sabato 30 maggio 2015

Il linguaggio segreto dei fiori

Il linguaggio segreto dei fiori,Vanessa Diffenbaugh (2011)

Non mi fido, come la lavanda
mi difendo, come il rododendro
sono sola, come la rosa bianca, e ho paura.
E quando ho paura, la mia voce sono i fiori.


Un romanzo delicato e tenero come i petali di un fiore, lieve, impalpabile ed emozionante.
 I fiori rappresentano l'universo emozionale di Victoria, la giovane protagonista del libro, un passato difficile alle spalle, tra istituto e famiglie adottive, fragile, inquieta, ribelle, scontrosa, arrabbiata con il mondo intero, terrorizzata dal contatto fisico, dai rapporti interpersonali e dall'amore, eppure bisognosa di affetto e tenerezza. Esprime i propri sentimenti attraverso i fiori che diventano parole profumate e segrete con un preciso significato, e dopo un tortuoso percorso di crescita personale, Victoria arriverà a trovare se stessa e l'amore, sciogliendo i nodi dolorosi e intricati che le legano l'anima.
 Uno stile semplice, limpido, essenziale, il linguaggio segreto dei fiori diventa universale linguaggio dell'anima, l'unico in grado di sanare le ferite del cuore e donare serenità.




mercoledì 27 maggio 2015

Super Flop: Follia, La camera azzurra, La sposa giovane



Approfittando di una promozione in libreria  ho letto "Follia" di McGrath e "La camera azzurra" di Simenon.
Mi aspettavo di più, sono rimasta molto delusa da entrambi i libri.
Il primo l'ho trovato freddo, asettico, sterile, l'io narrante è uno psichiatra che non sa nemmeno cosa sia la psichiatria, la trama è inverosimile, scontata e prevedibile, quasi una telenovela macabra.
La camera azzurra è un libricino scorrevole, si legge in poche ore, ma non ho letto nè percepito nessuna passione, ossessione, emozione travolgente tra i due protagonisti, nessun approfondimento psicologico dei personaggi, al di là della bella copertina azzurra e delle pagine iniziali il libro è costituito interamente da una serie di flashback e interrogatori che mi hanno lasciato piuttosto indifferente.
Questi libri non riescono a coinvolgermi, nè dal punto di vista narrativo nè da quello stilistico, li leggo in poche ore e non mi trasmettono nulla.
Di Simenon mi erano piaciuti molto Tre camere a Manhattan e Lettera al mio giudice, ma quest'ultimo si è rivelato una delusione totale. Molto rumore per nulla.

La sposa giovane (Baricco): il crollo di un mito, una delusione enorme e non ho altro da aggiungere su questa faccenda.

 Super flop!








Il profumo

Il profumo, P. Suskind (1985)

“Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell'epoca non povera di geniali e scellerate figure.
Si chiamava Jean-Baptiste Grenouille e se il suo nome, contrariamente al nome di altri mostri geniali quali de Sade, Saint-Just, Fouché, Bonaparte, oggi è caduto nell'oblio, non è certo perché Grenouille stesse indietro a questi più noti figli delle tenebre per spavalderia, disprezzo degli altri e immoralità, bensì perché il suo genio e unica ambizione rimase in un territorio che nella storia non lascia traccia: nel fugace regno degli odori.”

Perverso, intenso, velenoso, inebriante, feroce, mostruoso, folle profumiere geniale, inventore di un profumo sublime e dolcissimo capace di stregare e far innamorare l’umanità intera, di catturare l’anima, la pura essenza delle sue giovanissime vittime.
Ma questo malvagio prodigio non svela al carnefice il mistero più importante, la propria identità, non lo porta a conoscere se stesso, il proprio essere, chi è davvero, bellezza, orrore e crudele deformità senza odore, e allora tutto si rivela inutile e non resta che il delirante, orgiastico annullamento finale.

“Colui che domina gli odori, domina il cuore degli uomini”.

"Anche se il suo profumo di fronte al mondo lo faceva apparire come un Dio, se non riusciva a sentire il proprio odore e se quindi era condannato a non sapere mai chi egli fosse, se ne infischiava, se ne infischiava del mondo, di se stesso, del suo profumo."


domenica 3 maggio 2015

Hikmet, poesie sparse...

Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d'estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro.

 ...

 Nelle mie braccia tutta nuda
la città la sera e tu
il tuo chiarore l’odore dei tuoi capelli
si riflettono sul mio viso.

Di chi è questo cuore che batte
più forte delle voci e dell’ansito?
è tuo è della città è della notte
o forse è il mio cuore che batte forte?

Dove finisce la notte
dove comincia la città?
dove finisce la città dove cominci tu?
dove comincio e finisco io stesso?

...

 Senza nessuna ragione qualcosa si rompe in me
e mi chiude la gola
Senza nessuna ragione sobbalzo ad un tratto
lasciando a mezzo lo scritto
senza nessuna ragione nella hall di un albergo
sogno in piedi
senza nessuna ragione l'albero sul marciapiede
mi batte in fronte
senza nessuna ragione un lupo urla alla luna
iroso infelice affamato
senza nessuna ragione le stelle scendono a dondolarsi
sull'altalena del giardino
senza nessuna ragione vedo come sarò nella tomba
senza nessuna ragione nebbia e sole nella mia testa
senza nessuna ragione mi attacco al giorno che inizia
come se non dovesse finire mai più
e ogni volta sei tu
che sali dalle acque.

   

.

Non ho bisogno di tempo
per sapere chi sei:
conoscersi è luce improvvisa.
Chi ti potrà conoscere
là dove taci, o nelle
parole con cui tu taci?
Chi ti cerchi nella vita
che stai vivendo, non sa
di te che allusioni,
pretesti in cui ti nascondi.
E seguirti all'indietro
in ciò che hai fatto, prima,
sommare azioni a sorriso,
anni a nomi, sarà
come perderti. Io no.
Ti ho conosciuto nella tempesta.
Ti ho conosciuto, improvvisa,
in quello squarcio brutale
di tenebra e luce,
dove si rivela il fondo
che sfugge al giorno e alla notte.
Ti ho visto, mi hai visto, ed ora,
nuda ormai dell'equivoco,
della storia, del passato,
tu, amazzone sulla folgore,
palpitante di recente
ed inatteso arrivo,
sei così anticamente mia,
da tanto tempo ti conosco,
che nel tuo amore chiudo gli occhi,
e procedo senza errare,
alla cieca, senza chiedere nulla
a quella luce lenta e sicura
con cui si riconoscono lettere
e forme e si fanno conti
e si crede di vedere
chi tu sia, o mia invisibile.
 (Salinas)
          



da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-121109?f=a:3383>

Tre camere a Manhattan


Tre camere a Manhattan, G. Simenon (1946)

Si può essere molto soli nel caos indifferente di una grande città, Kay e Francois lo sanno bene.
Una donna non più giovane, un attore affascinante. Un incontro casuale al bancone di un bar, una passione travolgente che non muore nel giro di poche ore, ma diventa preludio di un amore impetuoso, geloso, tormentato, famelico, doloroso. Personaggi vivi, nitidi, una città caotica che vive e respira con loro, un amore che nasce sfidando ogni logica, una passione istintiva che penetra in ogni molecola, facendosi pelle, respiro, odore, lacrime, abbandono, tormento, debolezza, paura, un amore nato per caso, che diventa rifugio segreto di due anime smarrite, ferite dalla solitudine e dal logorio feroce dei giorni. Una scrittura semplice, essenziale, tagliente e realistica.

“Gli andava incontro sorridendo, un sorriso ancora un po' timido e come impacciato, e lui ebbe
l'impressione quasi sacrilega di assistere alla nascita della felicità”.

 


Quel fantastico giovedì


Quel fantastico giovedì (Sweet Thursday) John Steinbeck (1954)

C’è gente che dirà che questo racconto
è inventato di sana pianta, ma una cosa
non è necessariamente una bugia anche se
non è necessariamente accaduta.

Questo romanzo è il sequel di “Vicolo Cannery”, Steinbeck ritorna nel mondo allegro e multiforme abitato da personaggi strampalati e spassosi, vagabondi, simpatiche canaglie, sfaccendati, ladruncoli e prostitute, che vivono ai margini della legalità ma hanno un gran cuore e buoni sentimenti.
Il punto di riferimento nel loro caos variopinto e sconclusionato è rappresentato dal protagonista il dottore “doc” tornato dalla guerra. Questo personaggio è ispirato al migliore amico dello scrittore, il biologo marino Ed Ricketts scomparso tragicamente in un incidente stradale, ma in lui c’è anche  qualcosa dello stesso Steinbeck.
Studioso solitario e riservato, amante della musica classica e delle scienze, torna dalla guerra inquieto e malinconico, insoddisfatto, cambiato, chiudendosi in se stesso e nei propri studi. Tutti i suoi amici si ingegneranno nel tentativo di fargli tornare il sorriso e la voglia di vivere. E dopo una serie di peripezie e vicende rocambolesche ci sarà il tanto atteso lieto fine. Sarà Suzy una ragazza dal passato complicato, vivace e spontanea a fargli tornare la voglia di vivere “quel fantastico giovedì in cui tutto può accadere”, sancendo il trionfo del ritorno alla “normalità” dopo le ferite che la guerra ha impresso nell’animo di ciascuno. E' straordinario come ogni libro di questo scrittore  sia unico,  diverso dagli altri, nella tematica e nello stile, qui siamo ben lontani dalle atmosfere cupe e drammatiche dei suoi celebri capolavori.
Questo libro è ironico, brillante, quasi comico, ricco di dialoghi vivaci, frizzanti, ha un linguaggio semplice e brioso, la lingua degli umili, della gente comune. Eppure dietro l’apparente leggerezza e lievità dei toni, Steinbeck strizza l’occhio al lettore, rivendicando la sua totale indipendenza da un gruppo intellettuale elitario e saccente, che prende in giro in modo scanzonato, scrittori che non sanno scrivere e si assurgono a grandi critici. Emblematica e surreale la figura di Joe Elegant, il cuoco del bordello, impegnato da anni nella stesura di un romanzo “che non è roba per le masse” scritto con inchiostro verde su carta verde, una cosa inutile e incomprensibile.
La scrittura di Steinbeck è eccezionale perché si rivolge a ciascuno di noi, all’umanità intera, alla gente comune, con un linguaggio universale che arriva a toccare direttamente la sensibilità di tutti noi lettori, senza sofismi incomprensibili e artifici inutili. In questo libro lo fa utilizzando un registro ironico e divertente, una ventata di aria fresca, limpida, una bella storia d’amore , un’immersione in un mondo di personaggi spiritosi, amabili e irriverenti. Se volete conoscere uno Steinbeck un po’ diverso rispetto ai suoi grandi capolavori (Furore, Uomini e  topi, La valle dell’Eden…) e sorridere, vi consiglio di leggere questo libro, a me è piaciuto molto.

“Quel fantastico giovedì è un messaggio agli uomini di buona volontà e di buon senso”.

Voglio che tu ripeta con me: “Sono Suzy e nessun altra”.
“Sono Suzy e nessun’altra”.
“Valgo qualcosa”.
“Valgo qualcosa”.
“Non ce n’è un’altra come me in tutto il mondo”.
“Non ce n’è… porca troia! Ora mi si arrossano gli occhi”.
“Sono graziosi in quel modo” disse Fauna.

“Avete davanti a voi uno sciocco” disse. “Sono un uomo ragionevole, relativamente intelligente, quoziente intellettuale 182, Università di Chicago, master e Ph.D. Uomo ben informato nel suo campo e non del tutto ignorante in alcuni altri. Guardatelo, quest’uomo! Sta per fare una visita di circostanza a una ragazza che abita in una caldaia. Ha preso per lei una scatola di cioccolatini. Ha una paura matta. Perché? Ve lo dico io. Ha paura che la ragazza non lo approvi. E’ terrorizzato. Capisce che è tutto molto buffo, ma non riesce a riderci sopra. Mettiamola così: non c’è niente da fare. Si dice che uno a cui abbian tagliato la gamba se la ricordi sempre. E io mi ricordo di quella ragazza. Non mi sento intero senza di lei. Non sono vivo senza di lei. Quando era vicino a me ero più vivo di quanto lo sia mai stato, e non solo quando era di buon umore. Mi sentivo intero anche quando si litigava. Allora non capivo quanto fosse importante, ma ora sì. Non sono un addormentato. Lo so che se me la prendo ne passerò di brutte. Parecchie volte manderò  accidenti al primo giorno che l’ho vista. Ma so anche che, se non ci riesco, non mi sentirò mai un uomo intero. Vivrò una vita dimezzata e grigiastra, e piangerò la mia ragazza perduta ogni ora che mi resterà da vivere. Da quei rettili pensosi che siete, voi vi chiedete: perché tanta furia? Guarda un po’ più in là! Ce n’è anche di meglio! Ma voi non ci siete dentro. Vi devo dire che per me non solo non c’è niente di meglio, ma non c’è nient’altro, assolutamente. C’è il deserto, se manca lei. E ora prendete su e portate a casa!”

“Mi saprebbe dire, senza strofinarmici il naso dentro, che cosa cerca lei in un uomo? Mi potrebbe servire… per un’altra volta”.
“Forse quello che voglio non si trova in nessun posto, ma io lo voglio. E allora ci credo, che ci sia.
Voglio uno che si aperto, chiaro come il sole. Voglio che sia un uomo per davvero, magari difficile a maneggiare, ma che gli si legga dentro. Può mettere le zampe addosso a chi vuole, ma non a me. Dev’essere uno di quelli che, se non hanno me, non hanno nulla.”

 

Uomini e topi


Uomini e topi, John Steinbeck (1937)

Spesso i progetti anche i più buoni,
che fanno i topi e fanno gli uomini,
finiscono in niente e in luogo della gioia
restano soltanto dolore e stenti.
 
(Robert Burns)

Un romanzo breve e intenso, il cui titolo inizialmente doveva essere semplicemente “Something that happened”, ispirato a  un episodio accaduto realmente in una fattoria della California,  mutato poi in  “Of mice and men”, un chiaro riferimento ai versi di Robert Burns.
In Italia lo ha tradotto nel 1938 Cesare Pavese, quando “accadde ad alcuni giovani italiani di scoprire l’America, un’America pensosa e barbarica, felice e rissosa, dissoluta, feconda, greve di tutto il passato del mondo, e insieme giovane, innocente”.
Questo è un piccolo grande libro, un centinaio di pagine, dal linguaggio semplice, colloquiale, spontaneo, la lingua parlata dagli umili, da chi vive ai margini della storia e lotta faticosamente per sopravvivere.
Questa è la storia di un sogno, semplice e immenso, il sogno di George e Lennie, due lavoratori stagionali, abituati al duro lavoro e a una vita girovaga, senza radici.
George “basso e vivace, fosco in viso, dagli occhi impazienti, dai tratti taglienti e vigorosi, mani piccole e forti, braccia smilze, naso sottile e ossuto, tutto in lui era risoluto”. E poi c’è Lennie un gigante buono con la mente di un bambino, ingenuo e  tenero, con una forza smisurata che non riesce a controllare, che ama accarezzare i cagnolini e sogna di allevare conigli.
Le sue mani enormi e potenti possono trasformare una innocente carezza in distruzione e morte. George cerca di impedire che si cacci nei guai, di tenerlo a bada, a volte sbuffa pensando che la sua vita senza di lui potrebbe essere molto più facile, ma i due sono inscindibili, sono “un tutt’uno”. Sono amici e hanno un sogno da realizzare, mettere da parte soldi per comprare una casa, un orto, una fattoria, animali e conigli da accudire. Ma un destino avverso congiura contro di loro.
In questo romanzo affiorano varie tematiche, l’amicizia, un legame potente e indissolubile, l’innocenza indifesa, soffocata dalla malignità degli uomini, ma anche la solitudine dei vari personaggi che poco  a poco finiscono con l’abbracciare il sogno di George e Lennie.
 Basti pensare al vecchio Candy, addetto alle pulizie nel ranch, che metterà i suoi risparmi a disposizione o a Crooks, il garzone di colore, fisicamente storpio ma dalla mente viva e intelligente, emarginato dagli altri come unici compagni i suoi libri, che soltanto per un istante farà sua quella “bella follia,” di avere una casa propria e amici con cui conviderla. E poi c’è l’insoddisfazione e la delusione della giovane moglie di Curly, di cui non viene mai fatto il nome, provocante e sensuale, scintilla che innescherà la tragedia. Perduta l’innocenza e infranto per sempre il proprio sogno, un oscuro destino si accanirà su i due protagonisti, distruggendo irrimediabilmente l’uno e condannando l’altro a una faticosa sopravvivenza.
Nonostante tutto si deve andare avanti, provare a  rimettersi in piedi e questo George lo sa bene.

“Supponete di non avere nessuno. Supponete di non poter entrare nel dormitorio e giocare alle carte solo perché siete nero. Supponete di essere costretto a stare seduto qui leggendo libri. A un uomo occorre qualcuno… che gli stia accanto. Un uomo ammattisce se non ha qualcuno, non importa chi è con lui, purché ci sia. Vi so dire che si sta così soli che ci si ammala.”

“Di’ ancora”, disse Lennie, come sarà un giorno. “Avremo un pezzetto di terra”.
“Avremo una mucca, riprese Gorge, forse avremo il maiale e le galline… e in fondo alla piana avremo…un pezzetto con l’erba medica”…
“Per i conigli,” urlò Lennie.
“Per i conigli”, ripetè George.
“E io potrò accudire i conigli, tu potrai accudire i conigli”. Lennie gongolò dalla felicità “e vivremo del grasso della terra”.
“Si.” Lennie volse il capo.
“No Lennie”. Guarda laggiù verso l’altra riva, come se ce l’avessi davanti agli occhi.
“Di’ ancora George quando l’avremo?”
“L’avremo presto.Io e te.”