lunedì 8 febbraio 2021

La straniera

 La straniera, Claudia Durastanti

"Quando tutto cade, indomito l'amore resta."
(Auto)Biografia, romanzo, memoir familiare, diario, flusso ininterrotto di pensieri, ricordi, viaggi fisici e dell'anima, un libro fiume dove il tempo si dilata dal passato al presente, procedendo a balzi, flash improvvisi.
Sei sezioni (Famiglia, Viaggi, Salute, Lavoro e Denaro, Amore, Di che segno sei) quasi fossero un oroscopo per scandagliare l'abisso dei ricordi.
Claudia, voce narrante, è la nipote di emigranti coraggiosi e impavidi, dalla Basilicata a Brooklyn con furore.
Figlia di due genitori sordi, ribelli, impulsivi, girovaghi, fuori dagli schemi, che concordano su una cosa soltanto: il giorno in cui si sono incontrati per caso a Trastevere si sono salvati la vita a vicenda.
Claudia nasce a Brooklyn in una notte d'estate, balla la tarantella in uno scantinato con il nonno e i suoi pittoreschi parenti italoamericani, a cinque anni contrabbanda mozzarelle, torna in Italia dopo il burrascoso divorzio dei genitori e va a vivere in un minuscolo paesino della Basilicata, dove ci sono pietre al posto dell'asfalto e più capi di bestiame che persone, inseguendo un'improbabile rotta migratoria al contrario e due genitori folli, dalla grande America, terra di mille sogni e speranze al deserto di polvere e solitudine di un paesino lucano dai tramonti rosso sangue, per poi approdare da adulta a Londra inseguendo un sogno d'amore e libertà.
Claudia che da bambina salta la scuola, legge in soffitta o sui tetti, cammina per chilometri nei terreni paludosi, impara l'italiano da Tex e Topolino ma soprattutto dal fratello, la prima persona che ha amato visceralmente, che non riesce a pensare alla sua infanzia e ai deliri assurdi dei suoi genitori sfociati a volte nella violenza senza riderne.
Claudia che sente il bisogno di fuggire, inseguendo nuove rotte migratorie per studio, libertà e amore, America, Europa, India e Inghilterra, paesi così diversi e speculari.
Andata e ritorno. Il futuro dietro ogni partenza.
Claudia la straniera, la "figlia della muta", la viaggiatrice inquieta.
Claudia ci racconta la sua infanzia, l'adolescenza, il divorzio dei genitori, la musica, i libri, i film preferiti, da King alla Pivano, la sua migliore amica, dai R.E.M. a John Cage, da Beverly Hills 90210 (Dylan I love you) a Prima dell'alba, ma anche l'amore vissuto come riconoscimento reciproco, la ricerca di un linguaggio che le appartenga e possa in qualche modo affrancarla dal caos.
Un linguaggio preciso, nitido, privo di inflessioni dialettali, così lontano dalla lingua rotta e imperfetta di sua madre.
Ma Straniera è soprattutto la madre di Claudia, la strega, l'eremita, la matta dai capelli neri e il sorriso sfacciato, selvaggia, ribelle e libera, diventata sorda da piccola, cresciuta in collegio dalle suore e poi per le strade di Roma, fino all'incontro con il padre della scrittrice, temperamenti vulcanici destinati a esplodere e fondersi in una strana alchimia, entrambi decisi nel rifiutare la lingua dei segni, ostinati, caparbi nel vivere la propria disabilità con incoscienza e passione.
Caviale e asciugamani rubati negli alberghi, abiti da sera e graffi sul collo. Bravissimi nel salvarsi e distruggersi a vicenda.
Entrambi vissuti in una bolla di silenzio, rotta da scoppi improvvisi d'ira e passione furente.
La madre pittrice, girovaga, libera soltanto nelle foreste e per le strade quando non si sente aggredita alle spalle, il padre fuori dagli schemi, appassionato di cinema, bellissimo, inquieto, distante anni luce da quei padri affettuosi e protettivi che "toccavano le figlie come mio padre non toccava me", un padre per cui lei sente di non essere abbastanza, un rapporto precario, labile, conflittuale e irrisolto, fatto di assenze e colpi di testa.
Claudia cresce cercando la sua strada, tentando di affrancarsi dai suoi genitori incasinati, studia antropologia all'università di Roma, muove i primi passi nel mondo del lavoro, si trasferisce a Londra, sperimentando un inadeguato senso di appartenenza, scoprendo giovanissima l'amore, amore che è riconoscersi, appartenersi, imprimersi l'uno nel corpo dell'altro, fondersi in un tutt'uno, un legame simbiotico e assoluto, quasi impossibile da scindere.
Mentre la vita procede a strappi e lascia cicatrici.
Un libro che mi è piaciuto moltissimo, per come è scritto, per quello che racconta.
Un puzzle di frammenti sparsi che lentamente si ricompongono.
Una finestra aperta sul passato da cui sbirciare il presente e forse il futuro, una scrittura nitida, curata, a tratti ironica, purissima e straniante che non fa sconti, scandaglia i recessi della memoria, riflette sul linguaggio, una mutilazione, sull'arte, riscatto dalla diversità e dalla solitudine, sull'amore, faticoso e imprescindibile, sui rapporti familiari, burrascosi e difficili, sulla disabilità, sul sentirsi diversa, straniera, estraniata, la ricerca continua di un posto nel mondo che corre sempre più veloce, il diventare adulta quando misurare la distanza da casa diventa impossibile.
La straniera racconta la vita, l'amore, la famiglia, la ricerca di libertà, da un'infanzia degna di Dickens all'età adulta, la voglia di riscatto.
Claudia forte, nuvolosa, cittadina del mondo.
L'amore per i propri folli genitori, per il fratello "il suo primo specchio", per quel ragazzo gracile che doveva durare una vita intera, l'amore per la scrittura, la traduzione, le parole, i libri, la musica, i viaggi, amore che è anche coraggio, avventura, libertà, paura, ombra, desiderio, oltrepassare la soglia.
"Quando tutto cade, indomito l'amore resta" o forse era coraggio.
Questo libro è una cosa astratta.
Colonna sonora: Ain't no cure for love, Leonard Cohen.

***

"Poi un giorno, mentre stava per mettere alla prova le sue capacità di nuoto in un fiume inquinato e rivoltante, una ragazza lo aveva preso tra le braccia e lui aveva scoperto che per tutta la vita era andato alla ricerca di un suo simile. Una persona che non voleva affrontare la disabilità con coraggio o dignità, ma con incoscienza."

"Ma anche quel corpo che gli appariva così bello e funzionale sarebbe franato prima o poi. I disabili, qualsiasi parola per definirli è insufficiente, inadeguata, sono una maggioranza nascosta: nonostante le macchine e le protesi intente a provare che la morte non esiste, quasi tutti con il tempo perderemo un super potere, che sia la vista, un braccio o la memoria.
L'incapacità di fare cose che dovremmo saper fare, l'impossibilità di vedere, sentire, ricordare o camminare non è un'eccezione quanto una destinazione.
Diventiamo tutti disabili, prima o poi. lo sarebbero diventate quelle ragazzine, quelle vedove che lo avevano reso dipendente dal sesso: rispetto a loro, mio padre veniva semplicemente dal futuro."

"La storia di una famiglia somiglia più a una cartina topografica che a un romanzo, e una biografia è la somma di tutte le ere geologiche che hai attraversato. Scrivere te stessa significa ricordare che sei nata con rabbia e sei stata una colata lavica densa e continua, prima che la tua crosta si indurisse e si spaccasse per lasciar affiorare una specie di amore, o che la forza inutile del perdono venisse a levigarti e ad appiattire ogni tuo avvallamento. Rileggere te stessa significa inventare quello che hai passato, individuare ogni strato di cui sei composta: i cristalli di gioia o di solitudine sul fondo, le conseguenze di una memoria che è evaporata, tutto ciò che è stato scavato e poi inondato, solo per renderti conto che non è vero che il tempo guarisce: c'è una frattura che non verrà mai riempita. L'unica cosa che fa il tempo è portare con sé polvere ed erbacce, in modo che quella crepa venga ricoperta fino a trasformarsi in un paesaggio diverso, lontano, quasi fiabesco, in cui si parla un idioma che non conosci più, credibile come l'elfico. Passeggi sulle rovine della tua famiglia e ti accorgi che alcune parole sono state cancellate ma altre sono state salvate, alcune sono sparite mentre altre faranno sempre parte del tuo riverbero, e poi finalmente arrivi al margine di tuo padre e di tua madre, dopo anni in cui hai creduto che morire o impazzire fosse l'unico modo per essere alla loro altezza. E lì capisci che tutto nel tuo sangue è un richiamo, e tu sei solo l'eco di una mitologia anteriore."

"Possiamo fallire una storia d'amore, il rapporto con una madre. Ma quando una città ci respinge, quando non riusciamo a entrare nei suoi meccanismi più profondi e siamo sempre dall'altra parte del vetro, subentra una sensazione frustrata di merito, che può farsi malattia. Straniero è una parola bellissima, se nessuno ti costringe a esserlo; il resto del tempo, è solo il sinonimo di una mutilazione, e un colpo di pistola che ci siamo sparati da soli."

"Il linguaggio è una tecnologia che rivela il mondo: le parole sono fiammelle che accostiamo all'indicibile per farlo apparire, come se la realtà fosse scritta in inchiostro simpatico, e quando non ci sono le parole, sono i gesti a rendere possibile questa traduzione. Forse è per questo che ho cercato di imparare a usarle: al silenzio e all'ombra bianca che avanza, io ho opposto pagine scritte e i miei genitori una corda vocale stanca. A volte ci siamo fatti malissimo, ma lo sforzo è stato capirsi.
Non posso costruire una stanza semianecoica per fingere che il silenzio che condividiamo sia lo stesso, ma come John Cage, posso dire a mia madre del suono del mio sangue, e lei può dirmi di quello del suo."

"Mia madre è sempre la stessa, ma io sono stata la figlia di donne diverse. All'inizio era un'handicappata. Poi è diventata una disabile. Per attimi è stata una donna diversamente abile, ma tutti siamo diversamente abili. A un certo punto non era che una pazza. Oggi è una persona che sta su internet."