Luce d'estate ed è subito notte,Jón Kalman Stefánsson
"A volte nei posti piccoli la vita diventa più grande."
Un paesino islandese di quattrocento anime immerso nella campagna, circondato dal mare. Una manciata di case, fattorie isolate, pochi edifici imponenti, il maglificio, la cooperativa, un magazzino polveroso, non c'è una chiesa e neppure un cimitero.
Inverni lunghi e gelidi, quando il buio sembra inghiottire la terra e non finire mai, cieli immensi illuminati da miriadi di stelle, uccelli selvatici che tornano in primavere quando l'aria diventa mite e poi l'estate, un'esplosione di luce e quel cielo sconfinato così vicino da poterlo toccare.
Un romanzo corale che si snoda attraverso i racconti degli abitanti di questo piccolo paese, esistenze semplici e modeste, dove sembra non accadere mai nulla, eppure la vita palpita in questo paesino minuscolo così lontano dal caos frenetico del mondo, immerso nella natura, in un tempo che rallenta nelle lunghe e noiose sere invernali e si dilata all'infinito quando la luce dell'estate così abbagliante e immensa fa venire voglia di scoperchiare le case.
Racconti d'amore, solitudine, sesso, malinconia, nostalgia, dolore, morte, le piccole grandi cose di cui è fatta la vita di ognuno di noi.
E una domanda che si affaccia spesso nel corso della narrazione "quel perché viviamo", alla quale forse questi racconti intensi, lirici, poetici, venati di umorismo e nostalgia cercano di dare una risposta.
Un paesino e i suoi abitanti sfilano davanti ai nostri occhi, una scrittura sognante, poetica, magica, intensa che ci porta via con sé.
Il direttore del Maglificio, una bella casa, una moglie affascinante, una vita agiata, che un bel giorno si mette a sognare in latino, leggendo libri antichi e cercando di scoprire i misteri dell'universo. Diventa un astronomo con gli occhi rivolti a quel cielo nero e immenso trapunto di stelle.
L'impiegata dell'ufficio postale con quel rossetto rosso come un segnale di stop che curiosa legge le lettere, immergendosi per un attimo nelle vite degli altri.
Jònas così fragile e delicato, che ama dipingere uccelli variopinti con le sue mani che ricordano le ali di una farfalla. Suo padre Hannes, un uomo forte, robusto, voce tonante e infelice, spezzato dentro.
E poi strani fenomeni, un magazzino infestato dai fantasmi, sciocche credenze di paese o strambo collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei morti, un noto politico inghiottito dalla sera. Un ragazzo perso nei sogni e nel suono del suo violino e si sa che "chi suona il violino sembra avere un cuore più grande degli altri."
Amori passionali, tradimenti, vendette.
Un uomo che torna dopo anni di lontananza perché tutto quello che ha sempre amato era lì, in quel paese sperduto in mezzo al nulla.
Elìsabet il sogno proibito di ogni uomo, maglietta attillata, labbra carnose, lunghi capelli scuri come la notte.
Il camionista Jakob felice quando percorre le sue strade prive di ombre, un avvocato meticoloso che si smarrisce quando scopre che non può contare i pesci del mare e nemmeno le sue lacrime, un uomo solitario, il suo cane e una donna con una valigia marrone.
Piccole grandi storie che raccontano l'amore e la perdita con voce pacata e tranquilla, quasi un sussurro.
Restano gli attimi, i frammenti, gli istanti, l'essenza stessa di questa vita preziosa e fragile che "fugge in ogni direzione e si conclude a metà frase."
Il cielo immenso, quelle stelle brillanti che non ci stancheremo mai di contemplare che ci parlano di universi misteriosi e lontani, quel respiro amato vicino, il mare che sfavilla la mattina presto e il tempo che scorre via.
La luce immensa dell'estate e il buio della notte che incombe.
"Per quale motivo ho vissuto", forse solo per questo.
Inverni lunghi e gelidi, quando il buio sembra inghiottire la terra e non finire mai, cieli immensi illuminati da miriadi di stelle, uccelli selvatici che tornano in primavere quando l'aria diventa mite e poi l'estate, un'esplosione di luce e quel cielo sconfinato così vicino da poterlo toccare.
Un romanzo corale che si snoda attraverso i racconti degli abitanti di questo piccolo paese, esistenze semplici e modeste, dove sembra non accadere mai nulla, eppure la vita palpita in questo paesino minuscolo così lontano dal caos frenetico del mondo, immerso nella natura, in un tempo che rallenta nelle lunghe e noiose sere invernali e si dilata all'infinito quando la luce dell'estate così abbagliante e immensa fa venire voglia di scoperchiare le case.
Racconti d'amore, solitudine, sesso, malinconia, nostalgia, dolore, morte, le piccole grandi cose di cui è fatta la vita di ognuno di noi.
E una domanda che si affaccia spesso nel corso della narrazione "quel perché viviamo", alla quale forse questi racconti intensi, lirici, poetici, venati di umorismo e nostalgia cercano di dare una risposta.
Un paesino e i suoi abitanti sfilano davanti ai nostri occhi, una scrittura sognante, poetica, magica, intensa che ci porta via con sé.
Il direttore del Maglificio, una bella casa, una moglie affascinante, una vita agiata, che un bel giorno si mette a sognare in latino, leggendo libri antichi e cercando di scoprire i misteri dell'universo. Diventa un astronomo con gli occhi rivolti a quel cielo nero e immenso trapunto di stelle.
L'impiegata dell'ufficio postale con quel rossetto rosso come un segnale di stop che curiosa legge le lettere, immergendosi per un attimo nelle vite degli altri.
Jònas così fragile e delicato, che ama dipingere uccelli variopinti con le sue mani che ricordano le ali di una farfalla. Suo padre Hannes, un uomo forte, robusto, voce tonante e infelice, spezzato dentro.
E poi strani fenomeni, un magazzino infestato dai fantasmi, sciocche credenze di paese o strambo collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei morti, un noto politico inghiottito dalla sera. Un ragazzo perso nei sogni e nel suono del suo violino e si sa che "chi suona il violino sembra avere un cuore più grande degli altri."
Amori passionali, tradimenti, vendette.
Un uomo che torna dopo anni di lontananza perché tutto quello che ha sempre amato era lì, in quel paese sperduto in mezzo al nulla.
Elìsabet il sogno proibito di ogni uomo, maglietta attillata, labbra carnose, lunghi capelli scuri come la notte.
Il camionista Jakob felice quando percorre le sue strade prive di ombre, un avvocato meticoloso che si smarrisce quando scopre che non può contare i pesci del mare e nemmeno le sue lacrime, un uomo solitario, il suo cane e una donna con una valigia marrone.
Piccole grandi storie che raccontano l'amore e la perdita con voce pacata e tranquilla, quasi un sussurro.
Restano gli attimi, i frammenti, gli istanti, l'essenza stessa di questa vita preziosa e fragile che "fugge in ogni direzione e si conclude a metà frase."
Il cielo immenso, quelle stelle brillanti che non ci stancheremo mai di contemplare che ci parlano di universi misteriosi e lontani, quel respiro amato vicino, il mare che sfavilla la mattina presto e il tempo che scorre via.
La luce immensa dell'estate e il buio della notte che incombe.
"Per quale motivo ho vissuto", forse solo per questo.
***
"È bello guardare il fiordo, anche se praticamente non dà pesce e non l'ha mai dato.
In primavera richiama uccelli acquatici contenti e fiduciosi, a volte si trova qualche strombo sulla spiaggia e in lontananza spuntano migliaia di isole e isolotti come una dentatura irregolare dal mare, la sera il sole vi sanguina e allora pensiamo alla morte."
In primavera richiama uccelli acquatici contenti e fiduciosi, a volte si trova qualche strombo sulla spiaggia e in lontananza spuntano migliaia di isole e isolotti come una dentatura irregolare dal mare, la sera il sole vi sanguina e allora pensiamo alla morte."
"È bello svegliarsi presto qui in paese. Chi abita vicino al mare ha la superficie dell'acqua sempre viva davanti alla finestra e può starsene fuori in veranda con una tazza di caffè, magari a piedi nudi, ad ascoltare il cicaleccio lievemente roco dell'edredone, i commenti rudi del gabbiano, un fronte di nubi grigiastre rimane immobile nel cielo senza vento, il mare s'increspa appena, solo piccole onde trascinano sott'acqua alcune rocce, che poi riemergono in superficie a respirare. Inutile pensare a qualcosa, si esiste e basta, si ascolta, si accoglie il mondo, il mattino silenzioso, gli imperi diventano polvere in questi attimi.
Due sono le cose che faccio, respirare e pensare a te."
Due sono le cose che faccio, respirare e pensare a te."
"Parliamo, scriviamo, raccontiamo di piccole e grandi cose per cercare di capire, di arrivare a qualcosa, di afferrare l'essenza che però si allontana sempre più come l'arcobaleno. Nelle storie antiche si dice che l'uomo non possa guardare Dio, equivarrebbe alla morte, e senza dubbio vale lo stesso per quello che cerchiamo, la ricerca stessa è lo scopo, il risultato ce ne priverebbe.
E ovviamente è la ricerca che ci insegna le parole per descrivere lo splendore delle stelle, il silenzio dei pesci, il sorriso e lo sconforto, la fine del mondo e la luce dell'estate. Abbiamo un compito, a parte baciare labbra; sai per caso come si dice "ti desidero" in latino? E come si dice in islandese?"
Nessun commento:
Posta un commento