Il grande Gatsby, F. S. Fitzgerald (1925)
Jay Gatsby dall’oscuro e misterioso passato, è un uomo
artefice del proprio successo, che è riuscito
ad affrancarsi dalla povertà attraverso ambigui affari, creando un impero
di grandiosa ricchezza.
Un uomo vincente, sicuro di sé, che sembra possedere
tutto, ma in realtà non ha niente.
Le sue feste splendide e sontuose rappresentano la principale
attrazione nella vita mondana di West Egg. Uomo brillante,
ricco, affascinante, adorato da tutti ma tremendamente solo e infelice.
Malato di nostalgia, culla un sogno di nome Daisy e un
impossibile desiderio che lo distruggerà, quello di far rivivere il
passato. Questo romanzo rappresenta il crollo del sogno americano, svela quello
che resta quando si spengono le luci e la musica tace.
Un ritratto impietoso della società nei ruggenti anni venti,
oltre il mondo scintillante delle feste,
i cocktails, la
musica che deve soffocare un insopportabile silenzio, soltanto vuoto e
disperazione. Dietro la maschera del divertimento e della spensieratezza
alcolica affiorano tristezza, insoddisfazione, ipocrisia, indifferenza,
meschinità, solitudine, incomunicabilità, cinismo, crollo di ogni valore positivo, fredda
superficialità nei rapporti interpersonali.
Gatsby è l’ultimo
“eroe romantico” malinconico e solitario, va incontro al proprio tragico
destino, fedele fino all’ultimo al suo tenero sogno, un ideale che forse non
esiste.
Daisy così bella ed eterea è in realtà una donna insicura, superficiale, volubile.
"Erano gente
indifferente, Tom e Daisy - sfracellavano cose e persone e poi si ritiravano
nel loro denaro o nella loro ampia indifferenza o in ciò che comunque li teneva
uniti, e lasciavano che altri mettessero a posto il pasticcio che avevano
fatto.”
Ombra, solitudine, fragilità, precarietà, la storia di un
uomo che vive e muore per un sogno d’amore puro, assoluto e impossibile. Ed è
questo sogno a renderlo grande.
Perfetto lo stile del libro, intensi e realistici i dialoghi,
suggestive le descrizioni.
“E mentre meditavo sull'antico mondo sconosciuto, pensai
allo stupore di Gatsby la prima volta che individuò la luce verde all'estremità
del molo di Daisy. Aveva fatto molta strada per giungere a questo prato azzurro
e il suo sogno doveva essergli sembrato così vicino da non poter più sfuggire.
Non sapeva che il sogno era già alle sue spalle, in quella vasta oscurità
dietro la città dove i campi oscuri della repubblica si stendevano nella notte.
Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgastico che anno per anno
indietreggia davanti a noi. C'è sfuggito allora, ma non importa: domani andremo
più in fretta, allungheremo di più le braccia... e una bella mattina... Così remiamo,
barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato.”
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