lunedì 28 settembre 2015

Via dalla pazza folla



Via dalla pazza folla (Far from the Madding Crowd) T. Hardy (1874)

In questo libro siamo ancora lontani dal cupo fatalismo senza speranza di salvezza dei successivi romanzi di Hardy (Tess of the  d’Urbervilles e Jude the Obscure) che schiaccia inesorabilmente vite e sogni dei protagonisti, qui per la prima volta appare un rassicurante  lieto fine a  ristabilire un sereno equilibrio, nonostante la burrasca degli eventi.
 Il romanzo è ambientato nel Wessex, tra campi e fattorie, dove il tempo scorre immutabile e lento.
Tra cieli e paesaggi naturali incantevoli  si intrecciano le vicende di Bathsheba Everdene bella, indipendente e seducente e dei tre uomini che le ruotano intorno, che incarnano rispettivamente l’amore leale, protettivo e  fedele, la passione folle che fa perdere il senno, la seduzione scaltra e mutevole.
Intense e suggestive le descrizioni della natura, tuttavia tra i libri di Hardy è quello che mi è piaciuto meno, forse nutrivo aspettative troppo alte, a tratti ho trovato la traduzione faticosa e poco scorrevole, da aggiornare forse, anche se è indubbiamente un classico che merita di essere letto. Bellissimo e geniale il titolo del romanzo, via dalla pazza folla e dal suo inutile chiacchiericcio verso la natura incontaminata e il vero amore, forte, tenace e indistruttibile.


venerdì 11 settembre 2015

Fiaba d'amore

Fiaba d’amore, Antonio Moresco

“Libellula, bella libellula, dai a lui le tue ali”.

Tra chiarore e oscurità, luce e ombra, parole sussurrate che diventano quasi una nenia, mentre la neve imbianca la città e il mondo dei vivi si confonde con quello dei morti.
Antonio e Rosa. Un vecchio pazzo che vive per strada tra cartoni e stracci, che ha dimenticato chi era, non sa più parlare né sorridere, un colombo messaggero come unico amico.
Una ragazza bellissima dagli occhi neri, che un giorno inspiegabilmente lo porta  a casa con sé, lo lava, se ne prende cura, lo ama. Trovarsi e riconoscersi, l'amore è tutto qui. Un amore salvifico, calore puro  nel freddo di una città indifferente, un amore fatto di sguardi mani intrecciate tenerezza, abbracci, sofferenza, lontananza, repentino abbandono, che  torna sui propri passi  e trascende la morte e le brutture del mondo, un amore potentissimo oltre il quale non c’è nient’altro.
Una fiaba struggente che con un linguaggio semplice riesce a descrivere dettagliatamente l’indescrivibile, anche  quello che spesso scegliamo di non vedere e affronta tematiche importanti, la solitudine, l’abbandono, il rifiuto, la vita degli invisibili, l’amore e la meraviglia che possono salvarci, contro ogni logica. Il vecchio pazzo e la ragazza bellissima, lo scrittore e la sua amata  creatura, legati indissolubilmente in un  limbo dove l’impossibile diventa possibile, dove soltanto   l’incanto della parola creata che diventa viva e scalda, riuscirà a salvarci dalla morte e dall’orrore del mondo.

  “Andavano avanti così, lentamente, senza parlare, nel mondo che si accendeva, e i passanti che incrociavano sul marciapiede si giravano a guardare sbalorditi quei due, un vecchio straccione dai capelli lunghi e dal naso rotto e una meravigliosa ragazza che stavano camminando abbracciati.
Se avessero alzato gli occhi al di sopra della città e delle case e dei palazzi e dei tetti, avrebbero visto anche la forma di un colombo che stava volando sopra di loro, con la sua ala ferita, con il suo volo sghembo, nel cielo.”

“Io me ne stavo là da solo, al freddo, per strada…Perché mi hai cercato?”
“Io ho indovinato chi sei, ti ho riconosciuto…”




martedì 1 settembre 2015

Lettera al mio giudice



Lettera al mio giudice, G. Simenon

Labile è il confine tra amore e ossessione. Una  passione  totale e sconvolgente che irrompe all’improvviso in una notte di pioggia nella vita di un uomo irreprensibile, medico stimato, marito e padre, infelice e insoddisfatto, e poi cresce, divampa, si mescola al terrore dell'assenza e cambia pelle diventando gelosia, violenza, incubo, fantasmi che assediano la mente e la sconvolgono.
Una lucida follia, perché per far vivere la vera Martine, innocente e  pura, occorre distruggere l’altra,
”la bugiarda, la viziosa, quella dei cocktail, delle sigarette e dei bar, gli sgabelli alti e le gambe accavallate, la sfacciata familiarità con i baristi, le civetterie con tutti gli uomini che le capitavano a tiro”, quella di prima.
Una scrittura tagliente e incisiva, affilata come un rasoio, precisa ed essenziale, che squarcia il velo della rassicurante quotidianità e ci lascia intravedere l’abisso che inghiotte e dissolve un uomo e una donna.
Amore passione folle ossessione.

“Il miracolo è che io l’abbia incontrata, è quel doppio ritardo che ci ha condotti uno di fronte all’altra; ma il fatto più straordinario è che io, Charles Alavoine, una notte che ero ubriaco come lei e che con lei avevo trascinato vilmente la nostra nausea per le vie sporche di pioggia, abbia avuto quell’intuizione improvvisa. Non è stata una vera intuizione, sarebbe più esatto dire che ho intravisto, nel buio profondo in cui brancolavamo, un tenue chiarore in lontananza.
In fondo il vero miracolo è che mi sia venuta voglia, chissà perché, forse perché anch’io mi sentivo solo, perché a volte avevo desiderato sedermi su una panchina e non muovermi più, forse perché mi era rimasto un barlume di vitalità e perché non tutto era spento in me, il vero miracolo è stato che io abbia voluto avvicinarmi a quel chiarore fraterno e cercare di capirlo, e che quel desiderio inconscio sia bastato a farmi superare tutti gli ostacoli.
Non sapevo neppure, allora, che quello era amore”.