sabato 16 settembre 2017

Inganno

Inganno, Philip Roth

Lui, uno scrittore cinquantenne innamorato della propria arte. Lei, una giovane donna inglese in crisi, moglie insoddisfatta e infelice.
Un dialogo sussurrato tra due amanti in una stanza al riparo dal mondo.
Uno scrittore che ama ascoltare le parole delle donne, la loro voce, mentre si raccontano mettendo a nudo insicurezze, paure, tempestosi naufragi, ricomponendo poco a poco i frammenti della propria storia.
L'universo reale si intreccia con quello immaginato e sognato, i personaggi prendono forma e vita sulla carta. Essenziale, conciso, ironico, un dialogo a due voci che diventa un'intensa confessione a cuore aperto.

"La sindrome di Emma Bovary. Flaubert è una buona introduzione agli uomini, per una ragazza.
(...) Dicevo sempre ai miei studenti che non c'è bisogno di tre uomini per passare attraverso tutto il calvario che percorre lei. Di norma uno basta e avanza, sia nella parte di Rodolphe che in quella di Lèon e poi di Charles Bovary. Prima il rapimento e la passione. Tutti i voluttuosi peccati della carne. Sua schiava. Totalmente travolta. Dopo la torrida scena d'amore nel suo castello, passi il suo pettine tra i tuoi capelli eccetera. Un amore quasi insostenibile con l'uomo perfetto, che ha un modo meraviglioso di fare ogni cosa. Poi, col tempo, il fantastico amante si erode e si trasforma nell'amante di tutti i giorni, l'amante prosaico, e diventa un Lèon, nient'altro che uno scarpegrosse dopotutto.
Comincia la tirannia del reale.
- Cos'è uno scarpegrosse?
Uno zoticone. Un provinciale. Abbastanza carino, abbastanza attraente, ma non esattamente un uomo di valore, che sa tutto e in tutto è sublime. Un po' banalotto, capisci. Qualche pecca qua e là. Un po' stupido. Sempre ardente, qualche volta affascinante, ma, per dire la verità, un'anima un po' impiegatizia. E a questo punto, con o senza matrimonio (anche se il matrimonio accelera sempre il processo) colui che era Rodolphe e che è divenuto Lèon si trasforma in Bovary. Mette su peso. Si pulisce i denti con la lingua. Fa rumore quando manda giù la minestra. E' goffo, è ignorante, è rozzo, è irritante perfino a guardarlo dal didietro. All'inizio questo ti infastidisce, nulla più; alla fine ti fa impazzire. Il principe che ti ha salvato dalla tua squallida esistenza ora è il tanghero seduto al centro stesso della tua squallida esistenza. Noia, noia, noia. Finchè, la catastrofe. In un modo o nell'altro, qualunque sia il mestiere che fa, commette una cazzata spaventosa sul lavoro. Come il povero Charles con Hippolyte. L'ex uomo perfetto è uno spregevole fallito. Potresti ammazzarlo. La realtà ha trionfato sul sogno.
- E tu cosa pensi di essere per me?
- Attualmente? Direi qualcosa tra un Rodolphe e un Lèon. In lenta decadenza. No? Sulla strada che porta a Bovary.
- Sì. Ride. Più o meno sono d'accordo.
- Sì, qualcosa fra il desiderio e la disillusione, sul lungo declivio che conduce alla morte".

...

- Ti verso qualcosa da bere.
Ho davvero voglia di bere qualcosa. Mi sento proprio presa in mezzo.
- Fra cosa?
Fra l'incudine e te.

- Io ti ascolto tanto, sai.
Troppo. Perché poi?
- Che c'è?
Sto pensando che ti amo ancora.
- Davvero? Nonostante...?
Nonostante.

- Okay. Mi mancherai. Mi mancherai molto.
Anch'io ti penserò spesso.
- E' davvero un gran peccato per noi due.
Conosci quella poesia di Marvell?
- Quale poesia?
"Fu generato dal desiderio a dispetto dell'impossibilità". Quella poesia.
- Mi pareva che fosse " disperazione"... "generato dalla disperazione".
E' vero. E' stato così. Tutt'e due le cose.

...

Il mio amore è per nascita tanto raro
quanto strano ed elevato nel suo oggetto;
fu generato dalla Disperazione
congiunta con l’Impossibilità.
Solo la magnanima Disperazione
ha potuto svelarmi una cosa tanto divina,
laddove la flebile Speranza non riusciva a volare
ma batteva invano la sua ala appariscente.
E, tuttavia, io potrei velocemente arrivare
là dove la mia anima protesa in lei rimane fissa,
il Fato, però, incunea zeppe di ferro
e sempre si insinua in mezzo.
Perché il Fato, con occhio geloso, vede
due amori perfetti ma non li lascia congiungere;
la loro unione sarebbe la sua rovina
e invaliderebbe il suo potere tirannico.
E pertanto i suoi decreti d’acciaio
hanno posto noi come due poli lontani
(sebbene tutto l’universo amoroso ruoti intorno a noi)
destinati a non abbracciarsi mai per virtù propria
a meno che il vorticoso cielo non precipiti
e la terra non venga squarciata da una nuova convulsione;
e, perché noi possiamo congiungerci, il mondo intero dovrebbe
essere schiacciato in un planisfero.
Come le linee oblique anche gli amori imperfetti possono ben,
incontrarsi ad ogni angolo;
ma i nostri sentimenti d’amore, così perfettamente paralleli,
sebbene infiniti non potranno mai incontrarsi.
Perciò l’amore che così ci lega,
ma che il fato preclude con così tanta invidia,
è la congiunzione della mente
e l’opposizione delle stelle.

(Andrew Marvell)

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