Una rosa per Emily, William Faulkner
"Il mondo era questo, sotto di lei e sopra la sua testa, eterno e vuoto e sconfinato."
Un libricino di 99 pagine, tre racconti brevi e asciutti, limpidi ed essenziali, dove nulla è fuori posto, la parola perfettamente cesellata raggiunge vette altissime di pura, incontaminata bellezza.
La rosa del titolo sembra evocare qualcosa di etereo, delicato e fragile ma le donne, le protagoniste di questi racconti, sono forti, virili, indurite da una vita difficile, segnate dalla sofferenza e dalla solitudine, donne del Sud, deserti riarsi e desolati, colpite dalle intemperie ma mai vinte, piegate o sconfitte, erette, salde come rocce nella loro folle e nera disperazione. Accomunate tutte da una forte autorità genitoriale che ha condizionato pesantemente la loro vita e da un destino ingrato.
Gli uomini sono figure assenti, irrilevanti, costantemente in fuga.
Miss Zilphia Gant la protagonista del primo racconto omonimo, cresciuta da una madre rigida e implacabile, che non esita a imbracciare un fucile o un revolver e a fare a pugni se necessario, osserva il mondo da una finestra con le sbarre affacciata sul nulla.
Una madre che vuole proteggerla dagli uomini e da quell'amore pericoloso e infido che puzza di trementina, rinchiudendola in una prigione domestica asfittica e tetra.
Zilphia cresce pallida, anemica, magra come un chiodo, malinconica, solitaria, terrorizzata, cercando di aprirsi alla vita e a quel sogno d'amore ma è tardi ormai.
Ripete gli errori materni, le medesime ossessioni, portandosi appresso il suo soffocante destino.
C'è poi Emily, la protagonista del secondo racconto, capelli grigio ferro, immota e decadente come una vecchia casa polverosa che resiste al cambiamento e agli assalti del tempo, un padre severo, un sogno d'amore che sa di rosa sbiadito e polvere stantia, Emily e il suo macabro segreto.
E infine Juliet detta Jule, la protagonista del racconto più bello della raccolta intitolato "Adolescenza", questa ragazzina esile come un giunco, dalla pelle scura, i capelli neri e gli occhi accesi, ribelle e indomita, che vive libera nuotando nel lago, guardando il cielo, correndo a perdifiato nel bosco.
Jule e Lee, il suo amico del cuore, avvolti in una coperta calda sotto un cielo stellato a dividere i turbamenti di un'età inquieta, un'estate che non potrà durare per sempre.
Jule tranquilla e malinconica "calma e un po' infelice", che in un lampo avverte l'estrema vanità del tutto, come ogni sforzo per conquistare briciole di felicità sia vanificato dal cieco caso, che sente addosso tutto il peso di quel mondo vasto "eterno, vuoto e sconfinato".
Immobile sotto quel cielo dove gli alberi nuotano in un lago di stelle, le ombre avanzano rapide e l'acqua si fa scura.
Dialoghi fulminei e concisi, descrizioni intense, una scrittura perfetta e struggente, dove si intrecciano follia, nostalgia, cupa desolazione, un piccolo gioiello che diventa poesia.
La rosa del titolo sembra evocare qualcosa di etereo, delicato e fragile ma le donne, le protagoniste di questi racconti, sono forti, virili, indurite da una vita difficile, segnate dalla sofferenza e dalla solitudine, donne del Sud, deserti riarsi e desolati, colpite dalle intemperie ma mai vinte, piegate o sconfitte, erette, salde come rocce nella loro folle e nera disperazione. Accomunate tutte da una forte autorità genitoriale che ha condizionato pesantemente la loro vita e da un destino ingrato.
Gli uomini sono figure assenti, irrilevanti, costantemente in fuga.
Miss Zilphia Gant la protagonista del primo racconto omonimo, cresciuta da una madre rigida e implacabile, che non esita a imbracciare un fucile o un revolver e a fare a pugni se necessario, osserva il mondo da una finestra con le sbarre affacciata sul nulla.
Una madre che vuole proteggerla dagli uomini e da quell'amore pericoloso e infido che puzza di trementina, rinchiudendola in una prigione domestica asfittica e tetra.
Zilphia cresce pallida, anemica, magra come un chiodo, malinconica, solitaria, terrorizzata, cercando di aprirsi alla vita e a quel sogno d'amore ma è tardi ormai.
Ripete gli errori materni, le medesime ossessioni, portandosi appresso il suo soffocante destino.
C'è poi Emily, la protagonista del secondo racconto, capelli grigio ferro, immota e decadente come una vecchia casa polverosa che resiste al cambiamento e agli assalti del tempo, un padre severo, un sogno d'amore che sa di rosa sbiadito e polvere stantia, Emily e il suo macabro segreto.
E infine Juliet detta Jule, la protagonista del racconto più bello della raccolta intitolato "Adolescenza", questa ragazzina esile come un giunco, dalla pelle scura, i capelli neri e gli occhi accesi, ribelle e indomita, che vive libera nuotando nel lago, guardando il cielo, correndo a perdifiato nel bosco.
Jule e Lee, il suo amico del cuore, avvolti in una coperta calda sotto un cielo stellato a dividere i turbamenti di un'età inquieta, un'estate che non potrà durare per sempre.
Jule tranquilla e malinconica "calma e un po' infelice", che in un lampo avverte l'estrema vanità del tutto, come ogni sforzo per conquistare briciole di felicità sia vanificato dal cieco caso, che sente addosso tutto il peso di quel mondo vasto "eterno, vuoto e sconfinato".
Immobile sotto quel cielo dove gli alberi nuotano in un lago di stelle, le ombre avanzano rapide e l'acqua si fa scura.
Dialoghi fulminei e concisi, descrizioni intense, una scrittura perfetta e struggente, dove si intrecciano follia, nostalgia, cupa desolazione, un piccolo gioiello che diventa poesia.
***
"Per tutto il tempo che ti guardavo continuavo a pensare che portavi gli occhiali, perché ho sempre detto che non volevo una donna con gli occhiali. Poi un giorno mi hai guardato, e allora tutt'a un tratto ti ho visto senza occhiali. Era come se gli occhiali erano spariti, e io sapevo che appena ti vedevo una volta senza, poi non mi importava più niente se li portavi o no..."
"Di tanto in tanto la vedevamo a una delle finestre del pianterreno, aveva evidentemente chiuso il piano superiore della casa, simile al busto scolpito di un idolo in una nicchia, che ci guardava oppure non ci guardava, era impossibile dirlo.
Così passò da una generazione all'altra, amabile, ineluttabile, impervia, tranquilla e perversa."
Così passò da una generazione all'altra, amabile, ineluttabile, impervia, tranquilla e perversa."
"Così rimase seduta nell'oscurità, osservando la fanciullezza che l'abbandonava. Ricordava con dolorosa chiarezza la primavera in cui, per la prima volta, lei e Lee avevano nuotato e pescato e scorrazzato insieme, le crude giornate di tempesta che schiarivano negli strati di nuvole lievi sopra la terra incolta e scavata dalla pioggia; quasi riusciva a sentire le grida degli uomini che aravano il terreno fangoso, e i corvi arruffati che calavano obliqui sottovento come frammenti di carta bruciata... cambiamento e morte e separazione."
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