La sarta di Dachau, Mary Chamberlain
Sono solo una ragazza.
Qui ci sono freddo e paura.
Ma io ho un sogno
e nessuno me lo può strappare.
Ada Vaughan modiste, abiti perfetti che fasciano un corpo
snello, rossetto e ticchettio veloce, sognatrice instancabile. Suor Clara
sepolta in un abito logoro e informe, che vive e respira la morte
intorno e dentro di lei, Ava Gordon incantevole e seducente, nel suo abito
blu aperto sulla schiena, una nuvola di chiffon azzurro, una sigaretta
tra le labbra e un White lady da assaporare lentamente. Una donna
poliedrica, dalle mille sfaccettature, una donna che ha sofferto troppo e
per questo pericolosa.
Questo romanzo racconta la sua storia.
I
sogni, il coraggio, la tenacia di una giovane e ambiziosa sarta inglese
che vuole allontanarsi dalla miseria e dallo squallore che ti si
attacca addosso come un odore malsano e farsi strada nel mondo,
diventare qualcuno, una stilista famosa e di successo. Bella e
determinata, capace di creare abiti incantevoli come per magia. Eppure
dal mondo della sartoria, degli abiti eleganti, della seta preziosa, si
troverà suo malgrado catapultata in mezzo all'orrore della seconda
guerra mondiale e della prigionia. La trama è avvincente, questo libro ti
incolla alle pagine lasciandoti col fiato sospeso e l'ansia di sapere
come andrà a finire. Lo stile è semplice, fluido, scorrevole.
La prima
parte mi è piaciuta molto, la storia della giovane Ada, una ragazza
determinata, piena di sogni, speranze, ma saranno proprio i sogni, la
sua ingenuità e la fiducia malriposta a gettarla nel baratro. E ancora il
suo coraggio tra macerie, bombardamenti e cadaveri, la lotta faticosa
per la sopravvivenza, il duro lavoro, lei una ragazza stremata, ridotta
pelle e ossa che riesce a creare abiti meravigliosi nella prigione di
Dachau tra schiaffi e stenti. E' questo il solo modo che ha per sentirsi
ancora un essere umano, riuscire a plasmare da mediocri scampoli di
stoffa abiti da sogno per donne algide e perfide, le compagne dei
comandanti del campo, le loro amiche e perfino un abito nero con una
rosa rossa per una signora gentile, che le rivolge la parola, le fa i
complimenti, sembra vedere in lei per la prima volta un essere
umano. Eppure...
La seconda parte descrive il faticoso ritorno alla
vita, l'agognata salvezza dopo tanto orrore, il rientro in
Inghilterra, Ada la sopravvissuta all'internamento, la ragazza
fortunata. Questa parte mi ha lasciata un po' perplessa. Anni e anni di
sofferenza sembrano non averle insegnato nulla, Ada è ancora lì con i
suoi sogni ingenui, continua a fidarsi di bastardi da cui dovrebbe stare
alla larga, non riesce a bastare a se stessa, si invischia in affari
illeciti, fino al tragico epilogo. Il punto di vista è sempre quello
della protagonista, il lettore scopre la verità con lei poco a poco ed è
questo che avvince e inchioda alla pagina, sei lì con lei incredulo e
sgomento, sperando fino alla fine in un miracolo, che quella giostra
impazzita di dolore e malvagità si fermi e che ci sia almeno un uomo
degno di questo nome, un uomo di cui fidarsi. E invece menzogne, inganni,
illusioni infrante, sogni spezzati e calpestati, uomini
nauseanti, personaggi rivoltanti e meschini. E quando tramonta anche
l'ultima flebile speranza e la verità distorta trionfa su tutto non
rimane alcun appiglio, se non sprofondare nel nero abisso. Ada una eroina
tragica vittima dei propri sogni impossibili e di un mondo senz'anima.
"Ecco che cosa facevano quegli avvocati, pensò Ada : mostravano i fatti
fuori dal loro contesto, facendoli pendere da una parte sola come un
quadro appeso storto sul muro, o distorcendoli come nello specchio
deformante di un luna park."
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