sabato 11 luglio 2015

Chi manda le onde



Chi manda le onde, Fabio Genovesi

“Sai Luna, mi sa che a questo mondo, se vuoi piacere alla gente, devi essere grigio come loro.
Noi non siamo grigi, e ce la fanno pagare ogni giorno”.

Le onde del mare che portano a riva misteriosi regali venuti da lontano che una bambina raccoglie e custodisce nella sua camera. Le onde della vita che travolgono e sconvolgono, rimescolando le carte del destino, quando sei lì felice e spensierata e accade l’imprevisto, il dolore ti afferra alla gola e ti toglie il respiro.
Le onde della passione che ti fanno tremare il cuore, quando arriva “quel tempo senza tempo che dà un senso a tutto e giustifica tutto il resto”. In questo libro si alternano i punti di vista dei vari personaggi, unici, speciali, eccentrici, irriverenti, imperfetti, buffi, incasinati, diversi e splendidi.
Un arcobaleno di colori folli in un mondo grigio e squallido.
Luna la bambina albina dalla pelle candida che ama il mare e si pone mille domande.
Luca bello come il sole, intelligente e libero, che strega i cuori di tutte le ragazze e ama surfare.
Zot, il bambino venuto da Chernobyl che parla il linguaggio curato e perfetto di un adulto, col suo cappotto da vecchio, la fisarmonica stonata e il cappello di paglia.
Il nonno bagnino, comico e verace. Sandro il prof, lavoro precario, vita precaria, che vive con i genitori e ama Serena, bellissima “ due occhi struccati eppure stupendi dopo una giornata di lavoro, che da soli sculacciano l’intera industria dei cosmetici e della moda,” ribelle e chiusa nel proprio dolore.
Personaggi fuori dagli schemi e un po’ strambi, come gli alberi storti, nodosi e sbilenchi del bosco della “casa dei fantasmi”,”che si reggono l’uno all’altro e stanno ancora in piedi anche dopo i temporali”.
Perché il segreto per sopravvivere e andare avanti nonostante le tempeste della vita è tutto qui, reggersi l’un l’altro, tenendo gli occhi rivolti alle cose in arrivo, seguendo la corrente.
Un libro dal linguaggio semplice e scorrevole, la lingua imperfetta parlata quotidianamente, un libro divertente, brioso, ironico, malinconico.
Mi è piaciuto molto perché mi ha fatto ridere e anche piangere a pagina 99 per l’esattezza, quando tutto sembra andare per il meglio “e invece”.
E se un libro riesce a disarmarmi a tal punto, vuol dire che sa toccare le corde giuste e per me vale qualcosa.
Storie di vita incasinata e scombinata, di dolore, amore, smarrimento, paure, pensieri, inquietudine, confusione, emozioni.
Un libro che si legge tutto d’un fiato, che è come una brezza leggera, di quelle che soffiano sulla riva del mare, quando sei lì tra blu e orizzonte sconfinato e osservi le onde spumeggianti e bianche che si infrangono sulla battigia, imprevedibili, ribelli, bellissime, caotiche, veloci, pazze, libere, indomabili, eternamente uguali e diverse, e poi all’improvviso trattieni il fiato e ti tuffi in quel caldo abbraccio, che è come una carezza.
Le onde del mare, le onde della vita.

“Ogni colpo è più forte e profondo, un passo in là verso un mondo dove non ha più senso chi sei, cosa vuoi, cosa è giusto e cosa no. E avanti così, e ancora, e ancora, per il tempo senza tempo delle cose che danno senso a tutto, e uno si sveglia ogni giorno e si veste e si pettina ed esce di casa, perché sa che ogni tanto, nei giorni sempre uguali, a sorpresa si infila un pezzetto di questo tempo qua, e giustifica tutto il resto. E tutto il resto è la spiaggia, la sabbia sotto le ginocchia, la gonna un po’ strappata da una parte, il suo respiro sul collo che sa di fumo e forse anche di pino, di quella resina trasparente appiccicosa e dolcissima, che una volta che ti si incolla alla pelle non se ne va più.”

"Il suono distorto di una chitarra elettrica a tutto volume, questa è la grande linea divisoria, il colpo di mannaia che separa in due l'umanità. Sei miliardi abbondanti di persone, mille colori e mille lingue e mille pettinature diverse si possono distinguere velocemente in due soli gruppi: quelli che adorano il suono di una chitarra elettrica distorta e quelli che lo detestano. Non ci sono vie di mezzo, non esiste gente che ascolta un assolo di fuoco e resta lì tiepida e indifferente.
Lui adora la chitarra elettrica, è il suono della vita, così forte e così strano, pieno di melodia e insieme di fischi, roba magnetica che si avvolge alle note, e voglia e rabbia e fughe, sbagli e schizzi e tanto casino, tutto mescolato insieme e infilato di forza in un pezzo di legno con sei corde tirate sopra e sparato nell'aria a tutta potenza."

"Te l'avessero chiesto prima, cos'è il dolore, avresti detto che è una belva malefica, che ti salta addosso e ti graffia, ti morde, ti squarta. E avresti detto una cazzata. Perché questo non è il dolore, Serena, questo al massimo è il mostro di un film dell'orrore. Ma cosa ne potevi sapere. Di film ne hai visti un sacco, invece il dolore vero non l'avevi provato mai. Ora ha riempito la tua vita. Anzi, no, una vita non ce l'hai più, adesso il dolore è la tua vita, e hai capito che non ti salta addosso come una belva, il dolore non ha fretta. Arriva piano, tanto che per un po' ti guardi intorno e non capisci, cominci a pensare "ma insomma dov'è?". E lui intanto si avvicina, si avvicina e sale, e quando ti arriva addosso è così enorme che non puoi scappare. Non arriva da un punto preciso, ti sta tutto intorno come il mare quando è mosso, un mare profondo e buio e pieno di onde altissime che arrivano da tutte le parti (...)"

"La vita è un temporale, è una burrasca. E' una tempesta di schiaffi, con dentro ogni tanto, per sbaglio, una carezza."
"Si nonno, però..." fa Zot. "Però secondo me l'importante è non abituarsi mai a questi schiaffi.
Non giungere al punto in cui il nostro viso diventa insensibile, perché poi quando finalmente arriva quella carezza meravigliosa, ecco, dobbiamo sentirla bene e godercela fino in fondo".





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