lunedì 28 marzo 2016

Insonnia e poesia

Da sempre  amo la poesia.
Semplici  innocue pericolose  poesie, le getto come messaggi in bottiglia in questo mare virtuale e tempestoso, perché penso che una poesia può svelare in un istante tutta la bellezza di questo brutto mondo, perché le leggo ad alta voce, che siano scritte su un libro o sopra una pagina web, perché sono esattamente tutto quello che non riuscirò mai a dire e che ho aggrovigliato dentro, sepolto da qualche parte, perché quando mi sento triste e sola riescono a darmi sollievo, così dirette, vere, maledettamente belle... Perché sono stanca di deserti aridi.
Deserti aridi che si chiamano timore, razionalità, alibi, maschere, infelicità, sensi di colpa, rimpianti, volti che non sorridono, occhi che non ti guardano davvero, attese impossibili di chi non c'è semplicemente perché non vuole esserci, miliardi di scuse, deserti che scambiano un'emozione autentica per debolezza o peggio ancora stupidità.
Lancio il mio messaggio in bottiglia e aspetto un'onda diversa, un po' pazza, di quelle che travolgono e sconvolgono, un'onda coraggiosa e senza paura, imperfetta e stramba pure lei, perché il tempo è un treno ad altissima velocità che corre via veloce e noi siamo istanti fugaci, preziosi e meritiamo di fiorire danzando liberi  tra le onde. Si, ma adesso.


 Ecco alcune poesie notturne e insonni, bigliettini stropicciati, infilati in bottiglia, in questo mare periglioso, l'ultimo pensiero mentre avanza la notte.


 Nei tuoi pensieri tutto il giorno, tu nei miei.
Gli uccelli cantano al riparo di un albero.
Sopra la preghiera della pioggia, un blu sterminato,
non il paradiso, che non va da nessuna parte, senza fine.
Perché mai le nostre vite si allontanano
da noi stesse, mentre rimaniamo intrappolate nel tempo,
in fila verso la morte? Sembra che nulla possa mutare
lo schema dei nostri giorni, alterare la rima
data da lutto in assonanza con diletto.
Poi sopraggiunge l’amore come un volo lesto di uccelli
dalla terra al paradiso dopo la pioggia. Un tuo bacio,
rievocato, sfila, come fossero perle, questa catena di parole.
Cieli immensi ci congiungono, unendo qui a lì.
Desiderio e passione nell’aria che pensa.


(Carol Ann Duffy)


Ti voglio e non sei qui. Mi soffermo
in questo giardino, a respirare il colore che è il pensiero
prima di diventare linguaggio nell’aria ferma. Pure il tuo nome
è un pallido spettro e, per quanto lo esali senza
posa, non mi rimarrà accanto. Stanotte
ti invento, ti immagino, i tuoi movimenti piú nitidi
delle parole che ti faccio dire e che hai già detto.
Ovunque tu sia ora, nella mia testa mi fissi
con uno sguardo, standotene qui mentre la luce fresca della sera
si dissolve nella terra. Sbaglio la tua bocca
ma sorride lo stesso. Ti stringo a me piú vicino, cosí lontano,
a inventare l’amore finché il canto di uccelli notturni
interrompe e muta quel che doveva succedere, di sicuro,
in ricordo. Le stelle ci stanno filmando senza scopo.


( Carol Ann Duffy)










 


 

Gli autonauti della cosmostrada



Gli autonauti della cosmostrada (J. Cortàzar, C. Dunlop)

"Dedichiamo questa spedizione e la sua cronaca
a tutti gli svitati del mondo..."

Il diario di un viaggio surreale a tratti comico, cronaca attenta e dettagliata dei trentatré giorni vissuti sull'autostrada Parigi- Marsiglia dallo scrittore e dalla moglie, l'orsetta e il lupo, a bordo del fedele pulmino drago rosso.
Un viaggio avventuroso davvero singolare, con regole ben precise, che si snoda parallelo all'autostrada veloce e caotica, un viaggio lento, fatto di soste, riposo, calma, pace, con un proprio tempo e respiro.
Gli autonauti stanchi e provati dai demoni dispettosi decidono di rallentare, seguendo uno strambo itinerario fuori dal tempo e dallo spazio, che assume un particolare valore per entrambi.
Tempo per riflettere, scrivere, amarsi, un tempo tutto per sè, sottratto alla frenesia del mondo che corre a folle velocità verso l'altrove.
Un viaggio dove conta il presente, l'esserci qui e ora, insieme.
Un dettagliato diario di bordo dove si alternano osservazioni scientifiche, riflessioni personali, impressioni, fotografie, comicità e lirismo, un viaggio atemporale, buffo e malinconico, l'ultimo viaggio insieme.

"Luce, e l'oscura passione che ci spingerà fino alla fine, sempre fino alla fine e più in là. Lì dove ti stringo come se la nostra pelle dovesse dissolversi al contatto con l'altra, fare di noi un unico essere invisibile.
La tua voce è chiara, ma quando cala quel velo di tristezza, quando appena iniziato il viaggio dubiti di nuovo della sua fine, come tacere, come parlare? A suo tempo quella tristezza, amor mio, a suo tempo ancora lontano e doppio. Per quanto grande sia l'oscurità, non c'è buio che mi faccia retrocedere.
Tu, e ancora tu."

"Oh, Julio, quanto è durato poco il viaggio..."

"Era un gioco per un'orsetta e un lupo e lo fu per trentatré meravigliosi giorni."

"Devo a lei, così come le devo il meglio dei miei ultimi anni, di terminare da solo questo racconto. So bene, Orsetta, che avresti fatto lo stesso se fosse toccato a me precederti nella partenza, e che la tua mano scrive, insieme alla mia, queste ultime parole in cui il dolore non è, non sarà mai più forte della vita che mi hai insegnato a vivere come forse siamo riusciti a dimostrare in quest'avventura che si conclude qui ma continua, continua nel nostro drago, continua per sempre nella nostra autostrada."




venerdì 18 marzo 2016

Non ti salvare

Non rimanere immobile
sull'orlo della strada
non freddare la gioia
non amare indolente
non ti salvare ora
né mai
non ti salvare
non riempirti di calma
non tenerti del mondo
solo un angolo quieto
non chiudere le palpebre
pesanti come sentenze
non restare senza labbra
non dormire senza sonno
non pensare senza sangue
non giudicare senza tempo
ma se
malgrado tutto
non lo puoi evitare
e raffreddi la gioia
e ami con indolenza
e ancora ti salvi
e ti riempi di calma
e ti tieni del mondo
solo un angolo quieto
e lasci cadere le palpebre
pesanti come sentenze
e ti asciughi senza labbra
e dormi senza sonno
e pensi senza sangue
e giudichi senza tempo
e immobile ti fermi
sull'orlo della strada
e ti salvi
allora
non restare con me.

(Mario Benedetti)

Il museo dell'innocenza


Il museo dell’innocenza, Orhan Pamuk

“Se un uomo sognasse di trovarsi in paradiso e gli venisse dato un fiore come prova che la sua anima è stata lì, e al suo risveglio avesse quel fiore in mano, cosa accadrebbe?

Questi oggetti, che rendono perfetta una donna, suscitarono in me una solitudine atroce e disperata, la sensazione e il desiderio di appartenerle”.

Questo romanzo è il mio secondo Pamuk, mi è piaciuto molto dalla prima all’ultima pagina.
Ho amato la storia d’amore nella sua meravigliosa follia, i dialoghi, il ritmo narrativo, Istanbul che fa da sfondo alle vicende di cuore dei protagonisti, i tramonti sul Bosforo, le riflessioni personali di Kemal, il suo disarmante dolore. A dire la verità questo libro non mi  sembrava nemmeno scritto dallo stesso autore di “la  stranezza che ho nella testa”, quella lentezza monotona, a tratti insopportabile, che mi aveva accompagnata  per metà lettura, qui non c’è, l’ho divorato con viva curiosità dall’inizio alla fine. 
Il racconto di una incredibile e appassionante storia d’amore, ma anche di una forte sofferenza che diventa intima, fisica, lacerante, una vera e propria malattia del corpo e dell’anima, che a volte sfiora l’assurdo e il ridicolo, che sprofonda ed eleva, umilia e salva, distrugge e rigenera, che rende liberi o schiavi, felici o disperati.
Pagina dopo pagina si svelano  le piccole grandi  ossessioni del protagonista che strappano più di  un sorriso, i suoi autoinganni, le ultime volte che non saranno mai ultime volte, gli incerti propositi, il suo tenerissimo e un po’ maniacale bisogno di collezionare gli oggetti appartenuti  all’amata per toccarli, baciarli, viverli, oggetti che rappresentano l’unico antidoto efficace contro l’insopportabile assenza, la sola  possibilità di sopravvivere  a una sofferenza lancinante.
Un’intera esistenza  votata esclusivamente all’amore con totale dedizione.
Kemal  un giovane uomo di trent’ anni, rampollo di una ricca famiglia di industriali, entra per caso in un negozio per acquistare una borsa alla  fidanzata Sibel, una donna elegante, colta, moderna.
Qui accade l’impensabile, rimane semplicemente folgorato da Fusun, giovane commessa diciottenne, di origini modeste, lontana parente, bellissima. Sembra quasi di vederla “con un gesto si tolse la scarpa sinistra, gialla, con il tacco alto, mise il piede nudo-aveva le unghie accuratamente smaltate di rosso-sul pavimento della vetrina e si allungò verso il manichino. Le guardai prima la scarpa vuota, poi le gambe lunghe e bellissime.” Sarà l’inizio di una tormentata storia d’amore, sussurrata nella penombra di una stanza, intensa e impossibile. E quando il dolore per la perdita dell’amata  diventa insopportabile, eccola rivivere di nuovo nella mente e nel cuore di Kemal  negli oggetti che le erano appartenuti. Kemal si chiude in se stesso, si allontana  a poco a poco da tutti, amici, vita mondana, diventa schiavo di una passione  che lo porta a venerare come un pazzo, un adorabile pazzo, un mozzicone di sigaretta, un righello, un orecchino spaiato, una bottiglietta di gassosa. Si resta perplessi di fronte a questo amore ossessione così tenace, forte, inguaribile e folle che lotta contro tutto e tutti, perfino il tempo, che non può essere messo in un angolo e dimenticato perché cambia, travolge e sconvolge la  mente  e l’ esistenza stessa del protagonista, che cercherà di rivivere per tutta la vita  quel perfetto, sublime istante di  pura felicità.

  Il museo dell'innocenza esiste davvero e può essere visitato, “il Museo dell’Innocenza sarà sempre aperto per gli innamorati che non trovano un posto a Istanbul dove baciarsi.”

“Era l’istante più felice della mia vita, e non me ne rendevo conto. Se l’avessi capito, se allora l’avessi capito, avrei forse potuto preservare quell’attimo e le cose sarebbero andate diversamente? Sì, se avessi intuito che quello era l’istante più felice della mia vita non mi sarei lasciato sfuggire una felicità così grande per nulla al mondo.”

“Se doniamo ciò che di più prezioso abbiamo a qualcuno che amiamo profondamente, senza aspettarci nulla in cambio, solo allora il mondo diventa meraviglioso. Per questo piangevamo, signorina”.

“A volte venivo sopraffatto dalla sensazione che la vita fosse proprio lì, tutta lì, solo lì, da nessun’altra parte che lì.”

“Poi mi sorrise vittorioso. Tutti devono saperlo: ho avuto una vita felice.”