venerdì 6 novembre 2015

Il petalo cremisi e il bianco

Il petalo cremisi e il bianco, Michel Faber (2002)

Now sleeps the crimson petal, now the white...


Dieci anni di scrittura, uno stile curato e attento, lo scrittore alterna sapientemente registri stilistici e linguistici bassi e aulici, colti e popolari, descrizioni suggestive e rivoltanti, mescolando cielo e fango, dimore sontuose e brutale miseria, il rosso del sangue e della passione, il candore della neve, meschinità e purezza, religione e abiezione, corpi ardenti, sudati, voluttuosi e angeli caduti.
I personaggi sono descritti con minuzia ossessiva nei loro gesti, parole, pensieri ma restano inaccessibili nel profondo dell’anima.
Questo libro ha deluso le mie aspettative, non è riuscito a coinvolgermi né tantomeno a emozionarmi.
L'ho trovato lento, prolisso, noioso nelle infinite e meticolose descrizioni, soltanto nelle ultime cento pagine è riuscito a incuriosirmi, curiosità che è naufragata in un finale davvero deludente.
L’incipit del libro è accattivante, lo scrittore si rivolge direttamente al lettore, guidandolo nelle strade fredde e buie, nei vicoli fetidi e nauseabondi traboccanti di ladri, mendicanti e prostitute della Londra di fine ottocento. Conosciamo i due protagonisti William Rackam, l’erede delle profumerie Rackam e la giovane prostituta Sugar, diciannove anni, alta, magrissima ,capelli rossi, pelle screpolata, una bellezza atipica e sensuale, poliedrica, intelligente, scrittrice in erba e amante dei libri.
E’ dovuta crescere in fretta grazie a una madre cinica che ha raccontato una fiaba orrenda a una bambina, presto qualcuno l'avrebbe tenuta al caldo, liberandola dal freddo e dalla miseria.
Sugar impara la lezione, è pronta a tutto, cresce maledicendo Dio e le sue odiose creature, astuta, scaltra, desiderosa di riscatto sociale. Nel corso del romanzo l’attrazione di William per Sugar andrà scemando, mentre l’interesse di lei inizialmente freddo e calcolato diventerà autentico e sentimenti quali affetto, amore, briciole di tenerezza riusciranno a penetrare nella sua rigida corazza.
La loro storia di travolgente (?) passione mi ha lasciato piuttosto indifferente.
L’ho trovata ridicola e inverosimile. William è un uomo piccolo piccolo, debole, senza coraggio, anaffettivo, se l’obiettivo dello scrittore era quello di renderlo odioso ci è riuscito alla grande. Sugar è lo strumento di cui si serve per rafforzare il suo vacillante e lillipuziano ego e soddisfare i propri bisogni, prima come amante, poi come istitutrice e infine segretaria quando la porterà a vivere nella sua dimora. Ha bisogno dei suoi preziosi consigli, delle sue costanti attenzioni e rassicurazioni salvo poi sbarazzarsi di lei quando le cose diventeranno troppo complicate. Un codardo insicuro come tanti. Ma non è lei che ama, il piccolo e confuso William riserva la sua tenerezza nostalgica alla fragile moglie, che lo ha rifiutato da sempre e intimamente lo disprezza. Il suo corpo appartiene a Sugar, ma la sua mente e la sua anima restano inaccessibili, anche se personalmente dubito che ne sia dotato. Seguiamo quindi l’ascesa di Sugar dai vicoli putridi del bordello alla lussuosa casa dell'amante. Intorno a loro si delineano le vicende di altri personaggi, Henry il fratello di William, pio, devoto, in precario equilibrio tra vocazione e un amore impossibile, Emmeline Fox indipendente e incurante della frivola mondanità, con un unico scopo nella vita, quello di redimere le ragazze di strada offrendo loro una seconda possibilità, Agnes la fragile e malata moglie di William e Sophie la bambina ombra, l’unica che forse riuscirà a scaldare davvero il cuore di Sugar.
Il titolo del romanzo evoca una bellissima poesia di Tennyson, ma se l’intento dell’autore era quello di far rivivere in chiave moderna il romanzo vittoriano ha miseramente fallito, scrivendo semplicemente un libro senz’anima, lontano anni luce dai capolavori di quel periodo, con un finale/non finale vago e indefinito, una beffa per il lettore che si è dovuto sorbire quasi mille pagine di inutili dettagli senza nemmeno conoscere l'epilogo dell'intera vicenda.

Now sleeps the crimson petal, now the white...

Ora dorme il petalo cremisi, ora il bianco
Ora ondeggia il cipresso nel sentiero della reggia
Ora brilla la scia dorata nella fonte di porfido
La lucciola si desta: destati con me.
Ora svanisce il candido pavone come un fantasma
E come un fantasma debolmente splende su di me.
Ora la Terra offre le sue Danae alle stelle
E a me offre, dischiuso, il tuo cuore intero.
Ora passa la silenziosa meteora
lasciando una scia splendente, come i tuoi pensieri in me.
Ora il giglio si piega in tutta la sua dolcezza
e sdrucciola nel seno del lago.
Similmente flettiti, mia cara, e scivola
sul mio petto e perditi in me.

(A. Tennyson)


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