domenica 14 aprile 2019

La signorina Else

La signorina Else, Arthur Schnitzler
"È così bello il mondo se uno sa volare."
Un tormentato monologo interiore, critica feroce alla società austriaca del tempo e ai suoi valori in lento disfacimento.
Un flusso di coscienza lungo un giorno, un fiume in piena, i pensieri senza filtro della signorina Else, diciannovenne bella e altera, ci trascinano e portano via in una lettura appassionante e coinvolgente.
Else sta trascorrendo le vacanze estive con la zia e il cugino Paul sulle Alpi, a San Martino di Castrozza, sullo sfondo la vetta del Cimone, le montagne imponenti, i boschi e i prati sconfinati e quell'aria che sa di champagne.
Else è una giovane donna sola, terribilmente sola con i suoi pensieri irriverenti, le sue fantasticherie, non ha amici, non è mai stata innamorata.
Lei così fiera, incantevole, misteriosa.
Sogna in grande Else e nei suoi sogni a occhi aperti si perde e vola via lontano.
L'Europa, una villa in Riviera e una scalinata di marmo sul mare, dove sdraiarsi nuda, con i suoi cento, mille amanti o una fattoria in campagna, un marito, bambini forse, no meglio di no, non ha istinto materno. Scalare una vetta altissima, correre velocemente, camminare nella luce dell'alba, fare teatro, diventare un'attrice ma no, questo è impossibile, la sua famiglia è contraria, sposare un uomo facoltoso, moglie di o forse governante, centralista, che orrore. Lei suona il pianoforte, conosce le lingue, non si sente adatta a una tranquilla e soffocante vita borghese, non ha alcun talento artistico, ogni tanto fantastica sulla morte, un'idea seducente, liberatoria come brezza notturna che agita le tende.
Una lettera inviata dalla madre turba la quiete apparente delle sue vacanze, il padre in gravi difficoltà economiche ha bisogno urgentemente di trentamila fiorini, altrimenti rischia l'arresto, uno scandalo pubblico.
Nessuno dei parenti può più concedergli prestiti, Else dovrà chiederli a un uomo facoltoso, quel mercante d'arte, amico di famiglia di vecchia data, che fortunatamente alloggia nel suo stesso albergo.
In fondo per lei è una cosa da niente e potrebbe salvare la sua famiglia da uno scandalo travolgente.
Else riflette, rimugina, detesta con tutta se stessa quell'idea, non vuole, ma tutto dipende da lei, soltanto lei può salvare suo padre, evitandogli il carcere o forse peggio, deve assolutamente fare qualcosa.
Tra tutti il signor von Dorsday è l'ultimo uomo sulla faccia della terra da cui vorrebbe farsi prestare denaro, col suo monocolo, lo sguardo penetrante, elegante, nobile, antipatico, la guarda in modo ambiguo, inopportuno. Eppure non ha scelta, per il bene della sua famiglia deve avvicinarsi a quell'uomo viscido che detesta, quell'uomo subdolo che la sfiora, la desidera, la mangia con gli occhi.
Cosa sono in fondo trentamila fiorini per un uomo benestante?
Ma ogni cosa ha un prezzo, cara piccola bambina, ogni cosa e il tuo corpo, le tue magnifiche spalle, le gambe slanciate non possono lasciare indifferente un uomo solo, maturo, infelice.
In fondo è un patto equo. Vuole soltanto guardarti, una volta sola, bastano pochi minuti, nuda alla luce delle stelle o nella sua stanza confortante, la sua donna, la sua schiava, il suo oggetto del desiderio, nuda sul prato, in una folle danza sensuale.
Guardare ma non toccare, sia chiaro.
Cosa rispondere a questa proposta indecente? Quel nobile signore, quel farabutto meriterebbe uno schiaffo, meriterebbe di essere sfidato a duello e ucciso per la sua vergognosa impudenza.
Else rimane muta, sconvolta, angosciata, persa nei suoi tumultuosi e deliranti pensieri, nella sua insopportabile, tremenda vergogna.
Eccola seduta là fuori su una panchina nell'aria fresca della sera, le montagne e le stelle a farle compagnia, la solitudine del cuore e la natura sconfinata, la notte nera che protegge e nasconde. Else è inquieta, tormentata, vorrebbe rifiutare quella proposta oscena, quasi uno scherzo beffardo, ma sa che non può farlo, la sua famiglia conta su di lei, quella famiglia che l'ha venduta senza scrupoli in cambio di trentamila fiorini, una goccia nel mare del resto, tra qualche mese saranno di nuovo nei pasticci, quel padre avvocato famoso, quel padre truffatore, schiavo del gioco, quel padre dallo sguardo perso nel vuoto, che ora rischia la prigione o forse potrebbe uccidersi di fronte a tanto disonore, quel padre che lei ama disperatamente e odia perché le sta facendo questo.
Vorrebbe fuggire via lontano e non tornare mai più a casa, lontano da quella famiglia che non l'ha mai ascoltata, che non sa chi è lei, che vive di battute e risate che nascondono il vuoto, la paura, la solitudine profonda in cui stanno annegando tutti insieme, lontano da quei parenti meschini e superficiali, ipocriti e malevoli, da tutti coloro che non l'hanno mai compresa nella sua immensa, sconfinata solitudine.
E allora se tutto ha un prezzo tanto vale cedere alle lusinghe del signore Dorsday e lasciarsi ammirare da tutti.
In fondo è una ragazza bellissima, tutti devono guardare questa nuova Else, nata due volte, saggia, sfrontata, libera, senza pregiudizi o ipocrisie.
Eccola davanti allo specchio, occhi grandi, labbra rosse, così bella sotto il suo mantello nero, finalmente se stessa, enigmatica, irresistibile, il sogno proibito di ogni uomo, un grande spettacolo, conviene approfittarne, non durerà molto.
La signorina Else bella, disperata, seducente, ferita a morte, Else dagli occhi chiusi, la bambina di papà, così sola, dannatamente sola, Else che vuole dormire profondamente o forse sognare, Else che sa volare. Non svegliatela.

***
"Non c'è niente da consigliare. Parlerò con il signor Dorsday di Eperjes, gli spillerò quel denaro, io, l'altera, l'aristocratica, la marchesa, l'accattona, la figlia del truffatore. Come faccio? Come potrò riuscirci?"
"Sono sola, io, completamente sola. Nessuno può immaginare quanto sia straziante la mia solitudine."
"E forse gli altri non esistono affatto. Esistono telegrammi e alberghi e montagne e stazioni e boschi, ma non esistono esseri umani. Di essi sogniamo e basta."
"Vorrei che qualcuno mi baciasse sugli occhi, sulle labbra scarlatte."
"Siete stati voi, potrei dire poi, a spingermi a questo, se sono diventata così la colpa è vostra, di voi tutti, non solo del papà e della mamma. Anche Rudi e Fred sono colpevoli, e tutti quanti gli altri, perché nessuno si occupa mai di com'è fatta un'altra persona. Bacetti e carezze perché sei tanto bellina, un po' d'inquietudine quando hai la febbre, poi ti spediscono a scuola, e a casa ti fanno imparare il pianoforte e il francese, d'estate ti portano in campagna, per la tua festa ricevi qualche regalo e a tavola si parla del più e del meno. Ma di ciò che mi passa dentro, di ciò che si agita nel mio animo e mi fa paura, di questo vi siete mai preoccupati?"



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