Cuore nero, Silvia Avallone
"Qui sei al sicuro" dissi.
"Ci sono venuta apposta."
Sassaia è un paese fantasma, isolato e inaccessibile, circondato da boschi e montagne impervie.
Due anime appena, viuzze strette, case diroccate aggrappate l'una all'altra, un vecchio lavatoio, la notte buia che cala presto da quelle parti a spegnere il mondo.
Si arriva lassù inerpicandosi lungo una salita ripida, pietrosa, faticando e sudando, tra alberi che ghermiscono il cielo e quel silenzio vivo, palpitante.
Oltre l'orizzonte il cielo, che era un minuscolo rettangolo laggiù, sopra i tetti e i cancelli serrati di Bologna e quassù di colpo si spalanca immenso e dà le vertigini.
A Sassaia si va per lasciarsi tutto alle spalle, soprattutto il passato, ingombrante e difficile.
Inconfessabile. Incancellabile.
Come quello di Emilia, capelli rossi e lentiggini, lo sguardo vuoto di una stella spenta, smalto blu elettrico, jeans strappati, sigarette che fuma nervosamente.
Esile e sfacciata, una fragilissima bulla di 30 anni.
Sassaia è il suo utero di pietra, la protegge e la fa sentire al sicuro "come in un sacco amniotico."
Rannicchiata su se stessa, al riparo dal resto del mondo.
Il passato impossibile da dimenticare.
Come quello di Bruno, maestro elementare, barba incolta, occhi buoni, un giovane vecchio, che si è rintanato tra i monti per sfuggire al suo dolore.
Quel dolore che ti annienta, senza ritorno.
Ma il passato non si cancella, bisogna farci i conti prima o poi con quel dolore, quell'abisso, attraversarlo per poi riscoprirsi vivi.
Miracolosamente vivi.
Anche se hai perso tutto per un crudele scherzo del destino, anche se hai un cuore marcio difficile da amare e comprendere.
Perdonando, perdonandosi.
Una trama avvincente, una scrittura che corre via veloce e cattura, tratteggiando quel paesaggio desolato, Sassaia luogo dell'anima, senza tempo, che esplora l'amore impossibile, l'amicizia tenace, la discesa agli inferi, la lenta risalita, la faticosa e impossibile rinascita.
Emilia e Bruno, due solitudini, due esistenze interrotte, due reduci della vita. Due cicatrici.
Il bene e il male. La colpa e il perdono.
La condanna e l'espiazione.
Emilia e Marta, amiche per sempre, oltre la notte.
E quell'amore che arriva anche se non vuoi a disarmarti il cuore.
Accettando tutto il bene e tutto il male, il passato impossibile, quel cuore nero che spaventa e distrugge, quella rabbia distruttiva e selvaggia.
Amare e faticosamente custodire, avendo cura del bene fragilissimo che c'è in ognuno. Guardare nell'abisso dell'altro, nel suo orrore, provando a salvare il buono che c'è e a lasciar andare tutto il resto.
Perché siamo schegge impazzite di buio e luce. Perché si può rifiorire dopo il gelido inverno come gemme sotto la neve.
Come un miracolo.
***
"Finalmente la vedevo.
Era uno spettacolo commovente da spezzarmi il cuore.
Una ragazza.
Che ballava.
A lume di candela.
Con un detersivo spray in mano.
Nella casa di fronte.
Dispersa, insieme a me, tra le montagne."
"Una famiglia è una fune, Adelaide.
Un cavo d'acciaio che ti tiene, qualunque cosa accada.
Ti impedisce di perderti e dissolverti perché tu, in quell'aggancio, sei stato amato."
"Si rese conto che a realizzarli i desideri li tradisci anche."
"Ora ti sembrerà impossibile.
Ma io ti garantisco che tutto passa.
E, se non può passare, cambia."
"Mi spinse verso il letto.
E io non volevo, e non volevo altro.
Quella sera non ci dicemmo niente. Qualsiasi parola sarebbe stata impossibile per entrambi, mentre stordirci l'uno contro il corpo dell'altra, era quasi una liberazione.
Sentivo tutta la mia solitudine e la sua solitudine che si aggrappavano e si annientavano a vicenda su quella piazza e mezza che sapeva di chiuso, di bosco, di ricordi.
L'unico bagliore acceso tra le montagne.
Però adesso eravamo vivi. E io ero innamorato di lei senza sapere niente. E se avessi continuato a non sapere, la vita sarebbe stata un luogo perfetto.
Come quella notte."
"L'amore può essere solo disubbidienza."
"Che non puoi amare qualcuno senza conoscere tutta la storia, specialmente il nero."
"Incapace di dormire, ascoltai a lungo il rumore del bosco, degli uccelli, del mondo che si risvegliava commovente, bellissimo, e ricominciava dopo l'inverno.
Di colpo mi accorsi di quanto tutto, tutto il bene contenuto in noi e nella materia, fosse precario e meraviglioso, degno di cura a qualsiasi costo.
Allora, cos'era il male?
Il non saper perdonare."
Nessun commento:
Posta un commento