venerdì 11 settembre 2015

Fiaba d'amore

Fiaba d’amore, Antonio Moresco

“Libellula, bella libellula, dai a lui le tue ali”.

Tra chiarore e oscurità, luce e ombra, parole sussurrate che diventano quasi una nenia, mentre la neve imbianca la città e il mondo dei vivi si confonde con quello dei morti.
Antonio e Rosa. Un vecchio pazzo che vive per strada tra cartoni e stracci, che ha dimenticato chi era, non sa più parlare né sorridere, un colombo messaggero come unico amico.
Una ragazza bellissima dagli occhi neri, che un giorno inspiegabilmente lo porta  a casa con sé, lo lava, se ne prende cura, lo ama. Trovarsi e riconoscersi, l'amore è tutto qui. Un amore salvifico, calore puro  nel freddo di una città indifferente, un amore fatto di sguardi mani intrecciate tenerezza, abbracci, sofferenza, lontananza, repentino abbandono, che  torna sui propri passi  e trascende la morte e le brutture del mondo, un amore potentissimo oltre il quale non c’è nient’altro.
Una fiaba struggente che con un linguaggio semplice riesce a descrivere dettagliatamente l’indescrivibile, anche  quello che spesso scegliamo di non vedere e affronta tematiche importanti, la solitudine, l’abbandono, il rifiuto, la vita degli invisibili, l’amore e la meraviglia che possono salvarci, contro ogni logica. Il vecchio pazzo e la ragazza bellissima, lo scrittore e la sua amata  creatura, legati indissolubilmente in un  limbo dove l’impossibile diventa possibile, dove soltanto   l’incanto della parola creata che diventa viva e scalda, riuscirà a salvarci dalla morte e dall’orrore del mondo.

  “Andavano avanti così, lentamente, senza parlare, nel mondo che si accendeva, e i passanti che incrociavano sul marciapiede si giravano a guardare sbalorditi quei due, un vecchio straccione dai capelli lunghi e dal naso rotto e una meravigliosa ragazza che stavano camminando abbracciati.
Se avessero alzato gli occhi al di sopra della città e delle case e dei palazzi e dei tetti, avrebbero visto anche la forma di un colombo che stava volando sopra di loro, con la sua ala ferita, con il suo volo sghembo, nel cielo.”

“Io me ne stavo là da solo, al freddo, per strada…Perché mi hai cercato?”
“Io ho indovinato chi sei, ti ho riconosciuto…”




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