domenica 25 febbraio 2018

Sono sempre io

Sono sempre io (Jojo Moyes)
La saga infinita di Louisa Clark...
In principio fu "Io prima di te", poi vide la luce "Dopo di te" e ora di recente pubblicazione approdato direttamente sul mio comodino "Sono sempre io". Gironzolando in libreria l'ho intravisto e acquistato per un impulso compulsivo irrefrenabile. Ma non potevano mettere almeno dei titoli un po' più originali a questi libri? A quanto pare no.
Nel terzo e si spera conclusivo capitolo della trilogia, ma non ci credo molto, Louisa Clark vola a New York perché vuole mettere alla prova se stessa, osare, vivere a pieno la vita, seguendo i suggerimenti del suo adorato Will, provando a dire sempre sì. Lascia in Inghilterra la sua stramba famiglia e il neo fidanzato Sam e si catapulta nella caotica, lussuosa e scintillante New York. Lavorerà infatti nell'elegante ed esclusiva zona dell'Upper East Side come assistente personale di Agnes, la fragile moglie del signor Gopnik, una famiglia molto ricca e agiata. Parteciperà a eventi mondani dell'alta società senza dimenticare mai da dove viene e chi è davvero. Si farà nuovi amici e poco a poco riuscirà a capire cosa vuole dalla vita, provando a realizzare i suoi sogni. Ho trovato del tutto inverosimile e assurdo un personaggio, il fantomatico sosia di Will, che riuscirà a colpirla e a sconvolgerla facendo riemergere un passato ancora attuale. In una città gigantesca come New York la prima persona che incontra casualmente appena si volta chi è? Il "sosia" di Will ma per favore...
Dopo il primo libro quello sì davvero emozionante e coinvolgente non c'era bisogno di questi libretti inutili in serie, anche perché è evidente che la buffa eroina dalle calze d'ape amerà sempre e per sempre il suo Will se lo sogna, lo pensa, lo cerca e vede ovunque anche a distanza di anni. 
Un libretto facile, di rapida e agevole lettura di cui potevamo tranquillamente fare a meno.
Dacci un taglio Jojo.
"Potevo essere Louisa Clark di New York o Louisa Clark di Stortfold, oppure una Louisa completamente diversa che non avevo ancora conosciuto. L'importante era fare in modo che nessuno fra coloro a cui permettevi di camminare al tuo fianco potesse decidere quale di queste versioni tu fossi e ti inchiodasse come una farfalla in una teca. L'importante era sapere che potevi sempre trovare il modo di reinventarti."
 
 

lunedì 19 febbraio 2018

La ragazza che dormì con Dio

La ragazza che dormì con Dio, Val Brelinski
"Innamorarsi è dar vita a una religione il cui dio è fallibile"
Idaho anni settanta, nella sonnolenta e tranquilla cittadina di Arco la vita della famiglia Quanbeck è scandita dalla preghiera, dalla fervida devozione cristiana e dalla lettura della Bibbia. Una famiglia molto religiosa e osservante, due genitori severi e intransigenti nell'educazione delle loro figlie, due ragazze adolescenti e una bambina ancora piccola.
Tutto quello che può essere divertente è severamente proibito, ballare, nuotare con i ragazzi, andare al cinema, truccarsi, indossare vestiti o gioielli vistosi, giocare a bowling. Il cibo deve essere sano, le letture sacre e istruttive, lo stile di vita onesto e giusto. Il padre è un insegnante, un astronomo, un uomo dalla fede incrollabile, che scruta il cielo e le sue stelle e corre di notte in giardino come unico svago, la madre è una donna rigida e severa, ma anche molto fragile, incapace di affrontare la realtà, quando le cose diventano difficili si chiude in camera con un panno bagnato sugli occhi e le sue pillole. Frances è una bambina, ancora al sicuro nell'ovattato mondo dell'infanzia. Jory e Grace sono due ragazze intelligenti, ribelli, diverse ma in qualche modo simili, Grace estremamente religiosa e testarda, vuole testimoniare a tutti i costi quello in cui crede, non si cura del suo aspetto esteriore, è quasi una santa con i suoi freddi occhi grigi; Jory vuole vivere come tutte le ragazze della sua età e detesta le rigide regole familiari, è coraggiosa, curiosa, attratta da quel mondo che sembra esserle precluso fatto di rossetti, abiti alla moda, feste con gli amici, ragazzi.
La tranquilla quotidianità si infrange di fronte a un evento inatteso e a dir poco strano, Grace di ritorno da un viaggio in Messico ammette candidamente di essere incinta, ha una missione da compiere, è Dio in persona a volerlo e lei non lo deluderà. Questa storia incredibile rompe il precario equilibrio familiare, creando una profonda crisi, una frattura insanabile, portando alla luce le insoddisfazioni e le inquietudini delle due ragazze, un terremoto di emozioni. Esiliate in una casa al riparo da occhi indiscreti e pettegolezzi non sarà facile per le due ragazze organizzare la loro nuova vita, soprattutto per Jory che alle prese con la turbolenta età adolescenziale e con tutto quello che le è sempre stato proibito perché considerato peccaminoso, sta cercando faticosamente di trovare la propria identità nel caos di una vita che è andata improvvisamente in frantumi.
Questo è il primo romanzo di Val Brelinski, l'ho letto in pochi giorni, la scrittura è limpida, cristallina, una narrazione avvincente che travolge ed emoziona, ricca di accurate descrizioni e dialoghi. Fino a metà romanzo mi sembrava di leggere un racconto sulle inquietudine e le ribellioni adolescenziali all'interno di una famiglia intransigente e rigorosa, ma da un certo punto in poi tutto è cambiato, la storia ha preso una piega inaspettata, un po' come la luna quando rivela il suo lato oscuro e sconosciuto. Alcuni avvenimenti mi sono sembrati un po' inverosimili, ma nel complesso il libro mi ha coinvolto e appassionato. L'ambiente familiare claustrofobico, bigotto e opprimente mi ha ricordato molto "le vergini suicide" di Eugenides. La stessa scrittrice è cresciuta in una comunità religiosa ed è riuscita a riprodurre molto bene quell'ambiente, quelle convinzioni profonde, salde, cieche e assolute.
Da una parte due genitori inflessibili che cercano di proteggere le proprie figlie quando queste scelgono di allontanarsi da quella che per loro è la giusta strada da seguire, l'unica strada possibile, non sanno ascoltarle o comprenderle davvero, chiusi nelle proprie incrollabili certezze e nel loro credo. Dall'altra due ragazze che lottano faticosamente per trovare la propria strada e la propria identità in un mondo che si fa ogni giorno più complicato e soffocante. Proteggere o distruggere? Affiorano progressivamente stanchezza, delusione, smarrimento da entrambe le parti che non riescono più a vivere in armonia.
Il loro destino si intreccerà indissolubilmente a quello di un ragazzo misterioso sbucato dal nulla nelle loro vite, un ragazzo che sa di zucchero e tabacco, premuroso e gentile con un passato oscuro, affascinante come una canzone gitana, una melodia dolce e inebriante e da quel momento in poi nulla sarà più come prima.
 
"Non ci avevo mai pensato, ma immagino che noi vediamo solo questo lato della luna, non è vero? Il lato con la faccia del vecchio triste".
"Non sappiamo com’è l’altro lato, il lato oscuro. Sappiamo che c’è, ma non lo vediamo mai".
"Proprio come certe persone". Grip mosse su e giù le palpebre e poi abbassò il tono della voce. "Con i loro lati oscuri ben nascosti".

 

 


lunedì 12 febbraio 2018

Voli separati

Voli separati, Andre Dubus
"Vieni ancora a trovarci qualche volta;
a casa non c'è mai nessuno tranne noi
e noi non abitiamo più qui."
Questa è la prima raccolta di racconti di Dubus, pubblicata nel 1975. Racconti che hanno come protagonisti uomini e donne comuni, mariti, mogli, figli, tutti chiusi nella propria desolante infelicità. Sono insicuri, estremamente fragili, vulnerabili, bevono troppo per sopportare la fatica di esistere, per sopravvivere quando l'amore svanisce e si trasforma in rassegnazione, tedio, dolore. Lasciano le luci accese quando non sono in casa perché la notte che si portano dentro e quella là fuori fa paura, ascoltano la musica perché il silenzio di certe serate invernali potrebbe ucciderli, sono terrorizzati dalla loro vita tranquilla che ha le sembianze di un incubo spaventoso, i sogni giovanili infranti, l'amore svanito, restano soltanto macerie. 
Donne e uomini infelici che si tengono a galla con gin tonic ghiacciato, birra e bourbon, tante troppe sigarette, non riescono ad affrontare da sobri quella che è la loro realtà quotidiana, un inferno senza uscita. Amano la bottiglia più di quanto abbiano mai amato se stessi, l'alcol è un potente anestetico che rende tutto più tollerabile, addormenta la tristezza per qualche istante, concedendo una tregua precaria. Anime stanche, alla deriva.
Peter e i suoi demoni, così spaventato da non riuscire nemmeno a uscire di casa, Beth insonne, insoddisfatta, rassegnata, intrappolata nel suo matrimonio infelice, Terry madre, moglie, casalinga perennemente in lotta con la casa, le faccende domestiche e un uomo che non la ama più. 
Amori finiti, tradimenti, sogni che naufragano, insoddisfazione, inquietudine, paura, solitudine. 
Una scrittura tersa e cristallina, dialoghi asciutti, diretti, un colpo in pieno viso. Queste storie fanno male, lasciano un sapore amaro in bocca, un'inquietudine opprimente. Sono racconti duri, non c'è nessun lieto fine, nessun amore salvifico, la vita di coppia diventa una trappola senza uscita, teatro di discussioni infinite, accesi scontri, stanca rassegnazione, profondo scontento.
Ho ritrovato quell' atmosfera mefitica che si respirava in "Revolutionary Road", la stessa cupa infelicità ben nascosta dietro il prato verde, le casette bianche. Il matrimonio, la vita familiare sono un desolante deserto, una gabbia di frustrazioni, bugie, rimpianti per come doveva essere e non è stato, disperazione rabbiosa. I racconti più impietosi sono gli ultimi due "Voli separati" e "Non abitiamo più qui", quando le illusioni si infrangono, ti ritrovi accanto un estraneo di cui non sopporti nemmeno la vista, fai finta di dormire, perdendoti nell'alcol e nei tuoi pensieri, ma resti in quell'inferno nonostante tutto per i figli, per vigliaccheria, perché non sai dove altro andare, provando a tenere insieme i cocci ma l'infelicità dilaga e sommerge tutto, sarà sempre così, ti trovi in un labirinto senza uscita e non puoi farci niente. Ogni giorno dovrai fare i conti con tutto questo, andando avanti, affondando poco a poco.
Una notte buia circonda queste storie, rischiarate da brevi fugaci attimi di luce, un abbraccio davanti al fuoco, una mattina spensierata con i propri figli, ma forse non basta nemmeno questo.
A fine lettura ero avvolta da questa greve infelicità che si respira in ogni pagina, inquieta perché sapevo che quelle non erano soltanto storie racchiuse in un libro, quella infelicità, quel buio spaventoso, quella solitudine, quel disamore, quella strisciante insoddisfazione mi appartengono, sono reali. Tutto questo non svanisce quando chiudo il libro, me lo porto dentro, me lo sento addosso, è qualcosa con cui tutti dobbiamo fare quotidianamente i conti, cercando di sopravvivere per non affogare. 
Quelle anime stanche, alla deriva, terrorizzate dal buio siamo noi.
"Ma il suo cuore era come una pietra, il suo cuore era un orologio, il suo cuore era un occhio che la guardava."
"Osservava il viso di lui che parlava, quel viso su cui Miranda non esisteva. E dove esisteva allora? Quali saranno gli occhi che mi cattureranno, gli occhi di quale persona potranno mai riconoscermi quando i miei stessi occhi, ogni volta che mi guardo al mattino, non mi riconoscono?"

 

domenica 11 febbraio 2018

Una risata nel buio

Una risata nel buio, V. Nabokov
"A volte la morte è il finale di quella barzelletta che è la vita."
 Con un incipit inaspettato e fulmineo lo scrittore dispettoso svela quella che sarà la trama del libro, scrivendo apertamente quello che accadrà. Un uomo ricco e rispettabile abbandona la moglie per la giovane amante, e siccome Nabokov è adorabilmente perfido precisa anche che, non riamato, la sua vita finirà "nel peggiore dei modi". A questo punto strizza l'occhio al lettore, potrebbe fermarsi qui, in fondo ha già svelato il contenuto del libro, ma vale comunque la pena di raccontare questa storia perché i particolari possono rivelarsi interessanti, tutto quello che non è racchiuso nelle prime cinque righe rappresenta l'essenza stessa del romanzo, ossia letteratura. Soltanto uno scrittore geniale come Nabokov poteva fare una cosa del genere senza togliere nulla alla sua opera, che cattura e avvince fino alla fine. La trama non è tutto, i particolari, i dettagli che costellano la nostra fragile esistenza e ci rendono quello che siamo, le sfumature, le luci e le ombre, il modo di animare e raccontare una storia questo sì fondamentale ed essenziale, sono la vera anima del romanzo. Così come le epigrafi poste sulle lapidi non racchiudono l'esistenza intera di chi è sepolto là sotto, così quelle scarne righe iniziali non racchiudono il romanzo nella sua interezza e nulla tolgono alla narrazione.
La prima versione del libro "Kamera obscura" fu scritta in russo, poi riscritta in inglese e pubblicata nel 1937 divenne una risata nel buio, Laughter in the dark.
Un racconto che sembra una fiaba nera, una storia a tinte fosche e cupe che esplora l'abisso più profondo dell'animo umano, i suoi impulsi irrefrenabili, meschinità e miserie, arte sublime e squallore, il piacere sensuale che offusca la razionalità e il buon senso, incapacità di vedere e buio rivelatore, eppure aleggia su tutto un'ironia feroce, alcuni eventi per quanto drammatici sembrano quasi una farsa, una grottesca commedia degli orrori sospesa tra l'abisso e il ridicolo.
Berlino anni 30, il protagonista Albinus è un uomo maturo, piacente, occhi azzurri, una lieve balbuzie, stimato critico d'arte, benestante, una vita tranquilla e agiata, una bella famiglia. Sua moglie Elisabeth è una donna eterea e pudica, un chiarore soffuso e labile. Albinus ha tutto, ma vuole evadere dalla sua gabbia dorata e rassicurante, vuole vivere appassionatamente e il destino gli viene in aiuto.
Uno sguardo furtivo nel buio di un cinema ed ecco che la sua vita cambia. Margot ha diciotto anni, "il viso pallido, imbronciato, di una bellezza struggente". Descritta con pochi sapienti tratti di colore, quasi una fotografia, caschetto nero, occhi allungati, bella, scaltra, sensuale e astuta.
Da questo momento in poi la serena quotidianità domestica si infrange e nulla sarà più come prima. Albinus rispettabile e colto gentiluomo, Margot bella e spregiudicata, Axel ironico, istrionico e pungente, vertici di uno strambo triangolo.
Sembra quasi di leggere una sceneggiatura, una scrittura che in modo diretto ed essenziale si dipana sotto gli occhi del lettore, rivelando le vite mediocri dei suoi protagonisti come fossero sequenze di un film assurdo.
Il racconto di un'intensa storia d'amore, in balia della passione più sfrenata e appagante? Forse, ma là fuori nel buio qualcuno ghigna e sorride, tirando le fila del gioco come un abile e scaltro burattinaio, facendo precipitare la farsa in tragedia, lasciandoci in bocca un sapore amaro venato di malinconia.
Molti anni dopo quella passione ardente e irrinunciabile, quel fuoco bruciante, irrazionale e pericoloso a cui sacrificare tutto a costo della vita stessa si chiamerà Lolita.
 
Lui le afferrò i polsi e con la violenza che nasce dalla timidezza tentò di baciarla, ma lei si chinò e le labbra di lui si posarono sul cappellino di velluto.
"Mi lasci andare" mormorò lei, con il capo chino.
"Non deve farlo, lo sa bene."
"Lei però non vada via" esclamò lui. "Non ho nessun altro al mondo che lei."
 
 

giovedì 1 febbraio 2018

Doris, la ragazza misto seta

Doris, la ragazza misto seta (Irmgard Keun)
"Padre nostro che sei nei cieli, concedimi una buona istruzione,
fa' questo miracolo, al resto ci penso da sola con un po' di rimmel."
Germania 1931. Doris ha diciotto anni, una famiglia modesta alle spalle, lavora come dattilografa, odia le virgole e il suo capo, un avvocato brufoloso e pedante, la vita di provincia le sta stretta. Vuole diventare un'attrice, una stella del teatro o del cinema chissà, essere protagonista di una vita fantastica e travolgente, non appassire nella grigia routine di giorni noiosi e monotoni. Osserva il mondo attentamente, ha bisogno di vedere il più possibile, travolgendo con il suo instancabile chiacchiericcio e la sua smisurata voglia di vivere chiunque incrocia lungo il cammino. Doris sogna a occhi aperti con la spensieratezza e la leggerezza tipiche della sua età.
Inizia a scrivere un diario in cui annota minuziosamente le sue avventure quotidiane, i sogni, le emozioni, gli uomini che incontra e seduce. Uomini affascinanti o squallidi, sensibili o meschini. Alcune pagine sono davvero esilaranti. Doris con il suo pellicciotto rubato fedele compagno di mille avventure fugge a Berlino, inseguendo il suo grandioso destino.
Una città che la incanta, scintillante di luci, vetrine colorate, negozi, che dietro il luccichio nasconde povertà, degrado, un antisemitismo dilagante, tutta la fatica del tirare avanti per sbarcare il lunario. Una città che sente propria ed estranea, sfolgorante e oscura, piena di ombre e miserie.
Doris è giovane, carina, tenace, non si perde mai d'animo, ha voglia di tutto, vuole vivere appassionatamente, cerca di sopravvivere come può, vorrebbe soltanto essere amata, vivere una favola a lieto fine. I suoi pensieri schietti, diretti e spontanei, animano queste pagine, una danza irrefrenabile che fa sorridere ma anche riflettere.
Un libro brillante, ironico, spumeggiante, ricco di leggerezza e umorismo, a tratti malinconico. I nazisti lo censurarono gridando allo scandalo, la scrittrice protestò e fu arrestata.
Intense le pagine in cui Doris racconta la "sua" Berlino a un uomo non vedente.
Il tono cambia in quelle successive, quando ti trovi affamata per strada, le luci si appannano e non ti riconosci allo specchio. Ed è proprio lì che comprendi il suo disperato bisogno di amare ed essere amata, di essere accettata per quello che è, nonostante la sua vita eccentrica e randagia.
Un personaggio fuori dalle righe, eclettico e irriverente, ingenuo e seducente, un po' Tiffany, un po' Bridget Jones, catapultate entrambe nella scintillante e caotica Berlino anni trenta.
Una donna libera nel pensiero e nello stile di vita, occhi spalancati sul mondo, affamata di vita, effervescente, anticonformista, una pennellata di colore nel grigio di anni bui, cupi, che lentamente si stanno avviando verso il baratro. Doris è una farfalla che vola leggera, sogna sempre, sogna forte malgrado tutto, è innamorata dell'amore, vuole essere felice qui, adesso, un giorno sarà una stella e se il sogno sbiadisce logorato dalla delusione o dalla fatica di vivere, ci sarà sempre tempo per un'altra fantastica avventura. A fine lettura ti chiedi se avrà trovato la sua strada o il suo cielo.
La ragazza misto seta, splendente e fragile, scintillante ed effimera con i suoi meravigliosi, impossibili sogni sgualciti.
 
"Il violino al Palastdiele canta dolce come il miele, Dio che voglia che ho, vorrei una notte di musica e lanterne e danze, voglio tutto, lo voglio subito, me la divorerei questa vita, fino allo sfinimento, come se domani dovessi morire e non potessi godermi più niente. Vorrei un vestito rosa pallido di tulle, con pizzi argentati e un fiore rosso fiammante sulla spalla... Che meraviglia la musica quando si è ubriachi. E' un giro in giostra su cui ti lasci andare, e vai vai vai..."
"E una volta tanto sarà un sollievo scrivere per me, solo per me, fregandomene della grammatica e delle virgole, non come in ufficio, dove non c'è niente di spontaneo e per ogni virgola che manca mi tocca quella pertica dell'avvocato...Non mi convincono per niente gli avvocati, sempre a straparlare di soldi, sempre a tirarsela, e alla fine zero sostanza."
"Avevo appena fatto un passo falso. Ma mi sembrava troppo idiota provare a tornare indietro, e poi un uomo dovrebbe saperlo con un poco di anticipo se una donna gli piace oppure no. Che cretinata. Prima ti riempiono di complimenti e si strappano braccia e gambe e chissà che altro, poi gli dici che so? "sono una castagna" e quelli spalancano la bocca: "Oddio una castagna? Ma io non lo sapevo".
Eppure sei la stessa di prima, però dopo quella parola di fatto sei cambiata. D'accordo sono ubriaca."
"Sono a Berlino. Ormai da qualche giorno. Mi sono capitate delle cose incredibili. Mi sono sentita avvolta da Berlino come dentro una coperta a fiori rossi fiammanti. Abbiamo insegne luminose gigantesche, e intorno a me è tutto un luccichio.
"Bisognerebbe stare con qualcuno che ti piace. Che ti piace tanto, tanto tanto, e la sua voce dovrebbe risuonare come una melodia, i suoi capelli dovrebbero brillare, le sue mani prendere la forma della tua testa, arrotondate come le sue labbra che aspettano la tua bocca. Ma esistono uomini che sappiano aspettare l'arrivo della tua, di voglia? Perché poi arriva il momento in cui ti sale, la voglia, ma a quelli arriva sempre un po' prima, e a me è come se tirassero una pietra ghiacciata in pancia.
Io, il mio pellicciotto che è sempre con me, la mia pelle, siamo tutti contratti nel desiderio che qualcuno mi trovi bella avvolta qua dentro. Non uno qualsiasi, ma qualcuno che io possa ricambiare. Sono in un caffè, una musica di violino mi soffia dentro nuvole di lacrime, e qualcosa piange dentro di me, avrei voglia di nascondermi la testa fra le mani, prima che tutto sia troppo triste. Che fatica diventare una stella. Ti strema da morire".
"Signor Brenner, mi raccomando, non bisognerebbe mai indossare un vestito misto seta quando si è con un uomo, perché si sgualcisce subito, e se l'immagina come ci si riduce dopo un turbinio di baci e controbaci? Sempre solo pura seta, e la musica..."
"L'amore è ritrovarsi per caso sbronzi insieme e avere voglia l'uno dell'altra. Il resto sono scemenze.
L'amore è qualcosa di più dice Brenner.
L'amore è mille cose e tutte diverse dico io.
L'amore non è un affare dice lui.
Le ragazze carine sono un affare dico io.
E Brenner: cosa c'entra con l'amore?
Eh, lo so, lo so, l'amore, sì, ma non voglio saperlo, non voglio."
"Ho una tale nostalgia" dice Brenner e i suoi occhi sembrano morire un po' di più. Lo bacerò.
"L'armadio di legno scricchiola e Brenner appoggia la testa sulle mie gambe: "Non ho bisogno di vederti, perché so già come sei."
"E allora andiamo. Attraverso Berlino. Prendiamo un taxi e ora per la felicità la sua pelle ha il profumo delle betulle bianche e nere, perché non hanno profumo, le si vede soltanto, e lui non ci vede e perciò allora profuma di loro.
"E' dura portarsi dietro qualcosa di morto" mi fa.
Ma tutto ciò che pesa è in qualche modo un cadavere?
Proseguiamo nel vento pungente... Le voci, le strade: "Si può percepire l'odore del buio quando arriva?" Qualcosa in me si scioglie e sono tranquilla.
Inspira e domanda: "Si vedono le stelle?"
Guardo in cielo.
"Sì, brillano" mento, gli regalo questa bugia. Non si vede neanche una stella, ma è ovvio che siano lassù, dietro quel cielo, e brillerebbero se qualcuno le girasse. Mi piacciono le stelle, anche se non mi accorgo quasi mai della loro presenza. Quando diventi cieco, soltanto allora capisci quante cose hai dimenticato di vedere.
E poi finiamo in un caffè, mangiamo un dolce, che ha un sapore tutto rosa, e dai, cerca di essere felice, ah, quanta voglia che ho, voglia di volere, è una sensazione che mi ubriaca.
Ah, se aprisse quella bocca e parlasse! Decidiamo di continuare la passeggiata, ogni tanto spunta fuori una mezza stella, niente in confronto alle insegne, e intorno c'è un brusio costante, per un momento alla fermata del bus chiudo gli occhi, pazzesco come tutto questo provi a entrare dentro di me, così tanti rumori.
Ma nessuno è felice qua? Ora incombe il buio. Dov'è la mia Berlino lucente?
Ah, se soltanto lui non fosse sempre più muto.
Le sue gambe si trascinano pesanti, e addosso mi si accumula una pressione che proviene da lui e ora è penetrata anche dentro di me.
Sto per mettermi a piangere e racconto cose assurde, la mia voce trema come una fiamma che si sta spegnendo.
"Questa città non è buona, non è felice, anzi è una città malata," dice "ma tu sei stata buona con me e io ti ringrazio."
E' la frase sbagliata, non dovrebbe ringraziarmi, dovrebbe solo pensare che la mia Berlino sia bella.
Parlo con lui e vorrei trovare una parola, e con quella parola raggiungerlo, toccarlo...Ah, non ne posso più.
Fuori ancora nessuna stella (...) Dov'è l'amore? Dov'è qualcosa che non vada subito in pezzi?"
"In fondo quando si è innamorati non si è più sicuri di nulla. E siccome poi si ha paura di sbagliare, ovviamente succede che si sbaglia. Che per colpa della paura e dell’amore finisci per essere diversa da quel che sei, io per esempio vorrei essere una brava persona, essere me stessa, senza doverci stare su a rimuginare, e non perdermi al solito in un bicchier d’acqua. Voglio essere buona, amorevole, senza star lì a pensarci. Nient’altro. È una cosa che un uomo può tollerare?
Con il mio amore, fatemi osare, dai".
"Mi sono sforzata di non pensarci per moltissime pagine, ma ora non posso più farne a meno... Se nel bel mezzo della felicità lui avesse un pensiero triste per me, ebbene sì, ne sarei lieta. Che voglia che ho di telefonargli. Sì, ma a cosa servirebbe? Tanto per dar fastidio interrompendolo in un momento particolare, ma una persona perbene non si mette a fare cose del genere. Starei meglio se lo considerassi un uomo malvagio, mi sarebbe più facile, ma so che non lo è. E' stato bello. Il dolore è dolore, niente da farci, e distrugge la felicità che avresti potuto avere, ma se è stato bello, bè, quello non può essere distrutto. Oppure sì?"

 

 

La settimana bianca

La settimana bianca (Carrère)
 
L'Avversario mi ha portato a leggere questo libro. Lì infatti lo scrittore raccontava di aver scritto questo romanzo, un noir tra la neve, quasi per esorcizzare l'orrore di quella vicenda e più avanti lo stesso Jean Claude Romand gli confesserà di averlo apprezzato molto perché in esso è racchiusa la storia della sua infanzia. A quel punto ero incuriosita e non potevo non leggerlo.
Un libro breve, 139 pagine dense di attesa, un'attesa cupa e angosciosa, un'atmosfera indefinita, inquietante, un mistero che aleggia nell'aria, qualcosa che è lì davanti ai tuoi occhi innocenti ma ti sfugge, qualcosa che è sul punto di precipitare.
Il piccolo Nicolas partecipa alla settimana bianca organizzata dalla scuola, una vacanza tra neve e montagne, un'ottima occasione per socializzare con i compagni, imparare a sciare e a cavarsela da solo lontano dall'ambiente familiare. Lo accompagna il padre in macchina con un giorno di ritardo rispetto agli altri perché teme qualche spaventoso incidente in autobus, i suoi compagni invece sono partiti tranquillamente con il pulmino della scuola.
Nicolas è un ragazzino fragile, solitario, ha una fantasia vivace, ama leggere i racconti dell'orrore, si sente emarginato ed escluso dal resto della comitiva, preso in giro per le proprie debolezze, teme che quella vacanza sulla neve sarà per lui una prova terribile da affrontare. 
Fin dalle prime pagine trapela il suo profondo disagio, il suo essere diverso, un ragazzino insicuro e sensibile abitato da strani, oscuri sogni, vecchie storie e da quei racconti dell'orrore che lo appassionano e lo terrorizzano.
Un racconto avvincente, inquietante, misterioso, ansiogeno, che ti lascia con il fiato sospeso fino alla fine, fluido e agevole lo stile.
A volte la realtà può diventare l'incubo più spaventoso, macchiando l'innocenza in modo indelebile.
 
"Ero solo, in una casetta in Bretagna, davanti al computer e a mano a mano che procedevo nella storia ero sempre più terrorizzato."
"A Nicolas tornò in mente la storia della sirenetta, che insieme a Pinocchio era stato uno dei suoi libri preferiti da piccolo. C'era un momento che gli faceva uno strano effetto, quando la sirenetta, innamorata del principe intravisto nella tempesta, sogna di diventare umana per poter essere amata da lui, e ricorre quindi al sortilegio della strega (...) Il momento preferito da Nicolas era la notte che lei trascorreva da sola sulla spiaggia, dopo aver bevuto la pozione. Si era stesa sulla sabbia, con la coda di pesce coperta di foglie, e aspettava in riva al mare, sotto le stelle lucenti e lontane, che si compisse la metamorfosi. Durante la notte la sirenetta provava dolore, ma non osava guardare sotto le foglie, là dove quello che ancora era lei lottava contro quello che presto sarebbe stata. Provava dolore, molto dolore, gemeva piano, temendo di attirare i pescatori che, poco più in là, chiacchieravano davanti al fuoco riparando le reti. Tra sé e sé, sommessamente, cercava di cantare, per udire un'ultima volta la propria voce. Sorgeva l'alba, e lei sentiva chiaramente che la lotta era giunta al termine, il sortilegio compiuto. Sentiva che sotto le foglie c'era qualcos'altro, che ciò che era stata era diventato altro. Aveva paura, ed era invasa da una terribile tristezza, la voce ormai spenta in fondo al petto."