giovedì 25 giugno 2020

Niente caffè per Spinoza

Niente caffè per Spinoza, Alice Cappagli
"Non v'è grand'uomo per il suo maggiordomo."
Maria Vittoria è una giovane donna dalla vita incasinata, un marito che le parla a monosillabi, anaffettivo e combina guai, una suocera petulante, pochi soldi e un disperato bisogno di un lavoro.
Luciano Farnesi professore di filosofia in pensione, non provate a chiamarlo diversamente, è un uomo anziano, malato, provato dalla vita, ha perso la vista e ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lui, della casa ma soprattutto gli legga i suoi adorati libri di filosofia.
Capelli bianchi arruffati, media statura, perennemente infagottato in pesanti maglioni di lana per sconfiggere il freddo che gli attanaglia le ossa, segni particolari: odio profondo per le zucchine lesse e briciole in tasca.
Tra i due si instaura un forte legame fatto di complicità, risate, silenzi, massime filosofiche, la filosofia non è qualcosa di astruso e incomprensibile ma qualcosa che può farci comprendere meglio la vita e le piccole cose di tutti i giorni, sciogliendo i dubbi e le paure che troppo spesso ci tormentano.
Sullo sfondo una splendida Livorno descritta dettagliatamente nei suoi luoghi tipici, la terrazza Mascagni, Villa Fabbricotti, il mercato, il mare e quel vento sbarazzino che scompiglia cuore e e pensieri.
E poi la casa del prof, la sua immensa biblioteca, i suoi amati giornali, le sue lettere, una casa piena di luce, vento e aria salmastra, che profuma di mare, vivo e ribollente.
Una casa piena di luce perché è importante fare scorta di luce per i momenti bui, quelli che verranno dopo.
Questa frase mi ha colpito e mi ha fatto amare questo libro, il libro giusto al momento giusto.
 È di vitale importanza fare scorta di luce per contrastare il buio, scorta di ricordi belli e intensi per contrastare quello che stiamo vivendo, questo tempo fisso e immobile.
Scorta di mare, che ora mi sembra remoto e lontano anche se lo sento urlare dietro le finestre chiuse, a due passi da qui.
E poi una miriade di personaggi buffi, teneri, simpatici, gli amici del prof che si perdono nelle loro mille dissertazioni filosofiche, la Vally, piccola e tirannica, la vicina del kgb e il suo carrello della spesa, la vulcanica Elisa, alle prese con la sua vita complicata sempre di corsa e poi Angelo, un uomo buono che viene dal mare.
Una scrittura limpida, cristallina, tersa, che affronta tematiche importanti la vita, la morte, l'amicizia, la malattia, prendersi cura dell'altro con rispetto, pudore e tenerezza, con un soffio lieve e delicato e una punta di ironia.
E poi i pensieri dei grandi filosofi che costellano la narrazione, Epitteto, Pascal,
Sant' Agostino, che arrivano sempre al momento giusto a illuminare i momenti di confusione e incertezza interiore.
Parole essenziali e preziose, perché il professor Farnesi lo sa, le parole sono importanti.
Una bella e tenera amicizia quella tra Maria Vittoria e il suo Prof, lei i suoi occhi per leggere, lui un faro che le illumina la vita, donandole voglia di fare e nuove energie, aiutandola a superare la sua vita di prima, piena di muffa e spifferi gelidi.
Il libeccio, il profumo del mare e della schiacciata, il sole che entra a secchiate dai vetri, l'aroma inconfondibile di un buon caffè, dialoghi avvincenti e ironici, malinconia a tratti come nebbia che sale dal mare ma non vela le stelle, che splendono fulgide nel cielo.
Il libro giusto al momento giusto, un piccolo scrigno di luce per il buio intorno, i profumi, i colori e gli odori, gli accenti tipici di Livorno, ventosa e riarsa dal mare, una città che mi sembra di conoscere un po' senza esserci mai stata, questo libro ti fa venire una voglia pazzesca di andarci.
Il segreto è tutto qui gentilezza, rispetto reciproco, prendersi cura dell'altro.
Ci sono libri speciali che ci aprono mente e cuore e possono fare miracoli a volte, perfino cambiarci la vita.
E poi un'intensa riflessione sulla vita stessa che segue il suo corso naturale, mettendo da parte piccoli sprazzi di luce che ci torneranno utili quando sarà buio, buio abitato da mille stelle accese.
***
Prenda un po' il libretto di Schopenhauer, che le faccio leggere una cosuccia che mi è venuta in mente ora.
Sembrava si fosse rianimato. Posai lo spray e lo straccio.
-L'arte di trattare le donne, ricorda? Quel libretto lì che ormai conosce.
Andai a rovistare nello studio.
- Cerchi la sezione sul matrimonio, la voglio omaggiare di una vera e propria perla.
"Il matrimonio è una trappola che la natura ci tende." Questa, professore?
Rise. Più avanti, più avanti, legga cosa dice sul matrimonio d'amore...
"Sposarsi solo per amore e non doversene pentire molto presto, anzi sposarsi in genere, significa mettere la mano in un sacco con gli occhi bendati e sperare di tirar fuori un'anguilla da un mucchio di serpi."
Stavolta risi io, di gusto: Vede il mondo rosa, questo filosofo, eh?
-Per l'esattezza disse che questo è il peggiore dei mondi possibili.
E lei è d'accordo?
-Sono più d'accordo con quello che diceva che questo è il migliore dei mondi possibili.
E questi due andavano poi a cena insieme, come i politici?
-Impossibile. Un paio di secoli di differenza.
"Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori."



venerdì 19 giugno 2020

Sylvia Penton esce dal letargo

Sylvia Penton esce dal letargo, Jane O' Connor
"Ai ricci di tutto il mondo"
Il riccio è un buffo e tenero animaletto notturno, è raro che si veda di giorno, se accade è perché è ferito o malato.
Sembra fragile e indifeso ma è ricoperto da aculei, che possono arrivare a settecento, la sua strenua, ingenua difesa dal mondo.
Se è spaventato si chiude a palla, a riccio appunto, ma questo modo di fare non lo protegge dalle automobili che sfrecciano veloci sulla strada.
Mangia lumache e lombrichi e d'inverno va in letargo nel suo nido di foglie. Più che un lungo sonno, una sorta di torpore.
Se viene svegliato troppo presto può morire, stessa cosa se non ha mangiato a sufficienza nei mesi precedenti.
Si iberna da solo ma può anche condividere la tana con un compagno/a.
Si sveglia in primavera per nutrirsi e fidanzarsi.
I piccoli ricci nascono ciechi e dopo pochi giorni sanno già appallottolarsi, protetti dagli aculei.
Sono animaletti solitari. Nel sedicesimo secolo si pensava fossero streghe mascherate e dispettose che di notte bevevano il latte delle mucche, facendo infuriare gli allevatori. In realtà sono animaletti innocui e semplici, meritevoli di amore, non tutti hanno le pulci.
Leggendo questo fantastico libro ho imparato tutte queste cose sui ricci, un animaletto a me affine.
No, non ho le pulci, ma aculei pungenti, e se ho paura o qualcuno mi delude-ferisce mi chiudo in me stessa ed è praticamente impossibile stanarmi. Pungo insomma, in inverno vado in letargo, riemergo di solito in primavera.
Un acquisto libresco impulsivo e al buio, nel senso che non conoscevo minimamente questo libro, promettente esordio della scrittrice, ma il riccio disegnato sulla copertina e la parola letargo nel titolo mi hanno folgorato, quindi l'ho portato a casa d'istinto.
No, questo libro non c'entra nulla con l'eleganza metaforica del riccio, qui ci sono ricci veri e propri, buffi, indifesi e simpatici.
Una scrittura vivace, scorrevole, ironica, divertente, che fa sorridere e riflettere, che mi tenuta incollata alle pagine per due giorni, un libro originale che mi è piaciuto molto.
Chi è Sylvia Penton?
Potrebbe essere la zietta più anziana di Eleanor Oliphant, stessa solitudine opprimente, a tratti insopportabile, quel monologo incessante con i propri pensieri ingannevoli a volte, stesse fantasie amorose irrealizzabili e impossibili.
Sylvia ha 52 anni, una famiglia che odia e ama, una sorella esuberante, una nipote che un po' trascura, un cognato antipatico e scortese e un lavoro all'università come assistente personale di Prof.
Prof è un uomo colto, intelligente, affascinate, il suo amore segreto ma non troppo, il suo sogno irrinunciabile.
Sylvia lo ammira, lo aiuta quotidianamente nel suo lavoro, è innamorata di lui e vuole proteggerlo a tutti i costi.
Nel tempo libero e per rendersi più simpatica di quella che è, fa la volontaria presso un rifugio per ricci abbandonati gestito dal signor Jonas, un uomo buono, taciturno e saggio, che cerca di tenere così in vita il ricordo della moglie scomparsa.
Ma quando sulla scena compare la sinuosa e biondissima Lola, giovane dottoranda promettente, Sylvia dovrà lottare strenuamente per difendere i suoi sogni e il suo amore.
Tra ricci indifesi, un oscuro segreto sepolto nel passato, accademici affascinanti, strambe amiche e un motociclista distratto, Sylvia dovrà svegliarsi dal letargo in cui si è rifugiata per anni e aprire gli occhi, affrontando finalmente la vita vera, reale, la sua vita, fatta di feroce solitudine e cocenti delusioni, rimpianti ed errori forse imperdonabili, ma anche di piccole, essenziali, vitali, inaspettate gioie, come un riccio timido e un po' stralunato che appena uscito da letargo si gode il tepore del sole primaverile e il meraviglioso risveglio della natura.
***
"Il vecchio Jonas, che gestisce il rifugio, è un uomo triste, che mantiene vivo il ricordo della moglie portando avanti questo posto, che lei amava. Un cardigan in forma di umano, è la migliore descrizione che possa fare di lui, tutto lanuginoso, con le tasche piene di fazzoletti e di caramelle toffee. Tiene i pantaloni pinzati con dei fermapantaloni da bicicletta, per ragioni che sfuggono alla mia comprensione, e nelle giornate più fredde si cala un berretto di lana marrone sulle orecchie. Ha una testa di riccioli grigi, e la barba dello stesso colore, occhiali dalla montatura vecchia e grossa, tenuti insieme con il nastro adesivo trasparente, e la corporatura rotonda di un uomo a cui piacciono un po' troppo i dolci.
Odore di terra, di animali e di tè, ed è la persona più innocua che ci si possa augurare di incontrare."
"Bisogna prendere la felicità dove si può, in questa vita.
Finisce troppo in fretta, e la morte dura a lungo."
"Bel branco di strambi siamo, eh, Sylvia?" ha detto, afferrando il giocattolo e provando a strapparlo dalle fauci del cane.
"Tu, io... e anche gli animali: Igor, i ricci e persino Jack e Jill. Tutti perduti e annichiliti ciascuno a suo modo, sbattuti insieme in questo angolino di Londra, dove ci aggrappiamo alla vita con le unghie e con i denti."
"E ci prendiamo cura l'uno dell'altro" ho aggiunto io, e ci siamo scambiati un sorriso d'intesa di fronte a quella situazione tanto ridicola e triste, perché sappiamo tutti e due che Hartland Road è un rifugio tanto per noi, quanto per i ricci.
"Forse non sono stati capiti, in passato, ma la verità è che sono creature preziose e innocue (tranne per le lumache).
Il solo fatto che non sia semplice accarezzarli e che conducano un'esistenza quasi segreta non significa che non valga la pena di amarli. Si comportano da ricci, semplicemente. E non hanno le pulci; non tutti."



lunedì 8 giugno 2020

Dal diario di una signora di New York

Dal diario di una signora di New York, Dorothy Parker
Undici brevi racconti che mettono a nudo l'ipocrisia, la superficialità, la solitudine profonda, l'infelicità, l'amicizia, l'amore, la fama effimera e ingannevole, la disperazione di donne sole e fragili, il naufragio di esistenze piccolo borghesi della middle class americana nel periodo compreso tra le due guerre.
Racconti attraversati dalla voce unica e inconfondibile di Dorothy Parker, dalla sua ironia graffiante e caustica, cinica e brillante.
Donne sole e infelici che si consumano nell'attesa spasmodica di un telefono che forse non squillerà mai.
Donne malinconiche e lontane.
Donne che non riescono a dimenticare quell'amore spezzato e vagano in taxy lungo strade caotiche, smarrite e confuse, accecate da una fama labile e illusoria, donne infelici, abbandonate, che lottano per sopravvivere o riempiono il vuoto di giornate senza fine annegando l'amarezza nell'alcol e nelle feste mondane, che danzano un lungo lento valzer infernale.
Amori finiti, solitudini, incomunicabilità, frustrazioni, uomini perennemente in fuga, lontani e inaffidabili, donne inquiete e sull'orlo di una crisi di nervi, esistenze alla deriva attaccate al filo del telefono e su tutto lo sguardo lucido, impietoso, ironico, divertito e amaro di Dorothy Parker.



venerdì 5 giugno 2020

Per ricominciare guarda tra le pagine di un libro

Per ricominciare guarda tra le pagine di un libro
Ali Berg
Michelle Kalus
Bea Babbage ha trent'anni e una passione smisurata per i libri, dopo uno spiacevole incidente verificatosi al matrimonio della sua migliore amica Cassandra, decide di ricominciare altrove, nuova città, nuovi amici, nuova vita.
Ma il lavoro si rivela piuttosto deludente e trovare nuovi amici non è poi così facile in una città immensa, l'unica consolazione restano i suoi amati libri e il buonissimo caffè (che crea una seria dipendenza) di Dino, il suo barista preferito, poeta in erba taciturno e silenzioso dagli abiti extra large e i mille tatuaggi.
Quando tutto sembra andare per il verso sbagliato un libro scoperto casualmente, ricco di profonde annotazioni scritte da una mano misteriosa e un uomo affascinante dagli occhi nocciola e dal sorriso irresistibile bussano alla porta di Bea, sconvolgendo la sua vita.
Quel libro e la ricerca delle scrittore misterioso sembrano rapirla completamente, coinvolgendola in una ricerca serrata.
Tra nuove sfide lavorative, una sorella super star di instagram, vere amiche, un furetto dispettoso, un amore appassionante e strambe disavventure, Bea riuscirà finalmente a ritrovare la fiducia in se stessa e forse anche l'amore, perché non è mai troppo tardi per ricominciare e spesso i libri possono salvarci la vita, una bussola nel caos, un faro nel buio.
Un romanzo frizzante, ironico dal ritmo rapido e scorrevole, una lettura piacevole, ricca di numerosi riferimenti libreschi, ho segnato un paio di titoli che non conoscevo e mi hanno incuriosita parecchio.
Il secondo romanzo delle due autrici australiane si è rivelato una piacevole sorpresa, una lettura lieve giunta al momento giusto, in un periodo in cui non avevo voglia di letture cupe e opprimenti.
I libri possono davvero venirci in aiuto, in modi impensabili e imprevedibili, pura magia di inchiostro e parole.
"Le sembrava di conoscerlo già.
Le frasi spontanee che punteggiavano le pagine di quel libro le erano arrivate al cuore. Il modo leggero in cui erano scritte e la spensieratezza di curve, anse e inchiostro le erano penetrati sotto la pelle."