Il museo dell’innocenza, Orhan Pamuk
“Se un uomo
sognasse di trovarsi in paradiso e gli venisse dato un fiore come prova che la
sua anima è stata lì, e al suo risveglio avesse quel fiore in mano, cosa
accadrebbe?
Questi
oggetti, che rendono perfetta una donna, suscitarono in me una solitudine
atroce e disperata, la sensazione e il desiderio di appartenerle”.
Questo romanzo
è il mio secondo Pamuk, mi è piaciuto molto dalla prima all’ultima pagina.
Ho amato la
storia d’amore nella sua meravigliosa follia, i dialoghi, il ritmo narrativo, Istanbul
che fa da sfondo alle vicende di cuore dei protagonisti, i tramonti sul Bosforo, le
riflessioni personali di Kemal, il suo disarmante dolore. A dire la verità questo
libro non mi sembrava nemmeno scritto
dallo stesso autore di “la stranezza che
ho nella testa”, quella lentezza monotona, a tratti insopportabile, che mi
aveva accompagnata per metà lettura, qui
non c’è, l’ho divorato con viva curiosità dall’inizio alla fine.
Il racconto di
una incredibile e appassionante storia d’amore, ma anche di una forte
sofferenza che diventa intima, fisica, lacerante, una vera e propria malattia
del corpo e dell’anima, che a volte sfiora l’assurdo e il ridicolo, che sprofonda
ed eleva, umilia e salva, distrugge e rigenera, che rende liberi o
schiavi, felici o disperati.
Pagina dopo
pagina si svelano le piccole grandi ossessioni del protagonista che strappano più
di un sorriso, i suoi autoinganni, le
ultime volte che non saranno mai ultime volte, gli incerti propositi, il suo
tenerissimo e un po’ maniacale bisogno di collezionare gli oggetti
appartenuti all’amata per toccarli,
baciarli, viverli, oggetti che rappresentano l’unico antidoto efficace contro
l’insopportabile assenza, la sola possibilità di sopravvivere a una sofferenza lancinante.
Un’intera
esistenza votata esclusivamente all’amore
con totale dedizione.
Kemal un giovane uomo di trent’ anni, rampollo di
una ricca famiglia di industriali, entra
per caso in un negozio per acquistare una borsa alla fidanzata Sibel, una donna elegante, colta,
moderna.
Qui accade
l’impensabile, rimane semplicemente folgorato da Fusun, giovane commessa diciottenne, di
origini modeste, lontana parente, bellissima. Sembra quasi di vederla “con un
gesto si tolse la scarpa sinistra, gialla, con il tacco alto, mise il piede
nudo-aveva le unghie accuratamente smaltate di rosso-sul pavimento della
vetrina e si allungò verso il manichino. Le guardai prima la scarpa vuota, poi
le gambe lunghe e bellissime.” Sarà l’inizio di una tormentata storia d’amore, sussurrata
nella penombra di una stanza, intensa e impossibile. E quando il dolore per la
perdita dell’amata diventa
insopportabile, eccola rivivere di nuovo nella mente e nel cuore di Kemal negli oggetti che le erano appartenuti. Kemal
si chiude in se stesso, si allontana a poco
a poco da tutti, amici, vita mondana, diventa schiavo di una passione che lo porta a venerare come un pazzo, un
adorabile pazzo, un mozzicone di sigaretta, un righello, un orecchino spaiato, una
bottiglietta di gassosa. Si resta perplessi di fronte a questo amore ossessione così
tenace, forte, inguaribile e folle che lotta contro tutto e tutti, perfino il
tempo, che non può essere messo in un angolo e dimenticato perché cambia,
travolge e sconvolge la mente e l’ esistenza stessa del protagonista, che
cercherà di rivivere per tutta la vita quel perfetto, sublime istante di pura felicità.
Il museo dell'innocenza esiste davvero e può essere visitato, “il Museo dell’Innocenza sarà sempre aperto per gli innamorati che non trovano un posto a Istanbul dove baciarsi.”
Il museo dell'innocenza esiste davvero e può essere visitato, “il Museo dell’Innocenza sarà sempre aperto per gli innamorati che non trovano un posto a Istanbul dove baciarsi.”
“Era l’istante
più felice della mia vita, e non me ne rendevo conto. Se l’avessi capito, se
allora l’avessi capito, avrei forse potuto preservare quell’attimo e le cose
sarebbero andate diversamente? Sì, se avessi intuito che quello era l’istante
più felice della mia vita non mi sarei lasciato sfuggire una felicità così grande
per nulla al mondo.”
“Se doniamo
ciò che di più prezioso abbiamo a qualcuno che amiamo profondamente, senza
aspettarci nulla in cambio, solo allora il mondo diventa meraviglioso. Per
questo piangevamo, signorina”.
“A volte
venivo sopraffatto dalla sensazione che la vita fosse proprio lì, tutta lì,
solo lì, da nessun’altra parte che lì.”
“Poi mi
sorrise vittorioso. Tutti devono saperlo: ho avuto una vita felice.”
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