giovedì 21 aprile 2016

Treno di notte per Lisbona

Treno di notte per Lisbona, Pascal Mercier

“Se è così, se possiamo vivere solo una piccola parte di quanto è in noi, che ne è del resto?”

Una ragazza misteriosa legge nel diluvio una lettera sul ponte della città di Berna, si toglie le scarpe e si aggrappa al parapetto. Forse vuole uccidersi. Un erudito professore di lingue antiche, Raimund Gregorius detto Mundus, che sta andando come ogni mattina a lavoro, rimane sconvolto da questo incontro fortuito che in qualche modo gli cambierà la vita. Un numero di telefono scritto sulla fronte con un pennarello e poi così come era apparsa altrettanto rapidamente la ragazza si dilegua nella pioggia. Il suono di una parola “portugues”, una melodia dolce e magica, lo porterà ad abbandonare tutto, seguendo le tracce di un misterioso medico scrittore, Amadeu de Prado, il prete ateo, l’orafo delle parole. Da Berna a Lisbona, viaggiando su un treno nella notte. A poco a poco Gregorius metterà insieme i pezzi del mosaico, ricostruendo la vita del medico dalla personalità profonda e carismatica e attraverso questo viaggio a ritroso nel tempo e nella storia arriverà a conoscere e a capire meglio se stesso. I pensieri, le riflessioni, i frammenti del libro gli faranno da guida in un percorso di conoscenza interiore, dove presente e passato si confondono. Il tempo della memoria lo porterà lontano, negli anni della feroce dittatura di Salazar e della resistenza e attraverso tutto questo arriverà a porsi domande fondamentali sulla propria esistenza. Il lettore viaggia con lui nella notte.
Un libro dal ritmo lento, introspettivo, di ampio respiro, ricco di riflessioni esistenziali e filosofiche (lo scrittore è docente di filosofia) pagine curate e attente, da leggere con calma e attenzione, una scrittura raffinata e preziosa, un sottile lavoro di cesello, un libro dove tempo, storia, memoria si intrecciano in una dimensione atemporale, portando il protagonista a riflettere sul significato e sul valore della propria vita e noi con lui.

“Da allora so come gli esseri umani possano essere avviluppati tra loro e presenti l'uno dentro l'altro ad abissali profondità, senza averne la più pallida idea”.

“Ma che cosa ci fa qui dentro?” domandò.
“Difficile a dirsi, rispose Gregorius, assai difficile. Lei sa cosa sono i sogni a occhi aperti. E’ un po’ così. Ma è anche una cosa del tutto diversa. Più seria. E più folle. Quando il tempo di un’esistenza è agli sgoccioli, non ci sono più regole che contano. E allora è come se a uno desse di volta il cervello e fosse maturo per il manicomio. Ma in realtà è esattamente il contrario: al manicomio dovrebbero andarci quelli che non vogliono ammettere che il tempo è agli sgoccioli. Quelli che continuano come se niente fosse. Mi capisce?.”

 

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