Il valzer degli alberi e del cielo (Jean- Michel Guenassia)
"L'arte è così ricca che, se soltanto una persona riuscisse a tenere a mente ciò che ha visto, avrebbe sempre di che nutrire i propri pensieri e non sarà mai davvero sola, mai più sola."
(Lettera di Vincent a Théo, 15 novembre 1878)
Un libro di rapida e agevole lettura, che con uno stile diretto ed essenziale cerca di far luce sulla misteriosa fine di van Gogh, confutando le teorie storiche ufficiali. Un libro che muovendosi tra finzione romanzesca e fantasia racconta l'ultimo tormentato amore di van Gogh.
Lui è il pittore geniale, in balia di inquietudini profonde e demoni interiori, che ha consacrato la sua esistenza alla pittura, capace di realizzare dipinti sublimi, creature vive, trasformando paesaggi quotidiani e comuni in qualcosa di abbagliante e meraviglioso. Un uomo che vuole dipingere ciò che sente e sentire ciò che dipinge, sferzando la tela bianca con pennellate decise e nervose che sembrano colpi di frustra, crea una danza sfrenata di luce e colore. Una pittura che riesce a esprimere ciò che sente interiormente, dove natura e potenza creatrice diventano incanto, magia, bellezza diversa e innovatrice, emozione indelebile.
Lei è Marguerite la figlia del dottor Gachet, il medico che ebbe in cura Vincent nell'ultimo periodo della sua vita. Un uomo severo, incapace di affetto, avido e calcolatore, un uomo che lo stesso Vincent considerava instabile e inadeguato. Marguerite ha 19 anni, ama dipingere, sa disegnare ma le manca l'estro creativo, la scintilla che può trasformare la passione in autentico talento.
Ama la musica, la pittura, l'istruzione, desidera iscriversi all'Accademia delle Belle Arti preclusa alle donne, in un mondo che relega la donna al ruolo di docile statuina insignificante, promessa sposa per calcolo, senza alcuna voce in capitolo in merito al proprio destino. Una ragazza che sogna di fuggire via lontano, in quell'America che sembra la terra promessa dove i sogni possono diventare realtà, finalmente libera di essere se stessa.
Nel libro sono fedelmente riportati stralci di documenti storici dell'epoca e alcuni frammenti delle lettere che Vincent scrisse all'amato fratello Thèo e all'amico Gauguin.
Sulla candida tela i colori prendono vita e l'azzurro del cielo danza con il verde degli alberi un valzer tenero e appassionato. Così come tenero e appassionato è l'amore che lega i due protagonisti.
Un amore rischioso, sconveniente, pericoloso. Un amore che sfida le regole asfittiche e convenzionali del mondo borghese. Un amore incompleto che va sacrificato sull'altare della pittura, vero e unico amore, assoluto, totalizzante, passione tormento creazione, sacrificio, sofferenza, estasi, rinuncia, genialità, bellezza senza tempo.
Un uomo inquieto che con le sue mani nervose è riuscito a dipingere il mondo in modo assai più bello di come Dio l'ha creato. Dipinti che ancora oggi ci lasciano senza fiato, dove cielo e terra, alberi e nuvole danzano per l'eternità.
"Sono passata mille volte davanti a quel paesaggio che era per me simile a mille altre vallette tranquille, ma ciò che vedo non è né banale né tranquillo, sono spighe e alberi che vibrano come se fossero vivi e abbarbicati alla vita, con il vento che li sommuove, il giallo che guizza dappertutto e il verde che trema."
"La mansarda che era in penombra si è rischiarata d'improvviso, un raggio di luce si è posato come per incanto sul cavalletto e sono stata colpita da questa visione: una tela raffigurante delle case contadine i cui tetti di paglia si confondevano con i prati disposti su vari livelli e, sullo sfondo, gli alberi verde cupo si abbandonavano a un valzer tormentato e pieno di complicità con un cielo di nuvole azzurrine. Il dipinto, che al mio arrivo era grigio, si era come animato di un soffio di vita con alberi e cielo che danzavano una sarabanda indiavolata. Non so per quanto tempo sono rimasta in contemplazione di quella tela.
"E' un villaggio dei dintorni" disse lui alle mie spalle, "mi piace molto quel posto, è ondulato, si chiama Montcel, lo conosci?"
Ero passata cento volte davanti a quelle quattro case e non mi ero mai accorta di quanto fossero belle.
"Ti piace?"
Mi voltai. Vincent era davanti a me. Aveva il volto solcato da rughe e di colorito grigiastro, occhi verdi e obliqui, capelli biondocenere, una bocca dalle labbra tumide e lo sguardo stanco di un uomo che ha fatto il giro del mondo e visto terre lontane. Mi ha sorriso, si è grattato il mento. Io mi sono avvicinata, e l'ho baciato. Sì, ho posato le labbra sulle sue, ho visto che abbassava le palpebre e l'ho fatto anch'io."
-"Perché dipingi?
Perché ne ho voglia, dipingo da quand' ero piccola.
-Non ti domando da quanto tempo dipingi, ti domando perché. Dimmi cos'è che ti spinge a dipingere.
Immagino che sia perché mi piace.
-Lo sapevo. Il problema è che non sai rispondere alla domanda.
Voglio prendere lezioni per imparare.
-Non capisci niente! Io ti parlo di te, dannazione!
La pittura non s'impara, le lezioni non servono a niente! Perché prendere lezioni con dei cattivi pittori, che uccideranno ciò che c'è di meglio in te, che temono ciò che è moderno come la peste perché producono soltanto cose gelide e senz'anima? Le lezioni servono soltanto a seguire la via tranquilla e priva di rischi che ha imboccato il professore, a intrappolarsi nel suo stesso vicolo cieco. Non aver paura di metterti in pericolo, di romperti il muso e di soffrire. Trova la tua strada da sola, non hai bisogno di nessuno per essere pittrice, guarda ciò che hai davanti, chiudi le palpebre e dipingi ciò che vedi dentro di te. E se non vedi niente, se non c'è niente, smetti di dipingere."
"Ma lui sapeva che il nostro tempo era contato. Io no. Lui sapeva, d’istinto, molto prima che io l’ammettessi, che siamo soli sulla Terra e che contro questo non possiamo fare nulla. Soli di fronte a noi stessi. Soli in mezzo agli altri. Qualunque cosa ci si possa inventare per far credere il contrario. E Vincent è riuscito a dipingere proprio la bellezza di questa profonda solitudine".
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