martedì 21 aprile 2015

I miei amati classici: Villette


Villette, Charlotte Bronte (1853)

Questo è l’ultimo romanzo di Charlotte, lo scrisse dopo aver perduto le persone che amava, in solitudine, chi scrive è una sopravvissuta. Questo stato d’animo si ripercuote inevitabilmente nel libro, l’ombra della sofferenza e della  morte aleggia tra le pagine, così come l’amore.
Qui non c’è la brughiera, la passione tormentata e selvaggia descritta da  Emily in cime tempestose, ma un semplice collegio femminile. C’è un amore, che non è sensazionale, ma è fatto di quotidianità, rispetto, affetto sincero, tenerezza.A volte è buffo nella sua gelosia, strappa un sorriso.
Villette è un città immaginaria del continente, dove la protagonista Lucy approda in cerca di fortuna. Quando ho iniziato a leggere questo romanzo non ero molto coinvolta, mi sbagliavo.
Da metà libro in poi la narrazione ha calamitato la mia attenzione pagina dopo pagina, insomma Charlotte ha colpito ancora. Dirò di più questo libro è molto più intenso di Jane Eyre, va oltre la storia romantica della povera fanciulla bruttina salvata dal suo amore.
C’è anche questo, ma non solo.
In questo libro c’è la vita di una donna coraggiosa, che lotta per restare in piedi, quando ha perso tutto, c’è amore, coraggio, dolore, sofferenza, solitudine interiore. Una donna che riesce a sopravvivere con umiltà e semplicità, di fronte alle avversità della vita. Che si rialza in piedi dopo il naufragio, salvandosi da sola.
Passata la tempesta lei è ancora lì, malgrado tutto. E’ questa la forza dirompente del libro.
Tra le  sorelle Bronte Charlotte resta la mia preferita e personalmente ritengo che questo sia il suo capolavoro.

“Villette è insieme luogo di vita e di morte, spazio della speranza e della perdita, ultima terra dove l’amore poteva realizzarsi(…) Questa è la rivelazione di Villette, non più soltanto il cerchio
del “ io amo, io soffro” ma la consapevolezza del “Io scrivo”, e scrivendo cerco di comprendere ciò che è oltre il mio amore, oltre la mia sofferenza.”

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