domenica 22 settembre 2019

Tu l'hai detto

Tu l'hai detto, Connie Palmen
"Il suo nome è il mio nome.
La sua morte è la mia morte.
La sua follia è la mia follia."
Una biografia romanzata dove la voce narrante è quella di Ted Hughes, celebre poeta inglese laureato, marito dell'inquieta e geniale poetessa Sylvia Plath.
Nella finzione romanzesca Ted prende la parola per difendersi dalle voci malevole, dalle chiacchiere velenose di quelli che per anni l'hanno accusato di essere il carnefice, l'unico responsabile del suicidio della moglie Sylvia.
Lei la fragile martire, lui il brutale traditore. Marito infedele, inaffidabile, bugiardo.
Ted rompe il silenzio e fa sentire la sua voce, ripercorrendo quegli anni intensi e infernali, brucianti e appassionati.
Dal primo incontro folgorante al matrimonio tenuto segreto i primi tempi, perché Sylvia temeva di perdere la sua borsa di studio, dalla peregrinazione da un continente all'altro alla nascita dei due figli, fino agli ultimi terribili anni.
Lui il poeta sciamano, appassionato di cabala e astrologia, conoscitore di miti e antiche leggende incontra per la prima volta Sylvia nel 1957 a Londra, alla presentazione del primo e unico numero della sua rivista di poesia.
Quella ragazza americana dalla pelle di luna, alta, slanciata, capelli biondi ondulati, labbra rosso fuoco, attira subito la sua attenzione.
È un colpo di fulmine improvviso, lei seducente e decisa gli morde la guancia, lui le strappa fascia e orecchini, inutili orpelli, marchiato per sempre, stregato da lei.
Un incontro tra due anime affini, legate dal sacro fuoco della poesia, un amore crudele, intenso, bruciante.
Anime affini eppure diverse.
Lui forte, sicuro, dall'ispirazione poetica inesauribile, lettore di oscuri presagi, lei bella e sensuale, fragile, piena di incubi e paure, in lotta con i propri demoni, una madre ambiziosa che ama e detesta, un padre perso troppo presto che vorrà raggiungere per tutta la vita, quell'attrazione pericolosa per la morte, lei la bambina che voleva essere dio, Lady Lazarus morta e risorta.
Le prime reciproche confidenze, il matrimonio dopo soli quattro mesi dal primo fatidico incontro, in una giornata di pioggia, la luna di miele, la ricerca frenetica della casa, la scrittura poetica che li accomuna, Sylvia entusiasta per i successi del marito, desiderosa di liberare il suo io poetico, la sua voce più autentica intrappolata, sepolta nel profondo, frustrata e infelice quando non ci riesce.
Sylvia che ama e odia con furore, gelosa, possessiva, insicura, amante devota, moglie energica e instancabile, gemella siamese, spirito affine.
Sylvia in lotta con i suoi fantasmi, gli attacchi d'ansia, le crisi di pianto, la depressione, il terrore dell'abbandono, quelle tenebre che la attirano con voce seducente.
Demoni che li inseguono ovunque e viaggiano con loro, Inghilterra, Nuovo Mondo e di nuovo Inghilterra.
Tormentata, umorale, ansiosa, sensuale, dolce e furiosa, ironica e tenace, poetessa dalla voce unica e inconfondibile.
Un amore che è unione di corpo e anima, ma anche soffocante, claustrofobico, distruttivo.
Neppure la maternità placa i demoni di Sylvia, il suo io poetico esplode, una voce rabbiosa, potente, incontrollabile.
I successi, i riconoscimenti, la crescente fama di Ted, che si sente sempre più asfissiato da quel legame totalizzante, preso al laccio, smanioso di libertà, la lenta discesa nell'abisso.
La fuga in un mondo edenico nel tentativo di salvare quel sogno d'amore, Court Green, tana e rifugio della volpe in trappola e della lepre "timorosa con l'anima di vetro."
Una fattoria decadente, un frutteto, campi dove in aprile risplendono i narcisi, un fiume dove pescare, un cielo a portata di mano. Una vita che sembra perfetta, una bella famiglia, la poesia che sgorga inarrestabile, ma in ogni eden si nasconde un serpente.
L'incontro con Assia Wevill, la musa nera, distrugge l'idillio, l'illusione di un'unione indissolubile tra anime affini.
Ted si libera dalla gabbia, segue la sua vera natura, il suo istinto, il resto è storia.
Il freddo inverno londinese, la spirale crescente della depressione che inghiotte Sylvia, le ultime poesie, la sua voce poetica estatica, irrefrenabile, potentissima, il suicidio col gas, la morte che la consacra poetessa geniale per l'eternità.
Le accuse, i veleni, l'oscuro destino di morte e tragedia che il poeta sciamano porta con sé.
Attraverso un'accurata analisi delle fonti, degli archivi, delle poesie, determinante la lettura dell'inedita "Last Letter" di Ted Hughes per ricostruire quell'ultimo giorno, la scrittrice scrive questa storia d'amore e morte.
Una scrittura curata, profonda, intensa, monologhi interiori che a volte feriscono, sembra quasi di essere lì, di sentire davvero la voce di Ted che si difende, riappropriandosi di quell'amore che è stato infangato e calpestato da sospetti velenosi, insinuazioni ostili.
Non cerca assoluzioni, porta già sulle spalle tutto il peso del suo tragico destino, vuole soltanto far sentire la propria voce, raccontare la sua verità.
In realtà Ted Hughes rimase in silenzio per anni dopo il suicidio della moglie, silenzio che ruppe soltanto pochi mesi prima di morire, pubblicando le "Lettere di compleanno" 88 poesie dedicate alla sua sposa, al loro amore tragico e oscuro, appassionato e infelice.
Nessuno saprà mai la verità, sepolta per sempre con loro, rimangono i diari, le lettere, le poesie struggenti di entrambi, l'amore del poeta sciamano per Sylvia, la ragazza inquieta ed energica dal sorriso radioso, la sposa dalla folta treccia, la poetessa immensa che ha sacrificato tutto sull'altare della poesia, anche la vita.

***
"È stato crudele, doloroso.
È stato vero.
Ognuno era preda dell'altro.
Di una donna che invece di baciarti ti morde avrei dovuto capire che per lei amare qualcuno equivaleva a combatterlo.
Di me avrei dovuto capire che rubandole i gioielli avevo strappato solo dei fronzoli, appropriandomene come trofei.
Chi inizia così un amore sa che vi si cela un cuore di violenza e distruzione. Finché non sopraggiunge la morte. Uno di noi era spacciato fin dall'inizio.
Era o lei o io.
Nella furia divoratrice chiamata amore, avevo trovato la mia pari."
"Lei era un'ampolla odorosa piena di veleno.
Non avevo mai incontrato una persona per cui amore e odio fossero tanto vicini, quasi da confonderli. Non desiderava altro che amare qualcuno, ma odiava farlo davvero. Non desiderava altro che essere amata, ma ha punito senza pietà chiunque abbia mai provato amore per lei."
"I giorni e i numeri, le stelle, i pianeti e i miei amici mi misero in guardia, ma la mia felicità somigliava a quella di quando ero ragazzo e con mio fratello, di dieci anni più grande, ce ne andavamo in giro nella natura, per giorni interi a pesca, a caccia, e la sera sedevamo in silenzio, uno accanto all'altro, davanti a un falò, oppure ascoltavo storie di indiani e di fantasmi, e mi sentivo così profondamente legato a lui che per il resto della vita ho sempre ricercato un legame gemellare che somigliasse a quello, una felicità tanto potente da dissolvermi e farmi scomparire. La donna che avesse teso le braccia a quel bambino che fissava l'acqua seduto con il fratello sulla riva del fiume, che l'avesse preso per mano e riportato in quel paradiso perduto, sarebbe stata la mia.
Era lei.
Chi la conosceva solo superficialmente non poteva sospettare che dentro nascondeva un guerriero, che era più androgina di quanto lasciasse supporre quella ragazza per bene con la coda di cavallo. Voleva misurare le proprie forze con qualcuno, voleva combattere, e per farlo aveva scelto l'uomo più alto e più forte che aveva trovato.
Ed ero io."



lunedì 9 settembre 2019

La casa del sonno

La casa del sonno, Jonathan Coe
"Vieni, aurora, incendia la casa del sonno, inonda di luce l'ombra che bisbiglia ancora:
Un'altra vita occorrerà che passi
per rivelarti lei, lei ombra e grazia."
Ashdown è una costruzione "enorme, grigia, imponente," situata su un promontorio a picco sull'oceano, dove onde rabbiose si infrangono contro la scogliera rocciosa e gli stridii rauchi dei gabbiani riecheggiano nelle stanze vuote e gelide.
Un luogo austero, impervio, inospitale, solitario, dal paesaggio mozzafiato.
Un tempo dimora privata di una famiglia, acquistata in seguito dall'università e trasformata in residenza universitaria.
Camere a picco sul mare, in cui filtra la fredda luce solare, una cucina comune a forma di L dal soffitto basso e in penombra, anguste finestre e ampi corridoi.
Nella Londra anni ottanta ospita un variegato gruppo di studenti, il cui incessante brusio si mescola al mormorio delle onde e dei gabbiani. I destini di cinque studenti si intrecciano nel corso della narrazione, catturando l'attenzione del lettore con una trama originale e sorprendente.
Un puzzle dove poco a poco i vari pezzi si incastrano alla perfezione sino a formare un quadro dove si mescolano insonnia, disagio esistenziale, follia, inquietudine, passione, amore, vita e morte.
Una scrittura ricca di dialoghi fulminei, dinamica e fluida dove gli avvenimenti e i colpi di scena si susseguono rapidamente, disorientando il lettore fino a quando tutti i nodi si sciolgono e il mosaico si ricompone con lucida follia.
Ecco allora Gregory ambizioso studente di medicina, metodico e meticoloso, appassionato di musica classica, ossessionato dal sonno altrui, da quel delicato momento in cui le persone sono indifese e inermi in balia dei propri sogni, affascinato ed eccitato da quella vita che pulsa e si agita sotto le palpebre chiuse.
Terry appassionato di cinema, che fa sogni bellissimi che immancabilmente gli sfuggono al risveglio.
Veronica brillante studentessa di economia, amante dell'arte e del teatro, carismatica e determinata.
Robert, un romantico studente di lettere che scrive poesie e farebbe di tutto per il suo impossibile amore.
E infine Sarah una ragazza narcolettica che spesso confonde i suoi sogni con la realtà, con esiti spesso tragicomici e studia per diventare maestra.
È lei il fulcro attorno a cui ruotano i destini e le vicende sentimentali degli altri personaggi.
Sarah, l'ex ragazza di Gregory. Sarah il sogno ad occhi aperti di Robert. Sarah e Veronica, unite strettamente anima e corpo, un'intensa e appassionante alchimia.
Il romanzo alterna due diversi piani temporali, attraverso un espediente narrativo originale, il primo di una lunga serie che scoprirete soltanto leggendo il libro.
I capitoli dispari sono ambientati negli anni 80 e seguono le vicende degli studenti universitari, quelli pari sono ambientati negli anni 90, dodici anni dopo.
L'austera residenza universitaria non esiste più, è diventata una clinica privata gestita dallo strambo dottor Dudden, che studia e cura i disturbi del sonno, conducendo oscuri e segreti esperimenti nei sotterranei.
Collaborano con lui la dottoressa Madison, ironica e irriverente e Lorna, tecnico della clinica.
I giovani studenti universitari sono cresciuti, Sarah è un'insegnante dai capelli ormai grigi, divorziata e sola, Terry un giornalista affermato, non sogna più ed è affetto da insonnia cronica, praticamente non dorme mai e questo lo porterà nella clinica del dottor Dudden e Robert è misteriosamente scomparso nel nulla.
Un romanzo originale e sorprendente dall'atmosfera onirica e claustrofobica, pervasa da una strana inquietudine, dove il ritmo si fa sempre più incalzante e coinvolgente.
Una trama ben costruita, ricca di colpi di scena, alcuni avvenimenti mi sono sembrati surreali e inverosimili, ma perfettamente funzionali al singolare intreccio narrativo.
Un libro il cui filo conduttore è il sonno e le sue varie problematiche.
C'è chi dorme troppo, chi troppo poco, chi lo considera un'inutile perdita di tempo, chi confonde sogno e realtà, chi sogna a occhi aperti e chi non vorrebbe mai svegliarsi.
La casa del sonno è un folle e stupefacente sogno a occhi aperti. O come direbbe Amleto "Morire, dormire. Dormire, forse sognare".
***
"Il linguaggio è un traditore, un agente segreto doppiogiochista che scivola inavvertito tra un confine e l'altro nel cuore della notte. È una pesante nevicata su un paese straniero, che nasconde le forme e i contorni della realtà sotto un manto di nebuloso biancore. È un cane azzoppato, che non riesce mai a eseguire correttamente gli esercizi richiesti. È un biscotto allo zenzero che, lasciato a inzupparsi per troppo tempo nel tè dei nostri auspici, si sbriciola, si dissolve, diventa niente. È un continente perduto.
(...) Il linguaggio è un'amante crudele e fedifraga; è un baro astuto dalle maniche pullulanti d'assi; è un suono distante di flauto in una notte nebbiosa, che ci tormenta con melodie semidimenticate; è la luce all'interno del frigorifero, che mai si spegne finché noi restiamo a guardarla; è una tovaglia troppo corta; è un coltello nell'acqua."


domenica 8 settembre 2019

Luce d'estate ed è subito notte

Luce d'estate ed è subito notte,Jón Kalman Stefánsson
"A volte nei posti piccoli la vita diventa più grande."
Un paesino islandese di quattrocento anime immerso nella campagna, circondato dal mare. Una manciata di case, fattorie isolate, pochi edifici imponenti, il maglificio, la cooperativa, un magazzino polveroso, non c'è una chiesa e neppure un cimitero.
Inverni lunghi e gelidi, quando il buio sembra inghiottire la terra e non finire mai, cieli immensi illuminati da miriadi di stelle, uccelli selvatici che tornano in primavere quando l'aria diventa mite e poi l'estate, un'esplosione di luce e quel cielo sconfinato così vicino da poterlo toccare.
Un romanzo corale che si snoda attraverso i racconti degli abitanti di questo piccolo paese, esistenze semplici e modeste, dove sembra non accadere mai nulla, eppure la vita palpita in questo paesino minuscolo così lontano dal caos frenetico del mondo, immerso nella natura, in un tempo che rallenta nelle lunghe e noiose sere invernali e si dilata all'infinito quando la luce dell'estate così abbagliante e immensa fa venire voglia di scoperchiare le case.
Racconti d'amore, solitudine, sesso, malinconia, nostalgia, dolore, morte, le piccole grandi cose di cui è fatta la vita di ognuno di noi.
E una domanda che si affaccia spesso nel corso della narrazione "quel perché viviamo", alla quale forse questi racconti intensi, lirici, poetici, venati di umorismo e nostalgia cercano di dare una risposta.
Un paesino e i suoi abitanti sfilano davanti ai nostri occhi, una scrittura sognante, poetica, magica, intensa che ci porta via con sé.
Il direttore del Maglificio, una bella casa, una moglie affascinante, una vita agiata, che un bel giorno si mette a sognare in latino, leggendo libri antichi e cercando di scoprire i misteri dell'universo. Diventa un astronomo con gli occhi rivolti a quel cielo nero e immenso trapunto di stelle.
L'impiegata dell'ufficio postale con quel rossetto rosso come un segnale di stop che curiosa legge le lettere, immergendosi per un attimo nelle vite degli altri.
Jònas così fragile e delicato, che ama dipingere uccelli variopinti con le sue mani che ricordano le ali di una farfalla. Suo padre Hannes, un uomo forte, robusto, voce tonante e infelice, spezzato dentro.
E poi strani fenomeni, un magazzino infestato dai fantasmi, sciocche credenze di paese o strambo collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei morti, un noto politico inghiottito dalla sera. Un ragazzo perso nei sogni e nel suono del suo violino e si sa che "chi suona il violino sembra avere un cuore più grande degli altri."
Amori passionali, tradimenti, vendette.
Un uomo che torna dopo anni di lontananza perché tutto quello che ha sempre amato era lì, in quel paese sperduto in mezzo al nulla.
Elìsabet il sogno proibito di ogni uomo, maglietta attillata, labbra carnose, lunghi capelli scuri come la notte.
Il camionista Jakob felice quando percorre le sue strade prive di ombre, un avvocato meticoloso che si smarrisce quando scopre che non può contare i pesci del mare e nemmeno le sue lacrime, un uomo solitario, il suo cane e una donna con una valigia marrone.
Piccole grandi storie che raccontano l'amore e la perdita con voce pacata e tranquilla, quasi un sussurro.
Restano gli attimi, i frammenti, gli istanti, l'essenza stessa di questa vita preziosa e fragile che "fugge in ogni direzione e si conclude a metà frase."
Il cielo immenso, quelle stelle brillanti che non ci stancheremo mai di contemplare che ci parlano di universi misteriosi e lontani, quel respiro amato vicino, il mare che sfavilla la mattina presto e il tempo che scorre via.
La luce immensa dell'estate e il buio della notte che incombe.
"Per quale motivo ho vissuto", forse solo per questo.

***
"È bello guardare il fiordo, anche se praticamente non dà pesce e non l'ha mai dato.
In primavera richiama uccelli acquatici contenti e fiduciosi, a volte si trova qualche strombo sulla spiaggia e in lontananza spuntano migliaia di isole e isolotti come una dentatura irregolare dal mare, la sera il sole vi sanguina e allora pensiamo alla morte."
"È bello svegliarsi presto qui in paese. Chi abita vicino al mare ha la superficie dell'acqua sempre viva davanti alla finestra e può starsene fuori in veranda con una tazza di caffè, magari a piedi nudi, ad ascoltare il cicaleccio lievemente roco dell'edredone, i commenti rudi del gabbiano, un fronte di nubi grigiastre rimane immobile nel cielo senza vento, il mare s'increspa appena, solo piccole onde trascinano sott'acqua alcune rocce, che poi riemergono in superficie a respirare. Inutile pensare a qualcosa, si esiste e basta, si ascolta, si accoglie il mondo, il mattino silenzioso, gli imperi diventano polvere in questi attimi.
Due sono le cose che faccio, respirare e pensare a te."
"Parliamo, scriviamo, raccontiamo di piccole e grandi cose per cercare di capire, di arrivare a qualcosa, di afferrare l'essenza che però si allontana sempre più come l'arcobaleno. Nelle storie antiche si dice che l'uomo non possa guardare Dio, equivarrebbe alla morte, e senza dubbio vale lo stesso per quello che cerchiamo, la ricerca stessa è lo scopo, il risultato ce ne priverebbe.
E ovviamente è la ricerca che ci insegna le parole per descrivere lo splendore delle stelle, il silenzio dei pesci, il sorriso e lo sconforto, la fine del mondo e la luce dell'estate. Abbiamo un compito, a parte baciare labbra; sai per caso come si dice "ti desidero" in latino? E come si dice in islandese?"