giovedì 1 febbraio 2018

La settimana bianca

La settimana bianca (Carrère)
 
L'Avversario mi ha portato a leggere questo libro. Lì infatti lo scrittore raccontava di aver scritto questo romanzo, un noir tra la neve, quasi per esorcizzare l'orrore di quella vicenda e più avanti lo stesso Jean Claude Romand gli confesserà di averlo apprezzato molto perché in esso è racchiusa la storia della sua infanzia. A quel punto ero incuriosita e non potevo non leggerlo.
Un libro breve, 139 pagine dense di attesa, un'attesa cupa e angosciosa, un'atmosfera indefinita, inquietante, un mistero che aleggia nell'aria, qualcosa che è lì davanti ai tuoi occhi innocenti ma ti sfugge, qualcosa che è sul punto di precipitare.
Il piccolo Nicolas partecipa alla settimana bianca organizzata dalla scuola, una vacanza tra neve e montagne, un'ottima occasione per socializzare con i compagni, imparare a sciare e a cavarsela da solo lontano dall'ambiente familiare. Lo accompagna il padre in macchina con un giorno di ritardo rispetto agli altri perché teme qualche spaventoso incidente in autobus, i suoi compagni invece sono partiti tranquillamente con il pulmino della scuola.
Nicolas è un ragazzino fragile, solitario, ha una fantasia vivace, ama leggere i racconti dell'orrore, si sente emarginato ed escluso dal resto della comitiva, preso in giro per le proprie debolezze, teme che quella vacanza sulla neve sarà per lui una prova terribile da affrontare. 
Fin dalle prime pagine trapela il suo profondo disagio, il suo essere diverso, un ragazzino insicuro e sensibile abitato da strani, oscuri sogni, vecchie storie e da quei racconti dell'orrore che lo appassionano e lo terrorizzano.
Un racconto avvincente, inquietante, misterioso, ansiogeno, che ti lascia con il fiato sospeso fino alla fine, fluido e agevole lo stile.
A volte la realtà può diventare l'incubo più spaventoso, macchiando l'innocenza in modo indelebile.
 
"Ero solo, in una casetta in Bretagna, davanti al computer e a mano a mano che procedevo nella storia ero sempre più terrorizzato."
"A Nicolas tornò in mente la storia della sirenetta, che insieme a Pinocchio era stato uno dei suoi libri preferiti da piccolo. C'era un momento che gli faceva uno strano effetto, quando la sirenetta, innamorata del principe intravisto nella tempesta, sogna di diventare umana per poter essere amata da lui, e ricorre quindi al sortilegio della strega (...) Il momento preferito da Nicolas era la notte che lei trascorreva da sola sulla spiaggia, dopo aver bevuto la pozione. Si era stesa sulla sabbia, con la coda di pesce coperta di foglie, e aspettava in riva al mare, sotto le stelle lucenti e lontane, che si compisse la metamorfosi. Durante la notte la sirenetta provava dolore, ma non osava guardare sotto le foglie, là dove quello che ancora era lei lottava contro quello che presto sarebbe stata. Provava dolore, molto dolore, gemeva piano, temendo di attirare i pescatori che, poco più in là, chiacchieravano davanti al fuoco riparando le reti. Tra sé e sé, sommessamente, cercava di cantare, per udire un'ultima volta la propria voce. Sorgeva l'alba, e lei sentiva chiaramente che la lotta era giunta al termine, il sortilegio compiuto. Sentiva che sotto le foglie c'era qualcos'altro, che ciò che era stata era diventato altro. Aveva paura, ed era invasa da una terribile tristezza, la voce ormai spenta in fondo al petto."

 

 


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