martedì 21 aprile 2015

Sofia si veste sempre di nero



Sofia si veste sempre di nero, Paolo Cognetti

Dieci racconti che formano un romanzo, l’inquietudine di Sofia dall’infanzia all’età adulta, le  sue fragilità, il controverso rapporto con i genitori. L’incipit del libro rimanda a “Lady Lazarus” una delle più intense poesie della Plath , ma  Sofia non è Silvia, rimane una pallida figurina trasparente, non diventa viva.
Viene descritto il tormentato rapporto di Sofia con i genitori, ma la complessità di Sofia, i suoi turbamenti sono appena accennati, l’analisi psicologica inesistente. Io non la vedo Sofia, i suoi pensieri, la sua anima inquieta dove sono? Rimangono descrizioni vaghe, sfuggenti, indefinite.
Credo che soltanto Yuri l’abbia smascherata “ ma che ne sai, disse -Yuri insofferente, siete tutti figli di brave persone, gente civile che non vi ha mai toccati con un dito, vi costruite un’intera filosofia del rancore su traumi immaginari” e lei ovviamente fa l’unica cosa che sa fare, scappare.
Vuole essere “felice adesso”, ma fa di tutto per non esserlo, è lei stessa la principale nemica della propria felicità. Egocentrica, bambina, incapace di amare.
Ho acquistato questo libro spinta dalla curiosità, dai pareri discordanti che avevo letto.
 La scrittura è semplice, scivola via velocemente, ci sono belle frasi sparse qua e là, mi hanno colpito i capitoli iniziali, due bambini che affrontano con innocenza cose più grandi di loro, però dopo andando avanti i capitoli mi sono sembrati slegati, dissonanti, alcuni quasi una “brutta copia” di altri libri che affrontano temi  analoghi di tutt’altro spessore. Le diverse allusioni  alla Plath (versi poetici, le ragazze orizzontali) non aggiungono nulla al libro, le ho  trovate fuori luogo.
 Il libro mi ha coinvolto all’inizio, ma poi la magia si è dissolta e non vedo nessuna attinenza con Salinger. 
Mi aspettavo di più.

 

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