Due occhi azzurri, Thomas Hardy
Scogliere a picco sul mare dove onde ribelli si infrangono tra le rocce, sentieri che si perdono lontano tra boschi e rugiada, nuvole che attraversano rapide il cielo, ora limpido ora minaccioso. In questo scenario ameno dove la natura rigogliosa fa da sfondo alle vicende umane e dove l'ombra rincorre incessantemente la luce, si muovono i protagonisti di questo romanzo.
Elfride Swancourt ragazza bellissima, impulsiva e ingenua, con i suoi luminosi occhi azzurri come il cielo e i lunghi capelli castano chiaro, incanta e affascina il giovane architetto Stephen Smith, appena arrivato da Londra per dei lavori di ristrutturazione nella vecchia chiesa di cui il padre di Elfride è parroco. Un ragazzo di bell'aspetto, intelligente e onesto. Una sera d'inverno di vento impetuoso e cuori in tempesta. Quegli occhi intensi ed espressivi lo folgorano ed è subito amore tra i due. Elfride ha sempre vissuto una vita ritirata in quei luoghi solitari e isolati, non ha alcuna esperienza del mondo, quel giovane venuto da lontano le fa battere il cuore. Ma le umili origini del ragazzo saranno un ostacolo al loro sogno d'amore. Partito per l'India in cerca di fortuna rimane in contatto epistolare con la bella e incantevole ragazza, certo del suo amore e della sua fedeltà.
Ma Elfride è giovane, volubile e istintiva e presto un altro uomo farà breccia nel suo cuore, un uomo maturo, un saggista colto e preparato, che con la sua vasta cultura farà vacillare le fragili certezze del suo piccolo cuore. Henry Knight conosce il mondo, è un critico letterario pungente, ha una morale rigida e severa, siamo in età vittoriana del resto, la sua mente ha esplorato a lungo gli abissi del sapere, ma è inesperto e acerbo nelle questioni d'amore.
Si innamora della ragazza, rimanendo ammaliato dalla sua freschezza, innocenza, spontaneità e ingenuità. Tra accese partite a scacchi e passeggiate tra ruscelli e scogliere selvagge ben presto i loro destini sembrano unirsi. Ma un'oscura presenza riemersa da un passato lontano minaccia l'idillio.
Nel suo terzo romanzo ambientato nel Wessex, terra di sogno e mistero, tra scenari naturali dipinti come soltanto un abile pittore saprebbe fare, Hardy mette in scena i turbamenti del cuore sconvolto dalla passione amorosa e dalla gelosia, mentre un destino imperturbabile e oscuro, nuvola nera all'orizzonte, fa tremare le fragili esistenze dei suoi personaggi, pedine in balia del caso.
Elfride una ragazza dalla mente libera e indipendente, una creatura che segue gli impulsi del cuore e sogna di essere amata appassionatamente subisce le rigide regole dell'età vittoriana, una morale angusta e asfittica che soffoca e opprime con il suo perbenismo l'indole di una giovane donna che vorrebbe soltanto essere libera di amare, esile foglia perduta nel vento e nei sussulti convulsi del cuore.
Elfride Swancourt ragazza bellissima, impulsiva e ingenua, con i suoi luminosi occhi azzurri come il cielo e i lunghi capelli castano chiaro, incanta e affascina il giovane architetto Stephen Smith, appena arrivato da Londra per dei lavori di ristrutturazione nella vecchia chiesa di cui il padre di Elfride è parroco. Un ragazzo di bell'aspetto, intelligente e onesto. Una sera d'inverno di vento impetuoso e cuori in tempesta. Quegli occhi intensi ed espressivi lo folgorano ed è subito amore tra i due. Elfride ha sempre vissuto una vita ritirata in quei luoghi solitari e isolati, non ha alcuna esperienza del mondo, quel giovane venuto da lontano le fa battere il cuore. Ma le umili origini del ragazzo saranno un ostacolo al loro sogno d'amore. Partito per l'India in cerca di fortuna rimane in contatto epistolare con la bella e incantevole ragazza, certo del suo amore e della sua fedeltà.
Ma Elfride è giovane, volubile e istintiva e presto un altro uomo farà breccia nel suo cuore, un uomo maturo, un saggista colto e preparato, che con la sua vasta cultura farà vacillare le fragili certezze del suo piccolo cuore. Henry Knight conosce il mondo, è un critico letterario pungente, ha una morale rigida e severa, siamo in età vittoriana del resto, la sua mente ha esplorato a lungo gli abissi del sapere, ma è inesperto e acerbo nelle questioni d'amore.
Si innamora della ragazza, rimanendo ammaliato dalla sua freschezza, innocenza, spontaneità e ingenuità. Tra accese partite a scacchi e passeggiate tra ruscelli e scogliere selvagge ben presto i loro destini sembrano unirsi. Ma un'oscura presenza riemersa da un passato lontano minaccia l'idillio.
Nel suo terzo romanzo ambientato nel Wessex, terra di sogno e mistero, tra scenari naturali dipinti come soltanto un abile pittore saprebbe fare, Hardy mette in scena i turbamenti del cuore sconvolto dalla passione amorosa e dalla gelosia, mentre un destino imperturbabile e oscuro, nuvola nera all'orizzonte, fa tremare le fragili esistenze dei suoi personaggi, pedine in balia del caso.
Elfride una ragazza dalla mente libera e indipendente, una creatura che segue gli impulsi del cuore e sogna di essere amata appassionatamente subisce le rigide regole dell'età vittoriana, una morale angusta e asfittica che soffoca e opprime con il suo perbenismo l'indole di una giovane donna che vorrebbe soltanto essere libera di amare, esile foglia perduta nel vento e nei sussulti convulsi del cuore.
"Una cosa in lei, però, l'avreste notata: i suoi occhi. Essi accoglievano la sublimazione di tutto il suo essere, non era più necessario volgere lo sguardo altrove: lì, ella viveva.
Quegli occhi erano azzurri. Azzurri come la distanza autunnale, come l'azzurro che si vede tra i profili sfuggenti delle colline e dei pendii boscosi che si perdono nella lontananza di un'assolata mattina di settembre. Un azzurro nebbioso e ombroso, senza principio né superficie, da scrutare in profondità e non, semplicemente, da guardare".
Quegli occhi erano azzurri. Azzurri come la distanza autunnale, come l'azzurro che si vede tra i profili sfuggenti delle colline e dei pendii boscosi che si perdono nella lontananza di un'assolata mattina di settembre. Un azzurro nebbioso e ombroso, senza principio né superficie, da scrutare in profondità e non, semplicemente, da guardare".
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