mercoledì 22 aprile 2015

Aspettando Godot


Aspettando Godot, S. Beckett

Aspettando Godot pubblicato nel 1952 è l’opera teatrale più famosa di Beckett e del suo “teatro dell’assurdo”, come lo definì Martin Esslin in un saggio. La scena è spoglia, scarna, desolata, c’è solo un albero e rare foglie, un paesaggio immobile e senza tempo, due uomini (Vladimiro ed Estragone) due vagabondi attendono in una sperduta strada di campagna il signor Godot, i loro discorsi sono superficiali e vuoti, a volte litigano, altre volte si lamentano della loro vita precaria e avvilente. Ogni volta si rinnova l’attesa fiduciosa e spasmodica ma Godot non arriva, manda soltanto a dire che “oggi non verrà, ma verrà domani”. Il protagonista è assente.
Si aggiungono poi altri due strampalati personaggi, strettamente uniti e simbiotici, Pozzo (il padrone)Lucky (il suo servo) uniti da una corda, che sottolinea il loro stretto legame. Si è visto in loro  il rapporto tra capitalista e forza lavoro, capitalista e intellettuale.
Ogni volta che Godot manca all’appuntamento i due uomini decidono di andare via, ma non lo fanno mai. Questo dramma rappresenta il non senso della vita stessa, l’impossibilità dell’uomo di cambiare la propria condizione, destinato al fallimento. La parola diventa priva di significato, è ripiegata su se stessa. Da sempre ci si interroga su chi sia il misterioso Godot. E’ forse Dio? (God) è forse la ricerca della felicità? La morte? È tutto quello che attendiamo e speriamo da sempre, che ci spinge ad andare avanti illusi e caparbi? Sono i nostri sogni infranti che non si realizzeranno mai?
Non è importante stabilire chi o cosa sia esattamente Godot. Forse è l’attesa stessa che scandisce il lento, inesorabile  passare  dei giorni. Godot non arriverà mai, tuttavia noi non possiamo andare via, siamo condannati all’attesa, perché in questa attesa è racchiusa l’essenza stessa della nostra vita.
Staticità, immobilità apparente, vuoto e non senso. Un dramma surreale ed  essenziale, ricco di pause e silenzi, registri linguistici e stilistici alti e bassi, che pone l’accento sulla crisi esistenziale dell’uomo contemporaneo.

“Se avessi saputo chi è Godot, l’avrei scritto nel copione”

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