Sofia si veste sempre di nero, Paolo Cognetti
Dieci racconti che formano un romanzo, l’inquietudine di Sofia
dall’infanzia all’età adulta, le sue
fragilità, il controverso rapporto con i genitori. L’incipit del libro rimanda a
“Lady Lazarus” una delle più intense poesie della Plath , ma Sofia non è Silvia, rimane una pallida
figurina trasparente, non diventa viva.
Viene descritto il tormentato rapporto di Sofia con i genitori, ma la
complessità di Sofia, i suoi turbamenti sono appena accennati, l’analisi
psicologica inesistente. Io non la vedo Sofia, i suoi pensieri, la sua anima
inquieta dove sono? Rimangono descrizioni
vaghe, sfuggenti, indefinite.
Credo che soltanto Yuri l’abbia smascherata “ ma che ne sai,
disse -Yuri insofferente, siete tutti figli di brave persone, gente civile che non vi ha mai toccati con un
dito, vi costruite un’intera filosofia del rancore su traumi immaginari” e lei
ovviamente fa l’unica cosa che sa fare, scappare.
Vuole essere “felice adesso”, ma fa di tutto per non
esserlo, è lei stessa la principale nemica della propria felicità. Egocentrica,
bambina, incapace di amare.
Ho acquistato questo libro spinta dalla curiosità, dai
pareri discordanti che avevo letto.
La scrittura è semplice, scivola
via velocemente, ci sono belle frasi sparse qua e là, mi hanno colpito i capitoli
iniziali, due bambini che affrontano con innocenza cose più grandi di loro,
però dopo andando avanti i capitoli mi sono sembrati slegati, dissonanti, alcuni
quasi una “brutta copia” di altri libri che affrontano temi analoghi di tutt’altro spessore. Le diverse
allusioni alla Plath (versi poetici, le
ragazze orizzontali) non aggiungono nulla al libro, le ho trovate fuori luogo.
Il libro mi ha
coinvolto all’inizio, ma poi la magia si è dissolta e non vedo nessuna
attinenza con Salinger.
Mi aspettavo di più.
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