martedì 21 aprile 2015

Minnie


Minnie la candida, Massimo Bontempelli

Il dramma “Minnie la candida” fu scritto da Massimo Bontempelli nel 1927,la sua  rappresentazione  scenica curata da Pirandello. Un dramma che oscilla tra ingenuità e incubo, finzione e realtà.
Bontempelli fu il teorico del “realismo magico”, un’arte fondata sulla fantasia, in grado di avvolgere la realtà di magia e mistero. Come scrisse lui stesso “Unico strumento del nostro lavoro sarà l'immaginazione..
il mondo immaginario si verserà in perpetuo a fecondare e arricchire il mondo reale, immaginazione, fantasia, ma niente di simile al favolismo delle fate: niente mille e una notte. Piuttosto che di fiaba, abbiamo sete di avventura. La vita più quotidiana e normale, vogliamo vederla come un avventuroso miracolo.” Premessa doverosa questa, per meglio comprendere la natura di questo dramma.
La protagonista Minnie è un’anima candida, pura, semplice e fragile, osserva il mondo con stupore ed ingenua meraviglia, candore che presto diventerà follia, ossessione, alienazione fino al tragico finale.
Tutto nasce da uno scherzo del suo fidanzato e di un amico, da un acquario con dei pesci, simili in tutto agli altri pesci ma in realtà diversi...Da lì in poi l’ossessione e la paura  di Minnie cresceranno progressivamente, fino alla convinzione di essere circondata da uomini finti, artificiali, inconsapevoli di esserlo, quasi robot indistinguibili da quelli veri e di essere “finta” lei stessa. Follia o chiaroveggenza?
Temi dominanti dell’opera: l’incertezza del reale, l’incapacità di distinguere il vero dal falso, la doppiezza e ambiguità dell’uomo stesso, l’impossibilità di comunicare davvero con l’altro, chiusi nel proprio guscio di paure, in un gioco degli specchi dove l’incubo peggiore sembra diventare realtà. E ancora la crescente massificazione e alienazione della società contemporanea e dell’uomo stesso.

“L'anima candida non fa concessioni... l'anima candida è divinamente incauta”.

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