lunedì 15 febbraio 2016

L'età dell'innocenza



L’età dell’innocenza, Edith Wharton (1920)

Il titolo di questo romanzo allude a un dipinto di J.Reynolds (1875) che raffigura una bambina piccola e simboleggia la vera e unica età dell’innocenza, quella dell’infanzia. Innocenza che viene meno nella complessa e labirintica società newyorkese di fine 800, con le sue ipocrite e soffocanti convenzioni sociali.
In questa agiata società borghese si muovono i personaggi del libro, con i loro silenzi, sorrisi, bugie, che fingono di non vedere tutto ciò che è spiacevole o brutto, abili pedine su una scacchiera intricata.
Contro questa società conformista la scrittrice rivendica la piena libertà dell’individuo e dei sentimenti, narrando una storia d’amore appassionata, fatta di rinuncia e nostalgia, sognata più che realmente vissuta.
Il brillante avvocato Newland Archer, che a poco a poco aprirà gli occhi sull’ottuso perbenismo dell’ambiente in cui vive, soffocato dai doveri coniugali, sua moglie May, apparentemente candida e pura come un giglio, l’affascinante Madame Olenska, che sfida apertamente con il suo comportamento, la fuga e la separazione da un marito ricco e dissoluto, le rigide regole imposte dalla società e dal decoro borghese. Tra i due nascerà un amore proibito e impossibile, che durerà una vita intera, sempre presente nella memoria, suggellato da un indimenticabile bacio. Il fiore non colto. Due gli episodi simbolo del romanzo:  sulla spiaggia,Ellen è di schiena e non si volta, percependo la presenza di lui, sfiorandosi senza riuscire a trovarsi, vicini eppure così lontani e sulla panchina, dove un uomo solo, ormai maturo, all’antica, che non vuole che la realtà distrugga il suo bel sogno romantico, si limita a contemplare da lontano una finestra illuminata.
Un libro dallo stile curato, attento, ricco di descrizioni, introspettivo, una critica impietosa alla società del tempo, che valse alla scrittrice il premio Pulitzer nel 1921 e che merita di essere letto ancora oggi.

“Fu spaventato al pensiero di ciò che doveva esserle accaduto per avere quegli occhi”.

“La solitudine vera è vivere in mezzo a tutte queste persone gentili che ti chiedono soltanto di fingere!”

“Ma allora, esattamente, quali sono i tuoi piani per noi?” chiese.
“Per noi? Ma non esiste nessun noi in quel senso, siamo vicini l’uno all’altra soltanto stando lontani. Così possiamo essere noi. Altrimenti siamo soltanto Newland Archer ed Ellen Olenska, che cercano di essere felici alle spalle di quelli che confidano in loro”.
“Ah, io sono al di là di questo”, gemette lui.
“No, non lo sei! Non lo sei mai stato. Io si, disse con voce strana e so che aspetto ha.”
 


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