lunedì 11 settembre 2017

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Luna, avorio, strumenti musicali, rose,
lampade e il segno di Durer,
le nove cifre e lo sfuggente zero,
devo fingere che queste cose esistano.
Devo fingere che nel passato c’erano...
Persepoli e Roma e che una sabbia
sottile ha misurato il destino di una torre
che le età del ferro hanno disfatto.
Devo pensare alle armi e alle fiamme
delle epopee e ai mari plumbei
che rosicchiano i pilastri della terra.
Devo fingere che ci sono gli altri. E’ falso.
Ci sei solo tu. Tu, mia ventura
e sventura, inesauribile e pura.


...

È l’amore. Dovrò nascondermi o fuggire.
Crescono le mura delle sue carceri, come in un incubo atroce.
La bella maschera è cambiata, ma come sempre è l’unica.
A cosa mi serviranno i miei talismani:
l’esercizio delle lettere, la vaga erudizione,
le gallerie della Biblioteca, le cose comuni,
le abitudini, la notte intemporale, il sapore del sonno?
Stare con te o non stare con te è la misura del mio tempo.
È, lo so, l’amore: l’ansia e il sollievo di sentire la tua voce,
l’attesa e la memoria, l’orrore di vivere nel tempo successivo.
È l’amore con le sue mitologie, con le sue piccole magie inutili.
C’è un angolo di strada dove non oso passare.
Il nome di una donna mi denuncia.
Mi fa male una donna in tutto il corpo.

...

C’è tanta solitudine in quell’oro.
La luna delle notti non è la luna
che vide il primo Adamo. I lunghi secoli
della veglia umana l’hanno colmata
di antico pianto. Guardala. È il tuo specchio.

...

Con cosa potrei trattenerti?
Ti offro strette vie, tramonti disperati, la luna dei sobborghi deturpati.
Ti offro l’amarezza di un uomo che ha fissato a lungo la luna solitaria.
Ti offro i miei ancestri, i miei morti, quei fantasmi che i vivi onorano nel bronzo: il padre di mio padre ucciso nella frontiera di Buenos Aires, due pallottole nei polmoni, barbuto e morto, avvolto dai suoi nella pelle di vacca; il nonno di mia madre – ventiquattro anni appena – a capo di una brig...ata di trecento uomini nel Perù, nient’altro che fantasmi, ora, su cavalli sfumati.
Ti offro qualche frase riuscita tra i miei libri, qualche cenno di virilità o di umore nella mia vita.
Ti offro la lealtà di un uomo che non è mai stato leale.
Ti offro il centro di me stesso, che in qualche modo sono riuscito a salvaguardare – il cuore meridiano che non usa parole, non traffica coi sogni, ancora inattaccato dal tempo, dalla tristezza, dalle avversità.
Ti offro il ricordo di una rosa gialla osservata al tramonto, prima che tu nascessi.
Ti offro spiegazioni su te stesso, teorie su te stesso, autentiche e sorprendenti notizie su te stesso.
Posso offrirti la mia solitudine, la mia penombra, la fame del mio cuore; sto cercando di comperarti con l’incertezza, il pericolo, la sconfitta.

(Borges)
 

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