martedì 21 aprile 2015

Il mestiere di vivere


Il mestiere di vivere, Cesare Pavese


Il diario intimo, personale di Pavese abbraccia un lungo  arco temporale che va dal 1935, anno in cui fu mandato al confino di Brancaleone Calabro dal regime fascista, al 1950 anno della sua tragica scomparsa. Racchiude  i pensieri, brevi frammenti a volte, le riflessioni personali e letterarie ( sulla poetica, sul valore del mito e del simbolo, sull’arte stessa) ma anche la disperazione, la rabbia, la solitudine, il bisogno d’amore dell’uomo Pavese, diventando pagina dopo pagina,  lamento, grido, progressivo annullamento. Leggerlo è stato doloroso, difficile, catartico, in primo piano  c’è l’essere umano senza maschera, anima e angoscia, che porta avanti un’autoanalisi personale reale e spietata. Alcune annotazioni, soprattutto nella parte finale, svelano tutta la sofferenza e il tormento di un uomo inquieto, solo, alla deriva. Essenziale, amaro, il diario mette a nudo le ossessioni, le nevrosi, le frustrazioni, le delusioni, le fragilità, l’anima stessa di Pavese, la fatica e il peso del vivere quotidiano. Drammatico, lacerante, sofferto. Vivere forse è il mestiere più difficile. Il tempo della scrittura viene a coincidere con il tempo della vita.
 
”Si presenta come confessione esistenziale, ora sottilmente compiaciuta, ora crudamente impietosa, sino al punto in cui lo scrittore sembra tentare una sorta di psicoanalisi letteraria di se stesso".

“Il diario di Pavese è insieme la ricerca d'una tecnica poetica e d'un modo di stare al mondo”.
(Italo Calvino)

“ Posso dirti, amore, che non mi sono mai svegliato con una donna mia al fianco, che chi ho amato non mi ha mai preso sul serio, e che ignoro lo sguardo di riconoscenza che una donna rivolge a un uomo? E ricordarti che, per via del lavoro che ho fatto, ho avuto i nervi sempre tesi, e la fantasia pronta e precisa, e il gusto delle confidenze altrui? E che sono al mondo da quarantadue anni? Non si può bruciare la candela dalle due parti – nel mio caso l'ho bruciata da una parte sola e la cenere sono i libri che ho scritto.”
(Da una lettera del 1950)

“L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo senso – prigione, malattia, abitudine, stupidità – si vorrebbe morire.”


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