giovedì 1 ottobre 2015

E le stelle stanno a guardare

E le stelle stanno a guardare, Cronin (1935)

Questo romanzo racconta la storia di tre famiglie, diverse eppure legate a doppio filo tra loro.
La famiglia Fenwick, i cui componenti lavorano nella miniera di Sleescale, che a dispetto del nome è un vero e proprio inferno, patiscono la fame e condizioni di lavoro molto dure. Tra essi spicca la figura di Davide, che studierà e arriverà a ottenere un seggio in parlamento dove si batterà per la nazionalizzazione delle miniere, aumenti salariali e condizioni di lavoro umane e dignitose per i lavoratori. La famiglia Barras, i proprietari della miniera, il fragile Arturo e l’autoritario padre, attaccato al denaro e al profitto personale e incurante delle rivendicazioni operaie e delle norme di sicurezza sul lavoro, che alla fine si ritroverà tra le mani un pugno di fango. E infine Joe Gowlan che ascende in modo rapido e disonesto i gradini della scala sociale, lusso, agio e spregiudicatezza.
Ma gli sforzi di Davide, schierato dalla parte dei lavoratori e di Arturo, che cercherà di rendere sicura la miniera, si riveleranno vani. A trionfare saranno soltanto l’opportunismo e il cinismo di Gowlan e della classe politica, che una volta eletta disattenderà il proprio mandato, indifferente ai  bisogni della classe operaia.
Il romanzo affronta tematiche sociali molteplici: lo sfruttamento economico, le precarie condizioni di lavoro dei minatori, lo sciopero come strumento di lotta, la rabbia cieca di chi è disperato, l’orrore della prima guerra mondiale, l’obiezione di coscienza punita con il carcere, l’emancipazione femminile e ci offre un quadro della classe politica più che mai attuale. Indimenticabili i personaggi: Davide onesto e coraggioso, Arturo insicuro e sconfitto dal sistema, Jenny seducente e frivola, Annie umile e coraggiosa, Grace mite e innamorata, Hilda che riuscirà a emanciparsi dall’opprimente figura paterna studiando medicina. Il romanzo si chiude nello stesso modo in cui si era aperto, un ragazzo adolescente scende in miniera, nelle viscere della terra mentre le stelle, immobili e lontane stanno a guardare questa umanità che si affanna e sospira, che si sforza di lottare e cambiare le cose ma viene sempre sconfitta. Nel finale del libro mi sono tornate in mente queste celebri parole, altra storia, altra latitudine, ma stessa amara verità : “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.”


"Silenzio. Il colpo secco della sbarra di chiusura. I rintocchi lontani d'una campanella. Tutti lì in piedi, i proletari, ammassati nella gabbia, in silenzio, nell'incerta luce dell'alba. Lassù, sulle loro teste, torreggiavano le impalcature della Nettuno dominanti l'abitato, il porto, il mare. Laggiù, sotto i loro piedi, l'abisso della loro esistenza. La gabbia scese. Scese di botto, rapida, nelle oscurità abissali. E il suono della discesa emerse fuori dal pozzo come un gran sospiro che salì fino alle stelle.


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