Il tè nel deserto (The Sheltering Sky -Il cielo protettivo), Paul Bowles (1949)
“Il destino di ogni uomo è personale solo perché può accadere che assomigli a ciò che è già nella sua memoria.”
“Il tè nel deserto” è da sempre uno dei miei film preferiti, desideravo da tempo leggere il libro, che non ha deluso le mie aspettative, lasciandomi a fine lettura una sensazione strana e indefinita, una vaga inquietudine.
Il romanzo è diviso in tre parti: “Tè nel Sahara” e la strana storia delle ragazze venute dalle montagne con il sogno di bere il tè nel deserto, scegliendo la duna più alta e che, dopo molti giorni, saranno ritrovate addormentate con i bicchieri pieni di sabbia, “l’orlo tagliente della terra”, la parte forse più dura e drammatica e “il cielo”. Racconta il viaggio di una coppia americana in crisi, Porter e Kit in nord Africa, assieme al loro amico Tunner nel secondo dopoguerra.Viaggiatori, non semplici turisti, attratti irresistibilmente verso l’ignoto, non hanno fretta, non sanno quanto tempo si fermeranno o dove andranno.
”Il viaggiatore non appartiene né a un luogo né all’altro, si sposta più lentamente, per periodi di anni, da un punto all’altro della terra”, viaggiano anche per dimenticare la guerra "una delle facce dell’era meccanizzata ".
Davanti ai nostri occhi si svelano un mondo diverso dal nostro, misterioso, oscuro e selvaggio e parallelamente le dinamiche fragili e distruttrici della coppia, sempre più lontana tra menzogne, tradimenti e incomunicabilità. Un viaggio nel deserto, attraverso villaggi lontani che li farà smarrire, ritrovare e poi perdere di nuovo fino al tragico addio.
Un viaggio dell’anima alla ricerca di se stessi, riflessioni personali e universali, una sofferenza morale e fisica che annienterà quel che resta del loro amore precario. Paesaggi suggestivi, vento caldo, sabbia infuocata, stelle lontane e un cielo quasi solido che sembra proteggere da quello che c’è oltre. Sotto questo cielo si interroga la coppia tra dune e silenzio sul significato più profondo della vita e del loro rapporto.
Per il disilluso Port, alla continua ricerca di emozioni, affascinato dalla solitudine e dalla vicinanza con l’infinito, oltre questo cielo non c’è nulla, l’esistenza stessa è priva di significato, mentre sua moglie Kit, accompagnata da sgomento e oscuri presagi che la terrorizzano, ribelle e inquieta è alla perenne ricerca di un altrove, del significato ultimo dell’esistenza.
Alienazione, senso di vuoto, passione feroce e primitiva, annientamento, violenza, ombra di morte aleggiano tra le pagine. Ma anche tutta la bellezza e l’orrore della vita. E poi il deserto, impossibile sogno di sabbia, ipnotico e impenetrabile.
Un libro doloroso,non semplice nella sua complessa tematica ,ricco di suggestive descrizioni.
Vi sono anche velate allusioni all’omosessualità dello scrittore (il giovane Belqassim traveste Kit da uomo per sfuggire all’ira delle mogli ad esempio)
Un viaggio avventuroso che distruggerà la coppia e si concluderà in modo drammatico.
Questo libro racconta la crisi, il tradimento, lo smarrimento, la perdita di sé, la fragilità dell’essere umano, in balia di malattie e di una natura ostica, bellissima e spietata, la precarietà stessa dell'esistenza che noi erroneamente consideriamo illimitata, sotto il cielo solido e misterioso dell’Africa, che protegge come un velo da un oscuro e ignoto altrove.
Il deserto inghiotte e dissolve tutto, diventando quasi il correlativo oggettivo dell’anima dei personaggi. Un deserto geografico, fisico, relazionale, esistenziale. Il finale è aperto, Kit dopo aver provato emozioni forti e pulsioni primordiali, ritrovata la gioia concreta di esistere attraverso il dolore, disorientata e confusa, terrorizzata dalla sofferenza che dovrebbe affrontare tornando alla vita di “prima”, scappa via, scegliendo di perdersi.
Un romanzo d’atmosfera, intenso e struggente. Mentre lo leggevo ho perso la cognizione spazio temporale, ritrovandomi sotto cieli azzurri e assolati, indimenticabili paesaggi stellati, buio e luce abbagliante e una muta domanda nella mente, si può ritrovare se stessi perdendosi?
Forse si.
“Sai –disse Port, e la sua voce suonò irreale, com’è facile che accada alle voci dopo una lunga pausa in un luogo estremamente silenzioso-il cielo qui è molto strano.Spesso, quando lo guardo, ho la sensazione come di una cosa solida lassù, che ci protegge da quello che c’è dietro.
Kit rabbrividì lievemente nel ripetere : Da quello che c’è dietro?
Si.
Ma cosa c’è dietro? La sua voce era fievole,fievole.
Niente, credo. Soltanto oscurità, notte assoluta.”
“Non sappiamo quando moriremo e quindi pensiamo alla vita come a un pozzo inesauribile. Eppure tutto accade solo un certo numero di volte. Quante volte ricorderemo un certo pomeriggio della nostra infanzia, un pomeriggio che è così profondamente parte di noi che non potremmo nemmeno concepire la nostra vita senza? Forse quattro o cinque volte, forse nemmeno. Quante volte guarderemo sorgere la luna piena? Forse venti. Eppure tutto sembra senza limiti".
“Ogni volta che sto per essere felice mi freno,invece di lasciarmi andare...per la prima volta dai giorni della sua infanzia stava vedendo gli oggetti con chiarezza. Improvvisamente, la vita era là e lei c’era dentro,non stava osservandola dalla finestra. Di buon passo si rimise in cammino, la mente concentrata su quella sensazione di gioia concreta che aveva ricatturato. L’aveva sempre saputo, lei, che esisteva proprio al di là delle cose, ma tanto tempo prima aveva accettato di non averla come naturale condizione di vita.Poichè ora l’aveva ritrovata, la gioia di esistere,diceva a se stessa che se la sarebbe tenuta stretta, qualsiasi sforzo potesse costare.”
“Non avrebbero risparmiato sforzi pur di stanarla,avrebbero aperto a viva forza il muro che si era costruita e l’avrebbero costretta a guardare quello che vi aveva sepolto…l’avrebbero messa davanti a un grande specchio, dicendole: “guardati”!Sarebbe stata costretta a guardare e allora sarebbe finito tutto.L’oscuro sogno sarebbe andato in frantumi, la luce del terrore non si sarebbe più spenta,le avrebbero puntato addosso un faro spietato,la sofferenza sarebbe stata insopportabile e costante.”
“Il destino di ogni uomo è personale solo perché può accadere che assomigli a ciò che è già nella sua memoria.”
“Il tè nel deserto” è da sempre uno dei miei film preferiti, desideravo da tempo leggere il libro, che non ha deluso le mie aspettative, lasciandomi a fine lettura una sensazione strana e indefinita, una vaga inquietudine.
Il romanzo è diviso in tre parti: “Tè nel Sahara” e la strana storia delle ragazze venute dalle montagne con il sogno di bere il tè nel deserto, scegliendo la duna più alta e che, dopo molti giorni, saranno ritrovate addormentate con i bicchieri pieni di sabbia, “l’orlo tagliente della terra”, la parte forse più dura e drammatica e “il cielo”. Racconta il viaggio di una coppia americana in crisi, Porter e Kit in nord Africa, assieme al loro amico Tunner nel secondo dopoguerra.Viaggiatori, non semplici turisti, attratti irresistibilmente verso l’ignoto, non hanno fretta, non sanno quanto tempo si fermeranno o dove andranno.
”Il viaggiatore non appartiene né a un luogo né all’altro, si sposta più lentamente, per periodi di anni, da un punto all’altro della terra”, viaggiano anche per dimenticare la guerra "una delle facce dell’era meccanizzata ".
Davanti ai nostri occhi si svelano un mondo diverso dal nostro, misterioso, oscuro e selvaggio e parallelamente le dinamiche fragili e distruttrici della coppia, sempre più lontana tra menzogne, tradimenti e incomunicabilità. Un viaggio nel deserto, attraverso villaggi lontani che li farà smarrire, ritrovare e poi perdere di nuovo fino al tragico addio.
Un viaggio dell’anima alla ricerca di se stessi, riflessioni personali e universali, una sofferenza morale e fisica che annienterà quel che resta del loro amore precario. Paesaggi suggestivi, vento caldo, sabbia infuocata, stelle lontane e un cielo quasi solido che sembra proteggere da quello che c’è oltre. Sotto questo cielo si interroga la coppia tra dune e silenzio sul significato più profondo della vita e del loro rapporto.
Per il disilluso Port, alla continua ricerca di emozioni, affascinato dalla solitudine e dalla vicinanza con l’infinito, oltre questo cielo non c’è nulla, l’esistenza stessa è priva di significato, mentre sua moglie Kit, accompagnata da sgomento e oscuri presagi che la terrorizzano, ribelle e inquieta è alla perenne ricerca di un altrove, del significato ultimo dell’esistenza.
Alienazione, senso di vuoto, passione feroce e primitiva, annientamento, violenza, ombra di morte aleggiano tra le pagine. Ma anche tutta la bellezza e l’orrore della vita. E poi il deserto, impossibile sogno di sabbia, ipnotico e impenetrabile.
Un libro doloroso,non semplice nella sua complessa tematica ,ricco di suggestive descrizioni.
Vi sono anche velate allusioni all’omosessualità dello scrittore (il giovane Belqassim traveste Kit da uomo per sfuggire all’ira delle mogli ad esempio)
Un viaggio avventuroso che distruggerà la coppia e si concluderà in modo drammatico.
Questo libro racconta la crisi, il tradimento, lo smarrimento, la perdita di sé, la fragilità dell’essere umano, in balia di malattie e di una natura ostica, bellissima e spietata, la precarietà stessa dell'esistenza che noi erroneamente consideriamo illimitata, sotto il cielo solido e misterioso dell’Africa, che protegge come un velo da un oscuro e ignoto altrove.
Il deserto inghiotte e dissolve tutto, diventando quasi il correlativo oggettivo dell’anima dei personaggi. Un deserto geografico, fisico, relazionale, esistenziale. Il finale è aperto, Kit dopo aver provato emozioni forti e pulsioni primordiali, ritrovata la gioia concreta di esistere attraverso il dolore, disorientata e confusa, terrorizzata dalla sofferenza che dovrebbe affrontare tornando alla vita di “prima”, scappa via, scegliendo di perdersi.
Un romanzo d’atmosfera, intenso e struggente. Mentre lo leggevo ho perso la cognizione spazio temporale, ritrovandomi sotto cieli azzurri e assolati, indimenticabili paesaggi stellati, buio e luce abbagliante e una muta domanda nella mente, si può ritrovare se stessi perdendosi?
Forse si.
“Sai –disse Port, e la sua voce suonò irreale, com’è facile che accada alle voci dopo una lunga pausa in un luogo estremamente silenzioso-il cielo qui è molto strano.Spesso, quando lo guardo, ho la sensazione come di una cosa solida lassù, che ci protegge da quello che c’è dietro.
Kit rabbrividì lievemente nel ripetere : Da quello che c’è dietro?
Si.
Ma cosa c’è dietro? La sua voce era fievole,fievole.
Niente, credo. Soltanto oscurità, notte assoluta.”
“Non sappiamo quando moriremo e quindi pensiamo alla vita come a un pozzo inesauribile. Eppure tutto accade solo un certo numero di volte. Quante volte ricorderemo un certo pomeriggio della nostra infanzia, un pomeriggio che è così profondamente parte di noi che non potremmo nemmeno concepire la nostra vita senza? Forse quattro o cinque volte, forse nemmeno. Quante volte guarderemo sorgere la luna piena? Forse venti. Eppure tutto sembra senza limiti".
“Ogni volta che sto per essere felice mi freno,invece di lasciarmi andare...per la prima volta dai giorni della sua infanzia stava vedendo gli oggetti con chiarezza. Improvvisamente, la vita era là e lei c’era dentro,non stava osservandola dalla finestra. Di buon passo si rimise in cammino, la mente concentrata su quella sensazione di gioia concreta che aveva ricatturato. L’aveva sempre saputo, lei, che esisteva proprio al di là delle cose, ma tanto tempo prima aveva accettato di non averla come naturale condizione di vita.Poichè ora l’aveva ritrovata, la gioia di esistere,diceva a se stessa che se la sarebbe tenuta stretta, qualsiasi sforzo potesse costare.”
“Non avrebbero risparmiato sforzi pur di stanarla,avrebbero aperto a viva forza il muro che si era costruita e l’avrebbero costretta a guardare quello che vi aveva sepolto…l’avrebbero messa davanti a un grande specchio, dicendole: “guardati”!Sarebbe stata costretta a guardare e allora sarebbe finito tutto.L’oscuro sogno sarebbe andato in frantumi, la luce del terrore non si sarebbe più spenta,le avrebbero puntato addosso un faro spietato,la sofferenza sarebbe stata insopportabile e costante.”
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