Achille piè veloce, Stefano Benni (2003)
“Ridere dei piccoli dolori è il sollievo dei deboli. Ridere
sull'abisso è proprio degli eroi"
La storia di una amicizia unica e
speciale, di Ulisse e Achille, due semplici e straordinari eroi del quotidiano.
Ulisse, Lello per gli amici è uno
scrittore in piena crisi creativa, ha
pubblicato soltanto un libro, lavora come lettore editoriale presso una piccola
casa editrice sull’orlo del fallimento, viaggia ogni giorno su un dragobruco e
porta sempre con sé i suoi amati odiati “scrittodattili, dato che scrivere è
ormai operazione da dinosauri”. Ulisse poligamo politropo ama Pilar-Penolope, una
bellissima ragazza creola col permesso di soggiorno scaduto, che da anni tesse e disfa la sua tesi di laurea sui murales, sta per perdere il lavoro e qualche volta fa la cubista per arrotondare. E poi c’è Achille, il
vero eroe e protagonista assoluto del romanzo, fantasia sfrenata e talento
creativo,”voce roca e cavernosa”, irriverente, ironico e fuori dagli schemi, conduce una esistenza immobile nel buio della sua stanza, comunicando attraverso
un computer a causa di una grave malformazione. Achille con Xanto che a volte
impazzisce e gli fa i dispetti, vive in una solitudine senza porte ma ama
ridere e scrivere, nonostante tutto.
“Achille ha la tragedia come destino. Mia
madre mi bagnò nella vasca sbagliata. Sono invulnerabile solo nel tallone. Ulisse
ha per destino l’avventura e incontrare mostri.”
Un' amicizia che cambierà la loro vita, perché entrambi hanno bisogno dell’altro.
Achille ha bisogno di Ulisse “perché ha le parole, ma
non il mondo” e Ulisse ha bisogno di Achille perché forse ha il mondo, ma non ha
più parole. Achille gli dà forza per
opporsi “ a qualcosa di cupo e mortifero”, non gli offre certezze o risposte, ma
gli “ regala nuove importanti domande”.
Intorno a questi moderni eroi dei
nostri tempi navigano una miriade di
personaggi strambi, buffi e terribili, Vulcano il titolare squattrinato della
casa editrice, l’ammaliante segretaria Circe, il perfido Febo, fratello di
Achille, la tenera madre.
Un libro ricco di brillante umorismo, ironia
tagliente, divertenti neologismi, ma anche malinconico, commovente, intelligente, mai
scontato o retorico, che ha come protagonista l’umanità fragile, forte e
imperfetta di due piccoli grandi coraggiosi
eroi moderni che lottano contro una realtà quotidiana difficile e mostruosa.
"Cosa succede alle persone cosiddette normali quando
incontrano di colpo un matto che urla, o le investe di un delirio
incomprensibile? Quando vedono qualcuno crollato a terra, o inchiodato da uno
spasmo sui gradini di una chiesa? Dopo l'incontro restano immobili, con
un'espressione di disagio, di paura o di stordimento. Ma il loro volto è
cambiato, è come se fossero state fotografate da una luce accecante, scuotono
la testa, parlano da sole, per un attimo anche la loro normalità sembra
incrinata. Cos'hanno visto nel lampo di quella luce, quale paesaggio, quale
specchio, quale verità insostenibile che dimenticheranno subito dopo, ma la cui
immagine resterà per sempre, in qualche recesso buio del loro cuore, nella
biblioteca in fiamme della loro vita?"
"Lei fa tutto "quasi"? Anch'io. Ma nel mio
"quasi" c'è un'impossibilità, nel suo c'è una scelta, una noia,
un'insufficienza. Lei è qualche volta "quasi" solo?”
-Proprio così
Io no. Io sono solo in modo diverso da lei. Lei vaga in una
grande stanza con una porta in fondo, l’uscita dalla sua solitudine. Qualche
volta vede la porta ma fa finta di niente, continua a vagare e lamentarsi e dire
a se stesso, sarò sempre solo.
Io invece vago in una stanza senza porte. Posso tutt’al più
sognare una porta".
"Siamo uguuaili, nel bene e nel male.
Okay, disse Ulisse, siamo uguu-ailiiii.”
Achille rise, di una risata faticosa che gli spezzava il
respiro. Infantile, inattesa, contagiosa.
Chiuse gli occhi e per la prima volta Ulisse riuscì a
comporre insieme i lineamenti, ad avere il coraggio di guardare le orecchie
attaccate alle tempie, le labbra sghembe.
Il mostro si dissolse in un volto, un volto mai visto prima".
"Sai cos’è un amico? Uno che non ti vede come un rosario su
cui sgranare le proprie assoluzioni, ma come qualcosa di complicato e doloroso, che
cammina insieme a te, qualcosa che non capisci mai fino in fondo e che ti
invade.
Mentre tu parli io mi alzo da quella sedia e vado a vedere
il mondo. Mentre io parlo tu ti siedi e
scopri che sei muto e senza fiato, con la testa inchiodata e le mani incapaci di
parare i colpi. Poi la vita ci darà strade diverse. Tu prenderai tutta la gioia
che puoi, io mi accontenterò di sognare a una finestra, tu soffrirai per piccoli
grandi dolori, io ti invidierò per questo. Il luogo ove si incontrano la nostra
amicizia e la nostra invidia è un luogo raro, e basterebbe che tu lo ricordassi
sempre perché io sia, una volta per tutte, rispettato".
"Hai un nome a cui rispondi, il nome con cui ti chiamano gli
uomini. Ma qual è il nome del tuo mistero, il nome a cui rispondono i tuoi
ricordi, le tue paure, la tua ispirazione? Credi che ci sia una parola che può
descrivere tutto questo? Non c'è: se ci fosse, sarebbe il nome del tuo buio..
Quanti libri nascosti nel silenzio di chi vive immobile, muto, cieco. Avresti
mai detto che dietro una brutta copertina, in una testa così mal costruita ci
fosse l'ordine e il disordine di una storia? Non ci accorgiamo mai che c'è una
pagina nel libro che non riusciamo a capire, la più bianca, la più inutile, che
è invece quella per cui tutto è stato scritto. Perché non riusciamo a vederla?"
"Quanti cristi inchiodati a una sedia o a un letto la gente scavalca, per
inchinarsi a un cristo di legno. Quanti sacrifici dimenticati, per
ricordarne uno. Se mi facessero entrare in una chiesa, griderei:
smettete di guardare quell'altare vuoto. Adoratevi l'un l'altro."
"Soldi, dracme, sesterzi, e collane di conchiglie per
me. Gioia, meno di quanto vorrei e di quanto avrei bisogno. E dentro questa
gioia, ogni volta, ostacoli e battaglie e solitudine, pagine stracciate e
buttate via. Ma ora la gioia è qui, tu l’hai procurata perché io potessi viverla
e dimenticarti. Vuoi vedere se ho capito la lezione, Achille? Se ho imparato a
camminare a occhi aperti, se rispetterò sempre il silenzio immobile dietro cui
nascono libri meravigliosi, che nessuno scoprirà mai?(…)
Il mondo fuori dalla finestra gli apparve sospeso nello
spazio, piccola isola scomparsa da ogni mappa, col nome inghiottito dal buio. La
gente camminava in fretta, a occhi
chiusi, su ponti instabili e nebbiosi, sui marciapiedi gelati, nel lamento dei
clacson che saliva al cielo avvelenato. Tutto gli sembrò difficile, disperato,
doloroso.
Era ancora viaggio,
ancora guerra.
Ama il tuo respiro. Con la spada di una matita. Chiuse gli
occhi".
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