Che tu sia per me il coltello, David Grossman
Il titolo di questo romanzo rimanda a Kafka, alle struggenti
lettere a Milena, un’altra storia, un’altra musica, un altro pianeta, senza nulla togliere
al romanzo di Grossman che comunque mi ha emozionato, intenso e poetico a suo
modo.
Un romanzo epistolare, un dialogo intimo, segreto tra due anime che si incontrano, si mettono a
nudo, si tormentano, si sfiorano, fanno idealmente l’amore, sviscerano le proprie
sofferenze, disseppellendo da cumuli di
detriti e dolore il proprio io più autentico, primitivo, tutto questo
attraverso la parola.
Un amore incorporeo, spirituale, che vive in una propria
dimensione.
La realtà tangibile, fisica, ingombrante, ne decreta la
morte ( “E cosa c'entriamo noi con la realtà? Che spazio sarebbe disposta a
lasciarci?”)
La parola, la scrittura è la vera protagonista del libro.
Il tormento e l’estasi della parola, quasi folle, desiderio impossibile, coltello
che lacera e riporta alla luce ciò che è sepolto nel profondo e forse libera e
riconcilia con se stessi ed il proprio passato.
Catartica la pioggia che lava via inibizioni, costrizioni,
purifica e salva.
Il linguaggio come strumento di conoscenza e analisi di sé e
dell’altro, antidoto alla solitudine e all’angoscia irrisolta del quotidiano.
Non è un libro semplice, intenso e avvolgente, sublime lo stile.
“Un romanzo ‘impudico’, che mostra quanta strada bisogna
percorrere per vincere la paura e arrivare a toccare liberamente, con pienezza,
l’anima (e il corpo) di un altro essere umano”.
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