martedì 4 luglio 2023

Canto della pianura


 "Sì, ma lei non capisce, disse la ragazza. Era gentile. Era gentile con me. Mi diceva certe cose.

Davvero?

Sì. Mi diceva certe cose.

Per esempio?

Per esempio una volta ha detto che ho dei begli occhi.

Ha detto che i miei occhi sono come diamanti che brillano in una notte stellata.

È vero, tesoro.

Ma nessuno me l'aveva mai detto.

No, disse Maggie. Non lo dicono mai."


"Mi sembra una follia andare a vivere laggiù con due vecchi.

È vero disse Maggie. Ma questi sono tempi folli.

Certe volte penso che non ci siano mai stati tempi più folli di questo."


(Canto della pianura, K. Haruf)


Questo libro è lieve e delicato come una piuma, uno stile limpido, malinconico, un sussurro tenue, una carezza leggera sulla pelle di quelle che non vanno via, un soffio di vento sul far della sera, un dono per i nostri occhi insonni e l'anima inquieta.

Una luce che brilla in fondo alla notte.

La forza della tenerezza.


mercoledì 27 luglio 2022

Tutto torna

 Tutto torna, Giulia Carcasi


"Vorrei aprire i barattoli di parole, vorrei che la realtà si riversasse nelle strade, randagia, e non si facesse prendere."

Diego è un professore universitario, introverso, meticoloso, razionale, lavora alla revisione di un vocabolario, insegna a Pisa e vive a Roma con la madre malata di alzheimer.
Vorrebbe racchiudere la realtà nei barattoli delle parole con cura e precisione. Ma le emozioni e i sentimenti non si può catalogarli e imbrigliarli, sfuggono all'ordine, sono caotici, prepotenti, irrazionali, illogici e nei barattoli ci stanno stretti, implodono.
Durante uno dei suoi viaggi di lavoro il treno si ferma improvvisamente in galleria al buio e lui sviene.
A riportarlo indietro sarà una voce dolce, calma, quella di Antonia che gli sussurra del mare, lo strappa al buio trasformando le ombre in onde.
Diego e Antonia.
Diego si tuffa in questa emozione nuova, senza nome, che ha il sapore di un gelato al pistacchio, di un film muto, di una giornata di pioggia.
Un amore quasi perfetto, ma a volte basta un dubbio che affiora, una menzogna a logorarlo, a incrinare la sua superficie e tutto crolla.
Eppure Diego non riesce a dimenticare, forse l'amore è più forte della trappola delle parole o forse alla fine decide la vita.
Ho sottolineato praticamente tutto il libro, molte di quelle frasi le sento mie, cucite addosso.
Uno stile diretto, incisivo, paratattico, senza fronzoli inutili, che evoca immagini nitide, che rimangono tatuate sulla pelle a lungo.
Tutto torna e tu?

***

"Mi avevano detto che tenere gli altri sulla porta è maleducazione e in questi anni sono stato maleducato.
Mi avevano detto che non concedersi è una forma d’egoismo e crederlo forse è stato meglio.
Adesso so che ogni volta che non ho chiesto a una persona “guardami per intero e sta’ attenta, quando mi fai una carezza accarezzi di me anche questa polvere, quando mi offendi, offendi di me anche questa ferita”, è stato per lasciare quella persona libera di accarezzare e offendere: non c’era altra soluzione per conservare il contatto e restare insieme.
Adesso so che nei metri quadri che non si rivelano, c’è lo spazio necessario alle manovre del dubbio e così procedono un’infinità di rapporti, se non tutti."

***

"Finché una persona non sa riusciamo a perdonarla se non capisce,
quando sa diventa imperdonabile.
Ho scoperto tardi e a mie spese che ci sono sforzi sostenibili da cui si esce migliori e sforbiciate che non ammettono riscatti.
Dà fastidio essere bravi quando la bravura è l’unica condizione di cui si è capaci.
E si impazzisce quando chi ami cambia per qualcosa che non dipende da te.
A distanza litigano e si riappacificano sulla base di come in quel preciso momento l’uno si raffigura l’altro.
Nessuno dei due avverte il bisogno di riempire il silenzio e non capisco se non abbiamo niente da dirci, se ci siamo già detti o se a nostra insaputa ci stiamo dicendo.
Se volere è come fare, perché vorrei vederti e non appari?
Forse assegno troppi compiti al destino.
Mi faccio molte domande su di te, a te invece ne faccio pochissime.
Il guaio è che più chiedo, più mi coinvolgo.
Non voglio sognare il suono della tua risata stanotte, tutto ciò che tu non sei ti allontana da me.
Non mi voglio ingannare, caccio i pensieri per accogliere te.
Voglio vederti solo quando vieni, quando vieni?
Voglio ascoltarti solo quando vieni, quando vieni?"

***

"Adesso so che non esistono cose che non vanno.
Le cose tutte, anche quelle che si tengono in pugno, vanno come devono andare.
Il problema è imparare ad aprire le mani.
Siamo stati unicamente noi a tenere le distanze o sono stati gli altri, anche e soprattutto a non entrare, a cambiare discorso per paura di finire in un pensiero più grande e senza scopo?
E’difficile coincidere con lo spazio nel quale proviamo a inserirci:
solo chi manca può riempire il vuoto che ha lasciato.
E lascio che tutto accada senza fare una mossa.
Sto esitando troppo e ogni giorno siamo più vicini, ma anche più vecchi.
C’è il rischio che quando troverò il coraggio, ti dirò di darmi un bacio e tu mi chiederai:
Cos’è un bacio?"





lunedì 8 febbraio 2021

La straniera

 La straniera, Claudia Durastanti

"Quando tutto cade, indomito l'amore resta."
(Auto)Biografia, romanzo, memoir familiare, diario, flusso ininterrotto di pensieri, ricordi, viaggi fisici e dell'anima, un libro fiume dove il tempo si dilata dal passato al presente, procedendo a balzi, flash improvvisi.
Sei sezioni (Famiglia, Viaggi, Salute, Lavoro e Denaro, Amore, Di che segno sei) quasi fossero un oroscopo per scandagliare l'abisso dei ricordi.
Claudia, voce narrante, è la nipote di emigranti coraggiosi e impavidi, dalla Basilicata a Brooklyn con furore.
Figlia di due genitori sordi, ribelli, impulsivi, girovaghi, fuori dagli schemi, che concordano su una cosa soltanto: il giorno in cui si sono incontrati per caso a Trastevere si sono salvati la vita a vicenda.
Claudia nasce a Brooklyn in una notte d'estate, balla la tarantella in uno scantinato con il nonno e i suoi pittoreschi parenti italoamericani, a cinque anni contrabbanda mozzarelle, torna in Italia dopo il burrascoso divorzio dei genitori e va a vivere in un minuscolo paesino della Basilicata, dove ci sono pietre al posto dell'asfalto e più capi di bestiame che persone, inseguendo un'improbabile rotta migratoria al contrario e due genitori folli, dalla grande America, terra di mille sogni e speranze al deserto di polvere e solitudine di un paesino lucano dai tramonti rosso sangue, per poi approdare da adulta a Londra inseguendo un sogno d'amore e libertà.
Claudia che da bambina salta la scuola, legge in soffitta o sui tetti, cammina per chilometri nei terreni paludosi, impara l'italiano da Tex e Topolino ma soprattutto dal fratello, la prima persona che ha amato visceralmente, che non riesce a pensare alla sua infanzia e ai deliri assurdi dei suoi genitori sfociati a volte nella violenza senza riderne.
Claudia che sente il bisogno di fuggire, inseguendo nuove rotte migratorie per studio, libertà e amore, America, Europa, India e Inghilterra, paesi così diversi e speculari.
Andata e ritorno. Il futuro dietro ogni partenza.
Claudia la straniera, la "figlia della muta", la viaggiatrice inquieta.
Claudia ci racconta la sua infanzia, l'adolescenza, il divorzio dei genitori, la musica, i libri, i film preferiti, da King alla Pivano, la sua migliore amica, dai R.E.M. a John Cage, da Beverly Hills 90210 (Dylan I love you) a Prima dell'alba, ma anche l'amore vissuto come riconoscimento reciproco, la ricerca di un linguaggio che le appartenga e possa in qualche modo affrancarla dal caos.
Un linguaggio preciso, nitido, privo di inflessioni dialettali, così lontano dalla lingua rotta e imperfetta di sua madre.
Ma Straniera è soprattutto la madre di Claudia, la strega, l'eremita, la matta dai capelli neri e il sorriso sfacciato, selvaggia, ribelle e libera, diventata sorda da piccola, cresciuta in collegio dalle suore e poi per le strade di Roma, fino all'incontro con il padre della scrittrice, temperamenti vulcanici destinati a esplodere e fondersi in una strana alchimia, entrambi decisi nel rifiutare la lingua dei segni, ostinati, caparbi nel vivere la propria disabilità con incoscienza e passione.
Caviale e asciugamani rubati negli alberghi, abiti da sera e graffi sul collo. Bravissimi nel salvarsi e distruggersi a vicenda.
Entrambi vissuti in una bolla di silenzio, rotta da scoppi improvvisi d'ira e passione furente.
La madre pittrice, girovaga, libera soltanto nelle foreste e per le strade quando non si sente aggredita alle spalle, il padre fuori dagli schemi, appassionato di cinema, bellissimo, inquieto, distante anni luce da quei padri affettuosi e protettivi che "toccavano le figlie come mio padre non toccava me", un padre per cui lei sente di non essere abbastanza, un rapporto precario, labile, conflittuale e irrisolto, fatto di assenze e colpi di testa.
Claudia cresce cercando la sua strada, tentando di affrancarsi dai suoi genitori incasinati, studia antropologia all'università di Roma, muove i primi passi nel mondo del lavoro, si trasferisce a Londra, sperimentando un inadeguato senso di appartenenza, scoprendo giovanissima l'amore, amore che è riconoscersi, appartenersi, imprimersi l'uno nel corpo dell'altro, fondersi in un tutt'uno, un legame simbiotico e assoluto, quasi impossibile da scindere.
Mentre la vita procede a strappi e lascia cicatrici.
Un libro che mi è piaciuto moltissimo, per come è scritto, per quello che racconta.
Un puzzle di frammenti sparsi che lentamente si ricompongono.
Una finestra aperta sul passato da cui sbirciare il presente e forse il futuro, una scrittura nitida, curata, a tratti ironica, purissima e straniante che non fa sconti, scandaglia i recessi della memoria, riflette sul linguaggio, una mutilazione, sull'arte, riscatto dalla diversità e dalla solitudine, sull'amore, faticoso e imprescindibile, sui rapporti familiari, burrascosi e difficili, sulla disabilità, sul sentirsi diversa, straniera, estraniata, la ricerca continua di un posto nel mondo che corre sempre più veloce, il diventare adulta quando misurare la distanza da casa diventa impossibile.
La straniera racconta la vita, l'amore, la famiglia, la ricerca di libertà, da un'infanzia degna di Dickens all'età adulta, la voglia di riscatto.
Claudia forte, nuvolosa, cittadina del mondo.
L'amore per i propri folli genitori, per il fratello "il suo primo specchio", per quel ragazzo gracile che doveva durare una vita intera, l'amore per la scrittura, la traduzione, le parole, i libri, la musica, i viaggi, amore che è anche coraggio, avventura, libertà, paura, ombra, desiderio, oltrepassare la soglia.
"Quando tutto cade, indomito l'amore resta" o forse era coraggio.
Questo libro è una cosa astratta.
Colonna sonora: Ain't no cure for love, Leonard Cohen.

***

"Poi un giorno, mentre stava per mettere alla prova le sue capacità di nuoto in un fiume inquinato e rivoltante, una ragazza lo aveva preso tra le braccia e lui aveva scoperto che per tutta la vita era andato alla ricerca di un suo simile. Una persona che non voleva affrontare la disabilità con coraggio o dignità, ma con incoscienza."

"Ma anche quel corpo che gli appariva così bello e funzionale sarebbe franato prima o poi. I disabili, qualsiasi parola per definirli è insufficiente, inadeguata, sono una maggioranza nascosta: nonostante le macchine e le protesi intente a provare che la morte non esiste, quasi tutti con il tempo perderemo un super potere, che sia la vista, un braccio o la memoria.
L'incapacità di fare cose che dovremmo saper fare, l'impossibilità di vedere, sentire, ricordare o camminare non è un'eccezione quanto una destinazione.
Diventiamo tutti disabili, prima o poi. lo sarebbero diventate quelle ragazzine, quelle vedove che lo avevano reso dipendente dal sesso: rispetto a loro, mio padre veniva semplicemente dal futuro."

"La storia di una famiglia somiglia più a una cartina topografica che a un romanzo, e una biografia è la somma di tutte le ere geologiche che hai attraversato. Scrivere te stessa significa ricordare che sei nata con rabbia e sei stata una colata lavica densa e continua, prima che la tua crosta si indurisse e si spaccasse per lasciar affiorare una specie di amore, o che la forza inutile del perdono venisse a levigarti e ad appiattire ogni tuo avvallamento. Rileggere te stessa significa inventare quello che hai passato, individuare ogni strato di cui sei composta: i cristalli di gioia o di solitudine sul fondo, le conseguenze di una memoria che è evaporata, tutto ciò che è stato scavato e poi inondato, solo per renderti conto che non è vero che il tempo guarisce: c'è una frattura che non verrà mai riempita. L'unica cosa che fa il tempo è portare con sé polvere ed erbacce, in modo che quella crepa venga ricoperta fino a trasformarsi in un paesaggio diverso, lontano, quasi fiabesco, in cui si parla un idioma che non conosci più, credibile come l'elfico. Passeggi sulle rovine della tua famiglia e ti accorgi che alcune parole sono state cancellate ma altre sono state salvate, alcune sono sparite mentre altre faranno sempre parte del tuo riverbero, e poi finalmente arrivi al margine di tuo padre e di tua madre, dopo anni in cui hai creduto che morire o impazzire fosse l'unico modo per essere alla loro altezza. E lì capisci che tutto nel tuo sangue è un richiamo, e tu sei solo l'eco di una mitologia anteriore."

"Possiamo fallire una storia d'amore, il rapporto con una madre. Ma quando una città ci respinge, quando non riusciamo a entrare nei suoi meccanismi più profondi e siamo sempre dall'altra parte del vetro, subentra una sensazione frustrata di merito, che può farsi malattia. Straniero è una parola bellissima, se nessuno ti costringe a esserlo; il resto del tempo, è solo il sinonimo di una mutilazione, e un colpo di pistola che ci siamo sparati da soli."

"Il linguaggio è una tecnologia che rivela il mondo: le parole sono fiammelle che accostiamo all'indicibile per farlo apparire, come se la realtà fosse scritta in inchiostro simpatico, e quando non ci sono le parole, sono i gesti a rendere possibile questa traduzione. Forse è per questo che ho cercato di imparare a usarle: al silenzio e all'ombra bianca che avanza, io ho opposto pagine scritte e i miei genitori una corda vocale stanca. A volte ci siamo fatti malissimo, ma lo sforzo è stato capirsi.
Non posso costruire una stanza semianecoica per fingere che il silenzio che condividiamo sia lo stesso, ma come John Cage, posso dire a mia madre del suono del mio sangue, e lei può dirmi di quello del suo."

"Mia madre è sempre la stessa, ma io sono stata la figlia di donne diverse. All'inizio era un'handicappata. Poi è diventata una disabile. Per attimi è stata una donna diversamente abile, ma tutti siamo diversamente abili. A un certo punto non era che una pazza. Oggi è una persona che sta su internet."



giovedì 19 novembre 2020

Quasi tutto velocissimo

 Quasi tutto velocissimo, Christopher Kloeble

Fred e Albert, padre e figlio, un rapporto speciale il loro, unico, indissolubile.
Albert diciannove anni vissuti in un orfanotrofio, cerca da tutta la vita sua madre ma si imbatte soltanto in indizi indecifrabili, tessere scomposte di un puzzle che non sembrano portare a nulla, briciole di Hansel come le definisce Klondi, la vicina di casa, che non ti fanno ritrovare la strada se ti sei smarrito nel buio.
Albert riflessivo e intelligente da sempre fa da padre a Fred, è lui che gli ha insegnato a nuotare, ad andare in bicicletta, a non aver paura dei temporali e non viceversa.
Albert e una vita molto complicata.
Fred alto e slanciato, uno spilungone sessantenne dagli occhi verdi, un bambino intrappolato nel corpo di un uomo adulto, Fred che ama studiare nuovi vocaboli sul dizionario, contare le macchine verdi alla fermata dell'autobus, cercare suo padre nei tubi e le crêpe con la marmellata di lamponi.
Fred l'eroe dell'autobus del 77 ama incondizionatamente Albert, un amore pulito e innocente il suo, Fred un uomo fragile e forte al tempo stesso, buffo e ingenuo, un uomo a cui restano cinque dita di vita che sembrano poche ma forse sono abbastanza.
Albert il saggio e Fred il testardo sempre insieme malgrado tutto, i loro strambi dialoghi assurdi, esilaranti, a volte esasperanti ma così essenziali, ci strappano più di un sorriso.
Albert cerca qualcosa che faccia luce sul suo nebuloso passato, una vecchia cassetta silenziosa, un baule polveroso, vecchi adesivi.
Fred e i suoi tesori custoditi gelosamente, i suoi beni più preziosi, un vecchio disegno, un barattolo di latta ammaccato, un dizionario, un bolide verde.
Un romanzo dalla scrittura diretta, avvincente e appassionante, una narrazione che alterna il presente, la storia di Albert e Fred, al passato, la voce di Julius che si perde in epoche lontane, in paesaggi fiabeschi e misteriosi, in atmosfere oscure, in ricordi lontani, dolorosi e indelebili, vecchie storie, il calore del fuoco che brucia, amori proibiti, una passione insana, un lago incantato, una brutta guerra.
I personaggi del passato e del presente vanno a comporre poco a poco quell'enigma indecifrabile, portandosi appresso vite complicate, destini oscuri, vecchi peccati, inconfessabili segreti.
Jasfe e Josfer l'origine di tutto, e poi Anni bionda e paffuta, il suo unico amore e i suoi oscuri segreti, Klondi e il suo doloroso passato, Violet giovane e intraprendente, suor Alfonsa pragmatica e indecifrabile, Julius la voce del passato che irrompe nel presente, Julius e i suoi silenzi, i tanti amori, quella disperata solitudine, il personaggio più complesso e oscuro.
Un romanzo che parla di amore intenso, brutale, disperato, impossibile, amicizia autentica, segreti, una saga familiare appassionante, un sentiero che si perde nel bosco, buio fitto e squarci improvvisi di luce intensa, che dalla seconda guerra mondiale, da un paesino dell'Alta Baviera arriva fino al presente, a un ragazzo che vuole conoscere con tutte le sue forze chi l'ha messo al mondo.
Un libro a cui non puoi fare ameno di pensare anche dopo averlo finito, che ti rimane appiccicato addosso, con immagini a volte brutali e spietate, a volte tenere e commoventi.
Cenere che volteggia nell'aria, fuoco che divora, acqua che purifica, un abito da sposa candido, amore che salva e condanna, errori imperdonabili, maternità negate, una donna che non sa essere madre o forse lo è a suo modo.
Un legame tra un padre e un figlio, improbabile, fortissimo, un legame che è tutto quello che conta davvero.
Un libro che fa sorridere e commuovere, se fosse una canzone sarebbe una di quelle di Frank Sinatra, se fosse un colore sarebbe bianco abbagliante e rosso intenso, se fosse un aggettivo sarebbe estasiante.
Un romanzo davvero estasiante.
***
"Qualche giorno dopo il desiderio si realizzò. Lo aveva seguito nel bosco e adesso stava proprio davanti a lui, a meno di cinque passi di distanza. Poi successe tutto velocissimo: lui disse qualcosa, lei disse qualcosa, lui si avvicinò, la annusò, si inebriò del suo profumo genuino, allora lei parlò, e anche lui parlò, e le sfiorò i capelli, e lei sputò fuori parole, parole e ancora parole, frasi inquietanti che lo spaventarono e in cui lei si perse, frasi che lei ammucchiò attorno a sé quasi a formare un muro, un muro di crudeltà, che lui dovette distruggere prendendola a schiaffi, e poi non riuscì più a toglierle la mano dalla guancia, quella guancia rosa, nemmeno quando lei lo schiaffeggiò a sua volta e gli lasciò la mano sulla barba, addirittura la accarezzò con un dito, l'indice, solo per un attimo, e Arkadiusz se ne accorse, se ne accorse quando si guardarono negli occhi e vide il fondo del mare, lo sentì, sulla guancia e con le dita, quando disse "Anni" e si diede la spinta, sfrecciando su, su, sempre più su, fino a spaccare la superficie, fino a riempirsi i polmoni di aria e il cuore della voce di Anni."





venerdì 9 ottobre 2020

Aspettando Bojangles

     Aspettando Bojangles, Olivier Bourdeaut

"Alcuni non impazziscono mai... la loro vita dev'essere parecchio noiosa."
Questo libro è una canzone allegra e triste allo stesso tempo, è la voce calda di Nina Simone, parole che si perdono nel vento sulle note di un pianoforte malinconico. È Mr Bojangles con le scarpe rovinate, i capelli argentei e la camicia strappata che balla in bar malfamati e beve e ride per dimenticare il suo dolore.
Ironico, brillante, divertente, folle, malinconico, mi ha fatto sorridere e commuovere. Non è facile raccontare questo romanzo, descriverlo, di cosa parla?
Parla d'amore, un amore folle, un amore pazzo, bello, tenero, allegro e disperato. L'unico amore possibile.
Un colpo di fulmine tra la ragazza con le piume tra i capelli, un leggero abito bianco e un cocktail in mano, ridenti occhi verdi, accesi e vivi e un signore distinto pettinato come un cavaliere prussiano, dagli occhi azzurri profondi e un po' sporgenti, la pipa in bocca e una sfrenata fantasia.
Colpo di fulmine, fuga romantica e una vita vissuta a passo di danza sulle note di Mr. Bojangles di Nina Simone, l'unica canzone degna di essere suonata dal giradischi in salotto dalla puntina di diamante.
Un ballo folle, festoso, un volo fino a toccare le stelle lassù in cielo.
Lei che ha tanti nomi per ogni giorno dell'anno ama ballare fino a notte fonda, volteggiando tra le braccia del suo amato, ama le feste rumorose con gli amici, gli abiti stravaganti, la musica ad alto volume e colorati cocktail con ombrellino e olive.
Lui che di nome ne ha uno solo, ex cacciatore di mosche con arpione, apritore di garage si dedica con passione alla scrittura. Ama danzare, inventare strampalate storie della buonanotte e ballare di giorno e di notte con la sua bella moglie, sognando per lei una vita felice e spensierata lontana dalle angosce del mondo.
Una casa grande, festosa, tanti ospiti, un unico vero amico di professione senatore, lo Sconcio, appassionato di Caipiroska e belle donne e una gru con collare di perle e sguardo fiammeggiante che si aggira fiera e indomita nel vasto appartamento lanciando urla stridule.
Feste e deliri notturni alcolici, un favoloso castello spagnolo dove andare ad abbronzarsi, un bambino che ascolta i discorsi degli adulti, gioca a scacchi sul pavimento di casa, fa anelli di fumo con la sigaretta e gareggia con lo Sconcio.
Questo romanzo è raccontato a due voci, quella innocente e scanzonata del bambino, che ha imparato a gestire la sua doppia vita, a mentire a dritto e a rovescio, fingendo scialba normalità a scuola, vivendo avventure straordinarie con i suoi genitori a casa e quella adulta, appassionata e malinconica del padre, attraverso il suo diario, i suoi scritti.
E poi c'è lei, la donna dai mille nomi, che dà del voi a tutti e del tu alle stelle, bella, affascinante, vivace, esuberante, ironica, allegra e triste, ridente e infelice come la sua canzone preferita.
La vita di una famiglia, l'amore assoluto che li lega, una sorta di fiaba moderna dove a un certo punto irrompe la malattia, ma non per questo ci si arrende, si va avanti, a costo di raccontarsi bellissime bugie, a costo di fuggire via lontano da tutto e tutti.
Un tono lieve, ironico pervade la narrazione, anche quando il sorriso cede il posto alle lacrime.
Lieve come un alito di vento, una nota dissonante che si perde nell'aria.
Questo romanzo racconta l'amore che vola oltre la mediocrità, la banalità quotidiana, le brutture del mondo, oltre quello che fa male e danza fino a toccare le stelle, un ballo folle, vorticoso, libero, sulle note di quella struggente e indimenticabile canzone.
Noi lettori rimaniamo a terra con il naso all'insù e gli occhi lucidi.
Mister Bojangles balla per noi per favore, ancora una volta.
***
La domenica pomeriggio per smaltire gli eccessi della settimana, si allenava coi pesi. A torso nudo, la pipa in bocca, si piazzava di fronte al grande specchio con la cornice dorata e sollevava manubri minuscoli ascoltando musica jazz. Aveva dato persino un nome a quell'attività: "ginnic tonic." Perché di tanto in tanto si fermava per qualche sorso di gin tonic...
Il salotto era davvero strano. C'erano due poltroncine basse rosso sangue, perché i miei genitori potessero bere comodamente, un tavolo di vetro con all'interno sabbia di tutti i colori e un immenso divano blu capitonnè sul quale si poteva tranquillamente saltare, mia madre stessa mi aveva suggerito di farlo. Spesso saltava insieme a me, e saltava talmente in alto che toccava la sfera di cristallo del lampadario di mille candele. Aveva ragione mio padre: se avesse voluto, mia madre avrebbe potuto davvero darsi del tu con le stelle. Di fronte al divano, sopra un vecchio baule da viaggio pieno di lettere maiuscole appiccicate sopra, si trovava un piccolo televisore mezzo ammuffito che non funzionava più tanto bene. Su qualunque canale passavano immagini di formicai in bianco, nero e grigio. Per punirlo dei suoi pessimi programmi mio padre gli aveva messo sopra un cappello d'asino. A volte mi diceva: "Se non fai il bravo, accendo la televisione!"
L'idea di guardare la televisione per ore era terrificante. Ma raramente metteva in pratica la sua minaccia, non era cattivo.
"Vi prego di non accettare le mie scuse, perché avevo davvero una gran voglia di farlo! Quest'uomo è mio nonno, l'amante di Josèphine Baker, un cavaliere prussiano e mio futuro marito. È tutto questo insieme, e io ci credo!"
Era bastato il tempo di un ricevimento, di un ballo, perché una donna matta con ali di piume sui capelli mi rendesse pazzo di lei e m'inducesse a condividere la sua follia.
"A ogni modo un po' pazza lo sono sempre stata, e se anche lo divento un po' di più o un po' di meno questo non cambierà l'amore che voi avete nei miei confronti, dico bene?"
"E voi venite a parlarci di orari da rispettare! Ma cosa volete, che diventi un dipendente dello stato? Mio figlio è un uccello notturno erudito che ha già letto tre volte il dizionario, e voi volete trasformarlo in un gabbiano coperto di petrolio che si dibatte in una marea nera di noia e di guai! È per evitare tutto questo che viene a scuola soltanto di pomeriggio!"






mercoledì 23 settembre 2020

L'uomo che metteva in ordine il mondo

 L'uomo che metteva in ordine il mondo, Fredrik Backman

"Basta un solo raggio di sole per scacciare le ombre."

Ove ha 59 anni, una passione smisurata per la Saab, occhi azzurri malinconici, un carattere impossibile.
Taciturno, burbero, scontroso, solitario, vagamente asociale, brontolone, "amaro come una medicina" a sentire i suoi vicini.
Ove crede nell'ordine, nelle regole, nella puntualità, ama i numeri e le cose pratiche, del resto un uomo si riconosce dalle cose che fa, non da quello che dice e al giorno d'oggi il mondo è pieno d'incapaci che non sanno fare nemmeno un caffè come si deve o montare pneumatici invernali. E poi quello che è giusto è giusto, punto.
Da qualche mese è rimasto vedovo e l'azienda ha deciso di mandarlo in pensione, così avrà del tempo tutto per sé, ma Ove non sa che farsene di quel tempo che scorre lento e inesorabile, della casa vuota troppo grande, stracolma di ricordi, si sente perso, smarrito, arrabbiato.
L'unico suo desiderio è raggiungere l'amata Sonja dalla risata spumeggiante come bollicine di champagne, lei era il colore in un mondo in bianco nero, era tutta la sua vita.
Il giorno e la notte, poesia e acciaio, ma si sa gli opposti si attraggono e si completano a vicenda.
Eppure nel quartiere di villette a schiera abitate da vicini rompiscatole e ficcanaso, la sua sembra un'impresa impossibile.
La nuova famiglia appena arrivata gli dà il tormento, lei grandi occhi scuri e molto incinta, lui uno spilungone imbranato con bambine vivaci al seguito.
Per non parlare di quel damerino e della sua oca ehm fidanzata con quel ridicolo cane, del vicino obeso, di quel teppistello brufoloso e del suo acerrimo nemico Rune, che ultimamente non se la passa troppo bene tanto da aver attirato l'attenzione degli uomini con la camicia bianca.
Chi sono le camicie bianche? Burocrati freddi e insensibili come robot, Ove ha lottato contro di loro per una vita intera e continuerà a far loro la guerra, se necessario.
Come se non bastassero i nuovi vicini rompiscatole a dargli il tormento è spuntato dal nulla anche un gatto spelacchiato, messo molto male, con un orecchio solo e un residuo di coda. Ove l'uomo più inflessibile del mondo, preciso, attento, meticoloso, tra un'ispezione rigorosa del quartiere e l'altra scoprirà (suo malgrado) che la vita non è poi così male.

Un romanzo ironico, brioso, tenero, che ti fa sorridere e commuovere, mi ha ricordato Piccoli suicidi tra amici di Paasilinna.
Una scrittura semplice, immediata che affronta con apparente leggerezza tematiche importanti, la solitudine che avvelena, la malattia, la disabilità, l'importanza dell'amicizia perché l'unione fa la forza e insieme nulla è impossibile.
E poi l'amore lungo una vita intera.
Mi sono piaciuti i capitoli nei quali si racconta del passato di Ove, la sua vita non facile, l'amore per quella ragazza dalle scarpe rosse e la risata cristallina, capitoli che gettano luce sul personaggio a volte in ombra.
Ove adorabilmente scontroso, un uomo buono dal cuore grande a cui tuo malgrado ti affezioni, un uomo come non ne fanno più, che combatte per quello in cui crede, preciso, affidabile, diretto, schietto, onesto, forte, coraggioso, buffo, a suo modo tenero, un uomo che non si dimentica.
Insomma Ove è Ove, se volete conoscerlo davvero leggetevi il libro, cazzarola!

***

"Ove ha cinquantanove anni. Guida una Saab. È il tipo d'uomo che indica le persone che non gli piacciono un po' come se fossero dei topi d'appartamento e il suo indice una torcia della polizia."

"Mancavano cinque minuti alle sei, la mattina in cui Ove e il gatto si sono incontrati per la prima volta. Il gatto ha pensato subito molto male di Ove. E la cosa è stata del tutto reciproca."

"Ove intuiva chiaramente che gli amici di sua moglie non si capacitavano del fatto che ogni mattina lei si svegliasse e decidesse volontariamente di trascorrere la giornata insieme a lui. Nemmeno lui se ne capacitava. Ove le aveva costruito una libreria, che lei aveva riempito di romanzi: pagine e pagine di emozioni. Ove s'intendeva di ciò che poteva vedere e toccare. Calcestruzzo e cemento. Vetro e acciaio. Attrezzi. Cose che si potevano calcolare. Capiva gli angoli retti e le istruzioni chiare, i modelli delle costruzioni e i progetti. Le cose che si potevano disegnare sulla carta. Era un uomo in bianco e nero.

E lei era il colore. Tutto il suo colore."

"Così, quando qualche sua amica le chiedeva perché lo amasse, lei rispondeva che la maggior parte degli uomini davanti a un incendio, fugge. Ove, invece, gli era corso incontro."




domenica 2 agosto 2020

Storia di Ásta

Storia di Ásta, Jón Kalman Stefánsson
"Che altro è l'essere umano, se non desiderio?"
"Forse si dovrebbero possedere soltanto quei libri che hanno qualcosa di indifferibile da dirci, che ci riguardano davvero."
Storia di Ásta è uno di quei libri.
La luna che illumina il buio là fuori e riempie tutta la finestra, il fiordo gelato, una montagna che sembra salire su su fino al cielo, una fattoria remota, fuori dal mondo, che profuma di fieno, terreni sassosi e desolati, una vecchia che si sveglia ogni giorno in un'epoca diversa, un contadino taciturno e solitario, la notte e le sue stelle accese, un cielo terso d'estate, pioggia gelida incessante, due occhi malinconici che sorridono.
La vita, l'amore e la notte che avanza con le sue ombre facendosi strada con una lanterna.
Legami familiari complessi, viscerali, dolorosi, che lasciano cicatrici profonde perché l'amore sa essere paradiso e inferno, tormento ed estasi, crudele, egoista, felice e disperato, passione assoluta che può provocare ferite insanabili.
Questo romanzo è popolato da voci e storie che si intrecciano, si rincorrono avanti e indietro nel tempo.
Lo scrittore spesso si smarrisce, perde il filo, torna indietro, commette errori, sbaglia strada, "perché viviamo contemporaneamente in tutte le epoche" confessa candidamente al lettore.
Ecco il seminterrato a Reykjavík dove Helga e Sigvaldi giovani e innamorati fanno l'amore con impeto e passione.
Helga bellissima come Liz Taylor, elettrica, energia pura, inquieta, insoddisfatta della routine quotidiana, di un ruolo di moglie e madre che le sta stretto e giorno dopo giorno sembra soffocarla.
Sigvaldi modesto imbianchino, paziente e innamorato di questa donna così bella da mozzare il fiato, che inspiegabilmente ha scelto proprio lui.
E poi Asta come la sfortunata eroina del romanzo di Laxness "Gente indipendente", persa nella brughiera, Ast che senza la a finale significa Amore.
Amore passione ma anche solitudine, rabbia, incomprensione, infelicità.
Asta ribelle, indomita, ragazzina problematica, che sogna di volare via lontano, le braccia come ali, donna inquieta e appassionata che forse somiglia a sua madre, quella smania ribelle nel sangue, quell'impeto ardente.
E poi Jòsef un ragazzino che ha duemila anni "l'unico che non ha mai perso la poesia", il primo amore e l'ultimo.
Il silenzio e l'assenza sottile, lacerante che ferisce e annienta.
Parole d'inchiostro, lettere che provano a bucare il muro dell'assenza e a richiamare indietro chi è andato via e forse non può tornare.
Parole che distruggono e salvano, poesia come resistenza alle brutture del mondo, letteratura che può aiutarci a vivere o prepararci a morire.
Un linguaggio lirico ed evocativo dove si intrecciano e sovrappongono vari piani temporali.
Un libro che esige la piena attenzione del lettore.
Qui ho ritrovato le suggestive atmosfere tipiche di questo scrittore islandese, malinconia tanta malinconia, siamo strumenti a sei corde e una di queste si chiama malinconia, il tempo che passa in un soffio, l'amore complicato, doloroso e bellissimo, la vita che sembra sconfinata ma è solo un battito di ciglia e poi il buio che incombe.
Un romanzo intenso, struggente, lirico, profondo, evocativo, che illumina le nostre zone buie, pone interrogativi, fa riflettere, una scrittura limpida come quel cielo d'estate che d'improvviso si riempie di nuvole nere minacciose.
Perdersi tra fiordi grigi e gelidi, cieli stellati, mare rabbioso e urlante, perdersi tra tante storie che si intrecciano mentre la vita accade. Semplicemente.
Amo i libri così. Ma così come? Indifferibili. Come questo.
Ti trasportano altrove, completamente.
Respiro immenso, boccata di aria pura.
Immergersi nella notte rischiarata dalla luna, nella luce che soltanto il buio fa risplendere.
Un romanzo che è un respiro, un tremulo battito di ciglia, una vita, tante vite, e il vento impetuoso dell'amore che scuote e sconvolge.
Una bambina, una donna matura, una famiglia complicata, errori, paure, desideri, sogni infranti, amore sempre anche se ferisce e fa male, poesia, bellezza, paesaggi mozzafiato, qualche rimpianto, godersi il viaggio, non rimandare a domani, potrebbe essere tardi, siamo qui e ora e intanto la vita accade, semplicemente.
Fatevi un regalo, leggete Jón Kalman Stefánsson e godetevi quell'atmosfera sospesa, rarefatta, evocativa che soltanto lui riesce a creare.
Questo è uno di quei libri che possono salvarci trasportandoci altrove. Uno di quei libri indifferibili, che ci riguardano davvero.
***
"Qui non c'è altro che una vita di fatica, il mare infinito, e le montagne che amplificano i venti, trasformandoli in bufera.
Ma a volte, in certi giorni, in certe sere, in certe notti, questo posto è così bello che sembra proprio che Dio stia scendendo sulla terra per stringere un patto con gli uomini e gli animali. Altre volte non offre abbastanza per una vita intera.
A volte ti posso baciare, a volte posso tenerti stretta, a volte posso addormentarmi al tuo respiro, a volte posso svegliarmi mentre sussurri il mio nome. A volte è come dire raramente.
A volte non vuol dire spesso, ma solo di tanto in tanto.
A volte significa che passerà molto tempo fino alla prossima volta, e per questo sei condannato all'infelicità.
Poi gli edifici crollano sulla tua vita.
Allora il cielo imbrunisce,
e pensano sia la morte."
"Chi non è mai uscito in una notte d'agosto di luna piena, quando le montagne non hanno più niente di terreno, il mare si è trasformato in uno specchio d'argento e le zolle d'erba in cani addormentati, non ha mai vissuto davvero e bisogna porvi rimedio".
"Vuoi sapere qual è la mia sventura? È che quei maledetti extraterrestri si sono dimenticati di venire a prendermi quando avevo diciannove anni per rendermi immune alla routine. Si sono dimenticati di me. Si sono dimenticati di disconnettermi il desiderio di libertà e di avventura. E adesso è troppo tardi, sono troppo vecchia. Tu sei libero, perché non vedi la prigione che ti circonda. Io sono prigioniera, perché vedo le sbarre. Tu sei stato scollegato in tempo. Ti hanno staccato l'inquietudine, la foga, la sete di novità, di imprevisto. A me invece è rimasto tutto dentro. È questa la mia sventura."
"Ciascun essere umano è uno strumento a sei corde e una delle corde di Ásta si chiama malinconia."
"E dove andarsene
come fuggire
se non c'è modo di uscire dal mondo?"
"Ce n'era solo uno che era diverso. Solo uno che non cambiava mai. Che non ha mai perso la poesia.
Solo uno che sapeva trasformare i sassi in imprecazioni.
Era focoso mentre la penetrava, ma anche straordinariamente sensibile. E nel momento dell'orgasmo piangeva sempre un poco.
Ce n'era uno solo.
Poi è scomparso nel silenzio.
Allora non c'è proprio alcun modo per uscire dal mondo?"
"Per questo la vita è incomprensibile. È dolore. È tragedia. È la forza che ci fa risplendere."
Colonna sonora: I put a spell on you, Nina Simone