mercoledì 12 giugno 2024

Diari, Sylvia Plath


 Diari, Sylvia Plath

I Diari, frammenti dolorosi, pensieri sparsi, cronaca lucida e dettagliata di una vita che sta passando.

Sylvia la brillante studentessa, l'aspirante suicida, Lady Lazarus morta e risorta, l'appassionata, l'inquieta, la bambina che voleva essere Dio, la moglie ferita e tradita.

Un ritratto lucido e impietoso di Sylvia Plath, poetessa eccelsa, donna inquieta e tormentata, tra fantasmi e demoni interiori, mentre l'io ripete incessantemente la sua antica vanteria io sono io sono io sono e il cuore batte.

Ogni parola riflette la sua immagine, a tratti frantumata, sconvolta e in uno strano gioco di specchi anche la mia.

La sua voce diventa respiro universale, ancora oggi viva sotto il peso polveroso dei secoli, riecheggia dal passato, buca il presente, in un legame viscerale e simbiotico arriva fino a me a scuotermi e sconvolgermi.

Così vera, così forte, così lacerante.

Leggere Sylvia è tuffarsi nell'abisso.

Tic tac una vita sta passando, la mia.

***

Adesso si è fatto tardi, tardi. E mi prende il solito panico da inizio settimana, perché non riesco a leggere e a pensare abbastanza...mentre alle mie spalle c’è sempre il tic tac che mi deride: Una Vita Sta Passando. La Mia Vita.

Proprio così...

E mi sono bevuta tutto lo sherry, scadente, e ho spaccato un po’ di noci, che dentro erano tutte aspre e rinsecchite, e il mondo materiale e inerte mi prendeva in giro. Domani? Continuerò a rappezzare maschere, inventando scuse per aver letto solo la metà di quello che volevo.

 Eppure, una vita sta passando.

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Quante ragazze sognano di sposarsi dopo il college: guardale venticinque anni dopo, con gli occhi rugiadosi ormai raggelati, lo stesso aspetto, nessuna crescita tranne le escrescenze esteriori, simili a conchiglie di paguro. Sta’ attenta.


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Stasera sono brutta. Ho perso ogni fiducia nella mia capacità di attirare i maschi, e nell’animale femmina questa è una malattia alquanto patetica. 

Ho una vita sociale pressoché nulla. L’unico legame con le uscite del sabato sera se n’è andato e non me n’è rimasto nessuno. Assolutamente nessuno.

 Non c’è un ragazzo che mi interessi e ovviamente il sentimento è reciproco. Cos’è che attira gli altri? Ero sicura del mio aspetto, sicura del mio magnetismo, e il mio ego era soddisfatto. 

Adesso, dopo tre appuntamenti al buio – due si sono rivelati un fiasco totale e anche il terzo si è afflosciato – mi chiedo come ho potuto mai pensare di essere appetibile. Ma nel mio intimo lo so. 

Ero sempre piena di brio e sicura di me. Non cambiavo umore, non ero noiosa o compunta.

 Ora capisco quello che voleva dire la protagonista di Celia Amberley, quando diceva: "Se mi bacia, vuol dire che andrà tutto bene. Sarò ancora attraente". 

Prima di tutto ho bisogno di un ragazzo, un ragazzo qualsiasi, che sia affascinato dal mio aspetto – uno come Emile. 

Poi ne cercherò uno autentico, che mi vada bene, all’istante. Fino ad allora sono perduta.

 A volte penso di essere pazza.


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L’astratto uccide, il concreto protegge. Quanto aiuta spolverare, lavare i piatti tutti i giorni, parlare con gli amici che non sono matti e spolverano, lavano e pensano che questa sia la vita che c’è da vivere.

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Per me il presente è l’eternità e l’eternità è sempre in movimento, scorre, si dissolve. Questo attimo è vita. E quando passa, muore. Ma non si può ricominciare a ogni nuovo attimo, ci si deve basare su quelli già morti. È un po’ come le sabbie mobili… senza scampo fin dall’inizio. Un racconto, un quadro possono far rivivere un poco la sensazione, ma mai abbastanza, mai abbastanza. Niente è reale, eccetto il presente, e io mi sento già soffocare sotto il peso dei secoli. Un centinaio di anni fa una ragazza ha vissuto come vivo io. Poi è morta. Io sono il presente, ma so che anch’io me ne andrò. L’istante sublime, la fiamma che consuma arriva e subito scompare: sabbie mobili, sempre.


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C’è qualcosa che mi sta aspettando. Forse un giorno avrò una rivelazione improvvisa e potrò vedere l’altra faccia di questo enorme, grottesco scherzo. E allora riderò. E saprò cos’è la vita.

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Se nelle canzonette si sostituisse la parola "amore" con "desiderio", ci si avvicinerebbe molto di più alla verità…Quale ironia. Sei un sogno: spero di non incontrarti mai. Ma il tuo braccialetto è il simbolo del mio sangue freddo, la mia scissione della sera. 

Ti amo perché tu sei me, quello che scrivo, il mio desiderio di vivere molte vite. Nel mio piccolo sarò un piccolo dio. 

Sulla scrivania, a casa, c’è il racconto più bello che io abbia mai scritto.

 Come posso dire a Bob che la mia felicità scaturisce dall’essermi separata da una parte della mia vita, una parte di dolore e bellezza, per trasformarla in parole scritte a macchina su un foglio? 

Come può sapere, lui, che io giustifico la mia vita, le mie forti emozioni, le mie sensazioni, trasferendole sulla carta stampata?


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La scrittura è un rito religioso: è un ordine, una riforma, una rieducazione al riamore per gli altri e per il mondo come sono e come potrebbero essere. Una creazione che non svanisce come una giornata alla macchina da scrivere o in cattedra. La scrittura resta: va sola per il mondo. Tutti la leggono, vi reagiscono come si reagisce a una persona, a una filosofia, a una religione, a un fiore: può piacergli o meno. Può aiutarli o meno. 

La scrittura prova delle emozioni per dare intensità alla vita: offri di più, indaghi, chiedi, guardi, impari e modelli: ottieni di più: mostri, risposte, colore, forma e sapere. All’inizio è un atto gratuito. Se ti fa guadagnare tanto meglio. […] 

La cosa peggiore, peggiore di tutte, sarebbe vivere senza scrittura.

venerdì 7 giugno 2024

Cuore nero


 Cuore nero, Silvia Avallone

"Qui sei al sicuro" dissi.

"Ci sono venuta apposta."


Sassaia è un paese fantasma, isolato e inaccessibile, circondato da boschi e montagne impervie. 

Due anime appena, viuzze strette, case diroccate aggrappate l'una all'altra, un vecchio lavatoio, la notte buia che cala presto da quelle parti a spegnere il mondo.

Si arriva lassù inerpicandosi lungo una salita ripida, pietrosa, faticando e sudando, tra alberi che ghermiscono il cielo e quel silenzio vivo, palpitante.

Oltre l'orizzonte il cielo, che era un minuscolo rettangolo laggiù, sopra i tetti e i cancelli serrati di Bologna e quassù di colpo si spalanca immenso e dà le vertigini.

A Sassaia si va per lasciarsi tutto alle spalle, soprattutto il passato, ingombrante e difficile.

Inconfessabile. Incancellabile.

Come quello di Emilia, capelli rossi e lentiggini, lo sguardo vuoto di una stella spenta, smalto blu elettrico, jeans strappati, sigarette che fuma nervosamente. 

Esile e sfacciata, una fragilissima bulla di 30 anni.

Sassaia è il suo utero di pietra, la protegge e la fa sentire al sicuro "come in un sacco amniotico."

 Rannicchiata su se stessa, al riparo dal resto del mondo.

Il passato impossibile da dimenticare.

Come quello di Bruno, maestro elementare, barba incolta, occhi buoni, un giovane vecchio, che si è rintanato tra i monti per sfuggire al suo dolore.

Quel dolore che ti annienta, senza ritorno.

Ma il passato non si cancella, bisogna farci i conti prima o poi con quel dolore, quell'abisso, attraversarlo per poi riscoprirsi vivi. 

Miracolosamente vivi.

Anche se hai perso tutto per un crudele scherzo del destino, anche se hai un cuore marcio difficile da amare e comprendere.

Perdonando, perdonandosi.

Una trama avvincente, una scrittura che corre via veloce e cattura, tratteggiando quel paesaggio desolato, Sassaia luogo dell'anima, senza tempo, che esplora l'amore impossibile, l'amicizia tenace, la discesa agli inferi, la lenta risalita, la faticosa e impossibile rinascita.

Emilia e Bruno, due solitudini, due esistenze interrotte, due reduci della vita. Due cicatrici.

Il bene e il male. La colpa e il perdono.

La condanna e l'espiazione.

Emilia e Marta, amiche per sempre, oltre la notte.

E quell'amore che arriva anche se non vuoi a disarmarti il cuore.

 Accettando tutto il bene e tutto il male, il passato impossibile, quel cuore nero che spaventa e distrugge, quella rabbia distruttiva e selvaggia.

Amare e faticosamente custodire, avendo cura del bene fragilissimo che c'è in ognuno. Guardare nell'abisso dell'altro, nel suo orrore, provando a salvare il buono che c'è e a lasciar andare tutto il resto.

Perché siamo schegge impazzite di buio e luce. Perché si può rifiorire dopo il gelido inverno come gemme sotto la neve.

Come un miracolo.

***

"Finalmente la vedevo.

Era uno spettacolo commovente da spezzarmi il cuore.

Una ragazza.

Che ballava.

A lume di candela.

Con un detersivo spray in mano.

Nella casa di fronte.

Dispersa, insieme a me, tra le montagne."


"Una famiglia è una fune, Adelaide.

Un cavo d'acciaio che ti tiene, qualunque cosa accada.

Ti impedisce di perderti e dissolverti perché tu, in quell'aggancio, sei stato amato."

"Si rese conto che a realizzarli i desideri li tradisci anche."

"Ora ti sembrerà impossibile.

Ma io ti garantisco che tutto passa. 

E, se non può passare, cambia."


"Mi spinse verso il letto.

E io non volevo, e non volevo altro.

Quella sera non ci dicemmo niente. Qualsiasi parola sarebbe stata impossibile per entrambi, mentre stordirci l'uno contro il corpo dell'altra, era quasi una liberazione. 

Sentivo tutta la mia solitudine e la sua solitudine che si aggrappavano e si annientavano a vicenda su quella piazza e mezza che sapeva di chiuso, di bosco, di ricordi.

L'unico bagliore acceso tra le montagne.

Però adesso eravamo vivi. E io ero innamorato di lei senza sapere niente. E se avessi continuato a non sapere, la vita sarebbe stata un luogo perfetto. 

Come quella notte."

"L'amore può essere solo disubbidienza."

"Che non puoi amare qualcuno senza conoscere tutta la storia, specialmente il nero."

"Incapace di dormire, ascoltai a lungo il rumore del bosco, degli uccelli, del mondo che si risvegliava commovente, bellissimo, e ricominciava dopo l'inverno.

Di colpo mi accorsi di quanto tutto, tutto il bene contenuto in noi e nella materia, fosse precario e meraviglioso, degno di cura a qualsiasi costo.

Allora, cos'era il male?

 Il non saper perdonare."