giovedì 27 dicembre 2018

Un amore senza fine

Un amore senza fine, Scott Spencer
"Ti voglio sentire, David. Voglio ancora delirare."
"Lo voglio" dissi, con il cuore che cominciava a spezzarsi."
Chicago, agosto 1967.
David ama Jade con tutta la passione struggente e la forza dei suoi diciassette anni.
Lei è il suo mondo, la sua unica realtà e ragione di vita, un amore appassionato, assoluto, totalizzante. Un amore viscerale, completo, un universo a sé stante che non ha bisogno di nient'altro, sussurrato, desiderato, spiato, invidiato nella sua pienezza.
Ama anche la famiglia di Jade da cui è stato accolto, moderna, liberale, un po' hippie, aperta al dialogo e alle nuove esperienze sensoriali anche attraverso l'uso di droghe da provare tutti insieme, si lega soprattutto ad Ann, la madre, con la quale si crea un forte legame di confidenza ed empatia.
Ma un giorno l'idillio si incrina. Hugh, il padre, dietro richiesta di Jade, spaventata da quell'amore adulto e simbiotico, proibisce al ragazzo di frequentare la casa (e la figlia) per trenta giorni.
Un esilio ingiusto e forzato, un abisso temporale. David non resiste e in un istante di lucida follia incendia la casa, da quel momento in poi tutto andrà in frantumi.
L'incipit del romanzo ce lo mostra nascosto in veranda in una calda e afosa notte di agosto.
La famiglia Butterfield si disgrega, senza più la solidità concreta della casa tutte le tensioni irrisolte vengono alla luce e implodono, distruggendola.
David sarà prima rinchiuso in un ospedale psichiatrico e poi sottoposto alle rigide restrizioni imposte dalla libertà vigilata, oltre al divieto assoluto di contattare i membri della famiglia Butterfield.
In tutto questo percorso difficile e doloroso gli restano accanto i genitori, Rose e Arthur, attivisti di sinistra dalla forte ideologia, solidi e concreti, non riescono a comprenderlo fino in fondo ma non lo abbandoneranno mai.
Uscito dall'ospedale David prova a ricostruirsi una vita, si iscrive all'università, trova un lavoro, va a vivere da solo. Ma quell'amore assoluto, senza fine è sempre lì, è parte di lui, qualcosa che è impossibile dimenticare anche volendo. Si nutre di sogno, attesa paziente, speranza, un fuoco di passione che divampa lasciandosi dietro cenere e oscurità.
Un libro che scandaglia questo amore, mettendo a nudo la psicologia complessa dei personaggi, una scrittura profonda, nitida, densa, avvolgente, perfetta.
David così fragile, solo e tenace con il suo amore ossessivo, sua unica ragione di vita.
I genitori di entrambe le famiglie, disorientati, smarriti, infelici, in crisi di coppia.
E sullo sfondo Jade dagli occhi verdi, una figura sfumata, nell'ombra, mai descritta apertamente, al di là di poche pennellate. Inquieta, insonne, accoccolata su una poltrona o sbirciata di profilo, mai in piena luce, sopraffatta da questo amore impossibile, una passione insaziabile che brucia e divora, che lacera dentro, con la sua scia di lacrime e dolore.
A un tratto i sogni furiosi e forsennati di David, le sue tenaci fantasie sembrano concretizzarsi. Di nuovo con Jade, finalmente felice, appagato, completo. Di nuovo Amore.
Il lungo esilio, la cupa infelicità sembrano soltanto un brutto sogno lontano. C'è soltanto il loro amore adesso, unico prezioso vitale, paradiso in terra, che fa invidia al mondo.
In trenta pagine di pura e intensa poesia anche noi spiamo trattenendo il respiro questo amore, forte, selvaggio, disperato, tenero, appassionato, dove i corpi e le anime si mescolano in un eterno e gioioso presente, contro ogni logica, legge, razionalità, incurante di tutto. Gli amanti si stringono forte perché temono che le loro anime possano perdersi, dissolversi lontano. Magia alchemica, un potente incantesimo, un lungo sogno ad occhi aperti. Ma la realtà non tarda a presentare il suo conto crudele. Ancora lacrime, senso di colpa, assenza, vuoto, abbandono, feroce solitudine, buia follia.
Senza il suo amore David è sull'orlo del baratro, rabbioso, folle, rinchiuso, braccato, ferito, spezzato dentro, un guscio vuoto. L'episodio del canile è una delle scene più forti e drammatiche di questo romanzo.
Ma nemmeno la perdita della libertà, le tenebre della follia, il buio che gli oscura la mente, possono cancellare la forza dirompente di quell'amore che brucia ancora, sempre, fatto di fuoco e sangue, comunione carnale di corpo e anima, indimenticabile, incancellabile, al centro di ogni pensiero.
Un piccolo dio dispotico che esige devozione assoluta e sacrificio, a costo della vita stessa.
Un amore fuori legge, ossessione tenace, incubo oscuro, dolce veleno, droga inebriante e pericolosa, dipendenza purissima, malattia inguaribile, eden violato a cui tornare sempre, unico rifugio, riparo, unica vita possibile. Un amore che sfida il tempo, il mondo e le sue leggi, un amore che non avrà mai fine perché è ovunque, oltre ogni distanza, logica, realtà. Senza questo amore tutto è nera infelicità, follia, non senso. Anche al buio, lontani, distanti questo amore vive testardo, tenace, indistruttibile.
Atemporale, inviolabile, indimenticabile. Eterno.
Jade è sempre lì al centro di tutto, negli occhi, nel respiro, nella pelle, in ogni recesso del corpo e della mente, in ogni strada, città, in ogni volto c'è Lei.
L'occhio la vede, il corpo la desidera disperatamente, la mente non riesce a dimenticarla.
Jade da guardare, Jade da sognare, Jade da amare. Corpi intrecciati e anime avvinte.
Ovunque Jade, per sempre Jade, il suo amore senza fine.
Se questo libro fosse una poesia sarebbe "Questo amore" di Jacques Prévert, l'essenza stessa di questo romanzo straordinario e potentissimo.
 
***
"Le uniche cose che rimpiango disse, le sole cose che rimpiangerò sempre sono quelle che non ho fatto. Alla fin fine è solo questo che lamentiamo. I sentieri che non abbiamo percorso. Le persone che non abbiamo toccato."
"La rabbia non è che questo. Sentirsi rifiutati. Non essere tenuti stretti da qualcuno. Non essere soddisfatti. È guerra, caos e dovrei sentirmi in preda all'ira. Sono talmente stufa di me stessa. Sto ancora aspettando che la vita cominci."
"Qualche volta penso che abbiamo un'infelicità tutta per noi che ci attende. In certe storie d'amore c'è chi distrugge l'altro, però sono convinta che nel nostro caso siamo troppo innamorati per farlo, siamo troppo una stessa persona; ci distruggerà qualcosa di molto più grande di te e di me. È l'infelicità particolare dell'amore reciproco e mi spaventa da matti."
"È notte e sono solo e c'è ancora tempo, ancora un momento. Sono ritto su un lungo, nero proscenio con addosso un cerchio di luce, ed è il mio amore per te che permane. Sono fuggito o ne sono stato espulso dall'eternità, sono tornato nel tempo. Ma una volta ancora ne esco per cantare quest'aria, questa confessione, questo testamento senza fine. Le braccia mi si aprono, non per accogliere te bensì il mondo, il mistero che ci irretisce. Non c'è orchestra, né pubblico; c'è un teatro vuoto nel mezzo della notte e tutti gli orologi del mondo stanno scandendo. E adesso per l'ultima volta, Jade, non m'importa né domando se sia pazzia: io vedo il tuo volto, ti vedo, ti vedo, in ogni posto ti vedo."

 

 


domenica 16 dicembre 2018

Asimmetria

Asimmetria, Lisa Halliday
"Questa è l'avventura. Questa è la disavventura. Questa è la vita."
Questo libro, romanzo d'esordio della scrittrice, è diviso in tre parti o racconti lunghi che esplorano le asimmetrie dell'universo contemporaneo e della nostra vita.
Relazioni asimmetriche, universi asimmetrici, dentro e fuori di noi.
Nella prima parte, Follia, Alice attraversa lo specchio e si trova catapultata magicamente in una realtà eccitante e insolita. Mentre sta leggendo un libro noioso seduta su una panchina a Central Park, un uomo, un celebre scrittore, le si avvicina e le offre un gelato.
Scambiano qualche battuta e poco dopo decidono di iniziare a frequentarsi.
Alice ha venticinque anni, lavora in una casa editrice, sogna di diventare una scrittrice, è giovane, dolce, tenace, ironica, un po' ingenua. Ezra Blazer è un uomo affascinante e affermato, noto, colto, ricco, molto più grande di lei e con qualche problema di salute.
Tra i due nasce una relazione fatta di sesso, amorosa tenerezza, amicizia, risate, dialogo, antidolorifici, acciacchi dell'età, silenzi e partite di baseball.
Una relazione asimmetrica e squilibrata, ancorata al presente. Alice è insicura e irrisolta, sta cercando ancora la sua strada, Ezra è maturo, ha raggiunto la fama e il successo, una notevole e invidiabile stabilità. Tra i due c'è un abisso di differenze, per quanto riguarda vissuto, esperienze, età anagrafica. Giovinezza e vecchiaia, inesperienza e maturità, successo e precarietà. Una relazione che procede tra alti e bassi. Una relazione folle che i due hanno il coraggio di viversi condividendo canzoni, libri, malgrado tutto.
Nella seconda parte, Pazzia, lo scenario cambia improvvisamente. Ci troviamo all'aeroporto di Heathrow dove Amar viene trattenuto da zelanti funzionari per dei controlli, in attesa di partire per l'Iraq alla ricerca del fratello scomparso. Nella snervante attesa ripercorre le fasi più importanti della sua vita. La nascita avvenuta in volo, il doppio passaporto americano e iracheno, una vita vissuta in equilibrio precario tra due mondi variegati e complessi.
È un giovane economista che vive sulla sua pelle le contraddizioni, le paure, le inquietudini, le lacerazioni del suo tempo. Vive in America ma torna spesso in Iraq dai parenti lontani e da suo fratello Sami, che ha scelto di restare lì. Attraverso il suo racconto fatto di frammenti e flashback improvvisi ripercorriamo la guerra in Iraq, la caduta di Saddam, l'escalation di violenza efferata, il presente sempre più nebuloso e incerto, il futuro un enorme buco nero. In questa seconda parte la pazzia è quella della guerra, della paura, degli attentati, la pazzia di una violenza cieca e brutale, che non risparmia nessuno.
Di nuovo asimmetria e squilibrio, tra Occidente e Oriente, credo religioso e fanatismo, potere e oppressione, tra i sogni di un Iraq glorioso e in pace e la distruzione di bombe e attentati che insanguinano questa terra.
Nella terza e ultima parte, Desert Island Discs, ritroviamo lo scrittore Ezra Blazer che si racconta a cuore aperto in un'intervista radiofonica, attraverso la musica che ha segnato i momenti più importanti della sua vita. Le origini, la passione per la scrittura, i suoi amori.
Il cerchio si chiude.
Un libro originale e interessante, ricco di molteplici riferimenti letterari e musicali, da Mark Twain a Camus, da Miller a Joyce, da Hannah Arendt a Primo Levi, passando attraverso il jazz e la musica classica, da Chet Baker fino al violoncello rabbioso e immenso di Pablo Casals.
Uno stile fluido, denso, ironico e divertente nella prima parte, più riflessivo nella seconda, per poi sfumare nella malinconia della terza, un uomo ripercorre la sua vita costellata di successi, consapevole di essere ormai prossimo alla fine, senza perdere il senso dell'umorismo e quel sorriso irriverente.
Libro ironico e profondo che fa riflettere sul mondo asimmetrico in cui ci troviamo a vivere e sulle sue gigantesche contraddizioni. Un romanzo che spazia dalla letteratura alla musica, dalla storia all'attualità e poi sfuma nell'indefinito. Ma che è anche una riflessione sulla scrittura, che dovrebbe superare le vicende personali e abbracciare orizzonti più ampi, come dice la stessa Alice a Ezra: "Scrivere di me non mi sembra abbastanza importante". "In confronto a cosa?". "Alla guerra. Le dittature. Le relazioni internazionali."
Un libro asimmetrico e multiforme, che procede per frammenti, lampi improvvisi di luce e buio, dove la scrittura stessa diventa lo specchio che riflette le contraddizioni, le asimmetrie e i piccoli grandi squilibri della coscienza, della vita e del mondo intero.
Non lasciatevi fuorviare dal gossip che ha circondato l'uscita del libro, Alice /Lisa ed Ezra /Philip mostro sacro Roth, non è importante sapere quanto ci sia di Philip in Ezra o quanto la vicenda sia autobiografica o frutto di immaginazione, "in fondo i ricordi non sono più affidabili dell'immaginazione"; è necessario andare oltre, assaporando i numerosi riferimenti letterari, musicali e soprattutto gli spunti di riflessione su una realtà drammaticamente attuale che questo libro ci offre con acuta ironia, brillante leggerezza e vivida intelligenza.
 
***
"Allora. Signorina Alice, ti va?"
Lei lo guardò.
Lui guardò lei.
Alice rise.
"Ti va?" ripeté lui.
Tornando a concentrarsi sul cono, Alice rispose: "Be', non c'è motivo di dire di no, immagino."
Lo scrittore si alzò per andare a buttare la salviettina e tornò da lei. "I motivi sarebbero tanti."
(...) "Forse è meglio se mi dai il tuo numero. Metti caso succeda qualcosa."
Mentre un altro corridore rallentava per guardarli meglio, Alice scrisse il suo numero sul segnalibro.
"Ma così ti perdi," le disse lo scrittore.
"Non fa niente," rispose Alice.
Quando arrivò, l'unica luce accesa era quella dell'abat-jour sul comodino; lui era seduto sul letto con un libro e un bicchiere di latte di soia al cioccolato.
"È primavera!" annunciò Alice a gran voce, sfilandosi il prendisole.
"È primavera," le fece eco lui, con sospiro stanco.
Come una lince sulla neve, Alice avanzò carponi verso di lui sul candido piumone. "Mary-Alice, certe volte sembri davvero una sedicenne."
"Te le vai a scegliere all'asilo, eh."
"E tu all'ospizio. Attenta alla mia schiena."
Il cielo si fece rosa, poi viola. Ezra alzò una mano per accendere la luce.
"Mary-Alice," disse col tono più paziente che si potesse immaginare. "I tuoi silenzi sono molto efficaci. Lo sai questo?"
Alice si girò sulla schiena. Gli occhi le si riempirono di lacrime.
"Ho trascorso tanto tempo qui," disse infine.
"Sì," disse lui dopo un'altra lunga pausa. "Immagino che questa stanza ti rimarrà impressa per sempre nella memoria."
Alice chiuse gli occhi.
 "Mi pare sia stato Saul Bellow a dire che la morte è il fondo scuro senza il quale uno specchio non potrebbe riflettere; e allora qual è il senso di tutta questa oscurità che comunque si intravede?"
"E mentre guardavamo insieme le stelle, Sami predisse che presto l'Iraq sarebbe tornato a essere glorioso. Strade senza buche, scintillanti ponti sospesi, hotel a cinque stelle, le rovine di Babilonia, Hatra e la stele di Ninive riportate al loro antico splendore e visitabili senza la supervisione di guardie armate.
Invece che alle Hawaii, le coppie sarebbero andate in luna di miele a Bassora. Invece di sbavare per i gelati, la gente avrebbe sbavato per il dolma e il chai (...) Baghdad avrebbe ospitato le Olimpiadi. I leoni della Mesopotamia avrebbero vinto la Coppa del Mondo. Aspetta e vedrai, fratellino. Aspetta e vedrai. Altro che Disney World. Altro che Venezia. Altro che i temperamatite a forma di Big Ben e i café crème a prezzi stratosferici in riva alla Senna. Ora è il turno dell'Iraq. L'Iraq ha finito con le guerre, e verrà gente da tutto il mondo per toccare con mano la sua bellezza e la sua storia."
"L'amore è volubile. Riluttante. Irrefrenabile. Facciamo di tutto per addomesticarlo, per dargli un nome, per fare progetti e magari addirittura per contenerlo tra le sei e le dodici, o se sei parigino tra le cinque e le sette, ma come molte cose adorabili e irresistibili in questo mondo alla fine l'amore si libera di te e, sì, a volte capita che ne esci anche un po' malconcio.
È nella natura umana cercare di imporre un ordine e una forma alle cose più provocatoriamente caotiche e amorfe della vita. Alcuni di noi per farlo inventano leggi, o disegnano linee sulla strada, o mettono dighe ai fiumi o isolano isotopi o migliorano la qualità dei reggiseni. Altri fanno la guerra. Altri ancora scrivono libri. Quelli più matti scrivono libri. Non ci resta che trascorrere le nostre ore di veglia nel tentativo di riordinare e cercare di dare un senso a questo perenne pandemonio. Creare schemi e proporzioni lì dove in realtà non esistono. E questa mania di addomesticare e possedere, questa follia necessaria, è lo stesso bisogno che fa scattare e durare l'amore."

 

 


venerdì 7 dicembre 2018

Come Dio comanda

Come Dio comanda, Niccolò Ammaniti
"Io e te siamo una cosa sola. Io ho te e tu hai me.
Non c’è nessun altro. E quindi Dio non ci dividerà mai."
Un paesaggio spoglio e desolato, campi coltivati, tralicci della luce, scheletri neri contro l'orizzonte, fabbriche e centri commerciali, capannoni abbandonati e fatiscenti, strade lucide d'asfalto e pioggia che cade grigia e sottile su esistenze ai margini, affogate nell'alcol, nella disperazione, nel lavoro che non c'è, nella violenza. Pioggia fitta che gela le ossa e anestetizza l'anima.
Varrano, un paese anonimo e grigio sperduto in una pianura sconfinata. In questo scenario arido e disperato si muovono stancamente gli antieroi di questo romanzo, poveri disgraziati allo sbando che vivono di espedienti, pochi soldi, lavoro saltuario, tanti guai, la bottiglia come ancora di salvezza, la violenza cieca e brutale, l'unica legge.
Corrado Rumitz detto Quattro Formaggi come la pizza di cui è ghiotto, un disadattato dal cervello scombinato, fulminato dai cavi dell'alta tensione mentre pescava, vittima di scherno e prese in giro, scosso da tic, spasmi scomposti, una passione folle per il presepe.
Danilo Aprea, una vita normale, un lavoro, una bella famiglia. Ma poi un giorno tutto questo svanisce, la distrazione di un momento e ti trovi tra le mani il vuoto, la moglie va via, provando a rifarsi una vita e a lui rimane soltanto il senso di colpa lacerante e la bottiglia, unica amica fidata.
Rino Zeno, capelli rasati, muscoloso e tatuato, disoccupato, perennemente ubriaco e violento, con la bandiera nazista in camera, tra le mani una lattina di birra e un telecomando. Una vita allo sbando, tra alcol e sigarette, tanta rabbia cieca in corpo e un'unica certezza, Cristiano, suo figlio, l'unica cosa bella in questa vita storta e sbagliata. La sua unica paura quella di perderlo, che qualcuno possa separarli. Cristiano ha tredici anni, alto e magro come un chiodo, sveglio e coraggioso, è cresciuto in fretta, senza una madre e con un padre ribelle che lo ama a modo suo, che vuole insegnarli a difendersi, a cavarsela in ogni circostanza, senza farsi mettere i piedi in testa da nessuno. Ha perso la sua innocenza, costretto a fare i conti con una realtà dura e selvaggia. Un legame fortissimo il loro, viscerale, simbiotico, indissolubile, sono soli al mondo e possono contare l'uno sull'altro, nessuno potrà mai dividerli. Su questa strana coppia vigila Beppe Trecca, l'assistente sociale ansioso e distratto, un uomo fragile e insicuro dalla vita sentimentale incasinata. E poi la scuola, Fabiana ed Esmeralda due ragazze bellissime, il sogno di ogni ragazzo.
In una notte apocalittica di buia tempesta, tra fulmini, acqua che allaga il mondo, fango, pozzanghere, un bosco inquietante e oscuro, come in un brutto incubo le vite e il destino dei vari personaggi si intrecciano e da quel momento in poi nulla sarà più come prima.
Questo romanzo, vincitore del premio Strega nel 2007, racconta con uno stile crudo, duro e diretto di queste vite allo sbando, sopraffatte da una violenza cieca e brutale, bestiale e disumana come un pugno nello stomaco.
Un libro che trasuda desolazione tetra e senza speranza in ogni pagina, una violenza che è anche verbale e si traduce in un linguaggio forte, volgare, spietato. Antieroi negativi ed emarginati, che puzzano di birra e sudore, terra e fango, si aggirano in un paesaggio spettrale dove il buio prevale sulla luce. Menti agitate da demoni personali e pensieri perversi, bruciate dall'infelicità e da un profondo disagio esistenziale. Uomini randagi e incattiviti che mordono appena cerchi di fargli una carezza, bastonati dalla vita, sconfitti, marci dentro. Soli, feroci, in bilico tra rabbia furiosa e cupa disperazione.
Prese in giro crudeli, rancore covato per anni, amori smarriti lungo la strada, fantasie che generano mostri che in una notte di tempesta prendono vita, divorando tutto.
Un libro che ci parla di amore, morte, disperazione, di un mondo di reietti che cercano di sopravvivere nel buio.
E oltre il buio fitto una luce fioca e lontana, pallida fiammella guizzante al vento che però non si spegne, resiste, non riesce a rischiarare tutto il buio nero immenso, ma getta una luce tremolante, che ti guida in qualche modo nell'oscurità e ti fa andare avanti a tentoni, piegato, ferito, zoppicante. Il rapporto di amore assoluto che lega un figlio a un padre, un legame che resiste a tutto, mai messo in discussione, che va oltre la violenza, la paura, l'orrore, la morte, indistruttibile, tenace, fortissimo, a volte tutto sbagliato. È questa la debole fiamma che rischiara questa lunga notte nera come inchiostro che pagina dopo pagina ci inghiotte, disorienta, terrorizza, travolgendoci come un fiume in piena con un ritmo incalzante e frenetico, che serra il respiro in gola. Non basta a cancellare l'orrore, ma è tutto quello che resta per sopravvivere in quel deserto desolato, in questa povera terra di nessuno senza eroi, dove la follia, la violenza, la solitudine, la disperazione sono il pane quotidiano, dove si vive nel presente travagliato e incerto, il passato non esiste più e il futuro è un miraggio lontano, dove ciascun personaggio agisce inseguendo i propri fantasmi deliranti, cercando tracce di improbabili miracoli, dove la vita scorre come dio comanda.
Quella debole luce è tutto ciò che resta in questa oscurità senza fine e forse non basta.
 
***
"Non parlare di libertà. Tutti sono bravi a parlare di libertà. Libertà di qua, libertà di là. Ci si riempiono la bocca. Ma che diavolo te ne fai della libertà? Se non hai una lira, un lavoro, hai tutta la libertà del mondo ma non sai cosa fartene. Parti. E dove vai? E come ci vai? I barboni sono i più liberi del mondo e muoiono congelati sulle panchine dei parchi. La libertà è una parola che serve solo a fottere la gente. Sai quanti stronzi sono morti per la libertà e nemmeno sapevano che cos'era? Sai chi sono gli unici ad averla? La gente che ha i soldi. Quelli sì... rimase in silenzio a rimuginare e poi poggiò la mano sul braccio del figlio. Vuoi vedere qual è la mia libertà? Cristiano fece sì con la testa. Rino tirò fuori da dietro la schiena una pistola. Questa signorina qui di cognome fa libertà e di nome fa 44 Magnum".
"Barcollò provando una vertigine, sollevò le braccia verso le nuvole, gettò la testa indietro e s'immaginò di cacciare fuori tutto quello che teneva dentro, quella rabbia nera, quella paura, quella sensazione di non contare un cazzo, di essere il più sfigato del pianeta, il più solo e disperato essere del mondo. Fuori. Sì, fuori. Doveva sputare fuori dalla bocca tutti i pensieri, tutte le angosce, tutto. E trasformarsi in un cane nero. Un cane nero, un cane senza cervello, che correva allungando le zampe, curvando la schiena, rizzando la coda. Toccava appena terra e si distendeva perfetto come un angelo."