Chi manda le onde, Fabio Genovesi
“Sai Luna, mi sa che a questo mondo, se vuoi piacere alla gente, devi essere grigio come loro.
Noi non siamo grigi, e ce la fanno pagare ogni giorno”.
Le onde del mare che portano a riva misteriosi regali venuti da lontano
che una bambina raccoglie e custodisce nella sua camera. Le onde della
vita che travolgono e sconvolgono, rimescolando le carte del
destino, quando sei lì felice e spensierata e accade l’imprevisto, il
dolore ti afferra alla gola e ti toglie il respiro.
Le onde della
passione che ti fanno tremare il cuore, quando arriva “quel tempo senza
tempo che dà un senso a tutto e giustifica tutto il resto”. In
questo libro si alternano i punti di vista dei vari personaggi, unici, speciali, eccentrici, irriverenti, imperfetti, buffi, incasinati, diversi
e splendidi.
Un arcobaleno di colori folli in un mondo grigio e squallido.
Luna la bambina albina dalla pelle candida che ama il mare e si pone mille domande.
Luca bello come il sole, intelligente e libero, che strega i cuori di tutte le ragazze e ama surfare.
Zot, il bambino venuto da Chernobyl che parla il linguaggio curato e
perfetto di un adulto, col suo cappotto da vecchio, la fisarmonica
stonata e il cappello di paglia.
Il nonno bagnino, comico e verace. Sandro il prof, lavoro precario, vita precaria, che vive con i genitori
e ama Serena, bellissima “ due occhi struccati eppure stupendi dopo
una giornata di lavoro, che da soli sculacciano l’intera industria dei
cosmetici e della moda,” ribelle e chiusa nel proprio dolore.
Personaggi fuori dagli schemi e un po’ strambi, come gli alberi storti,
nodosi e sbilenchi del bosco della “casa dei fantasmi”,”che si reggono
l’uno all’altro e stanno ancora in piedi anche dopo i temporali”.
Perché
il segreto per sopravvivere e andare avanti nonostante le tempeste della
vita è tutto qui, reggersi l’un l’altro, tenendo gli occhi rivolti
alle cose in arrivo, seguendo la corrente.
Un libro dal linguaggio
semplice e scorrevole, la lingua imperfetta parlata quotidianamente, un
libro divertente, brioso, ironico, malinconico.
Mi è piaciuto molto
perché mi ha fatto ridere e anche piangere a pagina 99 per
l’esattezza, quando tutto sembra andare per il meglio “e invece”.
E se un libro riesce a disarmarmi a tal punto, vuol dire che sa toccare le corde giuste e per me vale qualcosa.
Storie di vita incasinata e scombinata, di dolore, amore, smarrimento, paure, pensieri, inquietudine, confusione, emozioni.
Un libro che si legge tutto d’un fiato, che è come una brezza
leggera, di quelle che soffiano sulla riva del mare, quando sei lì tra
blu e orizzonte sconfinato e osservi le onde spumeggianti e bianche che
si infrangono sulla battigia, imprevedibili, ribelli, bellissime,
caotiche, veloci, pazze, libere, indomabili, eternamente uguali e diverse, e
poi all’improvviso trattieni il fiato e ti tuffi in quel caldo
abbraccio, che è come una carezza.
Le onde del mare, le onde della vita.
“Ogni colpo è più forte e profondo, un passo in là verso un mondo
dove non ha più senso chi sei, cosa vuoi, cosa è giusto e cosa no. E
avanti così, e ancora, e ancora, per il tempo senza tempo delle cose che
danno senso a tutto, e uno si sveglia ogni giorno e si veste e si pettina
ed esce di casa, perché sa che ogni tanto, nei giorni sempre uguali, a
sorpresa si infila un pezzetto di questo tempo qua, e giustifica tutto il
resto. E tutto il resto è la spiaggia, la sabbia sotto le ginocchia, la
gonna un po’ strappata da una parte, il suo respiro sul collo che sa di
fumo e forse anche di pino, di quella resina trasparente appiccicosa e
dolcissima, che una volta che ti si incolla alla pelle non se ne va
più.”
"Il suono distorto
di una chitarra elettrica a tutto volume, questa è la grande linea
divisoria, il colpo di mannaia che separa in due l'umanità. Sei miliardi
abbondanti di persone, mille colori e mille lingue e mille pettinature
diverse si possono distinguere velocemente in due soli gruppi: quelli che
adorano il suono di una chitarra elettrica distorta e quelli che lo
detestano. Non ci sono vie di mezzo, non esiste gente che ascolta un
assolo di fuoco e resta lì tiepida e indifferente.
Lui adora la
chitarra elettrica, è il suono della vita, così forte e così
strano, pieno di melodia e insieme di fischi, roba magnetica che si
avvolge alle note, e voglia e rabbia e fughe, sbagli e schizzi e tanto
casino, tutto mescolato insieme e infilato di forza in un pezzo di legno
con sei corde tirate sopra e sparato nell'aria a tutta potenza."
"Te l'avessero chiesto prima, cos'è il dolore, avresti detto che è una
belva malefica, che ti salta addosso e ti graffia, ti morde, ti
squarta. E avresti detto una cazzata. Perché questo non è il dolore,
Serena, questo al massimo è il mostro di un film dell'orrore. Ma cosa ne
potevi sapere. Di film ne hai visti un sacco, invece il dolore vero non
l'avevi provato mai. Ora ha riempito la tua vita. Anzi, no, una vita non
ce l'hai più, adesso il dolore è la tua vita, e hai capito che non ti
salta addosso come una belva, il dolore non ha fretta. Arriva piano, tanto
che per un po' ti guardi intorno e non capisci, cominci a pensare "ma
insomma dov'è?". E lui intanto si avvicina, si avvicina e sale, e quando
ti arriva addosso è così enorme che non puoi scappare. Non arriva da un
punto preciso, ti sta tutto intorno come il mare quando è mosso, un mare
profondo e buio e pieno di onde altissime che arrivano da tutte le parti
(...)"
"La vita è un temporale, è una burrasca. E' una tempesta di schiaffi, con dentro ogni tanto, per sbaglio, una carezza."
"Si nonno, però..." fa Zot. "Però secondo me l'importante è non abituarsi mai a questi schiaffi.
Non giungere al punto in cui il nostro viso diventa insensibile, perché
poi quando finalmente arriva quella carezza meravigliosa, ecco,
dobbiamo sentirla bene e godercela fino in fondo".