La signora Dalloway, Virginia Woolf
"Più non temere la vampa del sole
Né del furioso inverno le tempeste."
Né del furioso inverno le tempeste."
La signora Dalloway mi ha folgorato, un libro di rara, lacerante bellezza, scritto divinamente, letto con colpevole ritardo ma sentito intimamente, in ogni fibra del mio essere.
Ricco di splendide descrizioni, pensieri intensi, riflessioni sulla vita e sulla morte, sull'amore e sull'amicizia, sul tempo che passa, sul tempo che si dilata, fondendo il passato e il presente in un battito d'ali di farfalla, un tempo impalpabile come un ricordo lontano, evocato da un oggetto, da un suono, scandito dai rintocchi solenni del Big Ben.
Il romanzo si svolge nell'arco di una sola giornata, una calda giornata di giugno del 1923.
Clarissa Dalloway esce di casa al mattino per comprare personalmente i fiori per la festa che si svolgerà la sera a casa sua, una festa per i membri dell'alta società inglese, uomini importanti, lord, politici, forse il primo ministro.
Ha 52 anni, un portamento fiero, una bellezza che il tempo non ha ancora scalfito.
La seguiamo per le vie di Londra mentre il presente fluisce nel passato, come un fiume che scorre placido e impetuoso, persa nei ricordi della sua spensierata e felice giovinezza a Bourton, nella casa paterna.
Peter Walsh che l'amava follemente e che lei ha respinto, così diverso da lei, Peter che la osserva con occhio critico, forse la trova ridicola, la perfetta padrona di casa, Peter che non ha mai dimenticato e a cui pensa ogni giorno.
Peter intollerabile, impossibile, adorabile per passeggiare in una calda mattina d'estate come quella.
Peter che proprio quel giorno è tornato dal suo lungo soggiorno in India, con il suo coltellino, le sue idee stravaganti, sempre innamorato, Peter e le sue donne frivole, insulse, Peter così diverso dall'affidabile e solido Richard, membro del parlamento, un uomo pragmatico, un uomo rispettabile, appartenente all'alta borghesia inglese, suo marito.
E poi Sally Seton, l'amica selvaggia, libera, audace, che fumava sigari, che lei amava con il furore dei suoi vent'anni, un fiore e un bacio sulle labbra, una vita fa.
Eccola a Bond Street mentre sceglie con cura i fiori per la sua festa, piselli odorosi, iris, garofani, rose, un effluvio di dolci petali profumati, e poi quel rumore assordante.
Il suo sguardo incrocia distrattamente Septimus Warren Smith che passeggia nel parco con la moglie.
Un giovane uomo dagli occhi scuri, l'alter ego di Virginia, perso nelle sue deliranti visioni, traumatizzato dalla guerra, dalla morte del suo migliore amico, Septimus che non sente più niente e questo lo atterrisce, lo annienta, perseguitato da incubi e voci, che parla da solo e a volte contempla la bellezza che è ovunque nella natura. Uccelli che cantano in greco, rose sulle pareti, Evans che mormora dietro un paravento la sua stanca verità.
E poi Rezia, la bella, infelice moglie italiana, innamorata di quell'uomo inglese, serio e taciturno, per cui ha abbandonato tutto e che ora non capisce, che si comporta in modo strano e la spaventa, eppure un tempo ridevano insieme, leggeri, felici, smarriti, lì vicino al mare.
Clarissa torna a casa, deve prepararsi per la festa, ricucire strappi e ferite, ed ecco l'inaspettata visita di Peter, il passato che ritorna con il suo carico di struggente desiderio e nostalgia.
Attraverso un ininterrotto flusso di coscienza seguiamo i pensieri di Clarissa, la signora Dalloway e di tutti i personaggi che le ruotano intorno, la vecchia amica Sally, Peter, la figlia Elizabeth "un giglio sull'orlo di uno stagno", la povera signorina Kilman con il suo impermeabile, che incarna quello che la stessa Virginia odiava, e infine la festa un trionfo di luci, voci, chiasso.
Clarissa splendida e altera nel suo abito verde da sirena, Clarissa la snob, che incanta con la sola presenza, che illumina la stanza, un raggio di sole, che semplicemente c'è, è lì, Clarissa che ama la vita, ogni singolo istante ed è atterrita dalla morte, dall'annientamento.
Quella morte che irrompe improvvisamente nel bel mezzo della festa, una morte che è come un dolce abbraccio, una sfida pericolosa, Clarissa avverte una forte empatia con lo sventurato Septimius, in lui riconosce se stessa.
Il poeta, il reduce, annientato dal suo passato, dai suoi incubi sceglie la morte, perché non riesce a provare più nulla, Clarissa sceglie la vita, amandone ogni singolo istante, il cielo notturno, Londra, Bourton, una terrazza illuminata dalla luna, una vecchia signora solitaria che ti guarda nel buio, sentire ogni attimo perché "l'unica cosa che vale la pena di dire è ciò che si sente," mentre il tempo danza veloce scandito dai rintocchi del Big Ben, le ore fuggono via e i cerchi di piombo si dissolvono nell'aria.
Sentire tutto sempre, questa vita fugace, atrocemente bella, che scivola via, che invano cerchiamo di trattenere, scrivendo sui muri della nostra cella, vita che si perde nel passato e rivive nella memoria.
Vita, oscura attrazione per la morte, tempo e memoria.
Solitudine, malinconica nostalgia, follia e amore, fiori, una terrazza e la luna. È tutto qui.
Godere di ogni singolo istante e poi la morte che affiora sul più bello.
Un fiume di pensieri e ricordi che corre veloce e la notte che incombe.
La folle danza delle ore, che tinge il presente dei colori del passato. Echi lontani, vecchi fantasmi.
In questo romanzo indimenticabile Virginia Woolf dipana temi a lei cari, una scrittura introspettiva, intensa, onirica, immensa.
Ricco di splendide descrizioni, pensieri intensi, riflessioni sulla vita e sulla morte, sull'amore e sull'amicizia, sul tempo che passa, sul tempo che si dilata, fondendo il passato e il presente in un battito d'ali di farfalla, un tempo impalpabile come un ricordo lontano, evocato da un oggetto, da un suono, scandito dai rintocchi solenni del Big Ben.
Il romanzo si svolge nell'arco di una sola giornata, una calda giornata di giugno del 1923.
Clarissa Dalloway esce di casa al mattino per comprare personalmente i fiori per la festa che si svolgerà la sera a casa sua, una festa per i membri dell'alta società inglese, uomini importanti, lord, politici, forse il primo ministro.
Ha 52 anni, un portamento fiero, una bellezza che il tempo non ha ancora scalfito.
La seguiamo per le vie di Londra mentre il presente fluisce nel passato, come un fiume che scorre placido e impetuoso, persa nei ricordi della sua spensierata e felice giovinezza a Bourton, nella casa paterna.
Peter Walsh che l'amava follemente e che lei ha respinto, così diverso da lei, Peter che la osserva con occhio critico, forse la trova ridicola, la perfetta padrona di casa, Peter che non ha mai dimenticato e a cui pensa ogni giorno.
Peter intollerabile, impossibile, adorabile per passeggiare in una calda mattina d'estate come quella.
Peter che proprio quel giorno è tornato dal suo lungo soggiorno in India, con il suo coltellino, le sue idee stravaganti, sempre innamorato, Peter e le sue donne frivole, insulse, Peter così diverso dall'affidabile e solido Richard, membro del parlamento, un uomo pragmatico, un uomo rispettabile, appartenente all'alta borghesia inglese, suo marito.
E poi Sally Seton, l'amica selvaggia, libera, audace, che fumava sigari, che lei amava con il furore dei suoi vent'anni, un fiore e un bacio sulle labbra, una vita fa.
Eccola a Bond Street mentre sceglie con cura i fiori per la sua festa, piselli odorosi, iris, garofani, rose, un effluvio di dolci petali profumati, e poi quel rumore assordante.
Il suo sguardo incrocia distrattamente Septimus Warren Smith che passeggia nel parco con la moglie.
Un giovane uomo dagli occhi scuri, l'alter ego di Virginia, perso nelle sue deliranti visioni, traumatizzato dalla guerra, dalla morte del suo migliore amico, Septimus che non sente più niente e questo lo atterrisce, lo annienta, perseguitato da incubi e voci, che parla da solo e a volte contempla la bellezza che è ovunque nella natura. Uccelli che cantano in greco, rose sulle pareti, Evans che mormora dietro un paravento la sua stanca verità.
E poi Rezia, la bella, infelice moglie italiana, innamorata di quell'uomo inglese, serio e taciturno, per cui ha abbandonato tutto e che ora non capisce, che si comporta in modo strano e la spaventa, eppure un tempo ridevano insieme, leggeri, felici, smarriti, lì vicino al mare.
Clarissa torna a casa, deve prepararsi per la festa, ricucire strappi e ferite, ed ecco l'inaspettata visita di Peter, il passato che ritorna con il suo carico di struggente desiderio e nostalgia.
Attraverso un ininterrotto flusso di coscienza seguiamo i pensieri di Clarissa, la signora Dalloway e di tutti i personaggi che le ruotano intorno, la vecchia amica Sally, Peter, la figlia Elizabeth "un giglio sull'orlo di uno stagno", la povera signorina Kilman con il suo impermeabile, che incarna quello che la stessa Virginia odiava, e infine la festa un trionfo di luci, voci, chiasso.
Clarissa splendida e altera nel suo abito verde da sirena, Clarissa la snob, che incanta con la sola presenza, che illumina la stanza, un raggio di sole, che semplicemente c'è, è lì, Clarissa che ama la vita, ogni singolo istante ed è atterrita dalla morte, dall'annientamento.
Quella morte che irrompe improvvisamente nel bel mezzo della festa, una morte che è come un dolce abbraccio, una sfida pericolosa, Clarissa avverte una forte empatia con lo sventurato Septimius, in lui riconosce se stessa.
Il poeta, il reduce, annientato dal suo passato, dai suoi incubi sceglie la morte, perché non riesce a provare più nulla, Clarissa sceglie la vita, amandone ogni singolo istante, il cielo notturno, Londra, Bourton, una terrazza illuminata dalla luna, una vecchia signora solitaria che ti guarda nel buio, sentire ogni attimo perché "l'unica cosa che vale la pena di dire è ciò che si sente," mentre il tempo danza veloce scandito dai rintocchi del Big Ben, le ore fuggono via e i cerchi di piombo si dissolvono nell'aria.
Sentire tutto sempre, questa vita fugace, atrocemente bella, che scivola via, che invano cerchiamo di trattenere, scrivendo sui muri della nostra cella, vita che si perde nel passato e rivive nella memoria.
Vita, oscura attrazione per la morte, tempo e memoria.
Solitudine, malinconica nostalgia, follia e amore, fiori, una terrazza e la luna. È tutto qui.
Godere di ogni singolo istante e poi la morte che affiora sul più bello.
Un fiume di pensieri e ricordi che corre veloce e la notte che incombe.
La folle danza delle ore, che tinge il presente dei colori del passato. Echi lontani, vecchi fantasmi.
In questo romanzo indimenticabile Virginia Woolf dipana temi a lei cari, una scrittura introspettiva, intensa, onirica, immensa.
***
" Si sentiva molto giovane, e nello stesso tempo indicibilmente vecchia. Affondava come una lama nelle cose, e tuttavia ne restava fuori, a osservare. Aveva la perpetua sensazione, anche mentre guardava i taxi, di essere altrove, altrove, in mare aperto e sola; la sensazione che fosse molto, molto pericoloso vivere anche un giorno soltanto."
" Si sentiva molto giovane, e nello stesso tempo indicibilmente vecchia. Affondava come una lama nelle cose, e tuttavia ne restava fuori, a osservare. Aveva la perpetua sensazione, anche mentre guardava i taxi, di essere altrove, altrove, in mare aperto e sola; la sensazione che fosse molto, molto pericoloso vivere anche un giorno soltanto."
"Aveva la bizzarra sensazione di essere invisibile, non vista, non conosciuta; ormai non c'erano più né matrimonio né figli, ma solo questa stupefacente e piuttosto solenne processione insieme a tutti gli altri, su per Bond Street, questo essere la signora Dalloway, neppure più Clarissa, solo la moglie di Richard Dalloway.
È tutto, disse, guardando la vetrina della pescheria. È tutto, ripetè."
È tutto, disse, guardando la vetrina della pescheria. È tutto, ripetè."
"Il mondo aveva sollevato la frusta, dove si sarebbe abbattuta?"
"Entrava in una stanza, restava lì, come spesso le aveva visto fare, in piedi sulla soglia con un sacco di gente intorno. Ma era di Clarissa che si serbava il ricordo. Non che facesse colpo, non era bella, non c'era in lei nulla di originale, non diceva mai nulla di particolarmente intelligente, però c'era, era lì."
"In ogni caso, il susseguirsi dei giorni... mercoledì, giovedì, venerdì, sabato, svegliarsi la mattina, guardare il cielo, passeggiare nel parco, incontrare Hugh Whitbread, poi inaspettatamente compare Peter, poi quelle rose, era più che abbastanza. E dopo, com'era incredibile la morte! che tutto debba finire, e nessuno al mondo avrebbe mai capito quanto lei avesse amato tutto ciò, ogni singolo istante..."
"Cosa si sa realmente delle persone, anche di quelle con cui viviamo ogni giorno?
Non siamo tutti prigionieri? Aveva letto uno splendido dramma su un uomo che scriveva sui muri della sua cella, e si era resa conto che la vita era esattamente quello scrivere sui muri."
Non siamo tutti prigionieri? Aveva letto uno splendido dramma su un uomo che scriveva sui muri della sua cella, e si era resa conto che la vita era esattamente quello scrivere sui muri."
"Cos'è questo terrore? Cos'è quest'estasi? pensò tra sé. Cos'è che mi riempie di straordinaria emozione?
È Clarissa, disse.
È Clarissa, disse.
Perché lei era lì."
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