domenica 31 gennaio 2016

La corrispondenza

La corrispondenza, Giuseppe Tornatore

"Muore solo
un amore che ha smesso di essere sognato
fatto materia e che si cerca sulla terra."

 (Salinas)



Un libricino breve, scorrevole, di facile lettura, un opuscolo tascabile, che racconta una storia d’amore e assenza, dolorosa nostalgia e meraviglia, un amore fugace e impossibile, fatto di istanti effimeri e fragili, che dura il tempo di un battito d’ali ed è già svanito. Un amore nell’era della tecnologia e di internet, che si avvale di sms, email, video messaggi per non dissolversi del tutto, un amore che cerca di superare le barriere spazio temporali, diventando un ponte tra la realtà e l’aldilà. Un amore che sfiora l’eternità e riesce a lenire il dolore di chi resta, rendendo più tollerabile il distacco e l’addio. La trama del libro mi è piaciuta, ma a tratti  l’ho trovata un po’ inverosimile (email/sms che arrivano  con precisione matematica nell’esatto istante in cui la protagonista sta facendo qualcosa di significativo, le due memory card che riemergono magicamente
dal lago...) Leggendo questa storia ho pensato che quando la morte irrompe all'improvviso nel nostro universo come un fulmine a ciel sereno e non lascia nemmeno il tempo di un saluto, non sarebbe male riuscire ad architettare uno stratagemma del genere per chi resta e fatica ad abituarsi alla più imperdonabile delle assenze, imperdonabile perché definitiva, irrevocabile, senza appello.
 Questo libro racconta con semplicità un amore che cerca di sottrarsi all’oblio del tempo e della dimenticanza, che vuole restare vivo nella mente e nel cuore della persona amata perché se Amy dimentica, in quell'istante Ed muore davvero. "Esserci ancora, esserci sempre, almeno dentro di lei". Come le stelle lontanissime di cui percepiamo il bagliore nel buio ogni notte, “possiamo continuare a vedere le stelle morte benchè esse non esistano più. Anzi è proprio la loro disastrosa fine a rivelarcele”.
Colonna sonora: una stella, miliardi di stelle. Una storia dolce e triste, come queste note.


“Ciao, Amy. Sai una cosa? Adesso comincio a capirlo. Si, intendo la ragione per cui quando vai dall’altra parte la prima cosa che perdi è il diritto di parlare. Lo capisco, ora lo capisco perché…”

“Ora dirai che per me è tutto facile adesso. Facile non vedere le tue lacrime. Ma tu lo sai sono sempre stato un uomo molto fortunato…Però non sai quanto mi secca non poter più ricevere i tuoi messaggi. Oddio, poi non è detto. Magari succede che i nostri doppi non si rassegnino e trovino un modo…Bah, vedremo. Io comunque, nel mio piccolo, in questi ultimi tempi mi sono dato molto da fare. E ho scoperto che è vero, si, meno tempo hai a disposizione più diventi ingegnoso e creativo. Perciò , vedrai, il tuo stregone non ti abbandonerà mica così facilmente.”



lunedì 25 gennaio 2016

Rayuela



Rayuela, Cortàzar (1963)

Rayuela, il gioco del mondo, un viaggio dalla terra al cielo, il cui centro è l’amore, un viaggio di un uomo tra gli uomini. Un libro complesso e impegnativo, che spesso ti porta a rileggere frasi, parole, ampi flussi di coscienza per coglierne l’essenza. Ricco di digressioni e riferimenti musicali, pittorici e letterari, voli del pensiero a cui a volte si fatica a stare dietro. Leggere questo libro è percorrere un sentiero tortuoso e sconosciuto, a volte vorresti abbandonarlo e tornare su un percorso noto e comodo, invece rimani inchiodato alla pagina arrancando dietro parole oscure e frasi talmente belle da leggerle ad alta voce, una due tre volte, e quando arrivi alla fine sei spossato, ma felice perchè ne è valsa la pena e il paesaggio da lassù è incantevole. C’è tutta la vita dell'uomo in questo gioco, dall’amore al dolore, alla filosofia, alla ricerca impossibile del centro e di se stessi, lucida follia. Questo libro è una sfida per il lettore, un’avventura, un incredibile viaggio, unico nel suo genere. Ma è soprattutto il gioco dello scrittore con il lettore, che dovrà entrare nel labirinto della sua  mente e della sua particolare scrittura orientandosi tra multiformi frammenti sparsi.
Il libro può essere letto nel modo tradizionale, lineare e in un secondo modo suggerito dalla scrittore saltellando da un capitolo all’altro, avanti e indietro. La lettura tradizionale si conclude con il capitolo 56, dove terminano le prime due parti del romanzo, la seconda lettura include anche la terza parte del libro, fornisce al lettore ulteriori dettagli e sembra non avere mai fine, gli ultimi capitoli infatti rimandano continuamente a se stessi.
Dimenticate l’impianto narrativo tradizionale, prendete un sassolino e un gessetto e iniziate a giocare.


«La Rayuela (Il gioco del mondo) si gioca con un sassolino che bisogna spingere con la punta della scarpa. Ingredienti: un marciapiedi, un sassolino e un bel disegno fatto col gessetto, preferibilmente a colori. In alto sta il cielo, sotto sta la terra, è molto difficile arrivare con il sassolino al cielo, quasi sempre si fanno male i calcoli e il sassolino esce dal disegno. Poco a poco, nonostante tutto, si comincia ad acquisire la necessaria abilità per salvare le diverse caselle, (Rayuela chiocciola, Rayuela rettangolare, Rayuela fantasia, poco usata) e un giorno si impara a uscire dalla terra e a far risalire il sassolino fino al cielo, fino ad entrare nel cielo (…), il brutto è che proprio a quel punto, quando quasi nessuno ha ancora imparato a far risalire il sassolino fino al cielo, finisce di colpo l’infanzia e si casca nei romanzi, nell’angoscia da due soldi, nella speculazione di un altro cielo al quale bisogna comunque imparare ad arrivare. E siccome si è usciti dall’infanzia… ci si dimentica che per arrivare al cielo si ha bisogno di questi ingredienti, un sassolino e la punta di una scarpa».

“Tocco la tua bocca, con un dito tocco il bordo della tua bocca, comincio a disegnarla come se uscisse dalla mia mano, come se per la prima volta la tua bocca si aprisse, e mi basta chiudere gli occhi per disfare tutto e ricominciare, faccio nascere ogni volta la bocca che desidero, la bocca che la mia mano ha scelto e ti disegna sulla faccia, una bocca scelta tra tutte, con la sovrana libertà che scelgo per disegnarla con la mia mano sulla tua faccia, e che, per un azzardo che non cerco di comprendere, coincide esattamente con la tua bocca che sorride sotto quella che la mia mano ti sta disegnando.
Mi guardi, da vicino mi guardi, sempre più da vicino e allora giochiamo a fare il ciclope, ci guardiamo tanto da vicino che i nostri occhi si allargano, si attaccano tra di loro, si sovrappongono e i ciclopi si guardano, respirano confusi, le bocche s’incontrano e lottano nel tepore, si mordono con le labbra, appoggiano appena la lingua tra i denti, giocano nei loro recinti là dove un’aria pesante va e viene col suo profumo antico e il suo silenzio. Allora le mie mani cercano di immergersi nei tuoi capelli, di accarezzare lentamente la profondità dei tuoi capelli mentre noi ci baciamo come se avessimo la bocca piena di fiori o di pesci, di movimenti vivi, di fragranze oscure. E se ci addentiamo, il dolore è dolce, e se affoghiamo in un breve e terribile assorbirsi dell’alito, quell’istantanea morte è bella. E c’è una sola saliva e un solo sapore di frutta matura, e io ti sento tremare su di me come una luna nell’acqua.”

“E non le parlo con le parole che sono servite unicamente a non capirci, adesso che è tardi ormai comincio a sceglierne altre,le sue, quelle che sono avvolte in ciò che lei capisce e che non ha nome,brezze e tensioni che contraggono l’aria fra due corpi o riempiono di polvere d’oro una camera o un verso.Ma non abbiamo continuamente vissuto così,lacerandoci con dolcezza?
Ci sono fiumi metafisici, lei vi nuota come quella rondine sta nuotando nell’aria,girando allucinata intorno al campanile, lasciandosi cadere per poi alzarsi più alta di slancio. Io descrivo e definisco e desidero quei fiumi, lei vi nuota. Io li cerco, li trovo, li guardo dal ponte,lei vi nuota. E non lo sa, proprio come la rondine. Non ha bisogno di sapere come me, può vivere nel disordine senza che alcuna coscienza di ordine la trattenga.Quel disordine è il suo ordine misterioso, quella bohème del corpo e dell’anima che le spalanca le vere porte. La sua vita non è disordine che per me,sotterrato in pregiudizi che disprezzo e allo stesso tempo rispetto. Io, condannato ad essere assolto irrimediabilmente dalla Maga che mi giudica senza saperlo. Ah, lasciami entrare, lasciami vedere un giorno come vedono i tuoi occhi.
Inutile. Condannato ad essere assolto. Torna a casa, e leggi Spinoza. La Maga non sa chi sia Spinoza.La Maga legge interminabili romanzi di russi e tedeschi e li dimentica immediatamente. Non sospetterà mai d’avermi condannato a leggere Spinoza. Giudice inaudito, giudice per grazia delle sue mani, delle sue corse in mezzo alla strada, giudice perché mi guarda e mi lascia ignudo, giudice perché balorda e infelice e disorientata e ottusa e men che niente. Per tutto quello che so dal mio amaro sapere, con il mio marcio metro da universitario e da uomo illuminato, per tutto questo, giudice. Lasciati cadere rondine, con quelle affilate forbici che ritagliano il cielo di Saint-Germain-des-Près, strappa questi occhi che guardano senza vedere, sono condannato senza appello, pronto a quel patibolo su cui mi fan salire le mani della donna che cura il figlio suo, presto la pena, presto l’ordine falso di essere solo e di ricuperare la sufficienza, la egoscienza, la coscienza. E con tanta scienza un inutile desiderio di avere compassione di qualcosa, e che piova qui dentro, che finalmente cominci a piovere, a sapere di terra, di cose vive, sì, finalmente di cose vive.”(Rayuela)

Dichiara Cortàzar a proposito del suo libro:“quella di proporre una doppia lettura risponde un po’ al modo disordinato, anacronistico e fuori dal tempo normale con il quale ho scritto il libro.
Questo uscire dal futuro per tornare al passato e avvicinarsi al presente, tutto ciò dava al racconto una plasticità che mi sembrava illogico far scomparire appiattendo il libro e sviluppandolo come un qualsiasi romanzo dall’andamento lineare.Ovvero, cominciare da un punto e finire all’estremo opposto. No. Questa poteva essere una possibilità e infatti è il primo modo di lettura. Ma mi è sembrato che ci dovesse essere una seconda opzione nella quale il lettore poteva saltare dai capitoli successivi ai capitoli precedenti(…) il lettore si trova a che fare con un libro che gli si muove tra le mani, che lo incita a spezzare continuamente le nozioni di spazio e tempo.”
Riguardo al suo protagonista Horacio Oliveira afferma :”è un libro che ha per protagonista un uomo che non è affatto un genio,e che cerca disperatamente qualcosa, senza sapere esattamente cosa.
Lui è condannato alla ricerca, a una ricerca senza una meta promessa né definita né definitiva, è come se Oliveira riassumesse in sé il divenire della specie umana, sta sempre cercando qualcosa, un qualcosa che quando si cerca di definirlo scivola in termini astratti.Ciò che lui chiama centro sarebbe quella dimensione nella quale l’essere umano può reinventare la realtà.Allora, che cos’è questo centro?questo rifugio? Il centro è il risultato dell’eliminazione di tutto ciò che viene rifiutato,e in realtà Rayuela è un’accumulazione di rifiuti. Oliveira distrugge tutto al suo passaggio. Butta via tutto: donne, cose, tempo, città.Perchè solo allora, dopo aver liquidato tutto ciò che lui voleva liquidare, c’è la speranza di reinventare la realtà. L’altro centro che Oliveira sta cercando è il centro che racchiude tutte le emozioni, la pietà, l’affetto, l’essere accolto da un’altra persona, nel senso più ampio del termine, sensazioni delle quali lui ha nostalgia  e che non trova mai. Ciò che completa ulteriormente il personaggio è questo non voler restare un apprendista filosofo, perché Oliveira non è altro che un apprendista filosofo”.
E infine  :”ciò che sto scrivendo sarà qualcosa di più simile a un antiromanzo, il tentativo di rompere gli schemi in cui il genere è pietrificato. L’ho cominciato da diverse parti simultaneamente, e sono nello stesso tempo lettore e autore di quello che ne sta uscendo. Con Rayuela  ho rotto una tale quantità di dighe e porte, mi sono spezzato in tanti e vari modi(…) Spero che non le diano fastidio le innovazioni tecniche del romanzo, capirà presto che gli apparenti capricci hanno lo scopo di esasperare il lettore, di farlo diventare un complice, un collaboratore dell’opera. Ho voluto scrivere un libro che si possa leggere in due modi: come piace al “lettore femmina” o come piace a me,matita in mano, litigando con l’autore, mandandolo al diavolo o abbracciandolo”. Rayuela è una feroce scossa, un grido di allerta, un appello al disordine necessario(...) La ricerca di quello che è “altro”, si questo è il tema centrale e la ragione d’essere di Rayuela. L’intero libro si muove attorno a quel senso di mancanza, di assenza, e anche se il protagonista è lontano dal giungere alla meta che vagamente intravede, la sua epopea comica non è altro che la ricerca di un Graal dove non c’è più il sangue di un Dio, ma forse il Dio stesso, quel Dio però sarebbe l’uomo, qui giù,l’uomo libero da tutto ciò che lo condiziona e lo deforma, a cominciare dagli dei medesimi. Horacio usa la maga come strumento di ricerca dell’assoluto.Ricordo bene che mentre scrivevo, la relazione Oliveira-Maga era per me anche una relazione Oliveira-lettore, perché quel lettore era il mio caro antagonista,come lo è l’essere amato, ed esigevo un atteggiamento di contatto critico, che mi lanciasse i piatti in testa come io stavo facendo con lui.”
(dalle lettere di Cortàzar) 

                                    

domenica 17 gennaio 2016

Giù fino in fondo alla notte

“La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella notte”

Cinico, impietoso, onirico, disperato e sarcastico, dal linguaggio basso e gergale alle descrizioni sublimi, dall'orrore nudo e crudo a improvvise epifanie poetiche.
Il viaggio di un uomo dall'incubo della prima guerra mondiale alla soffocante e malarica calura africana, dalla folla solitaria di New York alla povera umanità che arranca tra miseria e malattia, giù fino in fondo alla notte nera e senza fine che ogni uomo si porta addosso, e quando la parola diventa tragica e dolorosa ti sorprende all'improvviso con la sua forza dirompente, lasciandoti senza fiato.
Frasi brevi, epigrammatiche, taglienti come una lama affilata che racchiudono un’amara verità, sepolta laggiù nella notte, spaventosa e ferocemente bella, con la quale tutti dobbiamo fare i conti prima o poi senza consolanti illusioni, maschere, comodi nascondigli.


"Buona, ammirevole Molly, vorrei se può ancora leggermi, da un posto che non conosco, che lei sapesse che non sono cambiato per lei, che l'amo ancora e sempre, a modo mio, che lei può venire qui quando vuole a dividere il mio pane e il mio destino furtivo.
Se lei non è più bella, ebbene tanto peggio! Ci arrangeremo!
Ho conservato tanto della sua bellezza in me, così viva, così calda che ne ho ancora per tutti e due e per me almeno vent'anni ancora, il tempo di arrivare alla fine.
Per lasciarla mi ci è voluta proprio della follia, della specie più brutta e fredda. Comunque, ho difeso la mia anima fino ad oggi e se la morte, domani, venisse a prendermi, non sarei, ne sono certo, mai tanto freddo, cialtrone, volgare come gli altri, per quel tanto di gentilezza e di sogno che Molly mi ha regalato nel corso di qualche mese d'America".

La notte martellata di gong era dappertutto, tutta tagliuzzata di canti contratti e incoerenti come il singhiozzo, la grossa notte nera dei paesi caldi col suo cuore brutale a tam-tam che batte sempre troppo in fretta.

(Viaggio al termine della notte, Louis-Ferdinand Céline)



giovedì 7 gennaio 2016

Le mie piccole grandi follie da lettrice

Le mie "follie" da lettrice...

-Libro rigorosamente cartaceo e prima di iniziare la lettura scrivo a penna nome e cognome sotto quello dell'autore.

 - Se un libro mi colpisce leggo no stop fino all'alba, devo finirlo il prima possibile!


- Leggo e rileggo  "Jane Eyre" e "Orgoglio e pregiudizio" ogni anno nei momenti critici, li ho imparati a memoria.

 -Leggo in totale silenzio e solitudine...


 - A volte leggo subito il finale e poi torno indietro nella lettura, a volte leggo il finale già dentro la libreria :)

-Sottolineo, faccio orecchie, leggo a voce alta i brani che mi piacciono di più, è tutto lecito, il libro va vissuto intensamente.


 -Ansia enorme per tutti i libri bellissimi che non ho ancora letto.


- Passo con disinvoltura da un classico a Palahniuk o all'ultima cavolata del momento senza nessun senso di colpa, sono una lettrice onnivora.


 - Se inizio un libro per quanto possa trovarlo noioso o non interessante devo leggerlo fino all'ultima pagina, sennò mi sento in colpa per qualche strano motivo a me ignoto.


- Se un libro non mi piace o mi delude mi arrabbio moltissimo con l'autore che nemmeno conosco e vorrei dirgliene quattro perché i libri  e io lettrice siamo una cosa seria!

- Sto  leggendo  Midllemarch e  il mio  personaggio preferito è  Mr Casaubon, lo trovo "tenero e indifeso" (una vera follia !) e odio il brillante e incantevole cugino.




sabato 2 gennaio 2016

Lettere d'amore

I nostri corpi su le zolle dure, le spighe che frusciano sopra la fronte, mentre le stelle incupiscono il cielo. Non ho saputo che abbracciarti. Tu che m’avevi portata così lontano. Oh tu non hai bisogno di me! È vero che vuoi ch’io ritorni? Come una bambina di dieci anni. È vero che mi aspetti? Rivedere la luce d’oro che ti ride sul volto. Tacere insieme, tanto, stesi al sole d’autunno. Ho paura di morire prima! Dino, Dino, ti amo! Ho visto i miei occhi stamane, c’è tutto il cupo bagliore del miracolo. Non so, ho paura. È vero che mi hai detto ‘amore’? Non hai bisogno di me. Eppure la gioia è così forte. Son tua. . Sono felice, tremo per te ma di me son sicura. E poi non è vero, son sicura anche di te, vivremo, siamo belli. Dimmi. Io non posso più dormire, ma tu hai la mia sciarpa azzurra, ti aiuta a portare i tuoi sogni? Scrivimi!
        (Sibilla Aleramo a Dino Campana, 6 agosto 1916)


Anche a letto i miei pensieri corrono a te, mia amata immortale, lieti talvolta, poi di nuovo tristi, in attesa di sapere se il destino ci esaudirà. Per affrontare la vita, io debbo vivere esclusivamente con te oppure non vederti mai. Sì, ho deciso di errare andando lontano, fino a quando potrò volare fra le tue braccia, dirmi davvero a casa mia da te e, circondato dalle tue braccia, lasciare che la mia anima sia trasportata nel regno degli spiriti beati…
Sii calma, soltanto considerando con calma la nostra esistenza possiamo raggiungere il nostro scopo che è di vivere assieme – Sii calma – amami – Oggi – ieri – che struggente desiderio, fino alle lacrime, di te – di te – te – vita mia – mio tutto – addio – Oh, continua, continua ad amarmi – non disconoscere mai il fedelissimo cuore del tuo amato.
Eternamente tuo
Eternamente mia
Eternamente uno dell’altro

(Beethoven, luglio 1812)

C’è una lettera che non oso essere il primo a scrivere ma che pure spero ogni giorno che mi scriverai. Una lettera solo per i miei occhi. Forse me la scriverai  e placherà il mio desiderio.
Che cosa può separarci ora? Abbiamo sofferto e siamo stati messi alla prova. Ogni velo di vergogna e diffidenza sembra essersi dissolto tra noi. Non vedremo negli occhil’uno dell’altra le ore e ore di felicità che ci attendono?
Adorna il tuo corpo per me, carissima, sii bella e felice e amorosa e provocante, piena di ricordi, piena di desideri, quando ci vediamo. Ti ricordi i tre aggettivi che ho usato nel mio libro parlando del tuo corpo? Sono “musicale e strano e profumato”.
La gelosia non è ancora del tutto spenta. Il tuo amore per me dev’essere feroce e violento…

(J Joyce, agosto 1909)

 Cecilia, molto bella e gentile, è stata dolce con me, ma senza di te non ho i miei bicchieri di smeraldo e di fuoco, e non ho ricavato da tutto questo che un disincanto incredibile, e tanta voglia di morire. La bellezza da sola non basta. Senza amore, tutto il resto è perduto, perduto, perduto, un insieme sgradevole di contrattempi e veleni ignobili e disgustosi.
Non c’è vita senza amore.
Ed io, mia piccola Gala, ti amo infinitamente.
Non credo affatto alla vita, credo in te. Questo universo che è mio e che Si mescola alla morte non può entrarci che con te. E fra le tue braccia che esisto. E dentro i tuoi occhi, fra i tuoi seni, fra le tue gambe che non mi spegnerò mai.
Il resto, è solo una grande miseria che sogna solo di crollare. Sono incredibilmente triste e confuso. Ho abusato troppo della vita. E ti amo troppo, lo dico con ardore, con fede, di sogno in sogno, ho cambiato universo, sono passato nel tuo.
Guardati nello specchio, e guarda gli occhi che amo, i seni che amo, il sesso che amo, le belle mani, ascolta come parli, mia unica amica, capisci perché comprendo solo il tuo linguaggio, perché ti lascio libera, e quale gioia ricavo dalla tua, perché ti voglio audace e forte e fatta a tua immagine e somiglianza, secondo la tua volontà che è anche la mia, e che si è meravigliosamente elevata, come la mia, sul nostro amore.
Ti adoro e ti abbraccio dappertutto.

(Da P. Eluard a Gala)

13 ottobre 1819

Mia cara ragazza
In questo momento mi sono messo a copiare dei bei versi. Non riesco a proseguire con una certa soddisfazione. Ti devo dunque scrivere una riga o due per vedere se questo mi assiste nell'allontanarti dalla mia mente anche per un breve momento. Sulla mia anima non riesco a pensare a nient'altro. È passato il tempo in cui avevo il potere di ammonirti contro la poco promettente mattina della mia vita. Il mio amore mi ha reso egoista. Non posso esistere senza di te. Mi scordo di tutto salvo che di vederti ancora la mia vita sembra fermarsi lì non vedo oltre. Mi hai assorbito. In questo preciso momento ho la sensazione di essermi dissolto - sarei profondamente infelice senza la speranza di vederti presto. Sarei spaventato di dovermi allontanare da te. Mia dolce Fanny, cambierà mai il tuo cuore? Amore mio, cambierà? Non ho limiti ora al mio amore... Il tuo biglietto è arrivato proprio qui. Non posso essere felice lontano da te. È più ricco di una nave di perle. Non mi trattare male neanche per scherzo. Mi sono meravigliato che gli uomini possano morire martiri per la loro Religione - Ho avuto un brivido. Ora non rabbrividisco più. Potrei essere un martire per la mia religione - la mia religione è l'amore - potrei morire per questo. Potrei morire per te. Il mio credo è l'amore e tu sei il mio unico dogma. Mi hai incantato con un potere al quale non posso resistere; eppure potevo resistere fino a quando ti vidi; e perfino dopo averti visto ho tentato spesso "di ragionare contro le ragioni del mio amore". Non posso farlo più - il dolore sarebbe troppo grande. Il mio amore è egoista Non posso respirare senza di te.
Tuo per sempre

    John Keats

Primavera 1797

Non ti amo più; al contrario, ti detesto. Sei una disgraziata, realmente perversa, realmente stupida, una vera e propria Cenerentola. Non mi scrivi mai, non ami tuo marito; tu sai il piacere che le tue lettere gli procurano eppure non riesci nemmeno a buttar giù in un attimo una mezza dozzina di righe.
Che cosa fate tutto il giorno, Signora? Che tipo di affari così vitali vi privano del tempo per scrivere al vostro fedele amante? Quale pensiero può essere così invadente da mettere da parte l’amore, l’amore tenero e costante che gli avevate promesso? Chi può essere questo meraviglioso nuovo amante che vi porta via ogni momento, decide della vostra giornata e vi impedisce di dedicare la vostra attenzione a vostro marito? Attenta Giuseppina; una bella notte le porte saranno distrutte e là io sarò.
In verità, amor mio, sono preoccupato di non avere tue notizie, scrivimi immediatamente una lettera di quattro pagine con quelle deliziose parole che riempiono il mio cuore di emozione e di gioia.
Spero di tenerti tra la braccia quanto prima, quando spargerò su di te milioni di baci, brucianti come il sole dell’equatore.

(Da Napoleone Bonaparte a Giuseppina Beauharnais)






venerdì 1 gennaio 2016

Il primo gennaio

So che si può vivere
non esistendo,
emersi da una quinta, da un fondale,
da un fuori che non c’è se mai nessuno
l’ha veduto.
So che si può esistere
non vivendo,
con radici strappate da ogni vento
se anche non muove foglia e non un soffio increspa
l’acqua su cui s’affaccia il tuo salone.
So che non c’è magia
di filtro o d’infusione
che possano spiegare come di te s’azzuffino
dita e capelli, come il tuo riso esploda
nel suo ringraziamento
al minuscolo dio a cui ti affidi,
d’ora in ora diverso, e ne diffidi.
So che mai ti sei posta
il come – il dove – il perché,
pigramente rassegnata al non importa,
al non so quando o quanto, assorta in un oscuro
germinale di larve e arborescenze.
So che quello che afferri,
oggetto o mano, penna o portacenere,
brucia e non se n’accorge,
né te n’avvedi tu animale innocente
inconsapevole
di essere un perno e uno sfacelo, un’ombra
e una sostanza, un raggio che si oscura.
So che si può vivere
nel fuochetto di paglia dell’emulazione
senza che dalla tua fronte dispaia il segno timbrato
da Chi volle tu fossi…e se ne pentì.
Ora,
uscita sul terrazzo, annaffi i fiori, scuoti
lo scheletro dell’albero di Natale,
ti accompagna in sordina il mangianastri,
torni indietro, allo specchio ti dispiaci,
ti getti a terra, con lo straccio scrosti
dal pavimento le orme degli intrusi.
Erano tanti e il più impresentabile
di tutti perché gli altri almeno parlano,
io, a bocca chiusa.


(Montale)
 

Nel bosco


Nel bosco, Thomas Hardy (1887)

Nel bosco gli alberi, il succedersi delle stagioni, i colori della vegetazione lussureggiante, la linfa vitale, il cielo e le alture, gli animali che popolano il  sottobosco, tutto si fonde in perfetta armonia con l’esistenza  degli uomini semplici e umili, contadini e boscaioli che abitano a Little Hintock, un minuscolo villaggio immerso nel verde.
C’è una corrispondenza armonica, una fusione panica tra la natura con i suoi cicli immutabili  e la vita  dei personaggi.
Nel bosco tra la luce e l’ombra che filtrano tra le foglie si incrociano i destini dei protagonisti.
Giles, l’eroe dal cuore puro, onesto, umile, devoto, fedele, tenace nel suo amore fino all'ultimo respiro, Grace Melbury, figlia di un  commerciante di legname, una creatura del bosco che tuttavia ha ricevuto una educazione prestigiosa e desidera ascendere i gradini della scala sociale, ambiziosa e incantevole, che scoprirà  a sue spese che la felicità non è legata al rango sociale elevato o alla raffinata cultura.
E infine il dottor Edred, scienziato misterioso, medico colto e appassionato di filosofia, uomo affascinante, incostante e mutevole nei suoi affetti, che grazie alla sua vantaggiosa posizione sociale farà breccia nel cuore di Grace. Ma le apparenze ingannano e sotto l’apparente perfezione si celano  inganno e infelicità. 
Come avviene spesso nei romanzi di Hardy  il destino mescolando le carte sconvolge implacabile la vita degli uomini, che si affannano invano nel tentativo di catturare briciole di felicità.
Alla fine l’equilibrio sembra ricomporsi, ma a quale prezzo. Il lieto fine più triste che abbia mai letto, se così possiamo definirlo, perché ancora una volta la purezza del sentimento è stata  sconfitta dal beffardo gioco del destino. Ho apprezzato molto la traduzione  curata e attenta,  che rende la lettura fluida e scorrevole, avvincendo il lettore fino alla fine.
 Un romanzo intenso e struggente, uno dei più belli di questo intramontabile scrittore.

 




Egli aveva l'aspetto e il profumo dell'autunno, con il viso del color del grano, bruciato dal sole, gli occhi azzurri come il fiordaliso, le maniche e i calzoni macchiati dagli schizzi della frutta, le mani appiccicose per il succo di mele, il cappello spruzzato di semi; ogni cosa di lui sapeva del sidro, dell'atmosfera di quella stagione che ogni anno, al suo arrivo, esercita un fascino indescrivibile su tutti coloro che sono nati e cresciuti tra i frutteti.”

Happy New Year

Happy New Year

Guarda, non chiedo molto,
solamente la tua mano, tenerla
come una piccola rana che così dorme contenta.
Io ho bisogno di questa porta che aprivi
perché vi entrassi, nel tuo mondo, questo pezzetto
di zucchero verde, di tonda allegria.
Non mi presti la mano questa notte
di fine d’anno, di civette rauche?
Tu per ragioni tecniche non puoi. Allora
io la tesso nell’aria, ordendo ogni dito,
e la pesca setosa della palma
e il dorso, questo paese d’alberi azzurri.
Così la prendo così la sostengo, come
se da ciò dipendesse
moltissimo del mondo,
il succedersi delle stagioni,
il canto dei galli, l’amore degli uomini.


(Julio Cortázar)


II tuo più tenue sguardo
facilmente
mi aprirà
benché abbia chiuso me stesso
come dita sempre mi apri
petalo per petalo
come la primavera fa
toccando accortamente
misteriosamente
la sua prima rosa
e io non so
quello che c'è in te
che chiude e apre
solo qualcosa in me
comprende
che è più profonda
la voce dei tuoi occhi
di tutte le rose
nessuno
neanche la pioggia
ha così piccole mani.

(E. Cummings)