Minnie la candida, Massimo Bontempelli
Il dramma “Minnie la candida” fu scritto da
Massimo Bontempelli nel 1927,la sua
rappresentazione scenica curata
da Pirandello. Un dramma che oscilla tra ingenuità e incubo, finzione e realtà.
Bontempelli fu il teorico del “realismo
magico”, un’arte fondata sulla fantasia, in grado di avvolgere la realtà di
magia e mistero. Come scrisse lui stesso “Unico
strumento del nostro lavoro sarà l'immaginazione..
il
mondo immaginario si verserà in perpetuo a fecondare e arricchire il mondo
reale, immaginazione, fantasia, ma niente di simile al favolismo delle fate:
niente mille e una notte. Piuttosto che di fiaba, abbiamo sete di avventura. La
vita più quotidiana e normale, vogliamo vederla come un avventuroso
miracolo.” Premessa doverosa questa, per meglio comprendere la natura di questo
dramma.
La
protagonista Minnie è un’anima candida, pura, semplice e fragile, osserva il mondo
con stupore ed ingenua meraviglia, candore che presto diventerà follia,
ossessione, alienazione fino al tragico finale.
Tutto
nasce da uno scherzo del suo fidanzato e di un amico, da un acquario con dei
pesci, simili in tutto agli altri pesci ma in realtà diversi...Da lì in poi
l’ossessione e la paura di Minnie
cresceranno progressivamente, fino alla convinzione di essere circondata da
uomini finti, artificiali, inconsapevoli di esserlo, quasi robot indistinguibili da
quelli veri e di essere “finta” lei
stessa. Follia o chiaroveggenza?
Temi
dominanti dell’opera: l’incertezza del reale, l’incapacità di distinguere il
vero dal falso, la doppiezza e ambiguità dell’uomo stesso, l’impossibilità di
comunicare davvero con l’altro, chiusi nel proprio guscio di paure, in un gioco
degli specchi dove l’incubo peggiore sembra diventare realtà. E ancora la crescente
massificazione e alienazione della società contemporanea e dell’uomo stesso.
“L'anima candida non fa concessioni... l'anima candida è
divinamente incauta”.
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