Il compagno, Cesare Pavese (1947)
" Il suo fianco era il mio. La sua voce era come abbracciarla."
Il protagonista di questo romanzo breve o racconto lungo si chiama Pablo, ama suonare la chitarra, le uscite con gli amici, le ragazze, Pavese ci racconta la sua educazione sentimentale e politica, i suoi amori, la sua inquietudine esistenziale, la progressiva presa di coscienza di sè e del mondo che lo circonda.
La storia si snoda tra Torino e Roma nel periodo compreso tra la guerra di Spagna e la seconda guerra mondiale. Uno stile limpido, conciso, essenziale, ricco di dialoghi serrati.
Pavese scrive "il presente libro è la storia di un'educazione e di una scoperta. Come i giovani delle classi colte borghesi maturassero alla vita e alla storia negli ultimi anni del fascismo, ci è stato raccontato da molti.
Resta a tutt'oggi da indagare come ci siano arrivati gli altri, i proletari e gli incolti. L'autore non si illude di esserci riuscito ma ci ha provato". E ancora" le sue avventure non dimostrano nulla, sono le avventure di Pablo. L'autore crede che un racconto non possa mai dare altro che le avventure di Pablo. Il mondo è pieno di Pabli, tutti diversi e tutti intenti a scoprire le cose. Che ciascun narratore ci dia conto di qualcuno di loro, quelli bravi ce ne allineino magari parecchi, in tanti bei racconti diversi. Penseranno poi i posteri a scegliere e a decorare i più duraturi, e magari a trovare in uno solo il campione del secolo..."
Pablo è un ragazzo semplice, non è colto, non è un intellettuale, suona la chitarra, ama e "va di fretta", ma alla fine del suo viaggio imparerà a "tenere duro e sapere il perché", avrà trovato la sua strada e forse anche il suo amore.
"8 ottobre 1948. Riletto ad apertura di pagina, pezzo del Compagno. Effetto di toccare un filo di corrente.
C'è una tensione superiore al normale, folle, dovuta alla cadenza sdrucciola delle frasi. Uno slancio continuamente bloccato, un ansare..."
"15 dicembre 1949. Il fatto è che sei diventato quella strana bestia: un uomo fatto, un autorevole nome, un big. Dov'è più il ragazzo che si chiede come si faccia a parlare, il giovanotto che si rode e impallidisce pensando a Omero e a Shakespeare, il ventenne che vuole uccidersi perchè scioperato, il tradito che stringe i pugni? E' evidente che non ti riescano che i giovani nel raccontare, è la sola esperienza a fondo e disinteressata che hai fatto, il big lo tratterai da vecchio..."
(C. Pavese)
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