domenica 19 luglio 2015

Achille piè veloce


Achille piè veloce, Stefano Benni (2003)

“Ridere dei piccoli dolori è il sollievo dei deboli. Ridere sull'abisso è proprio degli eroi"

La storia di una amicizia unica e speciale, di Ulisse e Achille, due semplici e straordinari eroi del quotidiano.
Ulisse, Lello per gli amici è uno scrittore in piena crisi  creativa, ha pubblicato soltanto un libro, lavora come lettore editoriale presso una piccola casa editrice sull’orlo del fallimento, viaggia ogni giorno su un dragobruco e porta sempre con sé i suoi amati odiati “scrittodattili, dato che scrivere è ormai operazione da dinosauri”. Ulisse poligamo politropo ama Pilar-Penolope, una bellissima ragazza creola col permesso di soggiorno scaduto, che da anni tesse e disfa la sua tesi di laurea sui murales, sta per perdere il lavoro e qualche volta fa la cubista per arrotondare. E poi c’è Achille, il vero eroe e protagonista assoluto del romanzo, fantasia sfrenata e talento creativo,”voce roca e cavernosa”, irriverente, ironico e fuori dagli schemi,  conduce una esistenza  immobile nel  buio della sua stanza, comunicando attraverso un computer a causa di una grave malformazione. Achille con Xanto che a volte impazzisce e gli fa i dispetti, vive in una solitudine senza porte ma ama ridere e scrivere, nonostante tutto.
 “Achille ha la tragedia come destino. Mia madre mi bagnò nella vasca sbagliata. Sono invulnerabile solo nel tallone. Ulisse ha per destino l’avventura e incontrare mostri.”
Un' amicizia che cambierà la loro vita, perché entrambi hanno bisogno dell’altro.
Achille  ha bisogno di Ulisse “perché ha le parole, ma non il mondo” e Ulisse ha bisogno di Achille perché forse ha il mondo, ma non ha più parole. Achille  gli dà forza per opporsi “ a qualcosa di cupo e mortifero”, non gli offre certezze o risposte, ma gli “ regala nuove importanti domande”.
Intorno a questi moderni eroi dei nostri tempi navigano  una miriade di personaggi strambi, buffi e terribili, Vulcano il titolare squattrinato della casa editrice, l’ammaliante segretaria Circe, il perfido Febo, fratello di Achille, la tenera madre.
 Un libro ricco di brillante umorismo, ironia tagliente, divertenti neologismi, ma anche malinconico, commovente, intelligente, mai scontato o retorico, che ha come protagonista l’umanità fragile, forte e imperfetta  di due piccoli grandi coraggiosi eroi moderni che lottano contro una realtà quotidiana difficile  e mostruosa.

"Cosa succede alle persone cosiddette normali quando incontrano di colpo un matto che urla, o le investe di un delirio incomprensibile? Quando vedono qualcuno crollato a terra, o inchiodato da uno spasmo sui gradini di una chiesa? Dopo l'incontro restano immobili, con un'espressione di disagio, di paura o di stordimento. Ma il loro volto è cambiato, è come se fossero state fotografate da una luce accecante, scuotono la testa, parlano da sole, per un attimo anche la loro normalità sembra incrinata. Cos'hanno visto nel lampo di quella luce, quale paesaggio, quale specchio, quale verità insostenibile che dimenticheranno subito dopo, ma la cui immagine resterà per sempre, in qualche recesso buio del loro cuore, nella biblioteca in fiamme della loro vita?"

"Lei fa tutto "quasi"? Anch'io. Ma nel mio "quasi" c'è un'impossibilità, nel suo c'è una scelta, una noia, un'insufficienza. Lei è qualche volta "quasi" solo?”
-Proprio così
Io no. Io sono solo in modo diverso da lei. Lei vaga in una grande stanza con una porta in fondo, l’uscita dalla sua solitudine. Qualche volta vede la porta ma fa finta di niente, continua a vagare e lamentarsi e dire a se stesso, sarò sempre solo.
Io invece vago in una stanza senza porte. Posso tutt’al più sognare una porta".

"Siamo uguuaili, nel bene e nel male.
Okay, disse Ulisse, siamo uguu-ailiiii.”
Achille rise, di una risata faticosa che gli spezzava il respiro. Infantile, inattesa, contagiosa.
Chiuse gli occhi e per la prima volta Ulisse riuscì a comporre insieme i lineamenti, ad avere il coraggio di guardare le orecchie attaccate alle tempie, le labbra sghembe.
Il mostro si dissolse in un volto, un volto mai visto prima".

"Sai cos’è un amico? Uno che non ti vede come un rosario su cui sgranare le proprie assoluzioni, ma come qualcosa di complicato e doloroso, che cammina insieme a te, qualcosa che non capisci mai fino in fondo e che ti invade.
Mentre tu parli io mi alzo da quella sedia e vado a vedere il mondo. Mentre io parlo  tu ti siedi e scopri che sei muto e senza fiato, con la testa inchiodata e le mani incapaci di parare i colpi. Poi la vita ci darà strade diverse. Tu prenderai tutta la gioia che puoi, io mi accontenterò di sognare a una finestra, tu soffrirai per piccoli grandi dolori, io ti invidierò per questo. Il luogo ove si incontrano la nostra amicizia e la nostra invidia è un luogo raro, e basterebbe che tu lo ricordassi sempre perché io sia, una volta per tutte, rispettato".


"Hai un nome a cui rispondi, il nome con cui ti chiamano gli uomini. Ma qual è il nome del tuo mistero, il nome a cui rispondono i tuoi ricordi, le tue paure, la tua ispirazione? Credi che ci sia una parola che può descrivere tutto questo? Non c'è: se ci fosse, sarebbe il nome del tuo buio.. Quanti libri nascosti nel silenzio di chi vive immobile, muto, cieco. Avresti mai detto che dietro una brutta copertina, in una testa così mal costruita ci fosse l'ordine e il disordine di una storia? Non ci accorgiamo mai che c'è una pagina nel libro che non riusciamo a capire, la più bianca, la più inutile, che è invece quella per cui tutto è stato scritto. Perché non riusciamo a vederla?"

"Quanti cristi inchiodati a una sedia o a un letto la gente scavalca, per inchinarsi a un cristo di legno. Quanti sacrifici dimenticati, per ricordarne uno. Se mi facessero entrare in una chiesa, griderei: smettete di guardare quell'altare vuoto. Adoratevi l'un l'altro."

 "Soldi, dracme, sesterzi, e collane di conchiglie per me. Gioia, meno di quanto vorrei e di quanto avrei bisogno. E dentro questa gioia, ogni volta, ostacoli e battaglie e solitudine, pagine stracciate e buttate via. Ma ora la gioia è qui, tu l’hai procurata perché io potessi viverla e dimenticarti. Vuoi vedere se ho capito la lezione, Achille? Se ho imparato a camminare a occhi aperti, se rispetterò sempre il silenzio immobile dietro cui nascono libri meravigliosi, che nessuno scoprirà mai?(…)
Il mondo fuori dalla finestra gli apparve sospeso nello spazio, piccola isola scomparsa da ogni mappa, col nome inghiottito dal buio. La gente camminava  in fretta, a occhi chiusi, su ponti instabili e nebbiosi, sui marciapiedi gelati, nel lamento dei clacson che saliva al cielo avvelenato. Tutto gli sembrò difficile, disperato, doloroso.
Era ancora  viaggio, ancora guerra.
Ama il tuo respiro. Con la spada di una matita. Chiuse gli occhi".


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