lunedì 19 ottobre 2015

Il vagabondo delle stelle


Il vagabondo delle stelle, Jack London (1915)

“La materia non ricorda, lo spirito sì. E il mio spirito altro non è che la memoria delle mie infinite incarnazioni.”

Un classico intramontabile che narra la  storia di Darrell Standing, professore universitario detenuto nel carcere di San Quentin per l'omicidio di un collega. Un ritratto lucido e realistico della violenza disumana perpetrata all'interno della prigione che annienta l’individuo e dell'orrore della pena di morte, alla quale viene alla fine  condannato per un futile motivo, la presunta e insignificante  aggressione a una guardia carceraria.
E poi la tortura della camicia di forza che piega il corpo, corruttibile e mortale, ma non lo spirito, che vagabonda libero  tra le stelle, in epoche lontanissime, tra esperienze estreme e avventure selvagge.
Darrell rivive così le sue vite precedenti, che lo hanno portato a essere quello che è ora, la collera rossa che lo acceca, il dolore, l'amore per una donna che da sempre è all'origine di tutto.
Anche nella cella più angusta e opprimente si può essere liberi, libertà della mente, libertà dello spirito, eterno e immortale.
Si susseguono tra le pagine realismo onirico, reincarnazioni, citazioni letterarie e filosofiche e la voglia di rivivere ancora chissà dove o quando, perché la morte non è la fine di tutto, ma l'inizio di una nuova avventura nel tempo, altre forme, altre storie o memorie.

E ora sono qui, nel braccio degli assassini del carcere di Folsom, che attendo, le mani rosse di sangue, il giorno fissato dalla macchina dello Stato, quando i suoi servitori mi porteranno in quella che chiamano tenebra, quella tenebra di cui hanno paura e da cui attingono immagini di superstizione e terrore, la stessa tenebra che li spinge, fra tremiti e lamenti, davanti agli altari delle divinità antropomorfe, generate dal medesimo orrore.”

“È la vita a costituire l'unica realtà e il vero mistero. La vita è molto di più che semplice materia chimica, che nelle sue fluttuazioni assume quelle forme elevate che ci sono note. La vita persiste, passando come un filo di fuoco attraverso tutte le forme prese dalla materia. Lo so. Io sono la vita. Sono passato per diecimila generazioni, ho vissuto per milioni di anni, ho posseduto numerosi corpi. Io, che ho posseduto tali corpi, esisto ancora, sono la vita, sono la favilla mai spenta che tuttora divampa, colmando di meraviglia la faccia del tempo, sempre padrone della mia volontà, sempre sfogando le mie passioni su quei rozzi grumi di materia che chiamiamo corpi e che io ho fuggevolmente abitato.”

"Non uccidere». Stupidaggini. Domani mattina mi uccideranno. «Non uccidere». Stupidaggini. Proprio ora nei cantieri navali di tutte le nazioni civili stanno costruendo le chiglie di corazzate e supercorazzate. Cari amici, io che sto per morire vi saluto con questa parola: stupidaggini.

“L'uso peggiore che si possa fare di un uomo è quello di impiccarlo”. No, non ho alcun rispetto per la pena di morte. Si tratta di un'azione sporca, che non degrada solo i cani da forca pagati per compierla ma anche la comunità sociale che la tollera, la sostiene col voto e paga tasse specifiche per farla mettere in atto. La pena di morte è un atto stupido, idiota, orribilmente privo di scientificità.”



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