Lettera d’amore
Non è facile dire il cambiamento che operasti.
Se adesso sono viva, allora ero morta
anche se, come una pietra, non me ne curavo
e me ne stavo dov’ero per abitudine.
Tu non ti limitasti a spingermi un po’ col piede, no-
e lasciare che rivolgessi il mio piccolo occhio nudo
di nuovo verso il cielo, senza speranza, è ovvio,
di comprendere l’azzurro, o le stelle.
Non fu questo. Diciamo che ho dormito: un serpente
mascherato da sasso nero tra i sassi neri
nel bianco iato dell’inverno-
come i miei vicini, senza trarre alcun piacere
dai milioni di guance perfettamente cesellate
che si posavano a ogni istante per sciogliere
la mia guancia di basalto. Si mutavano in lacrime,
angeli piangenti su nature spente,
Ma non mi convincevano. Quelle lacrime gelavano.
Ogni testa morta aveva una visiera di ghiaccio.
E io continuavo a dormire come un dito ripiegato.
La prima cosa che vidi fu l’aria, aria trasparente,
e le gocce prigioniere che si levavano in rugiada
limpide come spiriti. Tutt’intorno giacevano molte
pietre stolide e inespressive,
Io guardavo e non capivo.
Con un brillio di scaglie di mica, mi svolsi
per riversarmi fuori come un liquido
tra le zampe d’uccello e gli steli delle piante
Non m’ingannai. Ti riconobbi all’istante.
Albero e pietra scintillavano, senz’ombra.
La mia breve lunghezza diventò lucente come vetro.
Cominciai a germogliare come un rametto di marzo:
un braccio e una gamba, un braccio, una gamba.
Da pietra a nuvola, e così salii in lato.
Ora assomiglio a una specie di dio
e fluttuo per l’aria nella mia veste d’anima
pura come una lastra di ghiaccio. E’ un dono.
...
Mad Girl’s Love Song
Io chiudo gli occhi e tutto il mondo muore;
Schiudo le palpebre e tutto rinasce.
(Sono convinta di averti inventato.)
Le stelle escon danzando in blu e rosso,...
Oscurità arbitraria entra al galoppo:
Io chiudo gli occhi e tutto il mondo muore.
Sognai che mi stregavi nel mio letto
M’incantavi e baciavi alla follia.
(Sono convinta di averti inventato.)
Giù Dio dal cielo, spenti i fuochi inferni,
Fuori Serafini e schiere di Satana:
Io chiudo gli occhi e tutto il mondo muore.
Speravo che tornassi, l’hai promesso,
Ma ora invecchio e dimentico il tuo nome.
(Sono convinta di averti inventato.)
Dovevo amare un uccello del tuono:
Quelli tornan ruggendo a primavera.
Io chiudo gli occhi e tutto il mondo muore.
(Sono convinta di averti inventato.)
....
Papaveri in ottobre
Nemmeno le nubi assolate possono fare stamane
Gonne così. Né la donna in ambulanza,
Il cui rosso cuore sboccia prodigioso dal mantello
Dono, dono d'amore
Del tutto non sollecitato
Da un cielo
Che in un pallore di fiamma accende i suoi
Ossidi di carbonio, da occhi
Sbigottiti e sbarrati sotto cappelli a bombetta.
O Dio, chi sono mai
Io da far spalancare in un grido queste tarde
bocche
In una foresta di gelo, in un'alba di fiordalisi.
Chi era Sylvia?
"E' straziante, riandando al passato, capire che il segreto dell'ultima irresistibile fiammata di Sylvia Plath è nascosto nella discrezione, nel garbo estremo della sua penosa timidezza. Non è mai stata una mia allieva, ma per due mesi circa, sette anni fa, seguì il mio corso di poesia alla Boston University. La rivedo, opaca contro il cielo luminoso di una finestra priva di qualsiasi panorama.
Era alta, snella, con il busto lungo e fragile, i gomiti aguzzi, era nervosa, imbarazzata, gentile — una presenza tesa e brillante che la timidezza paralizzava. La sua umiltà, la sua disponibilità ad accettare tutto quanto veniva generalmente ammirato parevano darle a volte un'esasperante docilità che nascondeva la sua pazienza e la sua audacia fuori moda. Ci mostrò allora poesie che in seguito, più o meno cambiate, vennero pubblicate nel suo primo libro, The Colossus. Erano poesie dai toni bassi, perfette nella struttura, facili all'allitterazione e a un'angoscia dolente ed intimista.
Non prestai allora, né saprei dire perché un'attenzione molto profonda a nessuna di quelle poesie. Avvertii la sua raffinatezza, la sua confusione, e non seppi immaginare la sua stupefacente, trionfante completezza futura."
(Robert Lowell)
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