venerdì 27 dicembre 2019

Duma Key

Duma Key, Stephen King
"Dio ci punisce sempre per ciò che non sappiamo immaginare."
Duma Key.
Sottile lembo di terra tra cielo e mare, sciabordio di onde e risacca, mormorio di conchiglie insonni, silenzio spettrale della notte.
Duma Key.
Sogno paradisiaco, inquietante incubo, urlo muto, inebriante veleno, incendio di colori su tela bianca, voce che sussurra, ombra che striscia furtiva nel buio, tesoro sepolto tra le onde, tramonto rosso sul mare, sagoma nera all'orizzonte.
Duma Key.
Bellezza e orrore, eden rigoglioso e inferno.
Isola sperduta nel golfo del Messico, nel caldo largo.
Lasciati cullare dal mormorio delle onde scintillanti di sole, dal vento che agita le palme, dalla voce roca delle conchiglie.
Chiudi gli occhi. Salpiamo.
Edgar Freemantle è un uomo che ha sempre lavorato sodo nella vita, ha costruito da solo la sua ricchezza, mettendo su dal niente la sua impresa di costruzioni edili, diventando milionario. Ha una bella moglie, due splendide ragazze, una vita serena.
Ma un bel giorno questo sogno svanisce, un incontro ravvicinato tra il suo pick-up e una enorme gru gialla provoca un tremendo incidente, da cui verrà fuori vivo, ma con il corpo a brandelli e la memoria rovinata.
Dolore costante e insopportabile, una rabbia cieca, incontrollata che cala sugli occhi come nebbia rossa oscurando il mondo, una furia cieca, distruttrice.
A volte rimpiange di non essere morto quel giorno.
Dopo l'incidente Edgar è un uomo spezzato, rabbioso, alla deriva, con cicatrici profonde nel corpo e nell'anima e poi c'è quella furia rossa implacabile e feroce, quella collera che come un velo oscura tutto.
La moglie lo abbandona, terrorizzata da quella furia violenta, lui è sempre più solo e infelice.
Può lasciarsi andare nella spirale nera della depressione vagheggiando fantasie autodistruttive o può provare a rialzarsi, riemergendo faticosamente dall'abisso.
Seguendo i consigli del suo terapeuta prova a ricostruirsi una vita lontano da quei luoghi che l'hanno segnato profondamente, la sua seconda vita, perché quella di prima non esiste più. Lontano dall'inverno freddo e ghiacciato del Minnesota, laggiù nella costa calda e soleggiata del sud della Florida, in un'isola meravigliosa di palme, mare azzurro e tramonti spettacolari.
Un sogno, la promessa di una nuova vita.
Duma Key con la sua lussureggiante vegetazione selvaggia, i cieli incendiati dai tramonti sul mare, la notte che cala leggera e quel cielo buio trafitto di stelle.
Un angolo di paradiso, silenzio, solitudine, lontano dal caos e dal dolore della vita di prima.
Duma Key dove il suo talento artistico esplode improvviso con forza dirompente e geniale, tele bianche che prendono vita, trasformandosi in dipinti conturbanti e oscuri.
Il tramonto arancione che infiamma il cielo, sfumando la linea dell'orizzonte, conchiglie che mormorano la loro cantilena stanca, cullate dall'alta marea di notte, rose annegate nell'acqua, una bambina in balia della corrente su una barchetta, una nave all'orizzonte, lontana, enigmatica e oscura, con le vele strappate e il sartiame marcescente, un vascello in rovina, spettrale, una nave carica di fantasmi e misteriosi segreti.
Se dovessi descrivere Duma key direi che è una tavolozza di colori, il rosso della collera, l'arancione del cielo in fiamme, il verde delle palme, il blu profondo del mare, il nero di quella sagoma misteriosa e inquietante che si affaccia all'orizzonte.
Ma è anche un romanzo che parla di amicizia, quella forte, vera, indistruttibile che resiste a tutto e può fronteggiare il dolore e l'orrore più nero, quella nata per caso tra due uomini che sono stati all'inferno e ne sono poi venuti fuori, piegati ma non sconfitti.
Edgar e Wireman, uno dei personaggi più suggestivi creati dalla penna del Re, quest'uomo robusto dal cuore grande, che parla in spagnolo, colto, brillante, ironico, generoso, che ha vissuto due vite proprio come Edgar.
Nella vecchia vita era un avvocato, nella seconda assiste con amore l'anziana Elizabeth proprietaria dell'isola, erede di una fortuna immensa con la mente annebbiata dall'alzheimer, innamorata dell'arte e della pittura.
Creare qualcosa attraverso un disegno o un dipinto è un potere immenso, inquietante, pericoloso, affascinante.
L'artista Demiurgo crea e distrugge, inebriato dal fervore creativo, evoca desideri, paure dandogli forma e vita sulla carta.
Duma Key narra del potere immenso dell'arte, ma anche di speranza, forza e rinascita, di come sia possibile ricominciare a vivere quando tutto sembra perduto, quando tutto è nebbia e dolore, rimettendo insieme i pezzi di una vita distrutta, lentamente, passo dopo passo, superando tutto l'orrore.
Lo puoi fare.
Amicizia sincera, magia dell'arte, ossessione per la propria passione, genio e sregolatezza e poi fantasmi, si è anche una storia di fantasmi, ma non è solo questo.
Descrizioni intense di paesaggi naturali, personaggi dipinti con cura e ben caratterizzati a livello psicologico, una scrittura potente ed evocativa, un libro che avrebbe funzionato lo stesso anche senza gli elementi tipici del re del brivido, fantasmi, ossa putride, crani fracassati, scheletri scricchiolanti.
Il libro può dividersi idealmente in due parti.
Nella prima è racchiusa la storia di Edgar, umana faticosa dolorosa, il ritorno alla vita dopo quel terribile incidente, l'incontro con Wireman e Jack, il suo fidato assistente personale sull'isola, la scoperta dell'amicizia, persone speciali che possono guardarti le spalle nei momenti più terribili e pericolosi, quando l'unione fa la forza e senza di loro saresti perduto.
Nella seconda ci imbattiamo nei fantasmi emersi dalle onde con i loro oscuri e neri presagi e gli effetti speciali tipici di King.
Siamo lontani dai brividi, dalle ondate di puro terrore di Carrie, Shining, Pet Sematary, un libro che non definirei neppure un horror vero e proprio, forse più una indagine introspettiva nei fenomeni paranormali, un thriller psicologico con elementi soprannaturali.
Non dimenticherò quelle descrizioni vivide e perfette, pennellate di puro colore, quel tramonto, quel cielo rosso arancio, quel mare livido e quel vento che soffia forte e impetuoso sulla baia, sempre più forte.
Duma Key è un dipinto inquietante, bello e terribile, un'isola dominata da una forza potente e oscura che si è risvegliata dal suo lungo sonno, un incubo a occhi aperti, un airone che vola rovesciato, una bambola dai capelli rossi e stopposi, la tua paura da bambino, cattivo brutto cattivo, conchiglie che bisticciano nel buio, biglie verdi sull'acqua, artigli adunchi, una bambina con un vestito blu.
Duma Key è il tuo brutto sogno da cui ti svegli urlando, accendendo la luce, mentre guardi l'ombra dissolversi, solo un brutto sogno, ma il cuore batte forte e c'è qualcosa nel buio che mormora la sua lugubre cantilena di morte.
Solo un incubo, quella vecchia paura infantile, un sogno nero che non può più farti male, sei al sicuro adesso, è finita.
Forse yes, forse no.
***
"Si comincia con uno spazio bianco. Non dev'essere necessariamente carta o tela, ma secondo me dev'essere bianco. Noi diciamo bianco perché abbiamo bisogno di una parola, ma la definizione giusta è «niente». Il nero è l'assenza della luce, ma il bianco è l'assenza della memoria, il colore del non ricordo.
Come ricordiamo di ricordare? È una domanda che mi sono posto spesso dopo Duma Key, spesso nelle ore piccole della notte, perdendo lo sguardo nell'assenza della luce, ricordando amici assenti. Certe volte in quelle ore piccole penso all'orizzonte. Bisogna stabilire l'orizzonte. Bisogna segnare il bianco. Un atto abbastanza semplice, direte, ma ogni atto che rifà il mondo è eroico. O così sono giunto a concludere".
"Edgar, c'è niente che ti faccia felice?"
Mi sono fermato alla superficie della sua domanda (la sola parte che mi sembrava inoffensiva) e ho detto: "Disegnavo".
Era stato qualcosa di più che semplice disegnare, ma era passato molto tempo. Dopo erano intervenute altre cose.
Matrimonio, carriera. Entrambi erano finiti o stavano finendo.
"Quando?"
"Da ragazzo."
"E poi?"
Mi è venuta voglia di mentire per non fare la figura dello stacanovista senza altri interessi nella vita, ma poi gliel'ho confessato.
"Mai più."
"Ricomincia," mi ha consigliato. "Hai bisogno di siepi."
"Siepi", ho ripetuto io perplesso.
"Sì, Edgar." Era sorpreso e un po' deluso come se non avessi colto un concetto banale.
"Siepi contro la notte."
"Parla, memoria, che io non abbia a scordare il sapore delle rose o il rumore delle polveri nel vento. Che io possa assaporare una volta ancora la coppa verde del mare."
"L'incidente mi aveva in fondo insegnato una cosa sola: l'unico modo per andare avanti è andare avanti. Dire lo posso fare anche quando sai che non puoi."



venerdì 6 dicembre 2019

Shining

Shining, Stephen King
"Questo posto disumano crea mostri umani."
Maschere variopinte, turbinio di neve e coriandoli, stelle filanti blu, serate danzanti, un orchestra che suona Glenn Miller, uomini eleganti che ballano con donne fasciate in seducenti abiti da sera, mentre l'orologio ticchetta impaziente e sfiora la mezzanotte, l'ora perfetta.
Bisbigli, sussurri, risate soffocate nel buio, lanterne giapponesi a illuminare la notte.
Una grandiosa, spumeggiante, folle, macabra festa di morte.
"Giù la maschera! Giù la maschera!"
L'Overlook Hotel lussuoso, antico, imponente, immenso, si erge sullo sfondo delle Montagne Rocciose in Colorado, montagne aspre, affilate, che lambiscono il cielo e precipitano in baratri bui.
L'Overlook Hotel e i suoi illustri ospiti, uomini d'affari, presidenti, donne belle e seducenti, esponenti di clan malavitosi, personaggi torbidi e oscuri.
L'Overlook Hotel con le sue finestre illuminate come occhi che ti spiano nel buio.
L'Overlook Hotel che nei rigidi mesi invernali diventa una prigione di ghiaccio e solitudine, isolato dalla neve che scende silenziosa e morbida a velare il mondo.
L'atrio lussuoso, le stanze eleganti, i lunghi corridoi rivestiti di seta e tappeti floreali, la sala da pranzo enorme, la Colorado Lounge, la sala da ballo, il parco giochi, le originali siepi a forma di buffi animali.
Oscure e misteriose presenze animano quelle stanze, che negli anni sono state teatro di una lunga serie di eventi luttuosi, omicidi, suicidi, regolamenti di conti, morti sospette, torbide passioni.
Fantasmi inquieti e insonni si agitano nel buio.
L'Overlook Hotel è l'ultima occasione di riscatto per Jack Torrance, scrittore, alcolista, ex insegnante dopo una spiacevole disavventura, un uomo collerico e impulsivo, da sempre in lotta con i propri fantasmi, che ha deciso di rigare dritto per il bene della sua famiglia che a suo modo ama, malgrado tutto.
La moglie Wendy bionda ed esile, innamorata e spaventata dai suoi eccessi di collera quando è ubriaco e il figlio Danny, cinque anni e un potere immenso.
Lo "Shining", l'Aura, la "luccicanza", quella capacità di vedere oltre, di leggere nella mente, di sbirciare nel futuro.
Danny e le sue notti tormentate da incubi spaventosi, quel tonfo sordo, soffocato, che rimbomba sempre più vicino, scuotendo le pareti, facendolo urlare di terrore.
Bum. Bum. Redrum.
La paura strisciante che cresce, quella che ti gela il sangue e ti fa urlare nel buio.
"Giù la maschera! Giù la maschera!"
Danny e le sue deliranti visioni, il suo immenso e straordinario potere.
"La morte rossa dominava su tutto!"
Danny irradia come un faro scintillante mentre attorno a lui si addensano ombre nere, minacciose e inquietanti.
Jack grazie a un amico influente, ex compagno di sbronze, ottiene l'incarico di custode invernale dell'albergo, un lavoro necessario per restare a galla e fronteggiare le difficoltà economiche.
Il direttore lo mette in guardia dall'isolamento e dal rigido clima invernale che può giocare brutti scherzi a una mente instabile come è già successo in passato, ma Jack è forte, sicuro di sé e vuole quel lavoro a tutti i costi.
Deve allontanarsi dal suo passato turbolento, in quel luogo silenzioso e isolato potrà dedicarsi alla sua attività di scrittore, ha già in mente una commedia e molte idee brillanti, riposare la mente dedicandosi ai lavori manuali di custode, godendo degli affetti familiari, così duramente messi alla prova negli ultimi anni dalle sue intemperanze alcoliche.
Inizialmente tutto sempre andare bene, l'amore torna a fiorire, la crisi coniugale sembra superata, ma poi la follia piomba sulla scena e stravolge tutto.
Strane forze oscure offuscano la sua lucidità mentale, mentre l'albergo gradualmente si impossessa di lui per i suoi scopi malvagi.
Wendy è sempre più perplessa e spaventata dagli inquietanti fenomeni, mentre Danny cercherà con tutte le sue forze di salvare la sua famiglia prima che sia troppo tardi.
Un libro che strega il lettore, tenendolo con il fiato sospeso fino alla fine.
Una scrittura dettagliata, avvincente, intrisa di orrore e innocenza, paura e mistero che affronta tematiche impegnative, il demone dell'alcol, "la brutta cosa" contro cui ha combattuto lo stesso King, il mondo dei bambini alle prese con le guerre e le incomprensioni dei grandi, l'amore smisurato di un bambino di sei anni per i suoi genitori, soprattutto per quel padre inquieto e tormentato.
C'è una scena in questo romanzo, una delle più intense e commoventi che abbia mai letto.
Quando la maschera cade giù a fronteggiarsi ci sono soltanto un bambino coraggioso e terrorizzato e un uomo devastato dal dolore e dalle tenebre della follia.
Il libro e il celebre film di Kubrick divergono in numerosi punti e a mio avviso c'è un aspetto che non viene sottolineato abbastanza nel film.
Jack ama suo figlio, non è soltanto un mostro ghignante, è un padre fragile che soccombe a una forza più grande di lui, che si nutre delle sue debolezze, frustrazioni, della sua rabbia, della sua insoddisfazione, dei suoi demoni personali, annientandolo.
Jack è una maschera tragica di orrore devastante e amore, un uomo che ama e odia ferocemente, con un'infanzia difficile e un padre tormentato dai suoi stessi fantasmi.
Un personaggio complesso, poliedrico, sconfitto dalla vita e dagli abissi oscuri del male.
E quando cadono le maschere, la follia, la collera, la violenza cieca e brutale, la rabbia rossa divampano come un devastante incendio, una folle danza di morte.
I coriandoli colorati diventano cenere e rimane soltanto un bagliore rossastro contro il cielo nero.
King crea una seria dipendenza e tra tutti i suoi libri letti questa estate questo è il mio preferito, in perfetto equilibrio tra orrore e bellezza, amore fragile e disperazione.
Un bambino che risplende come un faro luminoso nella notte più buia, un uomo tormentato, vittima dei propri demoni e di forze oscure e malvagie, una donna che ama e lotta disperatamente per proteggere la sua famiglia, devastata dalla violenza cieca e mostruosa.
King tratteggia l'eterna lotta tra il bene e il male, quando le tenebre sono troppo fitte ci si può smarrire nel buio, perdersi e non trovare più la strada di casa.
A volte il mondo è duro, in balie di forze oscure, accadono cose terribili e inspiegabili, non resta che lottare con coraggio, seguendo la propria strada, tenendo vivo l'amore che ci portiamo dentro, sperare che la notte si diradi e sorga una nuova alba luminosa.
Colonna sonora: Instant Karma! (We All Shine On) John Lennon.



domenica 1 dicembre 2019

Mucchio d'ossa

Mucchio d'ossa, Stephen King
Michael Noonan scrittore di successo, dopo la perdita improvvisa della giovane moglie attraversa un periodo di profonda crisi personale e dolore.
Vaga alla deriva, smarrito, solo e infelice.
Non riesce più a scrivere, è attanagliato dal blocco dello scrittore, soltanto la vista dell'applicazione Word 6 sul pc gli provoca ansia e tremendi attacchi di panico.
La scrittura era la sua passione più grande eppure adesso non riesce a scrivere nemmeno la lista della spesa, panico fuori controllo, torace costretto in una morsa d'acciaio, mancanza di respiro.
Decide di abbandonare la sua casa nel Derry, diventata troppo grande e solitaria e tornare a Sara Laughs nel Maine, la casa al lago, dove lui e la moglie amavano rifugiarsi negli anni felici, in mezzo alla natura, boschi verdeggianti, lago limpido, cielo terso.
C'è qualcosa che lo sta chiamando con forza laggiù, strani sogni, oscuri presagi.
La casa al lago immersa nella natura, in un luogo fuori dalle mappe denominato TR, popolato da un'anziana e coesa comunità locale, gli riserverà non poche sorprese.
Una casa abitata da voci, sussurri, urla e un pianto sommesso, una casa stregata da oscure e misteriose presenze.
Qui Mike in modo del tutto casuale conoscerà la giovane e bella Mattie, una ragazza di vent'anni con un passato duro e difficile alle spalle e Kyra, la sua adorabile bambina di tre anni e lotterà al loro fianco per sottrarle alla malefica influenza del vecchio Max Devore, un uomo potente e senza scrupoli, prepotente e malvagio.
Elementi soprannaturali, vecchie storie di fantasmi si intrecciano con una dura battaglia legale per la custodia della piccola Kyra.
Un romanzo avvincente, una scrittura fluida e coinvolgente che tiene con il fiato sospeso fino alla fine, buona introspezione psicologica dei personaggi, dialoghi interessanti.
Il reale si intreccia con il soprannaturale, i desideri e le passioni umane con avvenimenti misteriosi e inquietanti.
Numerosi i riferimenti letterari da Thomas Hardy a Maugham e Melville con il suo Bartleby lo scrivano.
Un uomo in crisi che deve fare i conti con il suo dolore, una ragazza in lotta contro una comunità ostile, un vecchio senza scrupoli e poi fantasmi, presenze terribili e inquietanti.
Varie le tematiche affrontate nel libro dall'elaborazione del lutto al blocco dello scrittore, dall'amore immortale all'affetto paterno che nasce spontaneo e puro, dal razzismo alla malvagità umana e poi il tempo che corre veloce cancellando sogni e desideri.
Un libro che a suo modo ci parla di amore, amicizia, paura, odio, vendetta, dei nostri fantasmi interiori e di quelli che agitano catene nel buio.
Come diceva un celebre scrittore "anche la più sagace caratterizzazione in un romanzo non è che un mucchio d'ossa", noi stessi lo siamo, eppure c'è qualcosa per cui vale la pena vivere e lottare, allontanando le ombre, combattendo i propri fantasmi.
E dopo la tempesta tremenda che oscura il cielo e sradica gli alberi nulla sarà più come prima.
Un King insolitamente romantico in alcuni passaggi, che svela un lato tenero e sentimentale, ma non contateci troppo è pur sempre il re del brivido e le creature spaventose e terrificanti sono sempre laggiù dietro l'angolo pronte a colpire nel buio.
***
"A confronto del più insignificante essere umano che posi effettivamente il piede sulla faccia della terra e vi proietti la sua ombra, avrebbe affermato Hardy, anche la più sagace caratterizzazione in un romanzo non è che un mucchio d'ossa.
Io lo capivo perché era così che mi sentivo in quegli interminabili giorni di deriva: un mucchio d'ossa."



venerdì 29 novembre 2019

Carrie

Carrie, Stephen King
"A Tabby, che mi ha fatto entrare in questo incubo, e poi me ne ha fatto uscire."
Il colore che domina in questo romanzo è sicuramente il rosso, acceso, brillante, vivo.
Il rosso del sangue, il rosso della seta, il rosso del cielo notturno stravolto dalle fiamme, il rosso del fuoco che divora.
Un fiume di sangue e parole, una scrittura rapida, avvincente, che ti inchioda alle pagine.
La vicenda di Carrie viene ricostruita attraverso i racconti, le testimonianze dei sopravvissuti, gli estratti dei libri scritti sull'oscura vicenda, una polifonia di voci che anticipano quello che avverrà di lì a poco, senza nulla togliere all'intensità del romanzo.
Siamo a Chamberlain una tranquilla e sonnolenta cittadina del Maine negli anni sessanta.
Carrie White è una ragazza goffa e timida, occhi bovini, lunghi capelli color topo incollati al viso, infagottata in abiti informi e fuori moda che nascondono la sua femminilità.
Da sempre è il bersaglio preferito degli scherzi crudeli e delle prese in giro dei compagni di classe.
Tozza, brufolosa, lenta, insicura e fragile, vittima di una madre ossessionata dal peccato e da deliranti manie religiose, che le ha inflitto terribili punizioni fisiche e psicologiche.
Un donna folle e paranoica.
Vivono in una modesta casa, tetra, piena di inquietanti dipinti religiosi e candele.
Carrie vorrebbe essere come le altre ragazze, sentirsi accettata, ma le sue compagne non fanno altro che deriderla, emarginandola, lei così diversa e speciale.
Carrie racchiude in sé una forza potentissima, la telecinesi, che si manifesta soprattutto nei momenti di forte stress psicologico.
Dopo l'ennesimo scherzo crudele che la lascia stordita e confusa, l'invito al ballo da parte del ragazzo più bello e popolare della scuola sembra trasformare finalmente i suoi sogni in realtà. Ma la fiaba si rivela un incubo, un incubo rosso di fiamme e devastazione che non risparmierà nessuno e distruggerà la città intera.
La goffa e fragile Carrie diventerà una creatura spietata e vendicativa, sola, disperata e furiosa.
In questo romanzo lo scrittore affronta varie tematiche importanti e sempre attuali, il bullismo, l'emarginazione sociale, la solitudine, il sentirsi diversa, la rabbia repressa che esplode all'improvviso come una bomba, la violenza fisica, verbale, psicologica, le ossessioni religiose di menti deboli e malate.
Numerosi sono i personaggi che incontriamo nel corso della narrazione.
Sue Snell che cerca di espiare la sua colpa, offrendole un'occasione di riscatto attraverso l'invito al ballo da parte di Tommy, il suo ragazzo perfetto, la perfida Chris, il suo amico Billy sbandato, violento e selvaggio, il corpo docente, incapace di gestire le pulsioni ribelli dell'età inquieta.
Carrie che sposta gli oggetti con la forza della mente, Carrie chiusa in uno stanzino buio per espiare i suoi peccati, Carrie sconvolta da quel corpo che non conosce e butta sangue a tradimento, Carrie che ama sua madre, la sua folle madre, Carrie che odia sua madre, Carrie che si cuce un abito da sogno di seta fiammante, Carrie che ti legge nella mente, Carrie che incendia il cielo di mille bagliori rossi.
E poi sua madre religiosa e perversa che invoca un dio lontano e il giorno del giudizio universale, che odia la figlia del peccato e della colpa, Sue e l'innocenza perduta, Chris e Billy il lato banale del male.
Carrie e la sua fiaba nera, reginetta del ballo per una notte e vendicatrice spietata, Carrie e il suo inferno rosso di solitudine, emarginazione, disamore, sogni infranti.
Un fiore che sboccia velenoso e perverso tra macerie e rovine.
***
"Cos'è successo dopo?
Dopo? Be', dopo a Chamberlain è arrivato il demonio."

"Sai qual è il mio regalo per te, mamma? Quello che hai sempre voluto. Le tenebre. E qualsiasi Dio ci viva dentro".
Margaret White sussurrò: "Padre Nostro, che sei nei cieli"...
"Più adagio, mamma, più adagio".
"... sia santificato il Tuo nome..."
"Posso vedere il sangue che scorre dentro di te. Più adagio."
"... venga il Tuo regno..."
"Le tue mani e i tuoi piedi sono come marmo, come alabastro. Bianchi."
"... sia fatta la Tua volontà..."
"La mia volontà, mamma. Più adagio."
"... come in cielo..."
"Più adagio."
"... così... così..."
Cadde in avanti, le mani contratte.
"Così in terra."
Carrie sussurrò: "Stop. Fine."


Pet Sematary

Pet Sematary, Stephen King
"La morte è un mistero e la sepoltura è un segreto."
Una risata ghignante nel buio, un brivido ghiacciato lungo la schiena, un cielo trafitto da povere stelle, occhi gialli che ti scrutano nella notte, un abisso nero che si spalanca sotto i piedi e t'inghiotte, un urlo soffocato, un incubo spaventoso.
Il dottor Louis Creed e la sua famiglia, la moglie Rachel, i due figli, Gage due anni, Ellie cinque e il gatto di casa Church si sono appena trasferiti da Chicago a Ludlow, una piccola cittadina nel Maine, in un'enorme casa bianca coloniale immersa nella natura.
Una casa circondata da colline, un prato verdeggiante e boschi impervi, lontano dal caos frenetico della grande città.
Se non fosse per quei camion che sfrecciano veloci lungo la strada a cui bisogna prestare attenzione, sarebbe un luogo isolato e silenzioso, immerso nel verde.
L'arrivo nella nuova casa è funestato da una serie di spiacevoli incidenti, Ellie cade dall'altalena sbucciandosi un ginocchio, il piccolo Gage è punto da un'ape.
Uno strano malessere e un nervosismo dovuti in parte anche alla stanchezza del viaggio turbano la famiglia, agitata da tensioni striscianti e strane inquietudini.
Appena arrivati Louis conosce Jud Crandall, il simpatico vicino di casa, un uomo anziano, vitale ed energico con cui si crea da subito un forte legame di amicizia, fatto di serate passate a chiacchierare in veranda con una birra in mano o un tè ghiacciato, raccontando vecchie storie, il padre che Louis non ha mai avuto.
Il primo giorno di lavoro di Louis sarà funestato da un evento spiacevole e angosciante, uno studente muore praticamente tra le sue braccia, evocando scenari onirici sinistri e inquietanti.
Durante una passeggiata nei dintorni Jud, l'amabile vicino di casa, mostrerà ai suoi nuovi amici, inerpicandosi per un sentiero circondato da erba alta, il cimitero degli animali, dove i bambini del vicinato da sempre seppelliscono i loro animali domestici, spesso investiti lungo la strada vicina, trafficata e pericolosa. Questa visita sarà motivo di lite e tensione tra Louis e sua moglie, terrorizzata dall'idea della morte e preoccupata che l'episodio possa aver turbato la piccola Ellie.
Jud è da subito molto chiaro, non bisogna abbandonare il sentiero, non bisogna oltrepassare la catasta di alberi morti ammucchiati lì vicino, dai vecchi rami nodosi e contorti.
Varcare quella barriera potrebbe essere molto pericoloso.
Un libro che parte in sordina descrivendo la routine di una famiglia felice alle prese con i piccoli grandi problemi quotidiani, i capricci dei bambini, il primo giorno di asilo, le prime paroline, qualche discussione tra genitori, l'attesa di babbo natale, il volo spensierato di un aquilone nel cielo azzurro, momenti felici, fugaci ed effimeri.
Ben presto conturbanti presenze, sogni inquietanti apriranno poco a poco un varco su una realtà sconvolgente, un potere demoniaco e oscuro che esercita un'insana attrazione sulla mente dei protagonisti.
Accanto al cimitero degli animali vi è un luogo segreto e misterioso, terreno di sepoltura appartenuto alla tribù Micmac, un luogo abitato da oscure presenze e minacciosi presagi.
Un libro avvincente, perturbante, dal ritmo incalzante e rapido, ricco di descrizioni accurate e personaggi ben caratterizzati nei loro pensieri e nelle loro pulsioni più profonde, che piano piano ti porta nel cuore dell'orrore che esplode violento soltanto nelle ultime pagine, quasi non puoi credere che stia accadendo davvero, tutto quell'orrore nero e senza scampo.
Un libro dove King affronta la più tremenda delle paure, quella della morte, della decomposizione, dell'annientamento, dell'addio definitivo e crudele ai nostri cari.
Cosa saremmo disposti a fare se fosse possibile riportarli indietro?
E a quale prezzo?
Questo libro racconta il dolore più estremo, quello che ci fa impazzire di fronte alla perdita delle persone amate, perdita ingiusta e immotivata, quando la mente cade preda di un'insana follia, di un'attrazione morbosa per azioni abominevoli.
Il dottor Louis brancola nel buio, spenta la luce della ragione oltrepassa il limite, infrange la barriera evocando un oscuro potere, forze demoniache, creature che sarebbe stato meglio far riposare in pace.
Un ghigno nel buio, un artiglio ghiacciato, la natura ammutolisce di fronte all'orrore, che spazza via tutto, lasciando soltanto desolazione e follia.
Un libro pericoloso, claustrofobico che può far male, se vi impressionate facilmente di fronte a cimiteri e scenari macabri questo libro non fa per voi, apre uno spiraglio sull'abisso, facendo vacillare le nostre labili certezze.
Ci sono creature che è meglio lasciar dormire, ma "il cuore dell'uomo è fatto di un terreno più duro, vi coltiva quello che può e ne ha cura". Sempre, a qualunque costo.
***
"Forse vedrai i fuochi di sant'Elmo: sono forme strane, ma non è niente. Se per caso ne vedi qualcuna e ti fa impressione, guarda dall'altra parte. Probabilmente udrai dei suoni che sembrano voci, ma sono soltanto gli smerghi giù a sud, verso Prospect. Il suono viaggia nell'aria. È un effetto strano."
"Sono cose segrete. Si dice che le donne siano brave nell'avere segreti e forse qualcuno ce l'hanno, ma qualsiasi donna che abbia un po' d'esperienza della vita ti direbbe di non aver mai guardato realmente nel cuore di un uomo. Il cuore di un uomo è fatto di un terreno più duro, Louis... come lassù, nell'antico terreno di sepoltura dei Micmac. La roccia affiora prima. Un uomo vi coltiva quello che può... e ne ha cura."
"Jud..."
"Non fare domande, Louis. Accetta quello che è stato fatto e segui il tuo cuore."
"Ma..."
"Niente ma. Accetta quello che è stato fatto Louis e segui il tuo cuore."



mercoledì 20 novembre 2019

Le mille luci di New York

Le mille luci di New York, Jay McInerney
"Sono le sei del mattino: hai idea di dove sei?"
Il protagonista senza nome di questo breve e intenso romanzo, 153 pagine appena, vive nella caotica, scintillante, multiforme New York anni ottanta, la città che non dorme mai, la città dalle mille luci sfavillanti a illuminare la notte, notte buia di fantasmi e demoni interiori.
È un giovane uomo di ventiquattro anni, lavora nella redazione di una prestigiosa rivista al Reparto Verifica dei Fatti, sogna di diventare scrittore, ha una moglie bella e bionda che fa la modella.
Ma il suo sogno, la sua vita apparentemente perfetta si incrina quando la moglie lo lascia per telefono senza dargli troppe spiegazioni e lui abbandonato e con il cuore spezzato inizia la sua caduta libera.
Si perde nella notte newyorkese, nelle feste alla moda, tra alcol e strisciate di polvere bianca, tanti soldatini boliviani che marciano nella testa, cavalcando la sua cometa bianca.
Vuole saggiare i suoi limiti, vedere fin dove può spingersi, cancellando il suo dolore.
"La tua presenza qui fa semplicemente parte di un esperimento: stai saggiando i tuoi limiti, per ricordarti di quello che non sei."
Diventa un perfetto animale notturno, la luce del giorno lo acceca ma per fortuna ha i suoi fidati occhiali da sole.
Le notti in bianco lo portano a trascurare il lavoro e da lì al licenziamento il passo è breve.
E allora che si fa? Sempre più perso e confuso vaga smarrito per la città, con l'ansia e la paura di morire che si affacciano appena si avvicina alla porta di casa.
Ripercorre i luoghi di quando era innamorato e felice, segue il pazzo amico Tad nelle sue follie notturne, nella smaniosa voglia di divertirsi, stordirsi, smarrirsi.
Le luci scintillanti di New York riflettono il vuoto, la disperazione nera e la solitudine che si porta dentro.
E allora non rimane che perdersi nella notte e nelle sue follie alcoliche per anestetizzare il dolore, per smettere di pensare a quel passato che fa soffrire.
L'incontro con Vicky, una ragazza intelligente e interessante che studia filosofia e con il fratello Michael appena arrivato in città lo portano a fare i conti con il suo recente passato e la separazione traumatica e dolorosa dalla madre.
Lentamente affiora in lui una nuova consapevolezza, forse non è troppo tardi per provare a ricominciare daccapo.
Una scrittura minimalista ed essenziale, Carver docet, ironica, a tratti divertente (Fred il furetto alla riscossa è esilarante), espressiva, che con poche, decise pennellate riesce a descrivere la disperazione senza mai scadere nel sentimentalismo melenso.
L'uso della seconda persona singolare ci immerge maggiormente nella narrazione, siamo con lui nelle sue scorribande notturne, ma è come se l'anonimo protagonista osservasse la sua vita dal di fuori e non si riconoscesse.
Una nuova alba incombe sulla città, in lontananza le torri del World Trade Center, un colpo al cuore, nell'aria si diffonde un profumo che sa di buono, di affetto, di ricordi lontani e tenerissimi e in questa atmosfera onirica il giovane protagonista senza nome proverà a fare ordine nel suo caos interiore partendo da quel dolore, elaborando quel lutto aggrovigliato dentro, che per mesi ha cercato di soffocare.
Una voce amica che ti ascolta se hai voglia di sfogarti o non riesci a dormire, l'alba sulla città, forse preludio di una nuova vita, che cancella con il suo splendore luminoso quelle luci artefatte dello sballo, delle feste folli, della musica stonata, degli incontri improbabili che lasciano più soli e insoddisfatti di prima.
La bellezza perfetta delle cose autentiche e vere, perché nessuna luce artificiale sarà mai come quella dell'alba che sorge con il suo buon profumo che sa di casa, cancellando piano piano la notte nera dentro e fuori di noi.
***
"Ti siedi a guardare il fiume. In fondo, la Statua della Libertà scintilla nella foschia. Sull'altra riva, un'enorme insegna della Colgate ti dà il benvenuto nel New Jersey, lo stato giardino.
Osservi il solenne avanzare di una chiatta della nettezza urbana, avvolta da una nuvola di gabbiani stridenti, diretta in alto mare.
Eccoti qua di nuovo. Incasinato di brutto e senza un posto dove andare."
"Ma quello che ti resta è il presentimento che la tua vita svanirà in te, come un libro letto troppo in fretta, lasciandosi dietro una labile scia di immagini e di emozioni, fino a quando non ricorderai altro che un nome".



martedì 19 novembre 2019

Piccoli suicidi tra amici

Piccoli suicidi tra amici, Arto Paasilinna
"In questa vita la cosa più seria è la morte;
ma neanche quella più di tanto."
Per sfuggire a quella tetra malinconia, all'apatia, alla depressione "il più formidabile nemico dei finlandesi" in occasione della festa di San Giovanni, festa della luce e del solstizio d'estate, tutti in paese si mobilitano per scacciare le ombre e i propri demoni interiori, accendendo falò sulle rive dei laghi, danzando, bevendo allegramente.
Eppure non tutti riescono a dissipare il buio.
In un fienile abbandonato tra i campi si incontrano casualmente due uomini, infelici e delusi dalla vita, condividono il medesimo proposito suicida.
Ma entrambi intralciano inconsapevolmente i piani dell'altro, quindi decidono di rimandare l'insano gesto a un momento più propizio.
Il direttore Rellonen, un matrimonio in crisi e disastrosi fallimenti lavorativi alle spalle e il colonnello a riposo Kemppainen, vedovo inconsolabile e terribilmente solo, deposte pistola e corda, le armi del delitto mancato, diventano amici, confidandosi le proprie pene, spezzando il cerchio malefico della solitudine.
Da lì a elaborare un piano ingegnoso il passo è breve. Decidono infatti di radunare un gruppo di aspiranti suicidi sparsi per il paese, per provare a risolvere problemi e afflizioni personali e perché no, farla finita tutti insieme, un gesto collettivo non privo di vantaggi economici, sconti per i necrologi ad esempio.
In fondo non hanno molto da perdere.
Attraverso un bizzarro annuncio su un giornale, un'efficiente segretaria, la vicepreside Helena Puusaari, anima dark, rossa tenebrosa, amante delle passeggiate solitarie nei cimiteri, organizzano un seminario a tema suicidio, riunendo un gruppo di persone provenienti da tutto il paese, che hanno un unico obiettivo, farla finita, abbandonando per sempre una vita deludente e problematica.
Alla guida del colonnello la Libera Associazione Morituri Anonimi, di recente costituzione, parte per il suo ultimo viaggio a bordo di un pullman lussuoso e accessoriato, la Saetta della Morte.
Dal mare ghiacciato e cupo di Capo Nord agli strapiombi della Alpi, fino alle scogliere a picco sull'oceano nella punta estrema dell'Algarve, la fine del mondo.
Eppure durante questo avventuroso e incredibile viaggio i morituri anonimi riscopriranno il piacere della vita, i problemi di un tempo ormai lontani.
Uniti, innamorati, fiduciosi nelle proprie possibilità accantoneranno la malsana idea iniziale.
Un libro pervaso da spietata ironia, battute fulminanti, vicende surreali, paesaggi naturali immensi dai nomi impronunciabili, una lettura scorrevole e divertente malgrado il tema del libro. Come non sorridere di fronte all'improbabile psicologa del seminario, talmente esperta in materia da aver tentato lei stessa il suicidio in gioventù, fino agli strambi personaggi, due dei quali arrivano a giocarsi l'anima a carte.
Il capitano di lunga secca e la sua improbabile barca ferraginosa, il "guastatriboli" Seppo Sorjionen, cantastorie spassionato, amante della vita, il domatore di visoni, l'intrepido lappone Uula e tanti altri che affollano le pagine del libro.
Ironia nera, natura selvaggia, un sorriso sarcastico e dissacrante sul mondo e sui suoi strambi abitanti, un libro in perfetto stile Paasilinna.
L'insolito gruppo inseguendo la morte tra lande desolate e paesaggi mozzafiato se ne fa beffe, riscoprendo poco a poco il gusto della vita, perché come ammonisce saggiamente lo scrittore "Si può scherzare con la morte, ma con la vita no. Evviva!"

***
"Il più formidabile nemico dei finlandesi è la malinconia, l'introversione, una sconfinata apatia.
Un senso di gravezza aleggia su questo popolo sfortunato, tenendolo da migliaia di anni sotto il suo giogo, tingendone lo spirito di cupa seriosità. Il peso dell'afflizione è tale da indurre parecchi finlandesi a vedere nella morte l'unico sollievo. La malinconia è un avversario più spietato dell'Unione Sovietica.
Ma i finlandesi sono al tempo stesso un popolo combattivo. Non cedono mai. Si ribellano a ogni occasione contro il tiranno."
STAI PENSANDO AL SUICIDIO?
Niente panico, non sei solo
Ci sono altri che condividono le tue intenzioni, c'è perfino chi ne ha fatto un'esperienza preliminare. Scrivici di te ed esponi brevemente la tua situazione, forse potremo aiutarti. Specifica nella lettera il tuo nome e indirizzo, ti contatteremo. Tutte le informazioni fornite saranno considerate strettamente riservate e non saranno comunicate a terzi. Si prega chi non ha intenzioni serie di astenersi. Vogliate indirizzare le vostre gentili risposte fermo posta presso le Poste centrali di Helsinki, intestandole a: "Proviamoci insieme."
"Ulula chiese a Korpela di aprire la portiera anteriore del pullman e scese sulla scaletta. Poi agitò allegramente la mano in direzione del doganiere e gli gridò: Topi! Leggi con attenzione i giornali e ascolta le notizie alla radio, da un momento all'altro ci si butta! Ricordati che ti ho avvisato! I morituri ti salutano!"



lunedì 18 novembre 2019

Cuori in Atlantide

Cuori in Atlantide, Stephen King
Un romanzo composto da cinque racconti che coprono un lungo arco temporale dal 1960 al 1999, raccontando le peripezie di tre ragazzini dagli undici ai cinquant'anni volati in un soffio e in mezzo una vita intera fatta di sogni, speranze, magia, rabbia, sconfitte, errori, paura, orrore, no non quello dei mostri a cui ci ha abituato il re dell' horror, orrore vero, l'orrore "verde", la guerra, il Vietnam, che ha segnato per sempre quella generazione, i morti, i sopravvissuti, i superstiti, i reduci.
Nel primo racconto "Uomini bassi in soprabito giallo" incontriamo tre ragazzini di undici anni, legati da una forte amicizia e tanti sogni, ingenui e innocenti.
Vivono a Harwich, una piccola cittadina nel Connecticut, l'estate è alle porte, una lunga, intensa estate che sarà difficile dimenticare.
Bobby Garfield, capelli rossi a spazzola, sogna una bici per il suo compleanno e invece riceverà una tessera nuova per la biblioteca sezione adulti, un ottimo regalo per un appassionato lettore.
Carol Gerber, occhioni azzurri che brillano, capelli biondi e un sorriso con fossette, ha una cotta per Bobby, lo trova "stratosto" proprio perché lui non sa di esserlo.
E infine Sully John, il miglior amico di Bobby che da grande vuole fare il mago e girare il mondo.
Un arrivo inaspettato e sorprendente sconvolgerà quell'estate, un uomo misterioso, Ted Brautigan, che si materializza dal nulla, capelli bianchi sottili, viso scarno e stanco, intensi occhi azzurri, pochi sacchetti di carta tra le mani.
Tra Bobby e il nuovo vicino di casa si instaura da subito un forte legame di amicizia, attraverso la passione per i libri.
Eppure la madre di Bobby è diffidente, non si fida di quell'uomo.
Ted e i suoi libri, i discorsi sul tempo "il vecchio imbroglione calvo", Ted e il suo passato misterioso, i suoi enigmatici poteri, Ted che a volte si perde e vaga lontano, Ted braccato da strani personaggi, uomini bassi in soprabito giallo, stupidi e pericolosi.
Bobby è incredulo e affascinato da quel mistero.
In questo racconto ci sono numerosi riferimenti alla saga della Torre nera, Ted ne è un personaggio chiave, non amando il genere fantasy non so cosa sia un "frangitore," Ted lo è, ma questo non pregiudica la comprensione del racconto.
Ci sono altri mondi più vasti ed è a questi che Ted appartiene.
Le tematiche che si snodano in questo racconto sono l'amicizia, la perdita dell'innocenza, la lotta tra il bene e il male, il bullismo, le difficoltà e i problemi familiari, il tutto complicato da un universo magico e oscuro.
Il mondo è pieno di uomini bassi in soprabito giallo, cattivi e ottusi, e crescendo Bobby scoprirà che non sempre sono mostri che provengono da altre dimensioni.
Nel secondo racconto che dà il titolo alla raccolta, Cuori in Atlantide, siamo nel Maine, nell'ambiente universitario dei caldi e caotici anni sessanta.
Studenti smarriti, confusi, incerti sul futuro, tra musica, risate, stregati da un gioco di carte, Cuori appunto, una vera e propria droga, dove danno la caccia alla regina stronza, tra notti insonni e sigarette.
Sullo sfondo soffia sempre più impetuoso un vento di guerra, se canni agli esami lo zio Sam ti chiamerà a sé, mentre dall'altro lato cresce il movimento pacifista, quel simbolo misterioso, quella "grande zampa di passero" disegnata su giacche e quaderni.
Pete, Skip, Ronnie, Jones, Nate e di nuovo Carol, il personaggio che lega insieme tutti e cinque i racconti, Carol ormai cresciuta che lotta per i suoi ideali di pace.
Sono giovani, ribelli, vogliono cambiare il mondo, immersi in un universo nebuloso e ideale, la mitica terra di Atlantide, prima che il vento della storia la inabissi per sempre.
Nei due racconti successivi "Willie il cieco" e "Perché siamo finiti in Vietnam", la tematica della guerra si fa prevalente, attraverso i terribili ricordi dei reduci, la loro lucida follia, quel passato che li tormenta e non li lascia in pace, le ferite del corpo sono guarite ma non quelle dell'anima, menti devastate da incubi, allucinazioni deliranti e oscure visioni.
Alcolizzati, depressi, aspiranti suicidi, infelici, smarriti, perduti, spezzati dentro.
La giungla, la polvere, i Vietcong, il rumore incessante degli elicotteri, la barbarie, il sangue che vuole altro sangue, la ferocia che trasforma dei ventenni in assassini.
Il Vietnam una tomba gigantesca, un cimitero a cielo aperto che ha inghiottito un'intera generazione e ha inabissato per sempre la mitica Atlantide.
È questo l'orrore di cui parlavo all'inizio, viene fuori in questi due racconti, esplode con la violenza dei ricordi quando non te lo aspetti.
No, non ci sono guerre giuste, la guerra è sempre sbagliata come le bombe, come la violenza.
Nell'ultimo racconto, il più breve, i nostri eroi sono ormai adulti, cinquantenni ingrigiti e dai capelli radi, nel loro bagaglio hanno molti ricordi, qualche rimpianto, nostalgici, malinconici ma non hanno perso del tutto la speranza, quella scintilla magica nascosta sotto lo strato polveroso del tempo, mentre avanza la notte.
Questo libro è stato il mio primo King.
Una scrittura intensa, appassionante, vibrante, originale, fluida, che commuove, stupisce, fa sorridere a volte, emoziona, ti lascia un nodo in gola e una forte malinconia.
Racconta l'innocenza perduta, la guerra, l'orrore, l'eterna lotta tra il bene e il male, le scelte, gli errori, le sconfitte, il senso di colpa, la penitenza, fare i conti con quello che rimane, con quello che siamo diventati.
Il fardello che ognuno porta sulle spalle e ci rende quello che siamo, un amico in difficoltà, un soldato morente, una bambina picchiata dai bulli, il nostro passato.
Quegli anni che sembravano eterni, belli e innocenti, in cui tutto sembrava possibile e a portata di mano, prima che Atlantide si inabissasse e trascinasse via con sé vane illusioni, brandelli di sogni, speranze inquiete.
Dopo aver letto l'ultima pagina ho riletto il primo racconto daccapo, la magia è racchiusa tutta lì.
Ho messo da parte i fantasmi del passato, le loro deliranti visioni e sono tornata ad Harwich in una caldo giorno d'estate, la scuola è appena finita, si va in campeggio tra i boschi o in gita a Savin Rock.
Eccoli lì... Carol miss sorriso tutto fossette e il suo primo bacio, Sully John e il suo mitico Bo-lo Bouncer, Bobby che sogna quella fantastica bicicletta e si perde nei libri e Ted con le sue Chesterfield e il succo all'estratto di radici.
Sono tornata ad Harwich, quando tutto sembrava eterno, quando tutto sembrava possibile.

(Colonna sonora: Only you, The Platters)
https://www.youtube.com/watch?v=V27o94OiGAc

***
"Ma perché siamo finiti in Vietnam?" aveva domandato Sully.
"Non per metterci a fare considerazioni filosofiche o altro, ma tu ci hai mai pensato?"
"Chi è stato a dire: chi non impara dal passato è condannato a ripeterlo?"
"Richard Dawson, il conduttore di Family Feud."
"Vaffanculo, Sullivan."
"Non so chi l'ha detto. Ha importanza?"
"Certo", aveva risposto Dieffenbaker, "perché non ne siamo mai usciti. Noi non siamo mai usciti dal verde. La nostra generazione ci è morta.
"Questa mi sembra un po'..."
"Un po' che cosa? Un po' enfatica? Puoi giurarlo. Un po' sciocca? Puoi giurarlo. Un po' autoapologetica? Sissignore. Ma così siamo noi. È quello che siamo. Che cosa abbiamo fatto dopo il Vietnam, Sully? Quelli di noi che ci sono stati, quelli di noi che hanno marciato e protestato, quelli di noi che se ne sono stati a casa a guardare i Dallas Cowboys bevendo birra e scoreggiando nei cuscini del divano."
(...) "Dunque, vediamo. Noi siamo la generazione che ha inventato i Super Mario Brothers, gli ATV, i sistemi di guida laser per i missili e il crack. Noi abbiamo scoperto Richard Simmons, Scott Peck e il Martha Stewart Living. Noi abbiamo mollato Eldridge Cleaver per Eddie Murphy. Il nostro concetto di clamoroso mutamento nello stile di vita è l'acquisto di un cane.
Le ragazze che bruciavano il reggiseno ora comprano lingerie Victoria's Secret e i ragazzi che scopavano impavidi per la pace sono ora dei grassoni seduti a notte fonda davanti allo schermo dei loro computer a menarsi il pistolino mentre guardano foto di diciottenni nude via Internet. Così siamo noi, fratello, a noi piace guardare. Film, videogame, spezzoni di inseguimenti di automobili dal vivo, scazzottate al Jerry Springer Show, udienze per l'impeachment, a noi non importa, a noi piace solo guardare.
Ma c'è stato un tempo... non ridere, ma c'è stato un tempo in cui avevamo davvero tutto nelle nostre mani. Lo sai questo?
(...) Abbiamo avuto l'occasione di cambiare tutto. Un'occasione concreta. Invece ci siamo accontentati di jeans firmati, due biglietti per Mariah Carey alla Radio City Music Hall, sconti delle compagnie aeree per clienti abituali, il Titanic di James Cameron e programmi di accantonamento previdenziale. La sola generazione che si sia mai avvicinata a noi in pura, egoistica autoindulgenza è la cosiddetta Generazione Perduta degli anni Venti e almeno la gran parte di loro aveva la decenza di restarsene ubriachi. Noi non siamo stati capaci di fare nemmeno quello. Dio, se siamo scarsi."
Il nuovo tenente era vicino alle lacrime, Sully se n'era accorto.
"Deef..."
"Sai qual è il prezzo che si paga svendendo il futuro, Sully-John? Non poter mai veramente lasciare il passato. Non andare mai oltre. La mia tesi è che non sei veramente a New York, sei nel Delta, appoggiato a un albero, fatto, a spalmarti dietro il collo creme contro gli insetti. Packer è ancora quello giusto perché è ancora il 1969. Tutto quello che consideri la tua "vita posteriore" è solo una grande bolla d'aria con dentro niente. Ed è meglio che sia così. È meglio il Vietnam. È per questo che noi ci siamo rimasti.
"Lo credi?"
"Assolutamente."
"Tutto era cambiato... ma era ancora estate, lui aveva ancora undici anni e tutto gli sembrava ancora...
Eterno, mormorò nel guanto e ne inalò di nuovo fino in fondo ai polmoni l'aroma mentre poco lontano una teca piena di farfalle si sgretolava sul tetto di un furgone del pane e un cartello stradale di stop si conficcava tremando come una lancia nella corsia d'emergenza. Ricordò il suo Bo-lo Bouncer e le sue Ked nere e il sapore di Pez sparato dalla canna, come i pezzetti dolci picchiavano contro il palato e rimbalzavano sulla lingua; ricordò l'effetto che provava quando s'era sistemato bene davanti al viso la maschera da ricevitore e lo sciap- sciap- sciap degli irroratori nei prati di Broad Street e come si arrabbiava la signora Conlan se ti avvicinavi troppo ai suoi preziosi fiori e la signora Godlow all'Asher Empire che voleva vedere il tuo certificato di nascita se aveva il sospetto che fossi troppo grosso per avere ancora meno di dodici anni e il manifesto di Brigitte Bardot
(se lei è acqua di risciacquo io vorrei tanto fare il lavapiatti)
nel suo asciugamano e i giochi a indiani e cowboy e a passarsi la palla e a Carriere e le scoregge fatte con l'ascella negli ultimi banchi durante la lezione della signora Sweester e..."



domenica 22 settembre 2019

Tu l'hai detto

Tu l'hai detto, Connie Palmen
"Il suo nome è il mio nome.
La sua morte è la mia morte.
La sua follia è la mia follia."
Una biografia romanzata dove la voce narrante è quella di Ted Hughes, celebre poeta inglese laureato, marito dell'inquieta e geniale poetessa Sylvia Plath.
Nella finzione romanzesca Ted prende la parola per difendersi dalle voci malevole, dalle chiacchiere velenose di quelli che per anni l'hanno accusato di essere il carnefice, l'unico responsabile del suicidio della moglie Sylvia.
Lei la fragile martire, lui il brutale traditore. Marito infedele, inaffidabile, bugiardo.
Ted rompe il silenzio e fa sentire la sua voce, ripercorrendo quegli anni intensi e infernali, brucianti e appassionati.
Dal primo incontro folgorante al matrimonio tenuto segreto i primi tempi, perché Sylvia temeva di perdere la sua borsa di studio, dalla peregrinazione da un continente all'altro alla nascita dei due figli, fino agli ultimi terribili anni.
Lui il poeta sciamano, appassionato di cabala e astrologia, conoscitore di miti e antiche leggende incontra per la prima volta Sylvia nel 1957 a Londra, alla presentazione del primo e unico numero della sua rivista di poesia.
Quella ragazza americana dalla pelle di luna, alta, slanciata, capelli biondi ondulati, labbra rosso fuoco, attira subito la sua attenzione.
È un colpo di fulmine improvviso, lei seducente e decisa gli morde la guancia, lui le strappa fascia e orecchini, inutili orpelli, marchiato per sempre, stregato da lei.
Un incontro tra due anime affini, legate dal sacro fuoco della poesia, un amore crudele, intenso, bruciante.
Anime affini eppure diverse.
Lui forte, sicuro, dall'ispirazione poetica inesauribile, lettore di oscuri presagi, lei bella e sensuale, fragile, piena di incubi e paure, in lotta con i propri demoni, una madre ambiziosa che ama e detesta, un padre perso troppo presto che vorrà raggiungere per tutta la vita, quell'attrazione pericolosa per la morte, lei la bambina che voleva essere dio, Lady Lazarus morta e risorta.
Le prime reciproche confidenze, il matrimonio dopo soli quattro mesi dal primo fatidico incontro, in una giornata di pioggia, la luna di miele, la ricerca frenetica della casa, la scrittura poetica che li accomuna, Sylvia entusiasta per i successi del marito, desiderosa di liberare il suo io poetico, la sua voce più autentica intrappolata, sepolta nel profondo, frustrata e infelice quando non ci riesce.
Sylvia che ama e odia con furore, gelosa, possessiva, insicura, amante devota, moglie energica e instancabile, gemella siamese, spirito affine.
Sylvia in lotta con i suoi fantasmi, gli attacchi d'ansia, le crisi di pianto, la depressione, il terrore dell'abbandono, quelle tenebre che la attirano con voce seducente.
Demoni che li inseguono ovunque e viaggiano con loro, Inghilterra, Nuovo Mondo e di nuovo Inghilterra.
Tormentata, umorale, ansiosa, sensuale, dolce e furiosa, ironica e tenace, poetessa dalla voce unica e inconfondibile.
Un amore che è unione di corpo e anima, ma anche soffocante, claustrofobico, distruttivo.
Neppure la maternità placa i demoni di Sylvia, il suo io poetico esplode, una voce rabbiosa, potente, incontrollabile.
I successi, i riconoscimenti, la crescente fama di Ted, che si sente sempre più asfissiato da quel legame totalizzante, preso al laccio, smanioso di libertà, la lenta discesa nell'abisso.
La fuga in un mondo edenico nel tentativo di salvare quel sogno d'amore, Court Green, tana e rifugio della volpe in trappola e della lepre "timorosa con l'anima di vetro."
Una fattoria decadente, un frutteto, campi dove in aprile risplendono i narcisi, un fiume dove pescare, un cielo a portata di mano. Una vita che sembra perfetta, una bella famiglia, la poesia che sgorga inarrestabile, ma in ogni eden si nasconde un serpente.
L'incontro con Assia Wevill, la musa nera, distrugge l'idillio, l'illusione di un'unione indissolubile tra anime affini.
Ted si libera dalla gabbia, segue la sua vera natura, il suo istinto, il resto è storia.
Il freddo inverno londinese, la spirale crescente della depressione che inghiotte Sylvia, le ultime poesie, la sua voce poetica estatica, irrefrenabile, potentissima, il suicidio col gas, la morte che la consacra poetessa geniale per l'eternità.
Le accuse, i veleni, l'oscuro destino di morte e tragedia che il poeta sciamano porta con sé.
Attraverso un'accurata analisi delle fonti, degli archivi, delle poesie, determinante la lettura dell'inedita "Last Letter" di Ted Hughes per ricostruire quell'ultimo giorno, la scrittrice scrive questa storia d'amore e morte.
Una scrittura curata, profonda, intensa, monologhi interiori che a volte feriscono, sembra quasi di essere lì, di sentire davvero la voce di Ted che si difende, riappropriandosi di quell'amore che è stato infangato e calpestato da sospetti velenosi, insinuazioni ostili.
Non cerca assoluzioni, porta già sulle spalle tutto il peso del suo tragico destino, vuole soltanto far sentire la propria voce, raccontare la sua verità.
In realtà Ted Hughes rimase in silenzio per anni dopo il suicidio della moglie, silenzio che ruppe soltanto pochi mesi prima di morire, pubblicando le "Lettere di compleanno" 88 poesie dedicate alla sua sposa, al loro amore tragico e oscuro, appassionato e infelice.
Nessuno saprà mai la verità, sepolta per sempre con loro, rimangono i diari, le lettere, le poesie struggenti di entrambi, l'amore del poeta sciamano per Sylvia, la ragazza inquieta ed energica dal sorriso radioso, la sposa dalla folta treccia, la poetessa immensa che ha sacrificato tutto sull'altare della poesia, anche la vita.

***
"È stato crudele, doloroso.
È stato vero.
Ognuno era preda dell'altro.
Di una donna che invece di baciarti ti morde avrei dovuto capire che per lei amare qualcuno equivaleva a combatterlo.
Di me avrei dovuto capire che rubandole i gioielli avevo strappato solo dei fronzoli, appropriandomene come trofei.
Chi inizia così un amore sa che vi si cela un cuore di violenza e distruzione. Finché non sopraggiunge la morte. Uno di noi era spacciato fin dall'inizio.
Era o lei o io.
Nella furia divoratrice chiamata amore, avevo trovato la mia pari."
"Lei era un'ampolla odorosa piena di veleno.
Non avevo mai incontrato una persona per cui amore e odio fossero tanto vicini, quasi da confonderli. Non desiderava altro che amare qualcuno, ma odiava farlo davvero. Non desiderava altro che essere amata, ma ha punito senza pietà chiunque abbia mai provato amore per lei."
"I giorni e i numeri, le stelle, i pianeti e i miei amici mi misero in guardia, ma la mia felicità somigliava a quella di quando ero ragazzo e con mio fratello, di dieci anni più grande, ce ne andavamo in giro nella natura, per giorni interi a pesca, a caccia, e la sera sedevamo in silenzio, uno accanto all'altro, davanti a un falò, oppure ascoltavo storie di indiani e di fantasmi, e mi sentivo così profondamente legato a lui che per il resto della vita ho sempre ricercato un legame gemellare che somigliasse a quello, una felicità tanto potente da dissolvermi e farmi scomparire. La donna che avesse teso le braccia a quel bambino che fissava l'acqua seduto con il fratello sulla riva del fiume, che l'avesse preso per mano e riportato in quel paradiso perduto, sarebbe stata la mia.
Era lei.
Chi la conosceva solo superficialmente non poteva sospettare che dentro nascondeva un guerriero, che era più androgina di quanto lasciasse supporre quella ragazza per bene con la coda di cavallo. Voleva misurare le proprie forze con qualcuno, voleva combattere, e per farlo aveva scelto l'uomo più alto e più forte che aveva trovato.
Ed ero io."