venerdì 29 novembre 2019

Carrie

Carrie, Stephen King
"A Tabby, che mi ha fatto entrare in questo incubo, e poi me ne ha fatto uscire."
Il colore che domina in questo romanzo è sicuramente il rosso, acceso, brillante, vivo.
Il rosso del sangue, il rosso della seta, il rosso del cielo notturno stravolto dalle fiamme, il rosso del fuoco che divora.
Un fiume di sangue e parole, una scrittura rapida, avvincente, che ti inchioda alle pagine.
La vicenda di Carrie viene ricostruita attraverso i racconti, le testimonianze dei sopravvissuti, gli estratti dei libri scritti sull'oscura vicenda, una polifonia di voci che anticipano quello che avverrà di lì a poco, senza nulla togliere all'intensità del romanzo.
Siamo a Chamberlain una tranquilla e sonnolenta cittadina del Maine negli anni sessanta.
Carrie White è una ragazza goffa e timida, occhi bovini, lunghi capelli color topo incollati al viso, infagottata in abiti informi e fuori moda che nascondono la sua femminilità.
Da sempre è il bersaglio preferito degli scherzi crudeli e delle prese in giro dei compagni di classe.
Tozza, brufolosa, lenta, insicura e fragile, vittima di una madre ossessionata dal peccato e da deliranti manie religiose, che le ha inflitto terribili punizioni fisiche e psicologiche.
Un donna folle e paranoica.
Vivono in una modesta casa, tetra, piena di inquietanti dipinti religiosi e candele.
Carrie vorrebbe essere come le altre ragazze, sentirsi accettata, ma le sue compagne non fanno altro che deriderla, emarginandola, lei così diversa e speciale.
Carrie racchiude in sé una forza potentissima, la telecinesi, che si manifesta soprattutto nei momenti di forte stress psicologico.
Dopo l'ennesimo scherzo crudele che la lascia stordita e confusa, l'invito al ballo da parte del ragazzo più bello e popolare della scuola sembra trasformare finalmente i suoi sogni in realtà. Ma la fiaba si rivela un incubo, un incubo rosso di fiamme e devastazione che non risparmierà nessuno e distruggerà la città intera.
La goffa e fragile Carrie diventerà una creatura spietata e vendicativa, sola, disperata e furiosa.
In questo romanzo lo scrittore affronta varie tematiche importanti e sempre attuali, il bullismo, l'emarginazione sociale, la solitudine, il sentirsi diversa, la rabbia repressa che esplode all'improvviso come una bomba, la violenza fisica, verbale, psicologica, le ossessioni religiose di menti deboli e malate.
Numerosi sono i personaggi che incontriamo nel corso della narrazione.
Sue Snell che cerca di espiare la sua colpa, offrendole un'occasione di riscatto attraverso l'invito al ballo da parte di Tommy, il suo ragazzo perfetto, la perfida Chris, il suo amico Billy sbandato, violento e selvaggio, il corpo docente, incapace di gestire le pulsioni ribelli dell'età inquieta.
Carrie che sposta gli oggetti con la forza della mente, Carrie chiusa in uno stanzino buio per espiare i suoi peccati, Carrie sconvolta da quel corpo che non conosce e butta sangue a tradimento, Carrie che ama sua madre, la sua folle madre, Carrie che odia sua madre, Carrie che si cuce un abito da sogno di seta fiammante, Carrie che ti legge nella mente, Carrie che incendia il cielo di mille bagliori rossi.
E poi sua madre religiosa e perversa che invoca un dio lontano e il giorno del giudizio universale, che odia la figlia del peccato e della colpa, Sue e l'innocenza perduta, Chris e Billy il lato banale del male.
Carrie e la sua fiaba nera, reginetta del ballo per una notte e vendicatrice spietata, Carrie e il suo inferno rosso di solitudine, emarginazione, disamore, sogni infranti.
Un fiore che sboccia velenoso e perverso tra macerie e rovine.
***
"Cos'è successo dopo?
Dopo? Be', dopo a Chamberlain è arrivato il demonio."

"Sai qual è il mio regalo per te, mamma? Quello che hai sempre voluto. Le tenebre. E qualsiasi Dio ci viva dentro".
Margaret White sussurrò: "Padre Nostro, che sei nei cieli"...
"Più adagio, mamma, più adagio".
"... sia santificato il Tuo nome..."
"Posso vedere il sangue che scorre dentro di te. Più adagio."
"... venga il Tuo regno..."
"Le tue mani e i tuoi piedi sono come marmo, come alabastro. Bianchi."
"... sia fatta la Tua volontà..."
"La mia volontà, mamma. Più adagio."
"... come in cielo..."
"Più adagio."
"... così... così..."
Cadde in avanti, le mani contratte.
"Così in terra."
Carrie sussurrò: "Stop. Fine."


Pet Sematary

Pet Sematary, Stephen King
"La morte è un mistero e la sepoltura è un segreto."
Una risata ghignante nel buio, un brivido ghiacciato lungo la schiena, un cielo trafitto da povere stelle, occhi gialli che ti scrutano nella notte, un abisso nero che si spalanca sotto i piedi e t'inghiotte, un urlo soffocato, un incubo spaventoso.
Il dottor Louis Creed e la sua famiglia, la moglie Rachel, i due figli, Gage due anni, Ellie cinque e il gatto di casa Church si sono appena trasferiti da Chicago a Ludlow, una piccola cittadina nel Maine, in un'enorme casa bianca coloniale immersa nella natura.
Una casa circondata da colline, un prato verdeggiante e boschi impervi, lontano dal caos frenetico della grande città.
Se non fosse per quei camion che sfrecciano veloci lungo la strada a cui bisogna prestare attenzione, sarebbe un luogo isolato e silenzioso, immerso nel verde.
L'arrivo nella nuova casa è funestato da una serie di spiacevoli incidenti, Ellie cade dall'altalena sbucciandosi un ginocchio, il piccolo Gage è punto da un'ape.
Uno strano malessere e un nervosismo dovuti in parte anche alla stanchezza del viaggio turbano la famiglia, agitata da tensioni striscianti e strane inquietudini.
Appena arrivati Louis conosce Jud Crandall, il simpatico vicino di casa, un uomo anziano, vitale ed energico con cui si crea da subito un forte legame di amicizia, fatto di serate passate a chiacchierare in veranda con una birra in mano o un tè ghiacciato, raccontando vecchie storie, il padre che Louis non ha mai avuto.
Il primo giorno di lavoro di Louis sarà funestato da un evento spiacevole e angosciante, uno studente muore praticamente tra le sue braccia, evocando scenari onirici sinistri e inquietanti.
Durante una passeggiata nei dintorni Jud, l'amabile vicino di casa, mostrerà ai suoi nuovi amici, inerpicandosi per un sentiero circondato da erba alta, il cimitero degli animali, dove i bambini del vicinato da sempre seppelliscono i loro animali domestici, spesso investiti lungo la strada vicina, trafficata e pericolosa. Questa visita sarà motivo di lite e tensione tra Louis e sua moglie, terrorizzata dall'idea della morte e preoccupata che l'episodio possa aver turbato la piccola Ellie.
Jud è da subito molto chiaro, non bisogna abbandonare il sentiero, non bisogna oltrepassare la catasta di alberi morti ammucchiati lì vicino, dai vecchi rami nodosi e contorti.
Varcare quella barriera potrebbe essere molto pericoloso.
Un libro che parte in sordina descrivendo la routine di una famiglia felice alle prese con i piccoli grandi problemi quotidiani, i capricci dei bambini, il primo giorno di asilo, le prime paroline, qualche discussione tra genitori, l'attesa di babbo natale, il volo spensierato di un aquilone nel cielo azzurro, momenti felici, fugaci ed effimeri.
Ben presto conturbanti presenze, sogni inquietanti apriranno poco a poco un varco su una realtà sconvolgente, un potere demoniaco e oscuro che esercita un'insana attrazione sulla mente dei protagonisti.
Accanto al cimitero degli animali vi è un luogo segreto e misterioso, terreno di sepoltura appartenuto alla tribù Micmac, un luogo abitato da oscure presenze e minacciosi presagi.
Un libro avvincente, perturbante, dal ritmo incalzante e rapido, ricco di descrizioni accurate e personaggi ben caratterizzati nei loro pensieri e nelle loro pulsioni più profonde, che piano piano ti porta nel cuore dell'orrore che esplode violento soltanto nelle ultime pagine, quasi non puoi credere che stia accadendo davvero, tutto quell'orrore nero e senza scampo.
Un libro dove King affronta la più tremenda delle paure, quella della morte, della decomposizione, dell'annientamento, dell'addio definitivo e crudele ai nostri cari.
Cosa saremmo disposti a fare se fosse possibile riportarli indietro?
E a quale prezzo?
Questo libro racconta il dolore più estremo, quello che ci fa impazzire di fronte alla perdita delle persone amate, perdita ingiusta e immotivata, quando la mente cade preda di un'insana follia, di un'attrazione morbosa per azioni abominevoli.
Il dottor Louis brancola nel buio, spenta la luce della ragione oltrepassa il limite, infrange la barriera evocando un oscuro potere, forze demoniache, creature che sarebbe stato meglio far riposare in pace.
Un ghigno nel buio, un artiglio ghiacciato, la natura ammutolisce di fronte all'orrore, che spazza via tutto, lasciando soltanto desolazione e follia.
Un libro pericoloso, claustrofobico che può far male, se vi impressionate facilmente di fronte a cimiteri e scenari macabri questo libro non fa per voi, apre uno spiraglio sull'abisso, facendo vacillare le nostre labili certezze.
Ci sono creature che è meglio lasciar dormire, ma "il cuore dell'uomo è fatto di un terreno più duro, vi coltiva quello che può e ne ha cura". Sempre, a qualunque costo.
***
"Forse vedrai i fuochi di sant'Elmo: sono forme strane, ma non è niente. Se per caso ne vedi qualcuna e ti fa impressione, guarda dall'altra parte. Probabilmente udrai dei suoni che sembrano voci, ma sono soltanto gli smerghi giù a sud, verso Prospect. Il suono viaggia nell'aria. È un effetto strano."
"Sono cose segrete. Si dice che le donne siano brave nell'avere segreti e forse qualcuno ce l'hanno, ma qualsiasi donna che abbia un po' d'esperienza della vita ti direbbe di non aver mai guardato realmente nel cuore di un uomo. Il cuore di un uomo è fatto di un terreno più duro, Louis... come lassù, nell'antico terreno di sepoltura dei Micmac. La roccia affiora prima. Un uomo vi coltiva quello che può... e ne ha cura."
"Jud..."
"Non fare domande, Louis. Accetta quello che è stato fatto e segui il tuo cuore."
"Ma..."
"Niente ma. Accetta quello che è stato fatto Louis e segui il tuo cuore."



mercoledì 20 novembre 2019

Le mille luci di New York

Le mille luci di New York, Jay McInerney
"Sono le sei del mattino: hai idea di dove sei?"
Il protagonista senza nome di questo breve e intenso romanzo, 153 pagine appena, vive nella caotica, scintillante, multiforme New York anni ottanta, la città che non dorme mai, la città dalle mille luci sfavillanti a illuminare la notte, notte buia di fantasmi e demoni interiori.
È un giovane uomo di ventiquattro anni, lavora nella redazione di una prestigiosa rivista al Reparto Verifica dei Fatti, sogna di diventare scrittore, ha una moglie bella e bionda che fa la modella.
Ma il suo sogno, la sua vita apparentemente perfetta si incrina quando la moglie lo lascia per telefono senza dargli troppe spiegazioni e lui abbandonato e con il cuore spezzato inizia la sua caduta libera.
Si perde nella notte newyorkese, nelle feste alla moda, tra alcol e strisciate di polvere bianca, tanti soldatini boliviani che marciano nella testa, cavalcando la sua cometa bianca.
Vuole saggiare i suoi limiti, vedere fin dove può spingersi, cancellando il suo dolore.
"La tua presenza qui fa semplicemente parte di un esperimento: stai saggiando i tuoi limiti, per ricordarti di quello che non sei."
Diventa un perfetto animale notturno, la luce del giorno lo acceca ma per fortuna ha i suoi fidati occhiali da sole.
Le notti in bianco lo portano a trascurare il lavoro e da lì al licenziamento il passo è breve.
E allora che si fa? Sempre più perso e confuso vaga smarrito per la città, con l'ansia e la paura di morire che si affacciano appena si avvicina alla porta di casa.
Ripercorre i luoghi di quando era innamorato e felice, segue il pazzo amico Tad nelle sue follie notturne, nella smaniosa voglia di divertirsi, stordirsi, smarrirsi.
Le luci scintillanti di New York riflettono il vuoto, la disperazione nera e la solitudine che si porta dentro.
E allora non rimane che perdersi nella notte e nelle sue follie alcoliche per anestetizzare il dolore, per smettere di pensare a quel passato che fa soffrire.
L'incontro con Vicky, una ragazza intelligente e interessante che studia filosofia e con il fratello Michael appena arrivato in città lo portano a fare i conti con il suo recente passato e la separazione traumatica e dolorosa dalla madre.
Lentamente affiora in lui una nuova consapevolezza, forse non è troppo tardi per provare a ricominciare daccapo.
Una scrittura minimalista ed essenziale, Carver docet, ironica, a tratti divertente (Fred il furetto alla riscossa è esilarante), espressiva, che con poche, decise pennellate riesce a descrivere la disperazione senza mai scadere nel sentimentalismo melenso.
L'uso della seconda persona singolare ci immerge maggiormente nella narrazione, siamo con lui nelle sue scorribande notturne, ma è come se l'anonimo protagonista osservasse la sua vita dal di fuori e non si riconoscesse.
Una nuova alba incombe sulla città, in lontananza le torri del World Trade Center, un colpo al cuore, nell'aria si diffonde un profumo che sa di buono, di affetto, di ricordi lontani e tenerissimi e in questa atmosfera onirica il giovane protagonista senza nome proverà a fare ordine nel suo caos interiore partendo da quel dolore, elaborando quel lutto aggrovigliato dentro, che per mesi ha cercato di soffocare.
Una voce amica che ti ascolta se hai voglia di sfogarti o non riesci a dormire, l'alba sulla città, forse preludio di una nuova vita, che cancella con il suo splendore luminoso quelle luci artefatte dello sballo, delle feste folli, della musica stonata, degli incontri improbabili che lasciano più soli e insoddisfatti di prima.
La bellezza perfetta delle cose autentiche e vere, perché nessuna luce artificiale sarà mai come quella dell'alba che sorge con il suo buon profumo che sa di casa, cancellando piano piano la notte nera dentro e fuori di noi.
***
"Ti siedi a guardare il fiume. In fondo, la Statua della Libertà scintilla nella foschia. Sull'altra riva, un'enorme insegna della Colgate ti dà il benvenuto nel New Jersey, lo stato giardino.
Osservi il solenne avanzare di una chiatta della nettezza urbana, avvolta da una nuvola di gabbiani stridenti, diretta in alto mare.
Eccoti qua di nuovo. Incasinato di brutto e senza un posto dove andare."
"Ma quello che ti resta è il presentimento che la tua vita svanirà in te, come un libro letto troppo in fretta, lasciandosi dietro una labile scia di immagini e di emozioni, fino a quando non ricorderai altro che un nome".



martedì 19 novembre 2019

Piccoli suicidi tra amici

Piccoli suicidi tra amici, Arto Paasilinna
"In questa vita la cosa più seria è la morte;
ma neanche quella più di tanto."
Per sfuggire a quella tetra malinconia, all'apatia, alla depressione "il più formidabile nemico dei finlandesi" in occasione della festa di San Giovanni, festa della luce e del solstizio d'estate, tutti in paese si mobilitano per scacciare le ombre e i propri demoni interiori, accendendo falò sulle rive dei laghi, danzando, bevendo allegramente.
Eppure non tutti riescono a dissipare il buio.
In un fienile abbandonato tra i campi si incontrano casualmente due uomini, infelici e delusi dalla vita, condividono il medesimo proposito suicida.
Ma entrambi intralciano inconsapevolmente i piani dell'altro, quindi decidono di rimandare l'insano gesto a un momento più propizio.
Il direttore Rellonen, un matrimonio in crisi e disastrosi fallimenti lavorativi alle spalle e il colonnello a riposo Kemppainen, vedovo inconsolabile e terribilmente solo, deposte pistola e corda, le armi del delitto mancato, diventano amici, confidandosi le proprie pene, spezzando il cerchio malefico della solitudine.
Da lì a elaborare un piano ingegnoso il passo è breve. Decidono infatti di radunare un gruppo di aspiranti suicidi sparsi per il paese, per provare a risolvere problemi e afflizioni personali e perché no, farla finita tutti insieme, un gesto collettivo non privo di vantaggi economici, sconti per i necrologi ad esempio.
In fondo non hanno molto da perdere.
Attraverso un bizzarro annuncio su un giornale, un'efficiente segretaria, la vicepreside Helena Puusaari, anima dark, rossa tenebrosa, amante delle passeggiate solitarie nei cimiteri, organizzano un seminario a tema suicidio, riunendo un gruppo di persone provenienti da tutto il paese, che hanno un unico obiettivo, farla finita, abbandonando per sempre una vita deludente e problematica.
Alla guida del colonnello la Libera Associazione Morituri Anonimi, di recente costituzione, parte per il suo ultimo viaggio a bordo di un pullman lussuoso e accessoriato, la Saetta della Morte.
Dal mare ghiacciato e cupo di Capo Nord agli strapiombi della Alpi, fino alle scogliere a picco sull'oceano nella punta estrema dell'Algarve, la fine del mondo.
Eppure durante questo avventuroso e incredibile viaggio i morituri anonimi riscopriranno il piacere della vita, i problemi di un tempo ormai lontani.
Uniti, innamorati, fiduciosi nelle proprie possibilità accantoneranno la malsana idea iniziale.
Un libro pervaso da spietata ironia, battute fulminanti, vicende surreali, paesaggi naturali immensi dai nomi impronunciabili, una lettura scorrevole e divertente malgrado il tema del libro. Come non sorridere di fronte all'improbabile psicologa del seminario, talmente esperta in materia da aver tentato lei stessa il suicidio in gioventù, fino agli strambi personaggi, due dei quali arrivano a giocarsi l'anima a carte.
Il capitano di lunga secca e la sua improbabile barca ferraginosa, il "guastatriboli" Seppo Sorjionen, cantastorie spassionato, amante della vita, il domatore di visoni, l'intrepido lappone Uula e tanti altri che affollano le pagine del libro.
Ironia nera, natura selvaggia, un sorriso sarcastico e dissacrante sul mondo e sui suoi strambi abitanti, un libro in perfetto stile Paasilinna.
L'insolito gruppo inseguendo la morte tra lande desolate e paesaggi mozzafiato se ne fa beffe, riscoprendo poco a poco il gusto della vita, perché come ammonisce saggiamente lo scrittore "Si può scherzare con la morte, ma con la vita no. Evviva!"

***
"Il più formidabile nemico dei finlandesi è la malinconia, l'introversione, una sconfinata apatia.
Un senso di gravezza aleggia su questo popolo sfortunato, tenendolo da migliaia di anni sotto il suo giogo, tingendone lo spirito di cupa seriosità. Il peso dell'afflizione è tale da indurre parecchi finlandesi a vedere nella morte l'unico sollievo. La malinconia è un avversario più spietato dell'Unione Sovietica.
Ma i finlandesi sono al tempo stesso un popolo combattivo. Non cedono mai. Si ribellano a ogni occasione contro il tiranno."
STAI PENSANDO AL SUICIDIO?
Niente panico, non sei solo
Ci sono altri che condividono le tue intenzioni, c'è perfino chi ne ha fatto un'esperienza preliminare. Scrivici di te ed esponi brevemente la tua situazione, forse potremo aiutarti. Specifica nella lettera il tuo nome e indirizzo, ti contatteremo. Tutte le informazioni fornite saranno considerate strettamente riservate e non saranno comunicate a terzi. Si prega chi non ha intenzioni serie di astenersi. Vogliate indirizzare le vostre gentili risposte fermo posta presso le Poste centrali di Helsinki, intestandole a: "Proviamoci insieme."
"Ulula chiese a Korpela di aprire la portiera anteriore del pullman e scese sulla scaletta. Poi agitò allegramente la mano in direzione del doganiere e gli gridò: Topi! Leggi con attenzione i giornali e ascolta le notizie alla radio, da un momento all'altro ci si butta! Ricordati che ti ho avvisato! I morituri ti salutano!"



lunedì 18 novembre 2019

Cuori in Atlantide

Cuori in Atlantide, Stephen King
Un romanzo composto da cinque racconti che coprono un lungo arco temporale dal 1960 al 1999, raccontando le peripezie di tre ragazzini dagli undici ai cinquant'anni volati in un soffio e in mezzo una vita intera fatta di sogni, speranze, magia, rabbia, sconfitte, errori, paura, orrore, no non quello dei mostri a cui ci ha abituato il re dell' horror, orrore vero, l'orrore "verde", la guerra, il Vietnam, che ha segnato per sempre quella generazione, i morti, i sopravvissuti, i superstiti, i reduci.
Nel primo racconto "Uomini bassi in soprabito giallo" incontriamo tre ragazzini di undici anni, legati da una forte amicizia e tanti sogni, ingenui e innocenti.
Vivono a Harwich, una piccola cittadina nel Connecticut, l'estate è alle porte, una lunga, intensa estate che sarà difficile dimenticare.
Bobby Garfield, capelli rossi a spazzola, sogna una bici per il suo compleanno e invece riceverà una tessera nuova per la biblioteca sezione adulti, un ottimo regalo per un appassionato lettore.
Carol Gerber, occhioni azzurri che brillano, capelli biondi e un sorriso con fossette, ha una cotta per Bobby, lo trova "stratosto" proprio perché lui non sa di esserlo.
E infine Sully John, il miglior amico di Bobby che da grande vuole fare il mago e girare il mondo.
Un arrivo inaspettato e sorprendente sconvolgerà quell'estate, un uomo misterioso, Ted Brautigan, che si materializza dal nulla, capelli bianchi sottili, viso scarno e stanco, intensi occhi azzurri, pochi sacchetti di carta tra le mani.
Tra Bobby e il nuovo vicino di casa si instaura da subito un forte legame di amicizia, attraverso la passione per i libri.
Eppure la madre di Bobby è diffidente, non si fida di quell'uomo.
Ted e i suoi libri, i discorsi sul tempo "il vecchio imbroglione calvo", Ted e il suo passato misterioso, i suoi enigmatici poteri, Ted che a volte si perde e vaga lontano, Ted braccato da strani personaggi, uomini bassi in soprabito giallo, stupidi e pericolosi.
Bobby è incredulo e affascinato da quel mistero.
In questo racconto ci sono numerosi riferimenti alla saga della Torre nera, Ted ne è un personaggio chiave, non amando il genere fantasy non so cosa sia un "frangitore," Ted lo è, ma questo non pregiudica la comprensione del racconto.
Ci sono altri mondi più vasti ed è a questi che Ted appartiene.
Le tematiche che si snodano in questo racconto sono l'amicizia, la perdita dell'innocenza, la lotta tra il bene e il male, il bullismo, le difficoltà e i problemi familiari, il tutto complicato da un universo magico e oscuro.
Il mondo è pieno di uomini bassi in soprabito giallo, cattivi e ottusi, e crescendo Bobby scoprirà che non sempre sono mostri che provengono da altre dimensioni.
Nel secondo racconto che dà il titolo alla raccolta, Cuori in Atlantide, siamo nel Maine, nell'ambiente universitario dei caldi e caotici anni sessanta.
Studenti smarriti, confusi, incerti sul futuro, tra musica, risate, stregati da un gioco di carte, Cuori appunto, una vera e propria droga, dove danno la caccia alla regina stronza, tra notti insonni e sigarette.
Sullo sfondo soffia sempre più impetuoso un vento di guerra, se canni agli esami lo zio Sam ti chiamerà a sé, mentre dall'altro lato cresce il movimento pacifista, quel simbolo misterioso, quella "grande zampa di passero" disegnata su giacche e quaderni.
Pete, Skip, Ronnie, Jones, Nate e di nuovo Carol, il personaggio che lega insieme tutti e cinque i racconti, Carol ormai cresciuta che lotta per i suoi ideali di pace.
Sono giovani, ribelli, vogliono cambiare il mondo, immersi in un universo nebuloso e ideale, la mitica terra di Atlantide, prima che il vento della storia la inabissi per sempre.
Nei due racconti successivi "Willie il cieco" e "Perché siamo finiti in Vietnam", la tematica della guerra si fa prevalente, attraverso i terribili ricordi dei reduci, la loro lucida follia, quel passato che li tormenta e non li lascia in pace, le ferite del corpo sono guarite ma non quelle dell'anima, menti devastate da incubi, allucinazioni deliranti e oscure visioni.
Alcolizzati, depressi, aspiranti suicidi, infelici, smarriti, perduti, spezzati dentro.
La giungla, la polvere, i Vietcong, il rumore incessante degli elicotteri, la barbarie, il sangue che vuole altro sangue, la ferocia che trasforma dei ventenni in assassini.
Il Vietnam una tomba gigantesca, un cimitero a cielo aperto che ha inghiottito un'intera generazione e ha inabissato per sempre la mitica Atlantide.
È questo l'orrore di cui parlavo all'inizio, viene fuori in questi due racconti, esplode con la violenza dei ricordi quando non te lo aspetti.
No, non ci sono guerre giuste, la guerra è sempre sbagliata come le bombe, come la violenza.
Nell'ultimo racconto, il più breve, i nostri eroi sono ormai adulti, cinquantenni ingrigiti e dai capelli radi, nel loro bagaglio hanno molti ricordi, qualche rimpianto, nostalgici, malinconici ma non hanno perso del tutto la speranza, quella scintilla magica nascosta sotto lo strato polveroso del tempo, mentre avanza la notte.
Questo libro è stato il mio primo King.
Una scrittura intensa, appassionante, vibrante, originale, fluida, che commuove, stupisce, fa sorridere a volte, emoziona, ti lascia un nodo in gola e una forte malinconia.
Racconta l'innocenza perduta, la guerra, l'orrore, l'eterna lotta tra il bene e il male, le scelte, gli errori, le sconfitte, il senso di colpa, la penitenza, fare i conti con quello che rimane, con quello che siamo diventati.
Il fardello che ognuno porta sulle spalle e ci rende quello che siamo, un amico in difficoltà, un soldato morente, una bambina picchiata dai bulli, il nostro passato.
Quegli anni che sembravano eterni, belli e innocenti, in cui tutto sembrava possibile e a portata di mano, prima che Atlantide si inabissasse e trascinasse via con sé vane illusioni, brandelli di sogni, speranze inquiete.
Dopo aver letto l'ultima pagina ho riletto il primo racconto daccapo, la magia è racchiusa tutta lì.
Ho messo da parte i fantasmi del passato, le loro deliranti visioni e sono tornata ad Harwich in una caldo giorno d'estate, la scuola è appena finita, si va in campeggio tra i boschi o in gita a Savin Rock.
Eccoli lì... Carol miss sorriso tutto fossette e il suo primo bacio, Sully John e il suo mitico Bo-lo Bouncer, Bobby che sogna quella fantastica bicicletta e si perde nei libri e Ted con le sue Chesterfield e il succo all'estratto di radici.
Sono tornata ad Harwich, quando tutto sembrava eterno, quando tutto sembrava possibile.

(Colonna sonora: Only you, The Platters)
https://www.youtube.com/watch?v=V27o94OiGAc

***
"Ma perché siamo finiti in Vietnam?" aveva domandato Sully.
"Non per metterci a fare considerazioni filosofiche o altro, ma tu ci hai mai pensato?"
"Chi è stato a dire: chi non impara dal passato è condannato a ripeterlo?"
"Richard Dawson, il conduttore di Family Feud."
"Vaffanculo, Sullivan."
"Non so chi l'ha detto. Ha importanza?"
"Certo", aveva risposto Dieffenbaker, "perché non ne siamo mai usciti. Noi non siamo mai usciti dal verde. La nostra generazione ci è morta.
"Questa mi sembra un po'..."
"Un po' che cosa? Un po' enfatica? Puoi giurarlo. Un po' sciocca? Puoi giurarlo. Un po' autoapologetica? Sissignore. Ma così siamo noi. È quello che siamo. Che cosa abbiamo fatto dopo il Vietnam, Sully? Quelli di noi che ci sono stati, quelli di noi che hanno marciato e protestato, quelli di noi che se ne sono stati a casa a guardare i Dallas Cowboys bevendo birra e scoreggiando nei cuscini del divano."
(...) "Dunque, vediamo. Noi siamo la generazione che ha inventato i Super Mario Brothers, gli ATV, i sistemi di guida laser per i missili e il crack. Noi abbiamo scoperto Richard Simmons, Scott Peck e il Martha Stewart Living. Noi abbiamo mollato Eldridge Cleaver per Eddie Murphy. Il nostro concetto di clamoroso mutamento nello stile di vita è l'acquisto di un cane.
Le ragazze che bruciavano il reggiseno ora comprano lingerie Victoria's Secret e i ragazzi che scopavano impavidi per la pace sono ora dei grassoni seduti a notte fonda davanti allo schermo dei loro computer a menarsi il pistolino mentre guardano foto di diciottenni nude via Internet. Così siamo noi, fratello, a noi piace guardare. Film, videogame, spezzoni di inseguimenti di automobili dal vivo, scazzottate al Jerry Springer Show, udienze per l'impeachment, a noi non importa, a noi piace solo guardare.
Ma c'è stato un tempo... non ridere, ma c'è stato un tempo in cui avevamo davvero tutto nelle nostre mani. Lo sai questo?
(...) Abbiamo avuto l'occasione di cambiare tutto. Un'occasione concreta. Invece ci siamo accontentati di jeans firmati, due biglietti per Mariah Carey alla Radio City Music Hall, sconti delle compagnie aeree per clienti abituali, il Titanic di James Cameron e programmi di accantonamento previdenziale. La sola generazione che si sia mai avvicinata a noi in pura, egoistica autoindulgenza è la cosiddetta Generazione Perduta degli anni Venti e almeno la gran parte di loro aveva la decenza di restarsene ubriachi. Noi non siamo stati capaci di fare nemmeno quello. Dio, se siamo scarsi."
Il nuovo tenente era vicino alle lacrime, Sully se n'era accorto.
"Deef..."
"Sai qual è il prezzo che si paga svendendo il futuro, Sully-John? Non poter mai veramente lasciare il passato. Non andare mai oltre. La mia tesi è che non sei veramente a New York, sei nel Delta, appoggiato a un albero, fatto, a spalmarti dietro il collo creme contro gli insetti. Packer è ancora quello giusto perché è ancora il 1969. Tutto quello che consideri la tua "vita posteriore" è solo una grande bolla d'aria con dentro niente. Ed è meglio che sia così. È meglio il Vietnam. È per questo che noi ci siamo rimasti.
"Lo credi?"
"Assolutamente."
"Tutto era cambiato... ma era ancora estate, lui aveva ancora undici anni e tutto gli sembrava ancora...
Eterno, mormorò nel guanto e ne inalò di nuovo fino in fondo ai polmoni l'aroma mentre poco lontano una teca piena di farfalle si sgretolava sul tetto di un furgone del pane e un cartello stradale di stop si conficcava tremando come una lancia nella corsia d'emergenza. Ricordò il suo Bo-lo Bouncer e le sue Ked nere e il sapore di Pez sparato dalla canna, come i pezzetti dolci picchiavano contro il palato e rimbalzavano sulla lingua; ricordò l'effetto che provava quando s'era sistemato bene davanti al viso la maschera da ricevitore e lo sciap- sciap- sciap degli irroratori nei prati di Broad Street e come si arrabbiava la signora Conlan se ti avvicinavi troppo ai suoi preziosi fiori e la signora Godlow all'Asher Empire che voleva vedere il tuo certificato di nascita se aveva il sospetto che fossi troppo grosso per avere ancora meno di dodici anni e il manifesto di Brigitte Bardot
(se lei è acqua di risciacquo io vorrei tanto fare il lavapiatti)
nel suo asciugamano e i giochi a indiani e cowboy e a passarsi la palla e a Carriere e le scoregge fatte con l'ascella negli ultimi banchi durante la lezione della signora Sweester e..."