domenica 3 maggio 2015

Uomini e topi


Uomini e topi, John Steinbeck (1937)

Spesso i progetti anche i più buoni,
che fanno i topi e fanno gli uomini,
finiscono in niente e in luogo della gioia
restano soltanto dolore e stenti.
 
(Robert Burns)

Un romanzo breve e intenso, il cui titolo inizialmente doveva essere semplicemente “Something that happened”, ispirato a  un episodio accaduto realmente in una fattoria della California,  mutato poi in  “Of mice and men”, un chiaro riferimento ai versi di Robert Burns.
In Italia lo ha tradotto nel 1938 Cesare Pavese, quando “accadde ad alcuni giovani italiani di scoprire l’America, un’America pensosa e barbarica, felice e rissosa, dissoluta, feconda, greve di tutto il passato del mondo, e insieme giovane, innocente”.
Questo è un piccolo grande libro, un centinaio di pagine, dal linguaggio semplice, colloquiale, spontaneo, la lingua parlata dagli umili, da chi vive ai margini della storia e lotta faticosamente per sopravvivere.
Questa è la storia di un sogno, semplice e immenso, il sogno di George e Lennie, due lavoratori stagionali, abituati al duro lavoro e a una vita girovaga, senza radici.
George “basso e vivace, fosco in viso, dagli occhi impazienti, dai tratti taglienti e vigorosi, mani piccole e forti, braccia smilze, naso sottile e ossuto, tutto in lui era risoluto”. E poi c’è Lennie un gigante buono con la mente di un bambino, ingenuo e  tenero, con una forza smisurata che non riesce a controllare, che ama accarezzare i cagnolini e sogna di allevare conigli.
Le sue mani enormi e potenti possono trasformare una innocente carezza in distruzione e morte. George cerca di impedire che si cacci nei guai, di tenerlo a bada, a volte sbuffa pensando che la sua vita senza di lui potrebbe essere molto più facile, ma i due sono inscindibili, sono “un tutt’uno”. Sono amici e hanno un sogno da realizzare, mettere da parte soldi per comprare una casa, un orto, una fattoria, animali e conigli da accudire. Ma un destino avverso congiura contro di loro.
In questo romanzo affiorano varie tematiche, l’amicizia, un legame potente e indissolubile, l’innocenza indifesa, soffocata dalla malignità degli uomini, ma anche la solitudine dei vari personaggi che poco  a poco finiscono con l’abbracciare il sogno di George e Lennie.
 Basti pensare al vecchio Candy, addetto alle pulizie nel ranch, che metterà i suoi risparmi a disposizione o a Crooks, il garzone di colore, fisicamente storpio ma dalla mente viva e intelligente, emarginato dagli altri come unici compagni i suoi libri, che soltanto per un istante farà sua quella “bella follia,” di avere una casa propria e amici con cui conviderla. E poi c’è l’insoddisfazione e la delusione della giovane moglie di Curly, di cui non viene mai fatto il nome, provocante e sensuale, scintilla che innescherà la tragedia. Perduta l’innocenza e infranto per sempre il proprio sogno, un oscuro destino si accanirà su i due protagonisti, distruggendo irrimediabilmente l’uno e condannando l’altro a una faticosa sopravvivenza.
Nonostante tutto si deve andare avanti, provare a  rimettersi in piedi e questo George lo sa bene.

“Supponete di non avere nessuno. Supponete di non poter entrare nel dormitorio e giocare alle carte solo perché siete nero. Supponete di essere costretto a stare seduto qui leggendo libri. A un uomo occorre qualcuno… che gli stia accanto. Un uomo ammattisce se non ha qualcuno, non importa chi è con lui, purché ci sia. Vi so dire che si sta così soli che ci si ammala.”

“Di’ ancora”, disse Lennie, come sarà un giorno. “Avremo un pezzetto di terra”.
“Avremo una mucca, riprese Gorge, forse avremo il maiale e le galline… e in fondo alla piana avremo…un pezzetto con l’erba medica”…
“Per i conigli,” urlò Lennie.
“Per i conigli”, ripetè George.
“E io potrò accudire i conigli, tu potrai accudire i conigli”. Lennie gongolò dalla felicità “e vivremo del grasso della terra”.
“Si.” Lennie volse il capo.
“No Lennie”. Guarda laggiù verso l’altra riva, come se ce l’avessi davanti agli occhi.
“Di’ ancora George quando l’avremo?”
“L’avremo presto.Io e te.”

 

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