lunedì 31 agosto 2015

Guida astrologica per cuori infranti

Guida astrologica per cuori infranti, Silvia Zucca

"Quanto sono taglienti gli oggetti quotidiani con l'assenza. Sono sola. Non c'è astrologia che tenga, non troverò mai qualcuno che voglia costruire con me più di un castello di carte. Solo nei film succede che qualcuno dica "tu mi piaci da morire, Bridget, così come sei" (...) Sono stanca. Stanca di crederci. Stanca di essere delusa. Sono stanca di soffrire. Sono stanca di ricostruirmi, ogni volta, daccapo. Sono stanca di essere forte. Sono stanca che mi si dica che sono forte, come un alibi per trattarmi male. Non ne posso più. Non ci credo più".

Cercavo un libro semplice, divertente e di facile lettura, nessun dramma, nessuna tragedia, nessuno che vuole suicidarsi, ma una bella storia d'amore di quelle che, senza pensare troppo, ti fanno sognare per qualche ora con gli occhi a cuoricino, della serie non è vero ma ci voglio credere. L’idea di fondo è simpatica e originale, ma le numerose pagine e le vicende a tratti inverosimili rendono il libro noioso dopo un po’ e soprattutto la protagonista non è poi così sfortunata in amore, tutt'altro! Incontra casualmente il brillante dirigente, alias tagliatore di teste sosia di Richard Gere, bello, tenebroso e motorizzato, ci fosse mai uno che guida l'ape car... Riccioli al vento, giacca di pelle nera da vero uomo che non deve chiedere mai (ma che poi cos'è questo fantomatico odore di cuoio che fa partire l'ormone???) e il bel tenebroso si innamora di lei, cosa prevedibilissima che si intuisce già dopo il primo capitolo, insomma considerando la tematica esigua 400 e più pagine mi sembrano eccessive, come a voler allungare troppo il brodo, non è mica l’Odissea.
Ma soprattutto questo libro mi ha delusa perché  non mi ha tirato su per niente il morale, la protagonista NON è "sfigata" in amore, è fortunatissima, se c'è una concorrente, vincitrice assoluta e medaglia d'oro delle Zitelliadi, quella sono io.

mercoledì 26 agosto 2015

Esche vive, Versilia rock city



Esche vive, Versilia rock city, F. Genovesi


Una scrittura semplice, frizzante e vivace, divertente e malinconica, imperfetta così come le storie narrate, dove i protagonisti sono personaggi bizzarri e strampalati con una vita incasinata e scombinata, con i loro mille difetti e imperfezioni.
Ho trovato questi due libri piacevoli, scorrevoli, hanno alleggerito di molto giornate pesanti e difficili, li ho bevuti tutti d’un fiato, anche se il mio libro preferito resta chi manda le onde, gli altri li ho trovati meno coinvolgenti ed emozionanti.

Esche vive ambientato in paesino sperduto della provincia toscana, Muglione, tra campi incolti e fossi, racconta le vicende di Fiorenzo, un ragazzo di 19 anni con due passioni grandi, la pesca e il rock, che è cresciuto in fretta imparando a sue spese che spesso”quello che manca conta molto di più di quello che c’è”, di un campioncino geniale che in bicicletta corre fortissimo ma nella vita quotidiana è indifeso ed emarginato dai compagni che lo prendono in giro, di Tiziana che ha 30 anni, gestisce un informavecchi e pensa di aver sbagliato tutto nella vita e di una passione improbabile, assurda e travolgente, che va oltre l’età, l’esperienza, la ferrea razionalità. Perché se vuoi vivere davvero non puoi stare lì fermo e aspettare, nella vita come nella pesca l’esca è importante perché “qualcosa devi mettere in gioco, sennò non ha senso giocare”, mettersi in gioco nel fiume della vita e degli eventi imprevedibili che ci travolgono, ci saltano addosso e ci lasciano poi lì vivi, disorientati e confusi, ma ancora a galla.

Versilia rock city è la città delle vacanze, delle feste, dei ricconi, del mare estivo, che d’inverno si spoglia e si svuota, dove quattro anime smarrite cercano di sopravvivere.
 Mario ex dj famoso negli anni novanta, che vive chiuso in casa da anni tra pc e ansiolitici, Renato il primo della classe, che si è laureato in informatica per far piacere alla madre e ora organizza viaggi esotici in località da sogno per chi non può permettersi altro lusso che quello di una sfrenata fantasia, Nello eccentrico e strambo, con un passato difficile alle spalle, tra droga e violenza e un sogno da pirata e Roberta, avvocato rampante che non riesce a provare alcuna emozione, ha il cuore ghiacciato e vuole vivere prima che sia troppo tardi.
Questo libro mi ha convinto meno, l'impianto narrativo mi è sembrato debole e incoerente, un puzzle dove i pezzi non si incastrano bene e restano slegati e confusi.
Spesso leggo commenti negativi su questi libri perché racconterebbero storie inverosimili di poveri sfigati, che poi è anche il motivo per cui li amo, personaggi sfigati sì, non di successo, non bellissimi intelligentissimi brillantissimi, privi di odiosi e inutili issimi, ma assurdi, a tratti imbarazzanti e quasi ridicoli, confusi e disarmati dalla vita, forse un po’scemi ma tremendamente veri, bisognosi di tutto, così vicini a noi, umani e meravigliosamente imperfetti, con una speranza e la voglia di lottare e sopravvivere nel caos, malgrado tutto.
E allora ben vengano, io sto dalla loro parte.
 

domenica 16 agosto 2015

La grammatica di Dio, Margherita Dolcevita, Saltatempo, Stefano Benni



Avevo letto tempo fa  Achille piè veloce, libro che mi aveva colpito molto e sull’onda dell'entusiasmo ho deciso di leggere altri libri targati Benni, che mi sono piaciuti meno, anche se lo stile di questo scrittore è sempre inconfondibile, ironia sarcastica e graffiante, buffi neologismi, personaggi molteplici e bizzarri, sfrenata fantasia.
La grammatica di Dio è una raccolta di 25 racconti brevi e scorrevoli, di facile lettura, storie “di solitudine e allegria”, dietro il sorriso ironico affiora una feroce malinconia e lo spettro terribile della solitudine e del vuoto. La risata diventa amara e l’epilogo spesso si tinge di nero.
Frate zitto è il racconto più intensamente poetico e fornisce forse la chiave di lettura dell’intero libro, altri racconti sono più scanzonati e divertenti, altri mi sono sembrati banali e a tratti noiosi.
“Infinito lo sciame degli dei, infinita la loro bellezza che vola e morde”.

Margherita Dolcevita racconta la storia di  una ragazzina sensibile e intelligente, dai capelli ricci come fusilli e il cuore un po’ difettoso che vive con la sua stramba famiglia in una casa di periferia immersa nella natura. Ma presto l’armonia sarà minacciata dall’arrivo dei misteriosi vicini, che abitano in uno strano cubo nero super tecnologico, respirano aria purificata, odiano la polvere e ogni forma di diversità e oscurano le stelle con la loro mefitica presenza.
Il libro è una critica impietosa ai mali che affliggono la società contemporanea, dal consumismo, all’inquinamento, al traffico di armi, all’omologazione dei cervelli.
Divertente e malinconico, si legge in poche ore e lascia con il fiato sospeso fino all’imprevedibile finale.

Saltatempo grazie a un orobilogio dono di una strampalata divinità, riesce a “saltare nel tempo”, prevedendo eventi futuri, dialogando con la madre scomparsa e molto altro ancora. Il libro racconta la sua storia dall’infanzia tra i boschi con il padre fino agli anni del liceo, i primi amori, la lotta studentesca, sullo sfondo il 68 e i drammatici avvenimenti che sconvolgono la tranquillità di un paese immerso nella natura.
Anche qui è evidente una critica profonda verso chi distrugge per soldi e interesse gli equilibri della natura, portando corruzione e morte,  una forte accusa a un sistema politico corrotto segnato da mal governo e ingiustizia. Seguiamo negli anni le avventure del protagonista e dei suoi amici tra sorrisi e lacrime, disillusione e amarezza.
Una scrittura piacevole, fantasiosa e arguta volta  alla riflessione critica intelligente.
 


domenica 2 agosto 2015

Tutta la luce che non vediamo



Tutta la luce che non vediamo, Anthony Doerr

“Toccare veramente qualcosa, significa amarlo”.

1934 Marie-Laure vive a Parigi con il suo papà, è  una bambina dalla pelle candida, con i capelli rossi e le efelidi, ha perso la vista a sei anni, ma vede e sente a suo modo il mondo, soprattutto i colori, attraverso gli altri sensi. Costretti a fuggire dalla propria città  a causa dell’occupazione nazista  troveranno riparo a Saint-Malo presso la casa del bizzarro prozio Etienne uomo colto, che non esce di casa da anni, traumatizzato da un’altra guerra e assediato dai propri fantasmi.
Werner vive in un orfanotrofio in Germania  insieme alla sorellina Jutta, ama la radio e la scienza e grazie a questa sua passione riuscirà a sfuggire al duro lavoro in miniera e a entrare  presso l’accademia della gioventù hitleriana. Crescendo i loro destini finiranno per incrociarsi inevitabilmente, mentre infuria la guerra e il mostro nazista avanza.
Ambientato durante la seconda guerra mondiale questo romanzo è suddiviso in capitoli brevi che scandiscono la narrazione con uno stile terso e curato nei minimi dettagli, ogni capitolo è un piccolo gioiello. Ma al di là dell’impianto narrativo di cui non  anticipo altro, tutto il libro oscilla tra buio e luce.
 Il buio dell’anima di un ragazzino (Werner) cresciuto a due passi dalle miniere che hanno inghiottito per sempre  nelle viscere della terra  il padre, il buio degli occhi di una bambina di sei anni (Marie-Laure) quando all’improvviso il mondo si spegne e diventa un’enorme ombra nera, il buio della distruzione, della violenza disumana che spegne intelligenza  e sogni (Friedrich), dell’odio razziale, della follia della guerra, della propaganda ottusa.
E poi la luce della vita che va avanti malgrado tutto perché “la disperazione non dura e i malefici non esistono”, la luce di una ragazzina che continua a vedere il mondo a colori, lo sente lo tocca lo respira, lo trasforma in odori, profumi, suoni, “una ragazzina smilza e sveglia e dentro il petto le pulsa qualcosa di enorme, qualcosa di infinitamente desideroso, qualcosa d’intrepido”.
La luce  della passione per i libri  e per la scienza, la luce della mente, dell’amore indissolubile  di un padre per la figlia e di due fratelli, dell’immaginazione, libera e inviolabile, della fantasia che corre lontano, del dubbio critico  che si insinua dietro l’indottrinamento forzato, del “non lo faccio”, dell’abisso nero che si svela, la luce del sapere  e del progresso che apriranno le porte del futuro, la luce invisibile  che  forse riuscirà a liberarci dopo tanto orrore.
Quella  luce che non vediamo, ma che è lì dentro di noi, che ci avvolge e ci salva, se soltanto troviamo il coraggio di “aprire  gli occhi prima che si chiudano per sempre”, il coraggio di vivere.
Un libro delicato, poetico, splendido.

“Di martedì il museo è chiuso. Marie-Laure e suo padre dormono fino a tardi; bevono il caffè denso di zucchero. Fanno una passeggiata al Panthèon, o al mercato dei fiori, o lungo la Senna. Ogni tanto vanno in libreria. Lui le ravvia i capelli dietro le orecchie; se la fa dondolare sopra la testa. Le dice che è il suo émerveillement. Le dice che non la lascerà mai, mai nella vita.”

“Il mondo gira e rimbomba. Corvi che gridano, freni che sibilano(…) Marie-Laure strascica i piedi finchè la punta del bastone galleggia nello spazio. Il cordolo di un marciapiede? Uno stagno, una scala, un dirupo? Si gira di novanta gradi. Fa tre passi avanti. Adesso il bastone trova la base di un muro. “Papà…”
“Sono qui.”
Sei passi sette passi otto. Un boato di rumore(…) Marie-Laure lascia cadere il bastone; si mette a piangere. Suo padre la prende in braccio, se la stringe al torace scarno.
“E’ troppo grande “mormora lei.
“Ma tu puoi farcela, Marie.”

Marie-Laure  segue cavi e tubature, funi e ringhiere, siepi e marciapiedi. Coglie la gente di sorpresa. Non sa mai se la luce è accesa o spenta.
I bambini che incontra traboccano di domande : fa male? Per dormire li chiudi, gli occhi? Come fai a sapere che ore sono?
Non fa male, spiega lei. E non è un buio, non come lo immaginano loro. Tutto è fatto di tele e reticoli e terremoti di suoni e consistenze(…)
Il colore, un’altra cosa che la gente non si aspetta. Nella sua fantasia, nei suoi sogni, è tutto colorato. I fabbricati del museo sono beige, castagna, nocciola. Gli scienziati sono lilla e giallo limone e rosso volpe. Gli accordi di pianoforte gettano neri densi e azzurri complicati lungo il corridoio, suo padre emana migliaia di colori.

Lei si sdraia. Lui si accende un’altra sigaretta. Gliene restano sei. I pipistrelli si fiondano in picchiata dentro nugoli di moscerini, e gli insetti si disperdono e poi tornano in formazione.
Siamo topi, pensa lui, e il cielo brulica di falchi.