domenica 19 marzo 2017

La luce sugli oceani

La luce sugli oceani, M.L. Stedman

La luce di un faro che illumina la rotta delle navi in tempesta, la luce di una bambina trasportata a riva dalle onde a illuminare la vita di una giovane coppia.
Tom e Isabel hanno scelto di vivere su un'isola deserta, dove l'oceano indiano e quello australe si uniscono, dove il cielo si confonde con il mare e le stelle rischiarano la notte.
Isabel è una donna che desidera disperatamente un figlio, Tom un uomo che torna alla vita attraverso l'amore, aprendo il suo cuore, allontanando i fantasmi del passato e gli orrori della prima guerra mondiale. E poi c'è un'isola "Janus Rock" solitaria e selvaggia, ricca di silenzio, solitudine, vento e natura incontaminata che è quasi un luogo dell'anima, un paradiso blu.
Ma anche un amore puro e assoluto può celare colpa e rimorso. Se il faro rischiara la notte lontana, non riesce a dissipare il buio dentro, quello del senso di colpa, del dubbio, dell'inquietudine.
Così come il faro è " per gli altri, incapace di illuminare lo spazio più vicino intorno a sé ", allo stesso modo Luce, la bambina portata dall'oceano, fa rifiorire una donna che finalmente vede realizzato il suo sogno più grande, ma getta ombre profonde nel cuore e nella coscienza di un uomo e nella disperazione un'altra donna, lontana dall'isola, smarrita nel proprio dolore, convinta di aver perso tutto. Scoppia la tempesta e sembra distruggere tutto, lasciando dietro di sé perdita e anime alla deriva. Eppure qualcosa rimane, quell'amore che è più forte di tutto il resto, nel bene e nel male.
Legami forti e indissolubili che vanno oltre quelli di sangue, il voler essere madre a tutti i costi, fino a sfiorare la follia, la compassione, il perdono, la rinascita.
Un'opera prima che con una prosa limpida e descrittiva racconta quell'amore forte e indistruttibile che lega una madre e un padre a un figlio, e di scelte dolorose e difficili. Coinvolgenti i dialoghi, suggestive le descrizioni della natura, la vedi quasi quell'isola che spunta dall'oceano, il faro e la sua luce rassicurante. La tematica è molto delicata, inevitabili i momenti struggenti e drammatici, che non scivolano mai nel sentimentalismo banale.
Una intensa storia d'amore malinconica e triste, se non amate le storie un po' strappalacrime questo libro non fa per voi. Se queste storie non vi spaventano, immergetevi in questo mondo tutto d'un fiato.
A fine lettura rimangono nella memoria quell'isola lontana, un Eden perduto e quel sorriso sul molo tra i gabbiani di una ragazza forte, coraggiosa, l'altra metà del cielo.

"La foresta gli canta la sua canzone: il tamburellare della pioggia sulle foglie, che stillano gocce nelle pozzanghere; i kookaburra, gli uccelli che ridono come folli divertendosi per uno scherzo al di là dell'umana comprensione. Ha la sensazione di far parte di un tutto coerente, di bastare, e un giorno o un decennio in più non potranno cambiare questo. La natura lo abbraccia, aspetta di riceverlo, alla fine, per riorganizzare i suoi atomi in una nuova forma.
La pioggia diventa più forte, e in lontananza il tuono brontola perché il fulmine non l'ha aspettato."


Revolutionary Road

Revolutionary Road, Yates

Protagonista assoluto di questo libro è il "disperato vuoto" di una famiglia borghese americana degli anni 50, che affiora dietro le apparenze di una vita perfetta e tranquilla, la crisi di una coppia che diventa tragedia sullo sfondo di confortanti e colorate villette immerse nella natura.
Un libro che va da Madame Bovary al grande Gatsby, mettendo in scena impietosamente il crollo del grande sogno americano.
L'ho divorato in pochi giorni, una delle letture più intense e dolorose dell'ultimo periodo.
Questo libro è una notte insonne, un incubo che ti lascia senza fiato perché si nasconde dentro la rassicurante quotidianità domestica.
Non fatevi ingannare dal sereno quartiere residenziale di Revolutionary Road, con le finestre panoramiche, le casette bianche o dai colori pastello, il prato verde, i bambini che giocano e la giovane coppia innamorata. Dietro l'apparente tranquillità borghese si cela uno scenario spaventoso.
Solitudine, disillusione, incomunicabilità, disamore, insoddisfazione che esplodono in rabbia e parole vomitate addosso che feriscono e annientano. Un amore che si autodistrugge nel tempo in un crescendo di discussioni violente a cui seguono stanche bonacce, tregue precarie, confortanti sorrisi e gelidi silenzi.
Frank Wheeler ha ambizioni e sogni vaghi, un lavoro monotono e noioso, crede di essere diverso dai vicini che sottilmente disprezza, ma in realtà incarna alla perfezione tutto quello che detesta negli altri. Un uomo po' egoista, comprensivo quando gli fa comodo, bravo nel recitare il ruolo di marito, padre, amico brillante, abile oratore, con la sua bella casa rassicurante e inquietante nel buio, le precarie e fragili certezze, le parole persuasive e avvincenti, un pugno ogni tanto e l'amante ventenne.
April è una donna profondamente sola e inquieta, insoddisfatta, imprigionata nel ruolo sempre più asfittico di moglie e madre, attrice fallita, una donna che ammette candidamente di non sapere chi sia, persa in un irreale desiderio di mollare tutto e ricominciare altrove, lontano.
Parigi diventa il sogno dolce e crudele, la panacea di tutti i mali, un'illusione fantastica e letale.
E poi John Givings il pazzo, il fool di shakespeariana memoria, l'unico che riesce a vedere davvero le cose nel loro nitido orrore, urlandole addosso agli altri senza ritegno o pudore, l'infelicità e il vuoto dietro le chiacchiere cortesi, le bevute tra amici, le speranze disilluse, i sogni infranti.
Una prosa lucida, ironica, tagliente, affilata come una lama che mette a nudo l'ipocrisia e il raggelante vuoto dell' universo borghese e di coppia.

"E' come se tutti si fossero tacitamente accordati per vivere in uno stato di perenne illusione. Al diavolo la realtà! Dateci un bel po’ di stradine serpeggianti e di casette dipinte di bianco, rosa e celeste; fateci essere tutti buoni consumatori, fateci avere un bel senso di appartenenza e allevare i figli in un bagno di sentimentalismo ― papà è un grand’uomo perché guadagna quanto basta per campare, mamma è una gran donna perché è rimasta accanto a papà per tutti questi anni ― e se mai la buona vecchia realtà dovesse venire a galla e farci bu!, ci daremo un gran da fare per fingere che non sia accaduto affatto."

"Come apparivano piccoli e a modo e ridicolmente seri gli altri uomini, con i loro capelli a spazzola punteggiati di grigio e il colletto della camicia fermato da due bottoncini, e i piedini frettolosi! Ve n'erano frotte interminabili, disperate, che si affrettavano per la stazione e lungo le strade, e tra un'ora sarebbero stati tutti immobili ai loro posti. I palazzi di uffici che li attendevano nel cuore di Manhattan li avrebbero inghiottiti e racchiusi, in modo che a starsene in un grattacielo e guardare quello di fronte, oltre il canyon della strada, sarebbe stato come osservare un grigio, silenzioso alveare in cui erano allineati centinaia di ometti dal volto roseo e la camicia bianca, eternamente intenti a spostare scartoffie e a parlare accigliati al telefono, continuando con dedizione il loro stupido spettacolino, sotto la suprema indifferenza delle nubi primaverili che passavano veloci."

C'era appena luce sufficiente perché lui riuscisse a vedere dov'era il volto di lei, ma non abbastanza per scorgerne l'espressione o per dire se avesse o meno un' espressione.
"Non si tratta di questo. Sinceramente. Il fatto è che non so chi sei."
Vi fu un istante di silenzio. "Non parlare per enigmi", sussurrò lui.
"Non sono enigmi. Davvero non so chi sei."
Se non poteva scorgere il volto di April, poteva almeno toccarlo. Lo fece con la delicatezza d'un cieco, sfiorandolo coi polpastrelli dalla tempia fino all'incavo delle guance.
"E anche se lo sapessi, disse April, temo proprio che non servirebbe a nulla, perchè, vedi, non so neppure chi sono io."

"Poi scoprivi che portavi avanti la tua esistenza come la Compagnia dell'Alloro recitava la foresta pietrificata e come Steve Kovick suonava la batteria, in maniera zelante e sciatta e pretenziosa e tutta sbagliata; scoprivi che dicevi si quando pensavi no, e "dobbiamo affrontare insieme questa faccenda" quando pensavi esattamente il contrario; poi ti trovavi ad aspirare puzzo di benzina quasi fosse profumo di fiori, e ad abbandonarti a un deliro d'amore sotto il peso d'un imbranato, dalle guance rosse, che emetteva grugniti e che neppure ti piaceva - Shep Campbell- e poi ti trovavi faccia a faccia, nel buio più completo, con la consapevolezza di non sapere chi fossi.
E di chi altri era la colpa?"
(...)
"Ci hai pensato bene , April? Non metterti a fare qualcosa senza prima ..."
Ma April ormai non aveva più bisogno di alcun consiglio nè di alcuna istruzione. Era calma e tranquilla, ora, sapendo quel che aveva sempre saputo, quello che nè i suoi genitori nè zia Claire nè Frank nè chiunque altro avevano mai dovuto insegnarle : che se si vuol fare qualcosa di assolutamente onesto, qualcosa di vero, alla fine si scopre sempre che è una cosa che va fatta da soli."

Il miglior commento all'opera e alla figura stessa di Yates rimangono le parole di Andre Dubus, suo collega e amico :

"Sono le tue mattine che immagino, Dick; con me non ti sei mai lamentato del tuo corpo, perciò ti immagino svegliarti in una stanza, un mondo, che sembrava avere aria a sufficienza per tutti tranne che per te, e ricomporti , indossare quegli abiti da signore che indossavi sempre, e condurre il tuo grande cuore e la tua limpida coscienza di scrittore alla scrivania, al blocco di carta, alla matita. Continuavi a farlo e basta, una mattina dopo l'altra, e mi ispiravi, mi infondevi coraggio, opponendo quella resistenza mattutina alla tua carne e alle tue circostanze, scrivendo la tua prosa che era come una lama, una nuvola, una fiamma, un respiro.
Perciò riposa, mio vecchio amico. Ti vorrò sempre bene. E a proposito di tutte le parole che hai scritto in tutti i libri che sono sul mio scaffale, dirò quello che dicevi tu a proposito di un libro o di un racconto che ti piaceva : sono uno splendore, Dick, proprio uno splendore ; è un amore quest'opera che ci hai lasciato con una vita di lavoro, è un amore."

(In memoriam)

sabato 11 marzo 2017

Voci dalla luna

Voci dalla luna, Andre Dubus

Principio attivo: cieli stellati a portata di mano là fuori nel buio.

Effetti collaterali: questo scrittore può creare dipendenza con quel suo modo straordinario di raccontare la vita, le pulsioni, i desideri, gli impulsi dell'essere umano.

Modalità d'uso: da leggere tutto d'un fiato.

Colonna sonora: Little Girl Blue.

Un racconto lungo che vola via in poche ore, coprendo l'arco temporale di un'intera giornata, dove si scandagliano le emozioni, i sentimenti, gli stati d'animo, i pensieri dei componenti di una imperfetta e incasinata famiglia americana.
Periodi armoniosi e ampi come respiri che raccontano l'amore nelle sue varie declinazioni e riflettono le passioni dei personaggi, gli errori, l'amore tormentato e irrinunciabile, il perdono, l'accettazione dell'altro anche se le sue scelte possono ferire e fare male.
Protagonista indiscusso è l'amore, intenso, illogico, egoista, oscuro, purissimo, perduto, essenziale, che allontana e avvicina, separa e unisce. Genitori e figli, legami intensi, forti, complicati e indissolubili, che resistono nel tempo, nonostante tutto.

"L'atto di scrivere è l'unico modo che ho per trovare il coraggio di affrontare la giornata. Se il mio sostentamento e le attese del pubblico dipendessero da esso, dubito che ci riuscirei. Come i poeti, gli autori di racconti vivono in un mondo a parte. Non bisogna vendere, non bisogna battersi per un manoscritto. L'unico debito che abbiamo è verso noi stessi e verso quelle storie che ci parlano da quel luogo in cui si trovavano fino a che noi non le abbiamo scritte."

"Lui le cantò nell'orecchio e lei gli appoggiò la testa al petto, e pensò che no, non era un pensiero egoista, era essere donna e avere il coraggio di ammettere che quando ami, la tua vita cambia, se è questo che ti manca, e cambia anche la vita delle altre persone, e non puoi permettere a nessuno, nemmeno ai tuoi figli, di fermarti. Perché due che si amano devono sempre essere egoisti, rivolti l'uno verso l'altra, girando le spalle al mondo, se vogliono che il loro amore duri (...)
Quando avevi avuto diverse storie, era come se sentissi qualcosa che ti spingeva a rinunciare e a dire che l'amore non esisteva e non era mai esistito, era sempre stato un artificio della natura per continuare ad andare avanti. E quando le cose stavano così, volevi solamente accompagnarti a delle persone che ti aiutassero a passare attraverso la notte, come cantava Kris Kristofferson. Ma dovevi combattere contro questo, dovevi mantenere viva quella parte di te stessa che ancora sperava e credeva, così che, se l'amore fosse arrivato, tu saresti stata pronta e forte abbastanza. E allora nessuno avrebbe potuto fermarti, neppure te stessa (...)

 Lui l'abbracciò e rimasero fermi nella stanza, al suono della musica, tenendosi, e lei sentì la vita battere nel petto di lui e sperò che fosse lunga e che quell'amore fosse felice. E desiderò, più di quanto avesse mai desiderato qualsiasi altra cosa da tantissimo tempo, di potergli regalare tutto questo, facendolo scorrere dal proprio cuore a quello del padre, mentre stavano abbracciati al suono di questa canzone."

"Quando sono sola la notte - e mi piace esserlo - guardo fuori dalla finestra e capisco. Il nostro compito non è vivere grandi vite, il nostro compito è capire e portare avanti le vite che abbiamo. Vedo che sorridi ancora.
E ho ancora gli occhi umidi.
Asciugateli in fretta, prima che le mie amiche pensino che è successo qualcosa di brutto."

sabato 4 marzo 2017

Da dove sto chiamando

Da dove sto chiamando, R. Carver

"Si stava facendo sempre più buio, sia dentro che fuori."

Un'antologia di trentasette racconti, voluta da Carver poco prima di morire.
Essenziali, minimalisti, con squarci improvvisi di luce che si spalancano sull'orrore del quotidiano e poi solitudine, incomunicabilità, crisi personale e di coppia, la fine di un amore, malinconia, incomprensioni, i demoni che ci portiamo dentro, la fatica e il peso del vivere, un'atmosfera vaga, sospesa, a tratti inquietante. Ritratti di vita comune, personaggi dipinti con poche, semplici pennellate sapienti, qualcosa che incombe ed esplode nella normalità di giorni e notti sempre uguali, che sia violenza o un addio e noi in trepidante attesa.
Una scrittura limpida, concisa, tagliente, a tratti cruda, che illumina il buio dentro e fuori, quel buio che avvolge e fa paura.
La parola si spoglia di artifici inutili e rimane lì nella sua inquietante e scarna essenza, un sorso di acqua pura o un incubo spaventoso nascosto tra le pieghe rassicuranti del quotidiano.