanti e seducenti, una notte irreale, quasi un sogno ad occhi aperti.
La confessione d'amore di Marianne, la figlia del paziente deceduto, uno studente ubriaco che risveglia le sue paure ancestrali, le lusinghe di Mizzi, giovane prostituta e infine l'incontro con Nachtigall un suo vecchio amico dei tempi universitari, pianista bizzarro e di talento. Sarà proprio quest'ultimo a introdurlo a una festa in costume segreta e misteriosa, dove lui suonerà bendato, a cui si accede con una parola d'ordine.
Danimarca, terra di confine tra sogno e realtà, desiderio e mistero.
Fridolin eccitato, col viso coperto da una maschera, riesce a entrare alla festa, dove uomini mascherati e bellissime donne nude ballano danze sensuali.
Ma ben presto verrà riconosciuto come intruso e minacciato di morte, riuscirà a salvarsi soltanto grazie all'intercessione di una donna dai lunghi capelli castani che si offrirà di riscattarlo, sacrificando se stessa in cambio della sua incolumità.
Ancora una volta il suo desiderio rimane inappagato, di nuovo vagabondo solitario nella notte torna finalmente a casa, rifugio rassicurante e sicuro, qui però lo attende lo sconvolgente e inquietante sogno di Albertine, che ghigna nel sonno e sorride, quasi irriconoscibile. Un sogno perverso di tradimento, sacrificio e passione sensuale.
Ancora una volta l'inconscio svela le pulsioni più profonde dell'io, quei desideri inconfessabili alla luce del sole che prendono vita al calar delle tenebre.
Chi è Albertine questa donna crudele, traditrici ed estranea? Fridolin sente che ormai li separa una distanza abissale, una "spada" tra nemici mortali.
L'indomani cerca di indagare sugli strani avvenimenti notturni, ma il suo amico è scomparso, gli viene perentoriamente intimato di desistere da ulteriori ricerche.
Vorrebbe vendicarsi della moglie conducendo la propria vita su due binari paralleli, da una parte medico stimato e padre devoto, dall'altro seduttore senza scrupoli ed è affascinato da questa idea, ma ancora una volta i suoi desideri restano inappagati, sfumando nel nulla.
Marianne pur amandolo segretamente è in partenza con il fidanzato, Mizzi si trova in ospedale e la misteriosa donna che gli ha salvato la vita, la Baronessa D. giace morta in obitorio e del suo corpo caldo e sensuale non vi è più alcuna traccia, su quel freddo tavolo giace "il pallido cadavere della notte passata, destinato a un'irrevocabile decomposizione."
Di nuovo a casa si sfogherà in un pianto consolatorio confessando alla moglie le indicibili avventure della notte appena trascorsa, di cui resta il fantasma della maschera sul cuscino, trovata dalla stessa Albertine.
La maschera diventa simbolo di alienazione ed estraneità al mondo.
Le reciproche confessioni delle avventure vere e sognate porteranno al superamento della crisi di coppia, i desideri svelati all'altro e portati alla luce dai meandri bui dell'inconscio resi innocui e inoffensivi.
La realtà sfuma in un universo spettrale e irreale, il sogno acquista spaventosa concretezza.
Gli occhi spalancati sull'inconscio e sulle sue pulsioni profonde e oscure.
La vita, sogno ad occhi aperti sull'abisso che si agita in noi.
"Cosa dovremmo fare, Albertine?"
Lei sorrise e dopo una breve pausa rispose: "Essere grati al destino, credo, per essere usciti indenni da tutte le avventure, da quelle vere e da quelle sognate."
 

 

 



domenica 3 marzo 2019

Lo straniero

Lo straniero, Albert Camus
Straniero alla vita, al mondo, a se stesso.
Apatico, disilluso, indifferente, anaffettivo, emotivamente vuoto, senz'anima, Meursault è un modesto impiegato che vive e lavora ad Algeri.
Nella prima parte del romanzo con una scrittura asciutta ed essenziale, seguiamo il susseguirsi lento e monotono delle sue giornate.
Partecipa al funerale della madre di cui non ricorda nemmeno l'età precisa, impassibile, distaccato, annoiato, infastidito dal caldo opprimente, ha fame, è stanco, desidera soltanto dormire, è finalmente sollevato quando tutto finisce.
L'incontro casuale con Marie, sua ex collega di lavoro, passione fisica, puro desiderio sensuale, non la ama ma potrebbe anche sposarla, per lui nulla è importante.
Il lavoro monotono, la mancanza di ambizione, l'amicizia con uomo ambiguo, il delitto in spiaggia, assurdo, senza senso, casuale.
Nella seconda parte in un'atmosfera kafkiana si svolge il suo processo, altrettanto assurdo quanto l'omicidio commesso. Viene processato perché ha ucciso un uomo o perché non ha pianto al funerale della madre e dunque è un mostro malvagio agli occhi di tutti?
Assiste impassibile, estraneo a tutto quello che gli accade intorno, stanco, distratto, a tratti infastidito rinuncia quasi a difendersi, si abitua alla sua nuova condizione di prigioniero, accetta con lucida calma la condanna, rifiuta l'effimera consolazione della religione e dell'amore. L'indifferenza di Meursault è la suprema, divina indifferenza del mondo, dove tutto è dominato dal caso, cieco, brutale, insensato.
 
Cosa mi resta dentro di questo libro sublime e immenso?
La sua prosa scarna, concisa, lucida, che disseziona i fatti nudi e crudi con la precisione chirurgica di un bisturi affilato, sbattendo contro il muro dell'indifferenza di Meursault, la cui interiorità rimane inaccessibile.
Straniero alla vita, al mondo, a se stesso. Apatico, disilluso, indifferente, senz'anima, emotivamente vuoto Meursault.
Quel deserto emozionale, quel vuoto sconvolgente, quella paralisi interiore, quel caldo opprimente che non dà tregua, quella luce bianca abbacinante, il blu del cielo e del mare, la sabbia rossa, riarsa, infuocata, asfodeli bianchissimi, una donna che ride felice nel suo vestito a righe, l'acqua salata che rinfresca, quegli abbracci tra le onde, il cielo immenso che si restringe e diventa il soffitto minuscolo di una prigione, un uomo che guarda fuori attraverso sbarre anguste, siamo noi siamo noi, il tempo che si dilata all'infinito e poi si riduce, che scorre lento e veloce, il tempo lungo e breve dove esistono soltanto ieri e domani, quelle sensazioni fisiche, concrete, materiche, quei bisogni primordiali istintivi, ebbrezza da vino, volute di fumo, terra rosso sangue, passione pura istintiva sensuale, una finestra aperta sul mondo, sul suo viavai frenetico, il chiacchiericcio vuoto, casuale con estranei, amici, improbabili vicini, un cane e un uomo dalla pelle spaccata piena di croste, che cercano di ammazzare la propria solitudine ringhiandosi addosso, la vecchiaia, tremenda malattia inguaribile, il signor Perez e il suo ultimo amore, il riverbero accecante del sole su una lama di coltello che diventa una spada, quel dolore lancinante, le vene che pulsano sulla fronte, il sole spietato, quei quattro colpi di rivoltella che spalancano l'abisso nero dell'infelicità e del non senso, quell'uomo di legge terrorizzato col suo crocifisso d'argento, rassicurante scudo contro il non senso della vita, l'assurdità di un processo kafkiano, farsa grottesca, burattinai togati e marionette dai fili recisi, un uomo senza lacrime, le grandi assenti ingiustificate, senso di colpa, assurdo e perverso, feroce solitudine, polvere e stanchezza, quella cella angusta nella quale ci troviamo rinchiusi, soli con i nostri pensieri, prigionieri in attesa trepidante e angosciosa dell'alba, luce del mattino o condanna a morte implacabile, le notti d'estate, i giorni nei quali smarrirsi fino a perdere il proprio nome, la sera che spegne il giorno in "una tregua malinconica", il caso, la tenera Indifferenza del mondo, dove nulla ha senso, le pietre e i muri che non riflettono un volto ma soltanto il vuoto, la paura, il respiro roco, affannoso, il destino comune di tutti i condannati a vivere o morire non importa, in fondo sono la stessa cosa e quel sole che stordisce e abbaglia gli occhi, l'amore e la religione effimere chimere prive di senso e quel vuoto assoluto nel quale dissolversi.
Un libro che si legge in poche ore, che scava voragini interiori e non si dimentica, un libro che conduce a profondità abissali e oscure, a strani pensieri inquieti e poi riemergi e hai voglia di toccare quel cielo blu sfumato di rosa, di nuotare tra quelle onde, di guardare oltre le sbarre della tua prigione, finalmente libero.
 
***
"Dopo un altro momento di silenzio ha mormorato che ero strano, che di sicuro mi amava proprio per questo ma forse un giorno le avrei fatto schifo per lo stesso motivo."
"Non mi ero reso conto di quanto i giorni potessero essere al tempo stesso lunghi e brevi. Lunghi da vivere, senza dubbio, ma così dilatati da finire per riversarsi gli uni negli altri. Sino a perdervi il proprio nome. Ieri e domani erano le uniche parole che conservassero un senso per me."
"No, non c'era via d'uscita, e nessuno può capire cosa sono le sere in prigione."
"Dall'oscurità della mia prigione mobile ho ritrovato a uno a uno, come dal fondo della mia stanchezza, tutti i suoni familiari di una città che amavo e di un'ora in cui mi capitava di sentirmi contento. Il richiamo degli strilloni nell'aria già distesa, gli ultimi uccelli nei giardini, il grido dei venditori di sandwich, il lamento dei tram sui tornanti della città alta e quel rumore del cielo prima che la notte si rovesci sul porto: tutto ciò ricomponeva per me un itinerario da cieco che mi era ben noto prima di entrare in prigione. Sì, era proprio l'ora in cui, tanto tempo fa, mi sentivo contento. Ad attendermi, all'epoca, era sempre un sonno leggero e senza sogni. E tuttavia qualcosa era cambiato, poiché, con l'attesa dell'indomani, quella che ho ritrovato è stata la mia cella. Come se i percorsi familiari tracciati nei cieli d'estate potessero portare tanto alle prigioni quanto ai sonni innocenti."
"La cosa importante era una possibilità di evasione, un balzo fuori dal rito implacabile, una folle corsa che offrisse tutte le possibilità della speranza. La speranza, ovviamente, era di essere abbattuti all'angolo della strada, in piena corsa, e con un colpo secco. Ma, a pensarci bene, non c'era niente che mi permettesse quel lusso, tutto me lo precludeva, la meccanica mi riagguantava."
"Mi sono accalorato un po'. Gli ho detto che era da mesi che guardavo quei muri. Non c'era cosa o persona che conoscessi meglio al mondo. Nei primi tempi, forse, vi avevo cercato un volto. Ma qual volto aveva il colore del sole e la fiamma del desiderio: era quello di Marie. L'avevo cercato inutilmente. Ora avevo smesso. E in ogni caso non avevo visto emergere niente da quel sudore di pietra."
Ma lui mi ha interrotto, voleva sapere come vedessi quell'altra vita. Allora gli ho gridato: "Come una vita in cui potessi ricordarmi di questa," e subito ho aggiunto che ne avevo abbastanza.
(...) Allora, non so perché, dentro di me è scoppiato qualcosa. Ho cominciato a gridare a squarciagola e l'ho insultato e gli ho detto di non pregare. L'avevo preso per il bavero della tonaca. Gli rovesciavo addosso tutto quello che avevo nel cuore, conati in cui si mischiavano gioia e collera. Sembrava così sicuro vero? Eppure nessuna delle sue certezze valeva un capello di donna. Non era neanche sicuro di essere vivo, perché viveva come un morto. Certo, io sembravo a mani vuote. Ma ero sicuro di me, sicuro di tutto, più sicuro di lui, sicuro della mia vita e della morte che mi aspettava. Sì, non avevo altro. Ma almeno possedevo quella verità quanto lei possedeva me. Avevo avuto ragione, avevo ancora ragione, avevo sempre ragione. Avevo vissuto in un modo e avrei potuto vivere in un altro. Avevo fatto questo e non avevo fatto quello. Non avevo fatto quella cosa ma avevo fatto quest'altra. E dopo? Era come se avessi aspettato per tutta la vita quel minuto e quell'alba che mi avrebbero giustificato. Niente, assolutamente niente aveva importanza, e sapevo bene perché. Anche lui sapeva perché.
Dal fondo del mio futuro, per tutta la vita assurda che avevo condotto, un soffio oscuro mi veniva incontro attraverso anni non ancora nati, e quel soffio livellava al suo passaggio tutto ciò che mi veniva offerto negli anni non più reali che vivevo.
Che m'importava della morte degli altri, dell'amore di una madre, che m'importava del suo Dio, delle vite che si scelgono, dei destini che si eleggono, se poi era un unico destino a eleggere me e con me miliardi di privilegiati che, come lui, si dicevano miei fratelli? Capiva, lo capiva adesso?Tutti erano privilegiati. C'erano solo privilegiati. Un giorno anche gli altri sarebbero stati condannati. Anche lui sarebbe stato condannato. Che importava se, accusato di omicidio, sarebbe stato giustiziato per non aver pianto al funerale della madre?"
"Andato via lui, ho ritrovato la calma. Ero sfinito e mi sono gettato sulla branda. Credo di aver dormito, perché mi sono svegliato con le stelle sul viso. Rumori di campagna salivano fino a me. Odori di notte, di terra e di sale mi rinfrescavano le tempie. La meravigliosa pace di quell'estate dormiente entrava in me come una marea. A quel punto, e sul limitare della notte, si è levato un urlo di sirene. Annunciavano partenze per un mondo che adesso mi era indifferente per sempre. Per la prima volta dopo tanto tempo ho pensato a mamma. Ho creduto di capire come mai alla fine di una vita si fosse presa un fidanzato, come mai avesse giocato a ricominciare. Laggiù, anche laggiù, intorno a quell'ospizio dove delle vite andavano spegnendosi, la sera era come una tregua malinconica. Lì, così vicino alla morte, mamma doveva sentirsi liberata e pronta a rivivere tutto. Nessuno, nessuno aveva il diritto di piangere su di lei. E anch'io mi sentivo pronto a rivivere tutto. Quasi che quella grande rabbia mi avesse purgato dal male, svuotato della speranza, di fronte a quella notte carica di segni e di stelle mi aprivo per la prima volta alla tenera indifferenza del mondo. Nel riconoscerlo così simile a me, finalmente così fraterno, ho sentito di esser stato felice, di esserlo ancora. Perché tutto fosse consumato, perché mi sentissi meno solo, dovevo solo augurarmi che ci fossero molti spettatori il giorno della mia esecuzione, e che mi accogliessero con grida di odio."