lunedì 28 novembre 2016

La zavorra dell'eterno

Notte stellata

"Questo non mi impedisce di avere un terribile bisogno di - devo dire questa parola?- religione. Allora esco di notte a dipingere le stelle."
(V. Van Gogh)


La città non esiste
se non dove un albero dalla chioma corvina svetta
come una donna annegata nel cielo rovente.
La città è silenziosa. La notte ribolle di undici stelle.
Oh notte stellata! Così
voglio morire.
Si muove. Sono tutte vive.
Persino la luna ingrossa le catene arancioni
e spinge fuori bambini dall'occhio, come un dio.
L'antico serpente non visto ingoia le stelle.
Oh notte notte stellata! Così
voglio morire:
nella precipitosa belva della notte,
risucchiata da quel grande drago, separarmi
dalla mia vita senza bandiera,
nè ventre
nè grido.

(La zavorra dell'eterno, Anne Sexton)

Passione, depressione, lucida follia, ribellione, ricerca spirituale, colloquio aperto con Dio abile giocatore di poker, l'eterno remare, in questa raccolta sono racchiuse le poesie più intense di questa poetessa ribelle, inquieta e geniale.
Di alcune ho preferito traduzioni lette in passato, a mio avviso più incisive, nel complesso però è un buon libro, consigliato a chi si nutre e vive di poesia, quella poesia che non ha bisogno di angoli angusti e orizzonti ristretti, perché invade l'intera esistenza, facendosi spazio tempo memoria percorso scoperta dolorosa caduta fallimento rinascita catarsi cura vita e anche oltre.

Siate cauti con le parole,
anche con quelle miracolose.
Per le miracolose facciamo del nostro meglio,
a volte sciamano come insetti
e non lasciano una puntura ma un bacio
  Possono essere buone come dita.
Possono essere sicure come la roccia
su cui incolli il culo.
Ma possono essere margherite e ferite.

Io sono innamorata delle parole.
Sono colombe che cadono dal tetto.
Sono sei arance sacre sedute sul mio grembo.
Sono gli alberi, le gambe dell’estate,
e il sole, il suo volto appassionato.
Ma spesso non mi bastano.
Ci sono così tante cose che voglio dire,
tante storie, immagini, proverbi, ecc.
Ma le parole non sono abbastanza buone,
quelle sbagliate mi baciano.
A volte volo come un’aquila
ma con le ali di un passero.
Ma cerco di averne cura
e di essere gentile con loro.
Le parole e le uova devono essere maneggiate con cura.
Una volta rotte
sono cose impossibili da aggiustare.

 

Le ore

Chi non ha sognato di perdersi su strade immense e sconosciute? Di salire su quel treno? Non si è sentito come Laura Brown almeno una volta nella vita? in cerca di un posto tranquillo dove leggere e dove nessuno possa trovarci, il peso faticoso del tempo, del fallimento e dell'intera esistenza sulle spalle.
Sto leggendo le ore di Cunnigham e mi sta piacendo moltissimo, questo libro tocca varie corde, vari stati d'animo, arriva in qualche modo alla parte segreta e oscura che si cela in ognuno di noi, intenso, lirico, graffiante, commovente.
E poi su tutto campeggia lei, immensa Virginia, i suoi libri, i suoi tormenti, la sua folle e lucida disperazione, la sua voce che attraversa tutto il libro, annodando in un unico filo il destino di tre donne, vissute in epoche diverse, così lontane, così uguali, così vicine a noi, a quello che siamo e sentiamo davvero.


"Mentre sfrega la schiena di Louis, Clarissa pensa: portami con te. Voglio un amore destinato a fallire. Voglio strade di notte,vento e pioggia, e nessuno che si chieda dove sono."

"Sono sola, pensa Virginia, mentre l'uomo e la donna proseguono su per la collina e lei continua a scendere. Ovviamente non è sola, non nel modo in cui chiunque altro la vedrebbe, eppure in questo momento, camminando nel vento verso le luci del Quadrante, riesce a sentire la vicinanza del vecchio diavolo (come altrimenti chiamarlo) e sa che sarà completamente sola se e quando il diavolo sceglierà di ricomparire. Il diavolo è un mal di testa; il diavolo è una voce dentro il muro; il diavolo è una pinna che rompe la superficie di onde scure. Il diavolo è il breve e cinguettante nulla che è stata la vita di un tordo. Il diavolo succhia tutta la vita dal mondo, tutta la speranza, e quel che resta quando il diavolo ha finito è un regno di morti viventi- privo di gioia, soffocante. Virginia sente, proprio adesso, una certa grandiosità tragica, perché il diavolo è tante cose ma non meschino, non sentimentale; ribolle di una verità letale, intollerabile. Proprio in questo momento, camminando, libera dal mal di testa, libera dalle voci, può affrontare il diavolo, ma deve continuare a camminare senza voltarsi. Quando raggiunge il Quadrante si volta verso la stazione ferroviaria. Pensa di andare a Londra, come Nelly per la commissione, anche se la commissione di Virginia sarà il viaggio stesso, la mezz'ora di treno, la possibilità di camminare da una strada all'altra, a un'altra ancora. Che salto! Che tuffo! Le sembra di poter essere felice, di poter prosperare, se ha Londra intorno a sè; se sparisce per un po' nella sua enormità, sfrontata e impudente ora sotto un cielo privo di minacce, tutte le finestre senza tende (qui il profilo austero di una donna, lì la corona di una sedia intagliata) il traffico, uomini e donne che se ne vanno spensieratamente in giro con i vestiti da sera; l'odore di cera e benzina, di profumo, mentre qualcuno suona il pianoforte; mentre clacson gemono e cani abbaiano, mentre l'intero carnevale rauco va avanti e continua, brillante, scintillante; mentre il Big Ben batte le ore, che cadono in cerchi di piombo sulle persone che vanno alle feste e sugli autobus, sulla regina Vittoria di pietra seduta davanti al palazzo tra le sue piattaforme di gerani, sui parchi che giacciono sprofondati nella loro solennità ombrosa dietro recinti di ferro nero.
Virginia scende le scale verso la stazione ferroviaria. La stazione di Richmond è allo stesso tempo una porta che conduce in altri luoghi e una destinazione in sè (...)
Sta meglio, è più al sicuro, se resta a Richmond; se non parla troppo, se non scrive troppo, se non prova troppe sensazioni; se non si reca precipitosamente a Londra e cammina per le sue strade; eppure così sta morendo, sta morendo delicatamente su un letto di rose. Meglio, davvero, affrontare la pinna nell'acqua che vivere nascondendosi, come se la guerra fosse ancora in corso...
La sua vita (ha già più di quarant'anni!) si sta consumando, misura dopo misura, e la carrozza carnevalesca di Vanessa- la sua festa gioiosa, la vita grande, i bambini e i colori e gli amori, la casa gioiosamente zeppa- è passata nella notte, lasciando dietro l'eco dei cembali, le note della fisarmonica, mentre le ruote si allontanano cigolando lungo la strada. No, non telefonerà dalla stazione: lo farà una volta arrivata a Londra, una volta che non si può più fare niente. Accetterà la sua punizione (...)
Pensa improvvisamente a quanto siano fragili gli uomini, a come siano pieni di terrori. In questo momento le sembra di essere a cavallo di una linea invisibile, un piede da questo lato, il secondo dall'altro. Da questa parte c'è il serio, preoccupato Leonard, la fila di negozi chiusi, l'altura scura che riporta a Hogarth House. Dall'altra parte c'è il treno. Dall'altro lato c'è Londra, e tutto ciò che Londra comporta: libertà, baci, arte in tutte le sue forme e il sottile scintillio scuro della follia. La signora Dalloway, pensa, è una casa in collina dove sta per cominciare una festa; la morte è la città in basso, che la signora Dalloway ama e di cui ha paura, e in cui vuole, in un certo senso, camminare tanto a lungo da non trovare più la strada per ritornare".

(Le ore, Cunningham)


 

venerdì 11 novembre 2016

Una brava ragazza

Una brava ragazza (Joyce Carol Oates)

"Nessun bacio viene dimenticato: perdura nella memoria come nella carne, e così, nei giorni e soprattutto nelle notti seguenti..."

C'era una volta un re dalla candida chioma di neve, solitario e malinconico, che viveva in un castello alto sul mare, celando nel cuore un oscuro segreto. L'anziano re amava teneramente e disperatamente una giovane e bella fanciulla dai capelli dorati.
Era un uomo potente, orgoglioso, un po' vanitoso e molto stanco.
Inizia come una fiaba innocente questo libro oscuro e conturbante.
Scritto con uno stile fluido e scorrevole, avvince il lettore tenendolo incollato alla pagine fino alla fine, un libro inquietante e stregato. Come in ogni fiaba che si rispetti c'è una giovane ragazza sedicenne, Katya, dal passato disastroso, un lavoro precario e malpagato, uno smisurato bisogno di essere amata e sentirsi protetta. E un desiderio da esprimere, è questa la strana frase che l'eccentrico Mr Kidder rivolge alla ragazza. Occhi vivaci, intelligenti e brillanti, un'amabile voce maschile e Katya lancia i dadi e sorride, perché è sempre una buona idea cominciare con un sorriso. Ma Katya baby sitter stagionale in un elegante quartiere residenziale del New Jersey, non è un' ingenua ragazza sprovveduta, è "dura, tosta, arrabbiata", dubbiosa, concreta, diffidente, ma anche timida, non si fida del suo corpo, è insicura, è una brava ragazza desiderosa di piacere al mondo, "servizievole, gentile", vuole essere amata per quella che è, si proprio lei, sentirsi speciale.
Mr Kidder è un uomo di 68 anni, un artista, uno scrittore di libri per bambini, appassionato di musica classica, un uomo benestante, dalla vita agiata, alto, occhi azzurri e penetranti, una chioma candida, rughe sottili come ragnatele e profonde come lacrime, un uomo che ha ottenuto tutto dalla vita, fama, successo, talento, ricchezza, un uomo profondamente solo.
Due solitudini che si incontrano in un giorno d'estate, tra i due si instaura sin da subito uno strano ambiguo legame di attrazione e repulsione. Due anime gemelle al di là del tempo e delle contingenze, "anime gemelle, nate in momenti sbagliati".
E una missione da compiere, a tempo debito.
Questo libro inizia come una fiaba , sullo sfondo le onde dell'oceano, e strada facendo diventa una favola nera, con ombre, dubbi, lividi, notte torbida e senza luna. E' la storia più folle, disperata, mostruosa, tenera, illogica, meravigliosa che abbia letto negli ultimi mesi. Una nota dissonante, dolce e stridula, che respinge, sconvolge e ferisce. Dimenticando la logica e la razionalità ci si smarrisce negli eventi che si succedono tumultuosi come le onde del mare, dapprima dolci e rassicuranti, crescendo d'intensità e diventando poi minacciosi, spettrali, torbidi, mentre avanzano nere ombre.
E poi il vecchio re stanco chiuse gli occhi tra le braccia della giovane fanciulla, cullato dalla sua voce, beffando la morte ghignante, in attesa là fuori nel buio.
Eros e thanatos, due facce della stessa medaglia, strettamente intrecciate in pagine avvincenti.
La forza dell'amore, l'orrore della morte.
Non temere lettore, questa storia d'inchiostro è soltanto una fiaba, non può farti alcun male o forse sì.

"E tu cosa sceglieresti, dovendo esprimere un desiderio?
A colpirla fu la stranezza di quell'esprimere un desiderio. Come in una favola.
A sedici anni, Katya era troppo grande per credere alle favole, ma disposta a credere alla promessa di un'amabile voce maschile che la sollecitasse a esprimere un desiderio.
Si voltò con un sorriso verso la voce. Di solito a Bayhead Harbor era una buona idea cominciare con un sorriso".

"Come vedi, non sono esattamente la persona che pensavi"

"Bocca dice ciò che orecchio vuole sentire"

"La bellezza non ha scopo apparente. Senza di essa, tuttavia, la vita sarebbe intollerabile."

Addio al poeta dalla voce ruvida

Il vero amore non lascia tracce

Come la bruma non lascia sfregi
Sul verde cupo della collina
Così il mio corpo non lascia sfregi
  Su di te e non lo farà mai


Oltre le finestre nel buio
I bambini vengono, i bambini vanno
Come frecce senza bersaglio
Come manette fatte di neve

Il vero amore non lascia tracce
Se tu e io siamo una cosa sola
Si perde nei nostri abbracci
Come stelle contro il sole
Come una foglia cadente può restare
Un momento nell’aria
Così come la tua testa sul mio petto
Così la mia mano sui tuoi capelli

E molte notti resistono
Senza una luna, senza una stella
Così resisteremo noi
Quando uno dei due sarà via, lontano

(Leonard Cohen)

"C’è un’esplosione di luce
In ogni parola"

"There is a crack, a crack in everything
That’s how the light gets in..."