mercoledì 22 aprile 2015

Baricco



“Me l'ha insegnata Tool questa cosa. Andare a Quinnipak, dormire a Quinnipak, fuggire a Quinnipak. Ogni tanto gli chiedevo "Dove sei stato, che tutti ti cercavano?". E lui diceva "Ho fatto un salto a Quinnipak". É una specie di gioco. Serve quando hai lo schifo addosso, che proprio non c'è verso di togliertelo.
Allora ti rannicchi da qualche parte, chiudi gli occhi, e inizi ad inventarti delle storie. Quel che ti viene. Ma lo devi fare bene. Con tutti i particolari. E quello che la gente dice, e i colori, e i suoni. Tutto. E lo schifo a poco a poco se ne va. Poi torna, è ovvio, ma intanto per un po' l'hai fregato.”

In alcune giornate storte e grigie  mollo tutto e faccio un salto a Quinnipak, un immaginario paese ottocentesco dove si ha negli occhi l’infinito e se questo vi sembra una cosa di poco conto fate un po’ voi. Scambio due chiacchiere con il signor Rail, tra un misterioso viaggio e l’altro, con sua moglie Jun che quando ride puoi soltanto baciarla o impazzire, con Mormy mistero e meraviglia, con Pekisch che suona l’umanofono e ha tutta la musica nella testa. E poi viaggio su Elisabeth velocità e modernità che irrompe sulla scena portando cambiamento e dolore.
Che sia Quinnipak, la locanda Almayer o il transatlantico Virginian dove Novecento  vive la propria musica tra note e onde, Baricco riesce a creare sapientemente una suggestiva realtà parallela, una bolla, che è scrittura poesia vita musica, suoni, colori, emozioni indefinite, impermeabile alla ferocia del  reale.
Un luogo etereo, un rifugio dove il lettore può ossigenarsi e sopravvivere. Non a caso sarà un libro a portare via per sempre Jun Rail. Se amo così tanto Baricco, il motivo è semplicemente questo. L’approccio alle sue opere non può essere del tutto razionale, perché ciò che evoca non è del tutto “reale”, e non ha nulla a che vedere con la ferrea e concreta razionalità. Baricco non scrive “ sul nulla” come  sostengono i suoi detrattori, danza con le parole, ci gioca, le ripete, le dilata, creando un magico  equilibrio di poesia e prosa, sta al lettore trovare la strada, la sua personale chiave di lettura, senza smarrirsi nel labirinto della sua scrittura.
Un dipinto, una musica, una sinestesia onirica. Una scrittura che è una creatura viva.

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