Il mestiere di vivere, Cesare Pavese
Il diario intimo, personale di Pavese abbraccia
un lungo arco temporale che va dal 1935,
anno in cui fu mandato al confino di Brancaleone Calabro dal regime fascista,
al 1950 anno della sua tragica scomparsa. Racchiude i pensieri, brevi frammenti a volte, le riflessioni
personali e letterarie ( sulla poetica, sul valore del mito e del
simbolo, sull’arte stessa) ma anche la disperazione, la rabbia, la solitudine, il
bisogno d’amore dell’uomo Pavese, diventando pagina dopo pagina, lamento, grido, progressivo annullamento. Leggerlo
è stato doloroso, difficile, catartico, in primo piano c’è l’essere umano senza maschera, anima e
angoscia, che porta avanti un’autoanalisi personale reale e spietata. Alcune
annotazioni, soprattutto nella parte finale, svelano tutta la sofferenza e il
tormento di un uomo inquieto, solo, alla deriva. Essenziale, amaro, il diario
mette a nudo le ossessioni, le nevrosi, le frustrazioni, le delusioni, le
fragilità, l’anima stessa di Pavese, la fatica e il peso del vivere quotidiano. Drammatico,
lacerante, sofferto. Vivere forse è il mestiere più difficile. Il tempo della
scrittura viene a coincidere con il tempo della vita.
”Si presenta come confessione esistenziale, ora sottilmente
compiaciuta, ora crudamente impietosa, sino al punto in cui lo scrittore sembra
tentare una sorta di psicoanalisi letteraria di se stesso".
“Il diario di Pavese è insieme la ricerca d'una tecnica
poetica e d'un modo di stare al mondo”.
(Italo Calvino)
(Italo Calvino)
“ Posso
dirti, amore, che non mi sono mai svegliato con una donna mia al fianco, che
chi ho amato non mi ha mai preso sul serio, e che ignoro lo sguardo di
riconoscenza che una donna rivolge a un uomo? E ricordarti che, per via del
lavoro che ho fatto, ho avuto i nervi sempre tesi, e la fantasia pronta e
precisa, e il gusto delle confidenze altrui? E che sono al mondo da quarantadue
anni? Non si può bruciare la candela dalle due parti – nel mio caso l'ho
bruciata da una parte sola e la cenere sono i libri che ho scritto.”
(Da una lettera del 1950)
(Da una lettera del 1950)
“L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è
cominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo senso – prigione,
malattia, abitudine, stupidità – si vorrebbe morire.”
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